diff --git a/js/citazionijson.js b/js/citazionijson.js index b181f4a..378ee3a 100644 --- a/js/citazionijson.js +++ b/js/citazionijson.js @@ -50,4 +50,454 @@ {"Annotazione":"...: E ora sei venuto sotto\nl'emisfero del cielo australe, diametralmente opposto al boreale,\nche ricopre la gran secca, la terra arida, emersa dalle acque,\nquando Dio disse: «Si raccolgano le acque che sono sotto il cielo\nin un sol luogo, e l'arida<\/i> apparisca» (Gen.<\/i>, I, 10).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"34","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":[" e se' or"],"FrammentoNota":"
E ora sei venuto sotto\r\nl'emisfero del cielo australe, diametralmente opposto al boreale,\r\nche ricopre la gran secca, la terra arida, emersa dalle acque,\r\nquando Dio disse: «Si raccolgano le acque che sono sotto il cielo\r\nin un sol luogo, e l'arida<\/i> apparisca» (Gen.<\/i>, I, 10).<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9184","InfoCitazione.LuogoFonte":"1, 9","InfoCitazione.NotaFonte":"Il versetto citato da Pietrobono \u00e8 in realt\u00e0 il nono, non il decimo; riportiamo comunque il testo, perch\u00e9 \u00e8 l\u00ec che il Dio giudaico-cristiano stabilisce la differenza anche nominale tra acque e terre.","InfoCitazione.TestoFonte":"[9]<\/strong> Dixit vero Deus: “Congregentur aquae, quae sub caelo sunt, in locum unum, et appareat arida”. Factumque est ita. | [10[<\/strong> Et vocavit Deus aridam Terram congregationesque aquarum appellavit Maria.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_genesis_lt.html#1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"112-113","from":33918.0,"to":33921.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Genesi"},
 {"Annotazione":"...: E se non nella bocca,\nguardali negli occhi (i due luoghi della faccia nei quali\n«massimamente... opera l'anima» e rivela le sue passioni\n(Conv.<\/i>, III, viii, 8), e vedrai che si ammiccano, facendo\nl'atto di chi minaccia altrui dolori e guai.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"21","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":["  e con le ciglia"],"FrammentoNota":"
E se non nella bocca,\r\nguardali negli occhi (i due luoghi della faccia nei quali\r\n«massimamente... opera l'anima» e rivela le sue passioni\r\n(Conv.<\/i>, III, viii, 8), e vedrai che si ammiccano, facendo\r\nl'atto di chi minaccia altrui dolori e guai.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","InfoCitazione.LuogoFonte":"III, viii, 8","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"E però che nella faccia massimamente in due luoghi opera l'anima – però che in quelli due luoghi quasi tutte e tre le nature dell'anima hanno giurisdizione – cioè nelli occhi e nella bocca, quelli massimamente adorna e quivi pone lo 'ntento tutto a fare bello, se puote. E in questi due luoghi dico io che appariscono questi piaceri dicendo: «nelli occhi e nel suo dolce riso».","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=41&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"132","from":20284.0,"to":20288.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
 {"Annotazione":"...: Essendosi recata nella\nTracia a richiedere da Polinestore il suo piccolo Polidoro,\nscende sulla spiaggia e trova il corpo del figliuolo, morto:\naspicit eiectum Polydori in litore corpus<\/i> (Metam.<\/i>, XIII,\n536).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"30","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":["  e del suo Polidoro"],"FrammentoNota":"
Essendosi recata nella Tracia a richiedere da Polinestore il suo piccolo Polidoro,\r\nscende sulla spiaggia e trova il corpo del figliuolo, morto:\r\naspicit eiectum Polydori in litore corpus<\/i> (Metam.<\/i>, XIII, 536).<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","InfoCitazione.LuogoFonte":"XIII, 533-537","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Dixit et ad litus passu processit anili,
Albentes lacerata comas. \"date, Troades, urnam\"
Dixerat infelix, liquidas hauriret ut undas
Adspicit eiectum Polydori in litore corpus
Factaque Threiciis ingentia uulnera telis.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=OV%7Cmeta%7C013","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"18","from":28891.0,"to":28895.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, -{"Annotazione":"...: Gli accenti, cadendo sulla\nseconda quarta e settima, par si rincorrano, e imprimono al verso\nun movimento di stupore. Sono una moltitudine sterminata,\nvivendo grandissima parte de li uomini pi\u00f9 secondo lo senso che\nsecondo ragione<\/i> (Conv.<\/i>, III, xiii, 4). Anche l'Ecclesiaste<\/i>,\nessendosi proposto di fare per mezzo della sapienza studio e\nricerca di quanto accade sotto il sole, trov\u00f2 che il numero degli\nstolti \u00e8 infinito: stultorum infinitus est numerus<\/i> (I, 15).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":[" che morte tanta"],"FrammentoNota":"
 Sono una moltitudine sterminata,\r\nvivendo grandissima parte de li uomini più secondo lo senso che\r\nsecondo ragione<\/i> (Conv.<\/i>, III, xiii, 4). <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","InfoCitazione.LuogoFonte":"III, xiii, 4","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"E di necessitate fare si conviene, ché, secondo che manifestamente appare, e nel seguente trattato per intenzione si ragionerà, grandissima parte delli uomini vivono più secondo lo senso che secondo ragione; e quelli che secondo lo senso vivono di questa innamorare è impossibile, però che di lei avere non possono alcuna apprensione. ","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=46&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"57","from":2424.0,"to":2427.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"}]
+{"Annotazione":"...: Gli accenti, cadendo sulla\nseconda quarta e settima, par si rincorrano, e imprimono al verso\nun movimento di stupore.  Sono una moltitudine sterminata,\nvivendo grandissima parte de li uomini pi\u00f9 secondo lo senso che\nsecondo ragione<\/i> (Conv.<\/i>, III, xiii, 4).  Anche l'Ecclesiaste<\/i>,\nessendosi proposto di fare per mezzo della sapienza studio e\nricerca di quanto accade sotto il sole, trov\u00f2 che il numero degli\nstolti \u00e8 infinito: stultorum infinitus est numerus<\/i> (I, 15).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":["  che morte tanta"],"FrammentoNota":"
 Sono una moltitudine sterminata,\r\nvivendo grandissima parte de li uomini più secondo lo senso che\r\nsecondo ragione<\/i> (Conv.<\/i>, III, xiii, 4). <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","InfoCitazione.LuogoFonte":"III, xiii, 4","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"E di necessitate fare si conviene, ché, secondo che manifestamente appare, e nel seguente trattato per intenzione si ragionerà, grandissima parte delli uomini vivono più secondo lo senso che secondo ragione; e quelli che secondo lo senso vivono di questa innamorare è impossibile, però che di lei avere non possono alcuna apprensione. ","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=46&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"57","from":2424.0,"to":2427.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
+{"Annotazione":"...: I vessilli del re dell'inferno\navanzano verso di noi.  — Son giunti all'ultima delle quattro\nzone di Cocito.  Di mezzo a quell'aria grossa e scura le sei\ngrandi ali di Lucifero cominciano ad apparire, e V. alla vista di\nesse, non potendo quasi contenere l'emozione che prova, ne d\u00e0\nl'annunzio a D. con le prime parole, debitamente modificate,\ndell'inno di Venanzio Fortunato, che la Chiesa canta la settimana\ndella Passione alla scoprirsi della Croce: Vexilla regis\nprodeunt; fulget Crucis mysterium.<\/i>  Fa sorgere alla nostra\nfantasia il vessillo della Croce e subito gli contrappone quello\ndi Dite, di colui cio\u00e8 che come principio d'ogni male, \u00e8 la\nnegazione cos\u00ec della Croce, simbolo della piet\u00e0, come\ndell'Aquila, simbolo della giustizia, quantunque imiti in qualche\nmodo contraffacendole, e l'una e l'altra.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"34","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":["  Vexilla regis"],"FrammentoNota":"
I vessilli del re dell'inferno\r\navanzano verso di noi.  — Son giunti all'ultima delle quattro\r\nzone di Cocito.  Di mezzo a quell'aria grossa e scura le sei\r\ngrandi ali di Lucifero cominciano ad apparire, e V. alla vista di\r\nesse, non potendo quasi contenere l'emozione che prova, ne dà\r\nl'annunzio a D. con le prime parole, debitamente modificate,\r\ndell'inno di Venanzio Fortunato, che la Chiesa canta la settimana\r\ndella Passione alla scoprirsi della Croce: Vexilla regis\r\nprodeunt; fulget Crucis mysterium.<\/i>  Fa sorgere alla nostra\r\nfantasia il vessillo della Croce e subito gli contrappone quello\r\ndi Dite, di colui cioè che come principio d'ogni male, è la\r\nnegazione così della Croce, simbolo della pietà, come\r\ndell'Aquila, simbolo della giustizia, quantunque imiti in qualche\r\nmodo contraffacendole, e l'una e l'altra.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q44934","InfoCitazione.Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/carmina","InfoCitazione.LuogoFonte":"Hymnus in honore sanctae crucis, 1-4","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Vexilla regis prodeunt,
fulget crucis mysterium,
quo carne carnis conditor
suspensus est patibulo.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.mlat.uzh.ch\/browser?path=MLS\/&text=16690:4","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONTRADDICE","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"1","from":33095.0,"to":33097.0,"NomeAutore":"Venanzio Fortunato","TitoloFonte":null}, +{"Annotazione":"...: Il brago in cui sono, il\nvoltarsi e rivoltarsi di continuo, la qualit\u00e0 della colpa, tutto\nfarebbe aspettare che D. li rassomigliasse a porci; ma no, ch\u00e9 ne\nprova piet\u00e0. — profani<\/b>: reprobi. S. Paolo chiama profano<\/i>\nEsa\u00f9, che per una minestra di lenticchie rinunzi\u00f2 alla\nprimogenitura, e per conseguenza alla benedizione del padre (Ep.\nad Hebr.<\/i>, XII, 16); e nel Levitico<\/i> si legge: «Non berrete vino\no altro che possa inebriare... perch\u00e9 sappiate discernere ci\u00f2\nch'\u00e8 santo da ci\u00f2 che \u00e8 profano» (X, 9-10).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"06","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":[" volgonsi spesso"],"FrammentoNota":"
S. Paolo chiama profano<\/i>\r\nEsaù, che per una minestra di lenticchie rinunziò alla\r\nprimogenitura, e per conseguenza alla benedizione del padre (Ep.\r\nad Hebr.<\/i>, XII, 16);<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9200","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128608","InfoCitazione.LuogoFonte":"12, 16","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"[16]<\/strong> ne quis fornicator aut profanus ut Esau, qui propter unam escam vendidit primogenita sua.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-hebraeos_lt.html#12","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"21","from":5113.0,"to":5115.0,"NomeAutore":"Paolo di Tarso","TitoloFonte":"Lettera agli Ebrei"},
+{"Annotazione":"...: Il maestro cortese risponde\nora alle domande che D. gli aveva fatte prima e pi\u00f9 largamente\nche questi non si aspettasse; e gl'insegna che l'aspettazione\ndel dolore riesce pi\u00f9 insoffribile del dolore stesso. \nL'inevitabile meglio affrontarlo presto.  Anche Ges\u00f9 disse a\nGiuda il traditore: quod facis, fac citius<\/i>: fa presto quel che\npensi di fare.  (Giov., XIII, 27).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":["  s\u00ec che la tema"],"FrammentoNota":"
L'inevitabile meglio affrontarlo presto.  Anche Gesù disse a\r\nGiuda il traditore: quod facis, fac citius<\/i>: fa presto quel che\r\npensi di fare.  (Giov., XIII, 27).<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q328804","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q36766","InfoCitazione.LuogoFonte":"13, 27","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"[27]<\/strong> Et post buccellam tunc introivit in illum Satanas. Dicit ergo ei Iesus: “Quod facis, fac citius”.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-ioannem_lt.html#13","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"126","from":2909.0,"to":2913.0,"NomeAutore":"Giovanni evangelista","TitoloFonte":"Vangelo secondo Giovanni"},
+{"Annotazione":"...: Il movimento affannoso,\ndurato pi\u00f9 di cinque terzine, rallenta per la parola lunga,\nportandosene<\/b>, e per la forte cesura del me<\/b>, in cui convergono\ni particolari della minuta descrizione.  Se V. lo prende e fugge\ne non s'arresta, se non quando \u00e8 sicuro di averlo sottratto\nall'ira di quei diavoli, egli \u00e8 che gli premeva troppo di salvare\nal mondo colui, nel quale solamente riviveva la sementa santa di\nRoma.  Il medesimo aveva fatto allorch\u00e9 vide Filippo Argenti\navventarsi contro D. per affogarlo nella broda dello Stige.  E\nquel suo gesto materno, come dicemmo, trova il suo primo\nchiarimento nelle parole di Brunetto Latini contro le bestie\nfiesolane.  Il secondo lo leggiamo qui, dove il maestro, qual\nrappresentante di Lucia, nemica di ciascun crudele<\/i> (cfr. v.\n16-18), non pure lo ricinge con le sue braccia, s'incinge in\nlui<\/i>, ma lo porta sul petto, come madre il suo figliuolo, felice\ndi averlo salvato da un imminente pericolo di morte.  Conclusit\nora leonum et non nocuerunt mihi; quia coram eo iustitia inventa\nest in me.<\/i>  Cos\u00ec, con le parole di Daniele, comincia D. il terzo\nlibro della Monarchia<\/i>; e con una parafrasi delle stesse parole\nsi potrebbero concludere le due scene, nelle quali \u00e8 adombrato\nnon sappiamo qual fatto preciso della sua vita, ma certo un\npericolo gravissimo di morte, dal quale a lui dovette parere\nd'essere scampato come per miracolo.  L'ipotesi \u00e8 tutt'altro che\ninverosimile per chi rammenti la sentenza che lo condannava a\nessere arso vivo, qualora fosse stato preso nelle terre del\nComune di Firenze.  Il suo amore all'Impero di Roma lo aveva\nmandato incontro alle sventure pi\u00f9 gravi; e il suo grande amore\nalla giustizia, pensava lui, lo aveva liberato dalla vendetta de'\nsuoi nemici.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":["  portandosene me"],"FrammentoNota":"
Conclusit ora leonum et non nocuerunt mihi; quia coram eo iustitia inventa\r\nest in me.<\/i>  Così, con le parole di Daniele, comincia D. il terzolibro della Monarchia<\/i>; e con una parafrasi delle stesse parole\r\nsi potrebbero concludere le due scene, nelle quali è adombrato\r\nnon sappiamo qual fatto preciso della sua vita, ma certo un\r\npericolo gravissimo di morte, dal quale a lui dovette parere\r\nd'essere scampato come per miracolo.  L'ipotesi è tutt'altro che\r\ninverosimile per chi rammenti la sentenza che lo condannava a\r\nessere arso vivo, qualora fosse stato preso nelle terre del\r\nComune di Firenze.  Il suo amore all'Impero di Roma lo aveva\r\nmandato incontro alle sventure più gravi; e il suo grande amore\r\nalla giustizia, pensava lui, lo aveva liberato dalla vendetta de'\r\nsuoi nemici.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q80115","InfoCitazione.LuogoFonte":"6, 23","InfoCitazione.NotaFonte":"Non si pu\u00f2 parlare di una vera e propria citazione, perch\u00e9 di fatto non ci sono elementi lessicali o figurali che attestino la presenza di Daniele nella coppia di versi. Pietrobono, con un tipico gioco d'intarsi tra opere della biblioteca dantesca e scritti del poeta, recupera una citazione presente nella \"Monarchia\" per rafforzare la sua interpretazione dell'episodio.","InfoCitazione.TestoFonte":"[22]<\/strong> Et Daniel regi respondens ait: “ Rex, in aeternum vive! | [23]<\/strong> Deus meus misit angelum suum et conclusit ora leonum, et non nocuerunt mihi, quia coram eo iustitia inventa est in me; sed et coram te, rex, delictum non feci ”.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_danielis_lt.html#6","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"50-51","from":21782.0,"to":21784.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro di Daniele"},
+{"Annotazione":"...: Il terremoto improvviso, il\nvento che soffia e pi\u00f9 il rosso vivo del baleno lo riempiono di\npaura e gli tolgono i sensi; onde cade, come uomo vinto dal\nsonno, svenuto.  Non sono effetti delle potenze infernali,\ninsorgenti contro il vivo che si apparecchia a scendere\nnell'inferno, ma segni dello Spirito, senza l'aiuto del quale gli\nsarebbe stato impossibile varcare l'Acheronte, morire cio\u00e8 alla\nmorte rappresentata da quel livido<\/i> fiume, che, contenendo\ndentro di s\u00e8 tutto il baratro, non pu\u00f2 significare se non la\ncolpa originale, cagionata dal livore<\/i> di Satana e comprendente\nin s\u00e9 tutte le altre.  Terremoto, vento e lingue di fuoco\naccompagnarono parimente la discesa dello Spirito Santo sopra gli\nApostoli nel giorno della Pentecoste.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":["  la qual mi vinse"],"FrammentoNota":"
 Il terremoto improvviso, il\r\nvento che soffia e più il rosso vivo del baleno lo riempiono di\r\npaura e gli tolgono i sensi; onde cade, come uomo vinto dal\r\nsonno, svenuto.  Non sono effetti delle potenze infernali,\r\ninsorgenti contro il vivo che si apparecchia a scendere\r\nnell'inferno, ma segni dello Spirito, senza l'aiuto del quale gli\r\nsarebbe stato impossibile varcare l'Acheronte, morire cioè alla\r\nmorte rappresentata da quel livido<\/i> fiume, che, contenendo\r\ndentro di sè tutto il baratro, non può significare se non la\r\ncolpa originale, cagionata dal livore<\/i> di Satana e comprendente\r\nin sé tutte le altre.  Terremoto, vento e lingue di fuoco\r\naccompagnarono parimente la discesa dello Spirito Santo sopra gli\r\nApostoli nel giorno della Pentecoste.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128538","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40309","InfoCitazione.LuogoFonte":"2, 1-6","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"[1]<\/strong> Et cum compleretur dies Pentecostes, erant omnes pariter in eodem loco. | [2]<\/strong> Et factus est repente de caelo sonus tamquam advenientis spiritus vehementis et replevit totam domum, ubi erant sedentes. | [3]<\/strong> Et apparuerunt illis dispertitae linguae tamquam ignis, seditque supra singulos eorum; | [4]<\/strong> et repleti sunt omnes Spiritu Sancto et coeperunt loqui aliis linguis, prout Spiritus dabat eloqui illis. | [5]<\/strong> Erant autem in Ierusalem habitantes Iudaei, viri religiosi ex omni natione, quae sub caelo est; | [6]<\/strong> facta autem hac voce, convenit multitudo et confusa est, quoniam audiebat unusquisque lingua sua illos loquentes.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_actus-apostolorum_lt.html#2","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"135","from":2969.0,"to":2973.0,"NomeAutore":"Luca","TitoloFonte":"Atti degli Apostoli"},
+{"Annotazione":"...: In mancanza di altre armi, si\nservono per offendere delle proprie membra.  «Le armi le fornisce\nil furore»: furor arma ministrat<\/i> (En.<\/i>, I, 150).  Sembra\nd'essere arrivati a un ospedale di matti furiosi.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":["  ma con la testa"],"FrammentoNota":"
In mancanza di altre armi, si\r\nservono per offendere delle proprie membra.  «Le armi le fornisce\r\nil furore»: furor arma ministrat<\/i> (En.<\/i>, I, 150).  Sembra\r\nd'essere arrivati a un ospedale di matti furiosi.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","InfoCitazione.LuogoFonte":"I, 150","InfoCitazione.NotaFonte":"Come accade anche in altre note, Pietrobono \"adopera\" Virgilio per commentare la poesia dantesca.","InfoCitazione.TestoFonte":"Iamque faces et saxa uolant, furor arma ministrat;","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo\/codice\/VERG%7Caene%7C001","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"ESTENDE","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"113","from":6584.0,"to":6588.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"},
+{"Annotazione":"...: Insegna nel De V. E.<\/i>\nche quanto pi\u00f9 da vicino imitiamo i grandi poeti e tanto pi\u00f9\nrettamente poetiamo (II, iv, 3).  Qui dichiara che componendo le\nsue canzoni in stile tragico<\/i>, per le quali s'era acquistata gi\u00e0\nqualche fama, ebbe Virgilio come suo unico modello al bello\nstilo.<\/b>  Apprese da lui a far poesia e quindi a essere originale. \nMa con quanta riconoscenza glielo dice!  Perci\u00f2 pu\u00f2 parlare senza\niattanza del bello stilo<\/b>, ecc.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":["  tu se' solo colui"],"FrammentoNota":"
Insegna nel De V. E.<\/i>\r\nche quanto più da vicino imitiamo i grandi poeti e tanto più\r\nrettamente poetiamo (II, iv, 3).<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q18081","InfoCitazione.LuogoFonte":"II, iv, 3","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Differunt tamen a magnis poetis, hoc est regularibus, quia magni sermone et arte regulari poetati sunt, hii vero casu, ut dictum est. Idcirco accidit ut, quantum illos proximius imitemur, tantum rectius poetemur. Unde nos doctrine operi intendentes, doctrinatas eorum poetrias emulari oportet.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_VE&pb=23&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"86-87","from":623.0,"to":627.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"De vulgari eloquentia"},
+{"Annotazione":"...: La vivacit\u00e0 o quasi\nl'impazienza delle parole di V. pu\u00f2 dipendere anche dal desiderio\nche ha di riscuoterlo al pi\u00f9 presto dal torpore che sempre reca\nl'abbandonarsi a piangere.  — e vedi a cui<\/b>...: e, in cambio di\npiangere, guarda piuttosto colui al quale, cosa non pi\u00f9 udita, la\nterra si spalanc\u00f2 sotto i piedi, ed egli vi precipit\u00f2 dentro e\nnon si ferm\u00f2, finch\u00e9 non giunse davanti a Min\u00f2s.  Era difficile\ntrovare un racconto che pi\u00f9 vivamente colpisse la fantasia e\nridestasse l'interesse di Dante.  Dai particolari, anche se V.\nnon ne avesse ripetuto il nome, avrebbe capito trattarsi di\nAnfiarao: li aveva letti nella Tebaide<\/i> di Stazio; e li lascia\nquali la fantasia popolare li aveva trovati, perch\u00e9 gli servono a\nfarci ripensare al racconto biblico della caduta di Lucifero, il\nquale oltre a essere precipitato gi\u00f9 e, per una voragine apertasi\nsotto il suo capo, ruinato a valle, ha pure due facce stravolte e\nlagrimose; \u00e8 insomma il prototipo di Anfiarao.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"20","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":["  Drizza la testa"],"FrammentoNota":"
Dai particolari, anche se V.\r\nnon ne avesse ripetuto il nome, avrebbe capito trattarsi di\r\nAnfiarao: li aveva letti nella Tebaide<\/i> di Stazio<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q243203","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q2708117","InfoCitazione.LuogoFonte":"VIII, 21-126","InfoCitazione.NotaFonte":"L'episodio di Anfiarao comincia gi\u00e0 nel VII canto della \"Tebaide\", vv. 690-823 (cfr. Padoan, \"Anfiarao\", ad vocem, in ED).","InfoCitazione.TestoFonte":"Forte sedens media regni infelicis in arce
Dux Erebi populos poscebat crimina uitae,
Nil hominum miserans iratusque omnibus umbris.
Stant Furiae circum uariaeque ex ordine Mortes,
Saeuaque multisonas exertat Poena catenas;
Fata serunt animas et eodem pollice damnant:
Vincit opus. iuxta Minos cum fratre uerendo
Iura bonus meliora monet regemque cruentum
Temperat; adsistunt lacrimis atque igne tumentes
Cocytos Phlegethonque, et Styx periuria diuum
Arguit. ille autem supera compage soluta
Nec solitus sentire metus expauit oborta
Sidera, iucundaque offensus luce profatur:
'Quae superum labes inimicum impegit Auerno
Aethera? quis rupit tenebras uitaeque silentes
Admonet? unde minae? uter haec mihi proelia fratrum?
Congredior, pereant agedum discrimina rerum.
Nam cui dulce magis? magno me tertia uictum
Deiecit fortuna polo, mundumque nocentem
Seruo; nec iste meus: diris quin peruius astris
Inspicitur. tumidusne meas regnator Olympi
Explorat uires? habeo iam quassa Gigantum
Vincula et aetherium cupidos exire sub axem
Titanas miserumque patrem: quid me otia maesta
Saeuus et implacidam prohibet perferre quietem
Amissumque odisse diem? pandam omnia regna,
Si placet, et Stygio praetexam Hyperiona caelo.
Arcada nec superis (quid enim mihi nuntius ambas
Itque reditque domos?) emittam et utrumque tenebo
Tyndariden. cur autem auidis Ixiona frango
Verticibus? cur non expectant Tantalon undae?
Anne profanatum totiens Chaos hospite uiuo
Perpetiar? me Pirithoi temerarius ardor
Temptat et audaci Theseus iuratus amico,
Me ferus Alcides tum cum custode remoto
Ferrea Cerbereae tacuerunt limina portae;
Odrysiis etiam pudet (heu!) patuisse querelis
Tartara: uidi egomet blanda inter carmina turpes
Eumenidum lacrimas iterataque pensa Sororum;
Me quoque - sed durae melior uiolentia legis.
Ast ego uix unum, nec celsa ad sidera, furto
Ausus iter Siculo rapui conubia campo:
Nec licuisse ferunt; iniustaeque a Ioue leges
Protinus, et sectum genetrix mihi computat annum.
Sed quid ego haec? i, Tartareas ulciscere sedes,
Tisiphone; si quando nouis asperrima monstris,
Triste, insuetum, ingens, quod nondum uiderit aether,
Ede nefas, quod mirer ego inuideantque sorores.
Atque adeo fratres (nostrique haec omina sunto
Prima odii), fratres alterna in uulnera laeto
Marte ruant; sit qui rabidarum more ferarum
Mandat atrox hostile caput, quique igne supremo
Arceat exanimes et manibus aethera nudis
Commaculet: iuuet ista ferum spectare Tonantem.
Praeterea ne sola furor mea regna lacessat,
Quaere deis qui bella ferat, qui fulminis ignes
Infestumque Iouem clipeo fumante repellat.
Faxo haud sit cunctis leuior metus atra mouere
Tartara frondenti quam iungere Pelion Ossae.'
Dixerat: atque illi iamdudum regia tristis
Attremit oranti, suaque et quae desuper urguet
Nutabat tellus: non fortius aethera uultu
Torquet et astriferos inclinat Iuppiter axes.
'At tibi quos,' inquit, 'manes, qui limite praeceps
Non licito per inane ruis?' subit ille minantem
Iam tenuis uisu, iam uanescentibus armis,
Iam pedes: extincto tamen interceptus in ore
Augurii perdurat honos, obscuraque fronti
Vitta manet, ramumque tenet morientis oliuae.
'Si licet et sanctis hic ora resoluere fas est
Manibus, o cunctis finitor maxime rerum
(At mihi, qui quondam causas elementaque noram,
Et sator), oro, minas stimulataque corda remulce,
Neue ira dignare hominem et tua iura timentem;
Nam nec ad Herculeos (unde haec mihi pectora?) raptus,
Nec uenerem inlicitam (crede his insignibus) ausi
Intramus Lethen: fugiat ne tristis in antrum
Cerberus, aut nostros timeat Proserpina currus.
Augur Apollineis modo dilectissimus aris,
Testor inane Chaos (quid enim hic iurandus Apollo?),
Crimine non ullo subeo noua fata, nec alma
Sic merui de luce rapi; scit iudicis urna
Dictaei uerumque potest deprendere Minos.
Coniugis insidiis et iniquo uenditus auro
Argolicas acies (unde haec tibi turba recentum
Vmbrarum, et nostrae ueniunt quoque funera dextrae)
Non ignarus ini: subito me turbine mundi
(Horret adhuc animus) mediis e milibus hausit
Nox tua. quae mihi mens, dum per caua uiscera terrae
Vado diu pendens et in aere uoluor operto?
Ei mihi! nil ex me sociis patriaeque relictum,
Vel captum Thebis; iam non Lernaea uidebo
Tecta, nec attonito saltem cinis ibo parenti.
Non tumulo, non igne miser lacrimisque meorum
Productus, toto pariter tibi funere ueni,
Nil istis ausurus equis; nec deprecor umbram
Accipere et tripodum iam non meminisse meorum.
Nam tibi praesagi quis iam super auguris usus,
Cum Parcae tua iussa trahant? sed pectora flectas
Et melior sis, quaeso, deis. si quando nefanda
Huc aderit coniunx, illi funesta reserua
Supplicia: illa tua, rector bone, dignior ira.'
Accipit ille preces indignaturque moueri.
Vt leo, Massyli cum lux stetit obuia ferri,
Tunc iras, tunc arma citat; si decidit hostis,
Ire supra satis est uitamque relinquere uicto.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=STAT%7Ctheb%7C008","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"31","from":18642.0,"to":18645.0,"NomeAutore":"Publio Papinio Stazio","TitoloFonte":"Tebaide"}, +{"Annotazione":"...: Ma di tante frodi D.\nracconta quella commessa a danno di Nino Visconti, di cui il\nfrate era vicario. Crimine ab uno disce omnes<\/i> (En.<\/i>, II, 66). \nIl suo donno<\/b> (da dominus<\/i><\/b>, ossia signore<\/i>) gli aveva dati da\ncustodire alcuni de' suoi nemici fatti prigioni, e frate Gomita\nfe' s\u00ec lor, che ciascun se ne loda<\/i><\/b>, si comport\u00f2 con loro in\nmodo che questi ora se ne vantano.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"22","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":[" ch'ebbe i nemici"],"FrammentoNota":"
Ma di tante frodi D.\r\nracconta quella commessa a danno di Nino Visconti, di cui il\r\nfrate era vicario.  Crimine ab uno disce omnes<\/i> (En.<\/i>, II, 66). \r\nIl suo donno<\/b> (da dominus<\/i>, ossia signore<\/i>) gli aveva dati da\r\ncustodire alcuni de' suoi nemici fatti prigioni, e frate Gomita\r\nfe' sì lor, che ciascun se ne loda<\/b>, si comportò con loro in\r\nmodo che questi ora se ne vantano.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","InfoCitazione.LuogoFonte":"II, 65-66","InfoCitazione.NotaFonte":"Pietrobono cita una coppia di versi virgiliani, il cui significato \u00e8 \u00abda un solo [crimine] li conoscerai tutti\u00bb, che hanno assunto nel tempo valore proverbiale. Introduce cos\u00ec frate Gomita, che funge da exemplum dell'intera schiera di peccatori.","InfoCitazione.TestoFonte":"Accipe nunc Danaum insidias et crimine ab uno
Disce omnis.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=VERG%7Caene%7C002","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"83-84","from":20920.0,"to":20924.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, +{"Annotazione":"...: Ma il Possente venne,\nl'aperse e la lasci\u00f2, come l'hai veduta, senza pi\u00f9 n\u00e9 sbarre n\u00e9\nchiavistelli. «Notte e giorno sta aperta la nera porta di Dite»\n(En.<\/i>, VI, 127).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":[" la qual sanza serrame"],"FrammentoNota":"
Ma il Possente venne,\r\nl'aperse e la lasciò, come l'hai veduta, senza più né sbarre né\r\nchiavistelli.  «Notte e giorno sta aperta la nera porta di Dite»\r\n(En.<\/i>, VI, 127).<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","InfoCitazione.LuogoFonte":"VI, 127","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Noctes atque dies patet atri ianua Ditis","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=VERG%7Caene%7C006","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"126","from":7633.0,"to":7637.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"},
+{"Annotazione":"...: Nell'Eneide<\/i> dice che la\nspelonca di Caco era sempre calda di nuova strage: semperque\nrecenti caede tepebat humus<\/i>; qui con l'immagine del lago di\nsangue colorisce pi\u00f9 forte, ma al semper<\/i> sostituisce spesse\nvolte.<\/b>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":["  di sangue fece"],"FrammentoNota":"
Nell'Eneide<\/i> dice che la\r\nspelonca di Caco era sempre calda di nuova strage: semperque\r\nrecenti caede tepebat humus<\/i>; qui con l'immagine del lago di\r\nsangue colorisce più forte, ma al semper<\/i> sostituisce spesse\r\nvolte.<\/b><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","InfoCitazione.LuogoFonte":"VIII, 195-197","InfoCitazione.NotaFonte":"Il v. 27 di Inferno XXV \u00e8 quasi una traduzione esatta dei vv. 195-196 di Eneide VIII.","InfoCitazione.TestoFonte":"semperque recenti
Caede tepebat humus, foribusque affixa superbis
Ora uirum tristi pendebant pallida tabo.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=VERG%7Caene%7C008","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"27","from":23810.0,"to":23813.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, +{"Annotazione":"...: Non credo che fosse\nspettacolo pi\u00f9 triste, maggior tristizia<\/b>, a vedere il popolo di\nEgina tutto infermo... di quello ch'era a veder<\/i>, che si vedeva\ndovunque per quella oscura valle.<\/i> Cfr. n. 37. — Dall'alto\ndel ponte sentiva solo le grida di dolore e il puzzo che salivano\ndal chiuso della bolgia, e perci\u00f2 la rassomiglia agli spedali\ndella Valdichiana e della Maremma; ora, che l'ha sotto gli occhi\ne vede pi\u00f9 distintamente, gli par d'esser venuto in mezzo a un\nlazzeretto di lebbrosi, e per rappresentarcelo ci richiama alla\nmemoria i tratti pi\u00f9 salienti della descrizione Ovidiana della\npeste, che infier\u00ec nell'isola di Egina, per l'ira di Giunone\n(Metam.<\/i>, VII, 523-613).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"29","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":[" Non credo ch'a veder"],"FrammentoNota":"
Dall'alto\r\ndel ponte sentiva solo le grida di dolore e il puzzo che salivano\r\ndal chiuso della bolgia, e perciò la rassomiglia agli spedali\r\ndella Valdichiana e della Maremma; ora, che l'ha sotto gli occhi\r\ne vede più distintamente, gli par d'esser venuto in mezzo a un\r\nlazzeretto di lebbrosi, e per rappresentarcelo ci richiama alla\r\nmemoria i tratti più salienti della descrizione Ovidiana della\r\npeste, che infierì nell'isola di Egina, per l'ira di Giunone\r\n(Metam.<\/i>, VII, 523-613).<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","InfoCitazione.LuogoFonte":"VII, 523-613","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Dira lues ira populis Iunonis iniquae
Incidit exosae dictas a paelice terras.
Dum uisum mortale malum tantaeque latebat
Causa nocens cladis, pugnatum est arte medendi;
Exitium superabat opem, quae uicta iacebat.
Principio caelum spissa caligine terras
Pressit et ignauos inclusit nubibus aestus,
Dumque quater iunctis expleuit cornibus orbem
Luna, quater plenum tenuata retexuit orbem, 
Letiferis calidi spirarunt aestibus austri.
Constat et in fontes uitium uenisse lacusque,
Miliaque incultos serpentum multa per agros
Errasse atque suis fluuios temerasse uenenis.
Strage canum primo uolucrumque ouiumque boumque
Inque feris subiti deprensa potentia morbi.
Concidere infelix ualidos miratur arator
Inter opus tauros medioque recumbere sulco;
Lanigeris gregibus balatus dantibus aegros
Sponte sua lanaeque cadunt et corpora tabent;
Acer equus quondam magnaeque in puluere famae
Degenerat palmas ueterumque oblitus honorum
Ad praesepe gemit longo moriturus inerti;
Non aper irasci meminit, non fidere cursu
Cerua nec armentis incurrere fortibus ursi. 
Omnia languor habet: siluisque agrisque uiisque
Corpora foeda iacent, uitiantur odoribus aurae.
Mira loquar: non illa canes auidaeque uolucres,
Non cani tetigere lupi; dilapsa liquescunt,
Adflatuque nocent et agunt contagia late.
Peruenit ad miseros damno grauiore colonos
Pestis et in magnae dominatur moenibus urbis.
Viscera torrentur primo, flammaeque latentis
Indicium rubor est et ductus anhelitus; igni
Aspera lingua tumet, tepidisque arentia uentis
Ora patent, auraeque graues captantur hiatu.
Non stratum, non ulla pati uelamina possunt,
Dura sed in terra ponunt praecordia, nec fit
Corpus humo gelidum, sed humus de corpore feruet,
Nec moderator adest, inque ipsos saeua medentes
Erumpit clades, obsuntque auctoribus artes.
Quo propior quisque est seruitque fidelius aegro,
In partem leti citius uenit, utque salutis
Spes abiit finemque uident in funere morbi,
Indulgent animis et nulla, quid utile, cura est:
Vtile enim nihil est. passim positoque pudore
Fontibus et fluuiis puteisque capacibus haerent,
Nec sitis est extincta prius quam uita bibendo;
Inde graues multi nequeunt consurgere et ipsis
Inmoriuntur aquis; aliquis tamen haurit et illas.
Tantaque sunt miseris inuisi taedia lecti:
Prosiliunt aut, si prohibent consistere uires,
Corpora deuoluunt in humum fugiuntque penates
Quisque suos, sua cuique domus funesta uidetur
Et, quia causa latet, locus est in crimine paruus.
Semianimes errare uiis, dum stare ualebant,
Adspiceres, flentes alios terraque iacentes
Lassaque uersantes supremo lumina motu
Membraque pendentis tendunt ad sidera caeli, 
Hic illic, ubi mors deprenderat, exhalantes.
Quid mihi tunc animi fuit? an, quod debuit esse,
Vt uitam odissem et cuperem pars esse meorum?
Quo se cumque acies oculorum flexerat, illic
Vulgus erat stratum, ueluti cum putria motis
Poma cadunt ramis agitataque ilice glandes.
Templa uides contra gradibus sublimia longis
(Iuppiter illa tenet): quis non altaribus illis
Inrita tura dedit? quotiens pro coniuge coniunx,
Pro gnato genitor, dum uerba precantia dicit,
Non exoratis animam finiuit in aris,
Inque manu turis pars inconsumpta reperta est!
Admoti quotiens templis, dum uota sacerdos
Concipit et fundit purum inter cornua uinum,
Haud exspectato ceciderunt uulnere tauri!
Ipse ego sacra Ioui pro me patriaque tribusque
Cum facerem natis, mugitus uictima diros
Edidit et subito conlapsa sine ictibus ullis
Exiguo tinxit subiectos sanguine cultros.
Exta quoque aegra notas ueri monitusque deorum
Perdiderant: tristes penetrant ad uiscera morbi.
Ante sacros uidi proiecta cadauera postes;
Ante ipsas, quo mors foret inuidiosior, aras
Pars animam laqueo claudunt mortisque timorem
Morte fugant ultroque uocant uenientia fata. 
Corpora missa neci nullis de more feruntur
Funeribus: neque enim capiebant funera portae;
Aut inhumata premunt terras aut dantur in altos
Indotata rogos. et iam reuerentia nulla est,
Deque rogis pugnant alienisque ignibus ardent.
Qui lacriment, desunt, indefletaeque uagantur
Natorumque uirumque animae iuuenumque senumque,
Nec locus in tumulos, nec sufficit arbor in ignes.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=OV%7Cmeta%7C007","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"58","from":28181.0,"to":28186.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, +{"Annotazione":"...: Non perch\u00e9 dubiti di ci\u00f2\nche i poeti raccontano. \u00c8 chiaro invece che per D. quella di\nOvidio \u00e8 una favola che racchiude parecchie verit\u00e0 sotto bella\nmenzogna. «Mostra che Eaco vecchio fosse prudente<\/i>, quando,\navendo per pestilenza di corrompimento d'aere quasi tutto lo\npopolo (si noti che nella Commedia<\/i> il quasi<\/i> \u00e8 sparito e il\npopolo \u00e8 tutto<\/i> {v.59} infermo) perduto, esso saviamente ricorse\na Dio e a lui domand\u00f2 lo ristoro de la morta gente (trattandosi\nd'un male da cui, come dalla colpa di origine, l'uomo da s\u00e9 non\nsi pu\u00f2 liberare)... Mostra che esso fosse giusto<\/i>... largo<\/i>...\naffabile<\/i>... Ahi quante cose sono da notare in questa risposta! \nMa a buono intenditore basti essere posto qui come Ovidio lo\npone» (Conv.<\/i>, IV, xxvii, 17-20). E qui a buono intenditore\nbasti sapere che egli del racconto ovidiano si serve, perch\u00e9 vi\nsi vedano come i riflessi della colpa originale ch'\u00e8 quella\nmalizia<\/i> {v.60} da cui derivano a tutti gli uomini infermit\u00e0<\/i> e\nlanguore.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"29","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":[" secondo che i poeti"],"FrammentoNota":"
Non perché dubiti di ciò che i poeti raccontano.  È chiaro invece che per D. quella di\r\nOvidio è una favola che racchiude parecchie verità sotto bella\r\nmenzogna.  «Mostra che Eaco vecchio fosse prudente<\/i>, quando,\r\navendo per pestilenza di corrompimento d'aere quasi tutto lo\r\npopolo (si noti che nella Commedia<\/i> il quasi<\/i> è sparito e il\r\npopolo è tutto<\/i> {v.59} infermo) perduto, esso saviamente ricorse\r\na Dio e a lui domandò lo ristoro de la morta gente (trattandosi\r\nd'un male da cui, come dalla colpa di origine, l'uomo da sé non\r\nsi può liberare)...  Mostra che esso fosse giusto<\/i>... largo<\/i>...\r\naffabile<\/i>...  Ahi quante cose sono da notare in questa risposta! \r\nMa a buono intenditore basti essere posto qui come Ovidio lo\r\npone» (Conv.<\/i>, IV, xxvii, 17-20).  E qui a buono intenditore\r\nbasti sapere che egli del racconto ovidiano si serve, perché vi\r\nsi vedano come i riflessi della colpa originale ch'è quella\r\nmalizia<\/i> {v.60} da cui derivano a tutti gli uomini infermità<\/i> e languore.<\/i><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","InfoCitazione.LuogoFonte":"IV, xxvii, 17-20","InfoCitazione.NotaFonte":"Il passo ovidiano a cui si fa riferimento \u00e8 ovviamente quello rintracciato nella nota al v. 58; qui interessa, soprattutto, interpretare allegoricamente il testo poetico, come accade gi\u00e0 nel \"Convivio\".","InfoCitazione.TestoFonte":"Mostra che Eaco vecchio fosse prudente, quando, avendo per pestilenza di corrompimento d'aere quasi tutto lo popolo perduto, esso saviamente ricorse a Dio e a lui domandò lo ristoro della morta gente; e per lo suo senno, che a pazienza lo tenne e a Dio tornare lo fece, lo suo popolo ristorato li fu maggiore che prima. Mostra che esso fosse giusto, quando dice che l'esso fu partitore a nuovo popolo e distributore della terra diserta sua. Mostra che fosse largo, quando disse a Cefalo dopo la dimanda dello aiuto: «O Atene, non domandate a me aiutorio, ma tolletelvi; e non dite a voi dubitose le forze che ha questa isola. E tutto questo è lo stato delle mie cose: forze non ci menomano, anzi ne sono a noi di soperchio; e lo avversario è grande, e lo tempo da dare è, bene aventuroso e sanza escusa». Ahi quante cose sono da notare in questa risposta! Ma a buono intenditore basti essere posta qui come Ovidio la pone. Mostra che fosse affabile, quando dice e ritrae per lungo sermone a Cefalo la istoria della pestilenza del suo popolo diligentemente, e lo ristoramento di quello. Per che assai è manifesto a questa etade essere queste quattro cose convenienti: per che la nobile natura in essa le mostra, sì come lo testo dice. E perché più memorabile sia l'essemplo che detto è, dice di Eaco re che questi fu padre di Telamon, di Peleus e di Foco, del quale Telamon nacque Aiace, e di Peleus Achilles.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=77&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"63","from":28217.0,"to":28221.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
+{"Annotazione":"...: Non si vorrebbe far conoscere.\nChi sono?  Lo vedi da te: uno che piange.  E per disarmar\nl'avversario, fatuo com'\u00e8, si prova a mettergli innanzi l'aspetto\ndoloroso della sua condizione.  Appartiene all'«oltracotata\nschiatta che s'indraca — dietro a chi fugge, e a chi mostra 'l\ndente — o ver la borsa, come agnel si placa» (Par.<\/i>, XVI, 115);\ne rappresenta i fiorentini, sollevati contro Arrigo, temerari,\nvani e orgogliosi.  Di essi nell'Ep.<\/i>, VI, \u00e8 detto che temere\npresumendo tumescunt<\/i>, hanno osato in rebellionis vesaniam\ninsurgere<\/i>, sono amentes et discoli<\/i>, arroganti e riluttanti ai\nvoleri divini, fino ad avventarsi contro le viscere della propria\nmadre.  Hec<\/i> (Florentia<\/i>) est vipera versa in viscera\ngenetricis<\/i>, ossia di Roma, que ad ymaginem suam atque\nsimilitudinem fecit illam<\/i> (Ep.<\/i>, VII, 25).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":["  Vedi che son"],"FrammentoNota":"
rappresenta i fiorentini, sollevati contro Arrigo, temerari,\r\nvani e orgogliosi.  Di essi nell'Ep.<\/i>, VI, è detto che temere\r\npresumendo tumescunt<\/i>, hanno osato in rebellionis vesaniam\r\ninsurgere<\/i>, sono amentes et discoli<\/i>, arroganti e riluttanti ai\r\nvoleri divini, fino ad avventarsi contro le viscere della propria\r\nmadre. <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3730666","InfoCitazione.LuogoFonte":"VI, 4-6","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Igitur in hanc Dei manifestissimam voluntatem quicunque temere presumendo tumescunt, si gladius Eius qui dicit \"Mea est ultio\" de celo non cecidit, ex nunc severi iudicis adventante iudicio pallore notentur. Vos autem divina iura et humana transgredientes, quos dira cupiditatis ingluvies paratos in omne nefas illexit, nonne terror secunde mortis exagitat, ex quo, primi et soli iugum libertatis horrentes, in romani Principis, mundi regis et Dei ministri, gloriam fremuistis, atque iure prescriptionis utentes, debite subiectionis officium denegando, in rebellionis vesaniam maluistis insurgere? An ignoratis, amentes et discoli, publica iura cum sola temporis terminatione finiri, et nullius prescriptionis calculo fore obnoxia?","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Epistole&pb=6&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"36","from":6995.0,"to":6998.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Epistole"},
+{"Annotazione":"...: Ora sentono tutta la dolcezza\ndella vita, allietata dal sole, sulla quale cio\u00e8 risplenda quel\nsole ch'\u00e8 Dio... ma su nel mondo preferirono d'intristire,\ncedendo alle seduzioni della lonza, che poi vuol dire lasciandosi\ndominare dall'appetito di beni, per amor de' quali non levarono\npi\u00f9 gli occhi in alto, e non si curarono pi\u00f9 di operare\nvirtuosamente.  Invero D. per liberarsi dalla lonza, che fece? \nGuard\u00f2 in alto, al sole che sorgeva, e subito si sent\u00ec rinascere\nin cuore la speranza (Inf.<\/i>, I, 37 e seg.).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":["  ne l'aere dolce"],"FrammentoNota":"
Ora sentono tutta la dolcezza\r\ndella vita, allietata dal sole, sulla quale cioè risplenda quel\r\nsole ch'è Dio... ma su nel mondo preferirono d'intristire,\r\ncedendo alle seduzioni della lonza, che poi vuol dire lasciandosi\r\ndominare dall'appetito di beni, per amor de' quali non levarono\r\npiù gli occhi in alto, e non si curarono più di operare\r\nvirtuosamente.  Invero D. per liberarsi dalla lonza, che fece? \r\nGuardò in alto, al sole che sorgeva, e subito si sentì rinascere\r\nin cuore la speranza (Inf.<\/i>, I, 37 e seg.).<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inferno I, 37-43","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Temp'era dal principio del mattino,
e 'l sol montava 'n sù con quelle stelle
ch'eran con lui quando l'amor divino
mosse di prima quelle cose belle;
sì ch'a bene sperar m'era cagione
di quella fiera a la gaetta pelle
l'ora del tempo e la dolce stagione;","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=1&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"122","from":6654.0,"to":6658.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"...: Ottaviano degli Ubaldini,\npotente famiglia. Raccontano che una volta esclamasse: Se anima\n\u00e8, per li ghibellini io l'ho perduta. — e de li altri mi\ntaccio<\/b>: Perch\u00e9 ridire di tutti naturalmente non pu\u00f2, come nel\nLimbo; ma anche per l'alterezza sdegnosa di Farinata. — Lui pi\u00f9\nalto di tutti; accanto, ma sotto di lui, Cavalcante, pi\u00f9 per\nvirt\u00f9 del figlio che sua; poi nei bassirilievi, diciamo, un\ngrande imperatore e un cardinale; e in fondo a tutti, a far da\nbase al monumento, pi\u00f9 di mille, — innominati.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"10","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":[" e 'l cardinale"],"FrammentoNota":"
Ottaviano degli Ubaldini,\r\npotente famiglia.  Raccontano che una volta esclamasse: Se anima\r\nè, per li ghibellini io l'ho perduta. <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3805976","InfoCitazione.Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/commento-alla-commedia","InfoCitazione.LuogoFonte":"X, 120","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Questi fu Ottaviano Cardinale delli Ubaldini che stanno in Mugello, che è un luogo su la montagna tra Firenze e Bologna; e fu un mondano uomo, lo quale ebbe tanta cura di queste mondane cose, che non par ch'elli credesse che altra vita fosse che questa: fu molto di parte d'imperio e fece tutto quello che seppe in suo aiutorio. Avenne ch'elli avendo bisogno soccorso di moneta, dimandolla alla parte ghibellina, overo d'imperio di Toscana: fulli vietato; sichè costui lamentandosi, disse quasi conquerendo d'essi io posso dire, se è anima, che l'ho perduta per parte ghibellina, e un solo non mi soccorre. Sichè mostrò in questo suo parlare, quando disse se è anima<\/i>, ch'èlli non fusse certo d'avere anima, lo quale serebbe ed è grande errore.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dante.dartmouth.edu\/search_view.php?doc=132471101200&cmd=gotoresult&arg1=8","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"120","from":9486.0,"to":9489.0,"NomeAutore":"Jacopo della Lana","TitoloFonte":null},
+{"Annotazione":"...: Ovidio, da cui D.\nderiva il racconto: «Dal grembo della madre afferra Learco che\ngli sorride e gli tende le piccole braccia, e due volte e tre lo\nruota per aria, come si fa con la fionda e, feroce, spezza le\ninfantili membra contro un duro sasso».  D. sopprime ogni\ncolorito superfluo: sa che quanto pi\u00f9 la descrizione \u00e8 nuda, e\ntanto pi\u00f9, in simili casi, sar\u00e0 grande l'orrore e il\nraccapriccio.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"30","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":["  e rotollo, e percosselo"],"FrammentoNota":"
Ovidio, da cui D.\r\nderiva il racconto: «Dal grembo della madre afferra Learco che\r\ngli sorride e gli tende le piccole braccia, e due volte e tre lo\r\nruota per aria, come si fa con la fionda e, feroce, spezza le\r\ninfantili membra contro un duro sasso».  D. sopprime ogni\r\ncolorito superfluo: sa che quanto più la descrizione è nuda, e\r\ntanto più, in simili casi, sarà grande l'orrore e il\r\nraccapriccio.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","InfoCitazione.LuogoFonte":"IV, 515-519","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Vtque ferae sequitur uestigia coniugis amens
Deque sinu matris ridentem et parua Learchum
Bracchia tendentem rapit et bis terque per auras
More rotat fundae rigidoque infantia saxo
Discutit ora ferox.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=OV%7Cmeta%7C004","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"11","from":28843.0,"to":28847.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, +{"Annotazione":"...: Parla di ciascuno\ndistintamente, e non si limita al nome; dichiara anche la colpa:\nl'una \u00e8 la falsa<\/b>..., l'altro il falso<\/b>, come se non fosse\nstato anche lui un falsario. — ch'accus\u00f2 Giuseppo<\/b>: La moglie\ndi Putifarre che accus\u00f2 falsamente Giuseppe, il figliuolo di\nGiacobbe, di averle usata violenza. — greco<\/b>: Lo aggiunge per\navvilirlo di pi\u00f9. La frodolenza dei greci, la graeca fides<\/i> era\npassata in proverbio. Cfr. inoltre XXVIII, 84. — da Troia<\/i><\/b>:\nNon perch\u00e9 Sinone fosse nativo di Troia, ma per dire col nome\nanche il luogo dove commise la frode per cui \u00e8 diventato famoso\nin tutto il mondo, persuadendo i troiani a ricevere dentro la\ncitt\u00e0 il cavallo di legno (En.<\/i><\/b>, II, 57-194).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"30","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":[" L'una \u00e8 la falsa"],"FrammentoNota":"
da Troia<\/b>: Non perché Sinone fosse nativo di Troia, ma per dire col nome\r\nanche il luogo dove commise la frode per cui è diventato famoso in tutto il mondo,persuadendo i troiani a ricevere dentro la città il cavallo di legno (En.<\/i>, II, 57-194).<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","InfoCitazione.LuogoFonte":"II, 57-194","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Ecce, manus iuuenem interea post terga reuinctum
Pastores magno ad regem clamore trahebant
Dardanidae, qui se ignotum uenientibus ultro, 
Hoc ipsum ut strueret Troiamque aperiret Achiuis,
Obtulerat, fidens animi atque in utrumque paratus,
Seu uersare dolos seu certae occumbere morti. 
Vndique uisendi studio Troiana iuuentus
Circumfusa ruit certantque illudere capto.
Accipe nunc Danaum insidias et crimine ab uno
Disce omnis.
Namque ut conspectu in medio turbatus, inermis,
Constitit atque oculis Phrygia agmina circumspexit:
\"Heu, quae nunc tellus\" inquit \"quae me aequora possunt
Accipere? aut quid iam misero mihi denique restat,
Cui neque apud Danaos usquam locus, et super ipsi
Dardanidae infensi poenas cum sanguine poscunt?\"
Quo gemitu conuersi animi compressus et omnis
Impetus. Hortamur fari quo sanguine cretus
Quidue ferat; memoret quae sit fiducia capto.
Ille haec deposita tandem formidine fatur:
\"Cuncta equidem tibi, rex, fuerit quodcumque, fatebor
Vera\" inquit; \"neque me Argolica de gente negabo;
Hoc primum; nec, si miserum fortuna Sinonem
Finxit, uanum etiam mendacemque improba finget.
Fando aliquod si forte tuas peruenit ad auris
Belidae nomen Palamedis et incluta fama
Gloria, quem falsa sub proditione Pelasgi
Insontem infando indicio, quia bella uetabat,
Demisere neci, nunc cassum lumine lugent:
Illi me comitem et consanguinitate propinquum
Pauper in arma pater primis huc misit ab annis.
Dum stabat regno incolumis regumque uigebat
Conciliis, et nos aliquod nomenque decusque
Gessimus. Inuidia postquam pellacis Vlixi
(Haut ignota loquor) superis concessit ab oris,
Adflictus uitam in tenebris luctuque trahebam
Et casum insontis mecum indignabar amici.
Nec tacui demens et me, fors si qua tulisset,
Si patrios umquam remeassem uictor ad Argos,
Promisi ultorem et uerbis odia aspera moui.
Hinc mihi prima mali labes, hinc semper Vlixes
Criminibus terrere nouis, hinc spargere uoces
In uulgum ambiguas et quaerere conscius arma.
Nec requieuit enim, donec Calchante ministro...
Sed quid ego haec autem nequiquam ingrata reuoluo,
Quidue moror? si omnis uno ordine habetis Achiuos
Idque audire sat est, iamdudum sumite poenas:
Hoc Ithacus uelit et magno mercentur Atridae.\"
Tum uero ardemus scitari et quaerere causas,
Ignari scelerum tantorum artisque Pelasgae.
Prosequitur pauitans et ficto pectore fatur:
\"Saepe fugam Danai Troia cupiere relicta
Moliri et longo fessi discedere bello;
Fecissentque utinam! Saepe illos aspera ponti
Interclusit hiems et terruit Auster euntis.
Praecipue cum iam hic trabibus contextus acernis
Staret equus toto sonuerunt aethere nimbi.
Suspensi Eurypylum scitantem oracula Phoebi
Mittimus, isque adytis haec tristia dicta reportat:
\"Sanguine placastis uentos et uirgine caesa,
Cum primum Iliacas, Danai, uenistis ad oras:
Sanguine quaerendi reditus animaque litandum
Argolica.\" Vulgi quae uox ut uenit ad auris,
Obstipuere animi gelidusque per ima cucurrit
Ossa tremor, cui fata parent, quem poscat Apollo.
Hic Ithacus uatem magno Calchanta tumultu
Protrahit in medios: quae sint ea numina diuum
Flagitat. Et mihi iam multi crudele canebant
Artificis scelus et taciti uentura uidebant.
Bis quinos silet ille dies tectusque recusat
Prodere uoce sua quemquam aut opponere morti.
Vix tandem, magnis Ithaci clamoribus actus,
Composito rupit uocem et me destinat arae.
Adsensere omnes et, quae sibi quisque timebat,
Vnius in miseri exitium conuersa tulere.
Iamque dies infanda aderat; mihi sacra parari
Et salsae fruges et circum tempora uittae.
Eripui, fateor, leto me et uincula rupi,
Limosoque lacu per noctem obscurus in ulua
Delitui dum uela darent, si forte dedissent.
Nec mihi iam patriam antiquam spes ulla uidendi,
Nec dulcis natos exoptatumque parentem;
Quos illi fors et poenas ob nostra reposcent
Effugia et culpam hanc miserorum morte piabunt.
Quod te per superos et conscia numina ueri,
Per si qua est quae restet adhuc mortalibus usquam
Intemerata fides, oro, miserere laborum
Tantorum, miserere animi non digna ferentis.\"
His lacrimis uitam damus et miserescimus ultro.
Ipse uiro primus manicas atque arta leuari
Vincla iubet Priamus dictisque ita fatur amicis:
\"Quisquis es (amissos hinc iam obliuiscere Graios)
Noster eris; mihique haec edissere uera roganti:
Quo molem hanc immanis equi statuere? quis auctor?
Quidue petunt? quae religio? aut quae machina belli?\"
Dixerat. ille, dolis instructus et arte Pelasga,
Sustulit exutas uinclis ad sidera palmas:
\"Vos, aeterni ignes, et non uiolabile uestrum
Testor numen\" ait, \"uos arae ensesque nefandi,
Quos fugi, uittaeque deum, quas hostia gessi:
Fas mihi Graiorum sacrata resoluere iura,
Fas odisse uiros atque omnia ferre sub auras,
Si qua tegunt; teneor patriae nec legibus ullis.
Tu modo promissis maneas seruataque serues
Troia fidem, si uera feram, si magna rependam.
Omnis spes Danaum et coepti fiducia belli
Palladis auxiliis semper stetit. Impius ex quo
Tydides sed enim scelerumque inuentor Vlixes
Fatale adgressi sacrato auellere templo
Palladium, caesis summae custodibus arcis,
Corripuere sacram effigiem manibusque cruentis
Virgineas ausi diuae contingere uittas:
Ex illo fluere ac retro sublapsa referri
Spes Danaum, fractae uires, auersa deae mens.
Nec dubiis ea signa dedit Tritonia monstris.
Vix positum castris simulacrum: arsere coruscae
Luminibus flammae arrectis salsusque per artus
Sudor iit terque ipsa solo (mirabile dictu)
Emicuit parmamque ferens hastamque trementem.
Extemplo temptanda fuga canit aequora Calchas,
Nec posse Argolicis exscindi Pergama telis
Omina ni repetant Argis numenque reducant
Quod pelago et curuis secum auexere carinis.
Et nunc quod patrias uento petiere Mycenas
Arma deosque parant comites pelagoque remenso
Inprouisi aderunt; ita digerit omina Calchas.
Hanc pro Palladio moniti, pro numine laeso
Effigiem statuere, nefas quae triste piaret.
Hanc tamen immensam Calchas attollere molem
Roboribus textis caeloque educere iussit,
Ne recipi portis aut duci in moenia possit,
Neu populum antiqua sub religione tueri.
Nam si uestra manus uiolasset dona Mineruae,
Tum magnum exitium (quod di prius omen in ipsum
Conuertant!) Priami imperio Phrygibusque futurum;
Sin manibus uestris uestram ascendisset in urbem,
Vltro Asiam magno Pelopea ad moenia bello
Venturam et nostros ea fata manere nepotes.\"","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=VERG%7Caene%7C002","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"ESTENDE","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"97-98","from":29473.0,"to":29478.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, +{"Annotazione":"...: Per distogliere da s\u00e9 il\npensiero di D. e rivolgerlo sull'altro, ora parla non richiesto e\nsenza reticenze. Colui, che vedi confitto in terra con tre pali,\n\u00e8 Caifas, il sommo sacerdote che consigli\u00f2 i farisei del sinedrio\ndi Gerusalemme, dicendo che a loro conveniva far morire uno solo\nper il bene di tutto il popolo. Expedit vobis ut unus moriatur\nhomo pro populo<\/i> (Giov., XI, 50).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":[" Quel confitto"],"FrammentoNota":"
Per distogliere da sé il\r\npensiero di D. e rivolgerlo sull'altro, ora parla non richiesto e\r\nsenza reticenze.  Colui, che vedi confitto in terra con tre pali,\r\nè Caifas, il sommo sacerdote che consigliò i farisei del sinedrio\r\ndi Gerusalemme, dicendo che a loro conveniva far morire uno solo\r\nper il bene di tutto il popolo.  Expedit vobis ut unus moriatur\r\nhomo pro populo<\/i> (Giov., XI, 50).<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q328804","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q36766","InfoCitazione.LuogoFonte":"11, 49-50","InfoCitazione.NotaFonte":"Caifas non \u00e8 nominato esplicitamente nel canto; la citazione, che \u00e8 quasi una traduzione del passo giovanneo, lascia emergere l'identit\u00e0 del dannato.","InfoCitazione.TestoFonte":"[49]<\/strong> Unus autem ex ipsis, Caiphas, cum esset pontifex anni illius, dixit eis: “ Vos nescitis quidquam | [50]<\/strong> nec cogitatis quia expedit vobis, ut unus moriatur homo pro populo, et non tota gens pereat! ”.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-ioannem_lt.html#11","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"115-117","from":22265.0,"to":22267.0,"NomeAutore":"Giovanni evangelista","TitoloFonte":"Vangelo secondo Giovanni"},
+{"Annotazione":"...: Per rendere credibile\nquel che vide, poich\u00e9 nel mondo naturale non gli era possibile\ntrovar nulla di analogo, ricorre a quello delle leggende (che poi\nuna parte di vero la nascondono sempre sotto il loro velo)\nfacendosi forte dell'autorit\u00e0 de li gran savi<\/b>, dei grandi\npoeti, i quali attestano che la fenice muore e dopo circa\ncinquecento anni rinasce.  Allude specialmente ai versi delle\nMetamorfosi<\/i> di Ovidio, XV, 392.  Una est quae reparet seque\nipsa reseminet ales.<\/i>  — Assyri phoenica vocant.  Non fruge\nneque herbis<\/i>, — sed turis lacrimis et suco vivit amomi.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"24","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":["  Cos\u00ec per li gran savi"],"FrammentoNota":"
Per rendere credibile\r\nquel che vide, poiché nel mondo naturale non gli era possibile\r\ntrovar nulla di analogo, ricorre a quello delle leggende (che poi\r\nuna parte di vero la nascondono sempre sotto il loro velo)\r\nfacendosi forte dell'autorità de li gran savi<\/b>, dei grandi\r\npoeti, i quali attestano che la fenice muore e dopo circa\r\ncinquecento anni rinasce.  Allude specialmente ai versi delle\r\nMetamorfosi<\/i> di Ovidio, XV, 392.  Una est quae reparet seque\r\nipsa reseminet ales.<\/i>  — Assyri phoenica vocant.  Non fruge\r\nneque herbis<\/i>, — sed turis lacrimis et suco vivit amomi.<\/i><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","InfoCitazione.LuogoFonte":"XV, 391-394","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Haec tamen ex aliis generis primordia ducunt,
Vna est, quae reparet seque ipsa reseminet, ales:
Assyrii phoenica uocant; non fruge neque herbis,
Sed turis lacrimis et suco uiuit amomi.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo\/codice\/OV%7Cmeta%7C015","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"106","from":23275.0,"to":23280.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, +{"Annotazione":"...: Pi\u00f9 condiscendente di\nChirone, alle informazioni richieste ne aggiunge altre non\nrichieste. — Ieri appunto, cinque ore pi\u00f9 tardi di questa,\nfecero 1266 anni che qui<\/b>, quando a questo passo, il ponte cadde\ne la via rimase interrotta. — Tuto preciso, tutto vero. Ieri\nera stato il venerd\u00ec santo del 1300; Cristo, come perfettamente\nnaturato era morto «nel trentaquattresimo anno della sua etade»\n(Conv.<\/i>, IV, xxiii, 11) e 34 pi\u00f9 1266 fanno appunto 1300; l'ora\nera verso le sette del mattino e cinque ore pi\u00f9 tardi sarebbero\nstate le dodici, l'hora sesta<\/i>, in cui, secondo S. Luca\n(Conv.<\/i>, IV, xxiii, 10-11), Cristo mor\u00ec. Il discorso di\nMalacoda rispondeva a puntino alla verit\u00e0. — otta<\/i><\/b> per ora<\/i><\/b>,\ncome allotta<\/i> per allora<\/i>, negli antichi \u00e8 frequente.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"21","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":[" Ier, pi\u00f9 oltre"],"FrammentoNota":"
Tuto preciso, tutto vero.  Ieri\r\nera stato il venerdì santo del 1300; Cristo, come perfettamente\r\nnaturato era morto «nel trentaquattresimo anno della sua etade»\r\n(Conv.<\/i>, IV, xxiii, 11) e 34 più 1266 fanno appunto 1300; l'ora\r\nera verso le sette del mattino e cinque ore più tardi sarebbero\r\nstate le dodici, l'hora sesta<\/i>, in cui, secondo S. Luca\r\n(Conv.<\/i>, IV, xxiii, 10-11), Cristo morì.  Il discorso di\r\nMalacoda rispondeva a puntino alla verità. <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","InfoCitazione.LuogoFonte":"IV, xxiii, 10-11","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Là dove sia lo punto sommo di questo arco, per quella disaguaglianza che detta è di sopra, è forte da sapere; ma nelli più, io credo, tra il trentesimo e 'l quarantesimo anno; e io credo che nelli perfettamente naturati esso ne sia nel trentacinquesimo anno. E muovemi questa ragione: che ottimamente naturato fue lo nostro salvatore Cristo, lo quale volle morire nel trentaquattresimo anno della sua etade; ché non era convenevole la divinitade stare in cosa in discrescere; né da credere è ch'elli non volesse dimorare in questa nostra vita al sommo, poi che stato c'era nel basso stato della puerizia. E ciò manifesta l'ora del giorno della sua morte, cioè di Cristo, che volle quella consimigliare colla vita sua: onde dice Luca che era quasi ora sesta quando morìo, che è a dire lo colmo del die. ","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=73&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"112-114","from":20149.0,"to":20152.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
+{"Annotazione":"...: Quanto sussiego per dire\nuna cosa nota a tutti!  Ma lo fa per ridere alle spalle di V. \nDiavolo infatti tanto vale quanto ingannatore, bugiardo; e che\nsia padre di menzogna<\/i> lo dice anche San Giovanni: mendax est\net pater eius<\/i> (VIII, 44).  Se non che Catalano tace che\ngl'ipocriti, appunto perch\u00e9 mentiscono sempre, son tutti figli\ndel diavolo.  Questa sua impudenza move a sdegno V. che subito lo\npianta l\u00ec, e si allontana.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":["  ch'elli \u00e8 bugiardo"],"FrammentoNota":"
Quanto sussiego per dire\r\nuna cosa nota a tutti!  Ma lo fa per ridere alle spalle di V. \r\nDiavolo infatti tanto vale quanto ingannatore, bugiardo; e che\r\nsia padre di menzogna<\/i> lo dice anche San Giovanni: mendax est\r\net pater eius<\/i> (VIII, 44).  Se non che Catalano tace che\r\ngl'ipocriti, appunto perché mentiscono sempre, son tutti figli\r\ndel diavolo.  Questa sua impudenza move a sdegno V. che subito lo\r\npianta lì, e si allontana.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q328804","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q36766","InfoCitazione.LuogoFonte":"8, 44","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"[44]<\/strong> Vos ex patre Diabolo estis et desideria patris vestri vultis facere. Ille homicida erat ab initio et in veritate non stabat, quia non est veritas in eo. Cum loquitur mendacium, ex propriis loquitur, quia mendax est et pater eius.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-ioannem_lt.html#8","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"144","from":22468.0,"to":22472.0,"NomeAutore":"Giovanni evangelista","TitoloFonte":"Vangelo secondo Giovanni"},
+{"Annotazione":"...: Sar\u00e0 stata probabilmente una\nleggenda inventata dagli avversari dell'imperatore Federico II di\nSvevia; ma <\u00e8 da sapere, commenta il Buti, che lo imperatore\nFederigo II coloro che egli condannava a morte per lo peccato\ndella offesa maest\u00e0, li facea spogliare ignudi e vestire d'una\nveste di piombo grossa un dito, e faceali mettere in una caldaia\nsopra il fuoco, e facea fare grande fuoco, tanto che si struggea\nlo piombo addosso al misero condannato, e cos\u00ec miseramente e\ndolorosamente il facea morire».  — le mettea di paglia<\/b>:\nFigurarsi il peso delle cappe degl'ipocriti, se quelle di\nFederico, grosse un dito, erano di paglia, ossia, a paragone, non\npesavano niente.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":["  che Federigo"],"FrammentoNota":"
Sarà stata probabilmente una\r\nleggenda inventata dagli avversari dell'imperatore Federico II di\r\nSvevia; ma <è da sapere, commenta il Buti, che lo imperatore\r\nFederigo II coloro che egli condannava a morte per lo peccato\r\ndella offesa maestà, li facea spogliare ignudi e vestire d'una\r\nveste di piombo grossa un dito, e faceali mettere in una caldaia\r\nsopra il fuoco, e facea fare grande fuoco, tanto che si struggea\r\nlo piombo addosso al misero condannato, e così miseramente e\r\ndolorosamente il facea morire». <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"","InfoCitazione.Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/anonima","InfoCitazione.LuogoFonte":"","InfoCitazione.NotaFonte":"Numerosi commentatori hanno rilevato come la notizia non compaia in nessuna cronaca antica; cfr. Torraca, \"Commento\", p. 355: \u00abNessun documento o cronista attesta che Federico II [...] usasse, come pretendono i commentatori antichi, di far vestire di piombo i rei di lesa maest\u00e0, e cos\u00ec vestiti mettere in una caldaia\u00bb. Pertanto, \u00e8 plausibile che Dante abbia tratto l'informazione da una diceria circolata in forma soltanto orale.","InfoCitazione.TestoFonte":"","InfoCitazione.UrlFonte":"","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=13855', 'Rapporto': 'CONFERMA'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONTRADDICE","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"66","from":21895.0,"to":21897.0,"NomeAutore":null,"TitoloFonte":null},
+{"Annotazione":"...: Senza farsi troppo pregare V.\ncomincia presso a poco con le parole dell'Eneide<\/i> (III, 104 e\nseg.): Creta Iovis magni medio iacet insula ponto<\/i>, — mons\nIdaeus ubi et gentis cunabula nostrae.<\/i>  Nel medioevo il\nMediterraneo era il mare per eccellenza.  — guasto<\/b>: deserto,\nsquallido.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"14","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":["  In mezzo mar"],"FrammentoNota":"
Senza farsi troppo pregare V. comincia presso a poco con le parole dell'Eneide<\/i> (III, 104 e\r\nseg.): Creta Iovis magni medio iacet insula ponto<\/i>, — mons\r\nIdaeus ubi et gentis cunabula nostrae.<\/i>  Nel medioevo il\r\nMediterraneo era il mare per eccellenza.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","InfoCitazione.LuogoFonte":"III, 104-110","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Creta Iouis magni medio iacet insula ponto,
Mons Idaeus ubi et gentis cunabula nostrae.
Centum urbes habitant magnas, uberrima regna, 
Maximus unde pater, si rite audita recordor,
Teucrus Rhoeteas primum est aduectus in oras,
Optauitque locum regno. nondum Ilium et arces
Pergameae steterant; habitabant uallibus imis.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=VERG%7Caene%7C003","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"94","from":13206.0,"to":13209.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, +{"Annotazione":"...: Similmente, al\nprincipio del Genesi<\/b> sta scritto che da queste due, dalla\nnatura e dall'arte, la gente<\/b>, gli uomini devono ricavare il\nnecessario a nutrirsi e a migliorare il proprio stato: prender\nsua vita ed avanzar<\/b>: «Dio colloc\u00f2 l'uomo nel paradiso di\ndelizie, affinch\u00e9 lo coltivasse e lo custodisse» (Gen.<\/i>, II,\n15). «Dalla terra trarrai con grandi fatiche il nutrimento per\ntutti i giorni della tua vita» (Gen.<\/i>, III, 17). Gira e rigira,\nD. ha condotto il maestro a ricorrere all'autorit\u00e0 di un libro\nsacro; e anche di questo egli gode, perch\u00e9 vede la scienza di lui\nconcordare con la verit\u00e0 rivelata in grazia di una specie di\nilluminazione che gli piove nella mente.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"11","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":[" lo Genes\u00ec dal principio"],"FrammentoNota":"
Similmente, al\r\nprincipio del Genesi<\/b> sta scritto che da queste due, dalla\r\nnatura e dall'arte, la gente<\/b>, gli uomini devono ricavare il\r\nnecessario a nutrirsi e a migliorare il proprio stato: prender\r\nsua vita ed avanzar<\/b>: «Dio collocò l'uomo nel paradiso di\r\ndelizie, affinché lo coltivasse e lo custodisse» (Gen.<\/i>, II,\r\n15).  «Dalla terra trarrai con grandi fatiche il nutrimento per\r\ntutti i giorni della tua vita» (Gen.<\/i>, III, 17).  Gira e rigira,\r\nD. ha condotto il maestro a ricorrere all'autorità di un libro\r\nsacro; e anche di questo egli gode, perché vede la scienza di lui\r\nconcordare con la verità rivelata in grazia di una specie di\r\nilluminazione che gli piove nella mente.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9184","InfoCitazione.LuogoFonte":"2, 15; 3, 17","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"[2, 15]<\/strong> Tulit ergo Dominus Deus hominem et posuit eum in paradiso Eden, ut operaretur et custodiret illum<\/em>; [...] || [3, 17]<\/strong> Adae vero dixit: “Quia audisti vocem uxoris tuae et comedisti de ligno, ex quo praeceperam tibi, ne comederes, | maledicta humus propter te! | In laboribus comedes ex ea <\/em>| cunctis diebus vitae tuae<\/em>.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_genesis_lt.html","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"107-108","from":10361.0,"to":10365.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Genesi"},
+{"Annotazione":"...: Tanta \u00e8 l'ira da cui \u00e8 acciecato\nquell'orgoglioso, che supinatur ut coluber et vertitur in se\nipsum<\/i>, come D. ammoniva esser uso della vecchia colpa umana, da\ncui avrebbe voluto che i fiorentini si guardassero (Ep.<\/i>, V,\n18), e come \u00e8 rappresentato il serpe nella valletta\ndell'Antipurgatorio, nel canto VIII della seconda cantica.  Sono\narmonie, che a D. non dispiacciono, anche questo corrispondersi\ndelle parti nelle cantiche del poema (Purg.<\/i>, VIII, 100-102).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":["  in se medesmo"],"FrammentoNota":"
Tanta è l'ira da cui è acciecato\r\nquell'orgoglioso, che supinatur ut coluber et vertitur in se\r\nipsum<\/i>, come D. ammoniva esser uso della vecchia colpa umana, da\r\ncui avrebbe voluto che i fiorentini si guardassero (Ep.<\/i>, V,\r\n18)<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3730666","InfoCitazione.LuogoFonte":"V, 16","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Itaque, si culpa vetus non obest, que plerunque supinatur ut coluber et vertitur in se ipsam, hinc utrique potestis advertere, pacem unicuique preparari, et insperate letitie iam primitias degustare. ","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Epistole&pb=5","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"63","from":7178.0,"to":7185.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Epistole"},
+{"Annotazione":"...: Umanissimi i motivi\nche gli facevano sospirare il ritorno: la dolcezza di\nriabbracciare il figliuolo Telemaco, la piet\u00e0 filiale verso il\nvecchio Laerte, e l'amore dovuto alla fedele Penelope; ma pi\u00f9\npotente di essi la bramosia di sapere, la quale non gli permise,\nscrive Cicerone, «di regnare e vivere ozioso in Itaca, coi\nparenti, la moglie e il figliuolo» (De Off.<\/i>, III, 26).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"26","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":["  n\u00e9 dolcezza di figlio"],"FrammentoNota":"
Umanissimi i motivi\r\nche gli facevano sospirare il ritorno: la dolcezza di\r\nriabbracciare il figliuolo Telemaco, la pietà filiale verso il\r\nvecchio Laerte, e l'amore dovuto alla fedele Penelope; ma più\r\npotente di essi la bramosia di sapere, la quale non gli permise,\r\nscrive Cicerone, «di regnare e vivere ozioso in Itaca, coi\r\nparenti, la moglie e il figliuolo» (De Off.<\/i>, III, 26).<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1541","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1180721","InfoCitazione.LuogoFonte":"III, 26","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Utile videbatur Ulixi, ut quidem poëtae tragici prodiderunt (nam apud Homerum, optimum auctorem, talis de Ulixe nulla suspicio est), sed insimulant eum tragoediae simulatione insaniae militiam subterfugere voluisse. Non honestum consilium, at utile, ut aliquis fortasse dixerit, regnare et Ithacae vivere otiose cum parentibus, cum uxore, cum filio. Ullum tu decus in cotidianis laboribus et periculis cum hac tranquillitate conferendum putas?","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus:text:2007.01.0047:book=3:section=97&highlight=ithacae","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"94-96","from":25421.0,"to":25425.0,"NomeAutore":"Marco Tullio Cicerone","TitoloFonte":"De officiis"},
+{"Annotazione":"...: V. invece si mette subito in\nprimo piano e risponde per tutti e due con grande sicurezza,\nripetendo il nome di lui, per mostrargli che lo conosce bene e\nnon lo teme.  Intorno a Fleg\u00ef\u00e0s sappiamo che per vendicarsi di\nApollo, seduttore della figliuola Coronide, mise fuoco al tempio\ndi Delfo, e nell'inferno virgiliano ripete a gran voce: «Imparate\ndal mio esempio ad amare la giustizia e a non disprezzare gli\ndei».  Phlegyasque miserrimus omnes<\/i> — admonet, et magna\ntestatur voce fer umbras<\/i> —: Discite iustitiam moniti et non\ntemnere Divos<\/i> (En.<\/i>, VI, 618).  Molto a proposito; perch\u00e9 nello\nStige ci son dannati che hanno, per ira, offese le due virt\u00f9 per\neccellenza divine: la giustizia gl'iracondi, la piet\u00e0 gli\naccidiosi.  — a v\u00f2to<\/b>: invano.  L'interesse del lettore cresce.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":["  Fleg\u00ef\u00e0s, Fleg\u00ef\u00e0s"],"FrammentoNota":"
V. invece si mette subito in\r\nprimo piano e risponde per tutti e due con grande sicurezza,\r\nripetendo il nome di lui, per mostrargli che lo conosce bene e\r\nnon lo teme.  Intorno a Flegïàs sappiamo che per vendicarsi di\r\nApollo, seduttore della figliuola Coronide, mise fuoco al tempio\r\ndi Delfo, e nell'inferno virgiliano ripete a gran voce: «Imparate\r\ndal mio esempio ad amare la giustizia e a non disprezzare gli\r\ndei».  Phlegyasque miserrimus omnes<\/i> — admonet, et magna\r\ntestatur voce fer umbras<\/i> —: Discite iustitiam moniti et non\r\ntemnere Divos<\/i> (En.<\/i>, VI, 618).  Molto a proposito; perché nello\r\nStige ci son dannati che hanno, per ira, offese le due virtù per\r\neccellenza divine: la giustizia gl'iracondi, la pietà gli\r\naccidiosi.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","InfoCitazione.LuogoFonte":"VI, 617-620","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"[...] sedet aeternumque sedebit
Infelix Theseus, Phlegyasque miserrimus omnis
Admonet et magna testatur uoce per umbras:
\"Discite iustitiam moniti et non temnere diuos.\"","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=VERG%7Caene%7C006","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"19","from":6862.0,"to":6864.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, +{"Annotazione":"...: avvolto tutto da\nnere nubi — immagini, probabilmente, delle milizie uscite ad\naffrontarlo da Pistoia e da Serravalle la stessa mattina. — e\ncon tempesta<\/b>...: Il vapore<\/i> ha suscitato l'immagine dei nuvoli\ntorbidi<\/i><\/b>, e questi della tempesta.<\/b> E con lo stesso furore\ndella tempesta la battaglia s'ingagger\u00e0 sopra Campo Picen, ossia,\nsecondo i pi\u00f9, nel territorio pistoiese, cos\u00ec chiamato in seguito\na un'erronea interpretazione delle parole di Sallustio (Catil.<\/i><\/b>,\ncap. 57), dove questi dice che Q. Metello Celere, al tempo delle\nfazioni di Catilina, aveva le sue legioni in agro Piceno.<\/i> \nAltri vogliono si alluda alla battaglia di Serravalle, non\ndistante da Pistoia pi\u00f9 di cinque chilometri; altri al duro e\nvigoroso assedio, posto da Moroello alla citt\u00e0 stessa di Pistoia,\nfinch\u00e9 nell'aprile del 1306 non ebbe costretti i Bianchi ad\narrendersi per fame. A me non pare che un assedio, per quanto\nviolento, si possa rassomigliare a una tempesta impetuosa e agra,\nfiera cio\u00e8; e ritengo che la nebbia spezzata da Moroello faccia\nuna cosa sola con i torbidi nuvoli<\/i><\/b> di prima; e quindi che si\nalluda sempre alla battaglia di Serravalle, come sostengono il\nTorraca e il Del Lungo, il primo dei quali preferisce di leggere,\nin cambio di ch'\u00e8 di torbidi<\/b> ecc.: che, di torbidi<\/i><\/b> ecc.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"24","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":[" ch'\u00e8 di torbidi nuvoli"],"FrammentoNota":"
e con tempesta<\/b>...: Il vapore<\/i> ha suscitato l'immagine dei nuvoli\r\ntorbidi<\/b>, e questi della tempesta.<\/b>  E con lo stesso furore\r\ndella tempesta la battaglia s'ingaggerà sopra Campo Picen, ossia,\r\nsecondo i più, nel territorio pistoiese, così chiamato in seguito\r\na un'erronea interpretazione delle parole di Sallustio (Catil.<\/i>,\r\ncap. 57), dove questi dice che Q. Metello Celere, al tempo delle\r\nfazioni di Catilina, aveva le sue legioni in agro Piceno.<\/i> <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7170","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q776615","InfoCitazione.LuogoFonte":"I, 57","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Sed postquam in castra nuntius pervenit Romae coniurationem patefactam, de Lentulo et Cethego ceterisque, quos supra memoravi, supplicium sumptum, plerique, quos ad bellum spes rapinarum aut novarum rerum studium illexerat, dilabuntur; reliquos Catilina per montis asperos magnis itineribus in agrum Pistoriensem abducit eo consilio, uti per tramites occulte perfugeret in Galliam Transalpinam. [2] at Q. Metellus Celer cum tribus legionibus in agro Piceno praesidebat, ex difficultate rerum eadem illa existumans quae supra diximus Catilinam agitare.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A2008.01.0002%3Atext%3DCat.%3Achapter%3D57","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONTRADDICE","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"146-148","from":23578.0,"to":23583.0,"NomeAutore":"Gaio Sallustio Crispo","TitoloFonte":"De Catilinae coniuratione"},
+{"Annotazione":"...: che ha ingegno pari al tuo.  —\nRicorda Andromaca che chiede a Enea: Hector ubi est<\/i>?  (En.<\/i>,\nIII, 312).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"10","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":["  mio figlio"],"FrammentoNota":"
Ricorda Andromaca che chiede a Enea: Hector ubi est<\/i>?  (En.<\/i>,\r\nIII, 312).<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","InfoCitazione.LuogoFonte":"III, 310-312","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"\"Verane te facies, uerus mihi nuntius affers,
Nate dea? uiuisne? aut, si lux alma recessit,
Hector ubi est?\"","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=VERG%7Caene%7C003","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"60","from":9054.0,"to":9056.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, +{"Annotazione":"...: di guisa che,\nall'appressarsi del sole, le guance dell'aurora, bianche al\ncominciare, vermiglie nella sua pienezza, pigliavano a\ntrascolorare in arancio, per troppa etate<\/b>, essendo giunta ormai\nall'ultima sua fase. — C'\u00e8 di quelli che non approvano questo\nsfoggio di dottrine astronomiche le quali s'incontrano nella\nCommedia<\/i>; e io non dico che abbiano sempre torto. Ma le\nimmagini che D. ne trae sono spesso piene di vita e in perfetta\ncorrispondenza col momento spirituale del suo viaggio; come qui,\ndove il ricordo dell'aurora e del sole nascente, di Gerusalemme,\nin cui si comp\u00ec il mistero pi\u00f9 grande della piet\u00e0<\/i> divina, e\ndella Libra, simbolo della giustizia<\/i> necessaria al pari della\nluce della verit\u00e0 rivelata, al benessere del mondo, cadono\ntutt'altro che inopportuni al principio del regno della\npurgazione. Cielo e terra sembrano cospirare insieme alla\nredenzione di Dante, il quale alla notizia della venuta in Italia\ndi Arrigo VII, scriveva: «Eccolo ora il tempo favorevole, in cui\nsorgono i segni della consolazione e della pace. Un nuovo giorno\nrisplende facendo apparire l'aurora all'oriente, che risolve le\ntenebre della lunga calamit\u00e0; gi\u00e0 le aure orientali spirano pi\u00f9\nfrequenti; il cielo rosseggia e con la sua dolce serenit\u00e0\nconforta gli auspici delle genti» (Ep.<\/i>, V, 1-2).\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"02","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":[" s\u00ec che le bianche"],"FrammentoNota":"
C'è di quelli che non approvano questo\r\nsfoggio di dottrine astronomiche le quali s'incontrano nella\r\nCommedia<\/i>; e io non dico che abbiano sempre torto.  Ma le\r\nimmagini che D. ne trae sono spesso piene di vita e in perfetta\r\ncorrispondenza col momento spirituale del suo viaggio; come qui,\r\ndove il ricordo dell'aurora e del sole nascente, di Gerusalemme,\r\nin cui si compì il mistero più grande della pietà<\/i> divina, e\r\ndella Libra, simbolo della giustizia<\/i> necessaria al pari della\r\nluce della verità rivelata, al benessere del mondo, cadono\r\ntutt'altro che inopportuni al principio del regno della\r\npurgazione.  Cielo e terra sembrano cospirare insieme alla\r\nredenzione di Dante, il quale alla notizia della venuta in Italia\r\ndi Arrigo VII, scriveva: «Eccolo ora il tempo favorevole, in cui\r\nsorgono i segni della consolazione e della pace.  Un nuovo giorno\r\nrisplende facendo apparire l'aurora all'oriente, che risolve le\r\ntenebre della lunga calamità; già le aure orientali spirano più\r\nfrequenti; il cielo rosseggia e con la sua dolce serenità\r\nconforta gli auspici delle genti» (Ep.<\/i>, V, 1-2).<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3730666","InfoCitazione.LuogoFonte":"1","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"\"Ecce nunc tempus acceptabile\", quo signa surgunt consolationis et pacis. Nam dies nova splendescit ab ortu auroram demonstrans, que iam tenebras diuturne calamitatis attenuat; iamque aure orientales crebrescunt; rutilat celum in labiis suis, et auspitia gentium blanda serenitate confortat.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Epistole&pb=5&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"7-9","from":1019.0,"to":1023.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Epistole"},
+{"Annotazione":"...: disfatta che permise ai\nCartaginesi di raccogliere pi\u00f9 moggia di anelli, tolti ai\ncavalieri romani rimasti sul campo.  La ricorda anche nel Conv.<\/i>\n(IV, v, 19), come prova del diretto intervento di Dio nella\nformazione del «romano imperio».\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"28","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":["  che de l'anella"],"FrammentoNota":"
disfatta che permise ai Cartaginesi di raccogliere più moggia di anelli, tolti ai\r\ncavalieri romani rimasti sul campo. La ricorda anche nel Conv. <\/i>(IV, v, 19),come prova del diretto intervento di Dio nella formazione del «romano imperio».<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","InfoCitazione.LuogoFonte":"Iv, v, 19","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"E non puose Iddio le mani, quando per la guerra d'Annibale avendo perduti tanti cittadini che tre moggia d'anella in Africa erano portate, li Romani volsero abandonare la terra, se quel benedetto Scipione giovane non avesse impresa l'andata in Africa per la sua franchezza? ","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=55&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"11","from":26829.0,"to":26833.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
+{"Annotazione":"...: dove \u00e8 necessario che tu ti armi\ndella fortezza, «la quale \u00e8 arme e freno a moderare l'audacia e\nla timidit\u00e0 nostra» (Conv.<\/i>, IV, xvii, 4).  — Della stessa\nvirt\u00f9 ha avuto bisogno anche al principio del suo viaggio\n(Inf.<\/i>, III, 15).  Gli estremi si toccano.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"34","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":["  ove convien"],"FrammentoNota":"
dove è necessario che tu ti armi\r\ndella fortezza, «la quale è arme e freno a moderare l'audacia e\r\nla timidità nostra» (Conv.<\/i>, IV, xvii, 4).<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","InfoCitazione.LuogoFonte":"IV, xvii, 4","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Queste sono undici vertudi dal detto Filosofo nomate. La prima si chiama Fortezza, la quale è arme e freno a moderare l'audacia e la timiditade nostra nelle cose che sono corru<\/i>zione della nostra vita. La seconda [si] è Temperanza, che è regola e freno della nostra gulositade e della nostra soperchievole astinenza nelle cose che conservano la nostra vita. La terza si è Liberalitade, la quale è moderatrice del nostro dare e del nostro ricevere le cose temporali.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=54&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"21","from":33237.0,"to":33239.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
+{"Annotazione":"...: duce, conduttore, rispetto alla via;\nsegnore<\/b>, rispetto alla volont\u00e0; maestro<\/b>, rispetto\nall'intelletto.  Affida tutto se stesso a lui, ora che ha saputo\ncome V. sia stato mosso da B. e a B. riconduca.  Non cos\u00ec pensava\nintorno alla ragione, allorch\u00e9 scriveva il Convivio<\/i>; allora la\nscienza era per lui l'ultima perfezione della nostra anima<\/i> e\nbastava alla felicit\u00e0.  Di questo concetto hai un ricordo nel\ndiscorso di V. nel primo canto, dove l'ombra non fa\nnessun'allusione alla virt\u00f9 divina che lo muove, e sembra accorsa\nin aiuto di D. per sua spontanea volont\u00e0.  Invece nel secondo\ncanto V. non \u00e8 altro che un messo<\/i> del cielo: la ragione \u00e8 un\nraggio dell'intelletto divino, che viene da Dio e a Dio ritorna. \nNella differenza di tono tra il primo e il secondo ragionamento\ndi Virgilio \u00e8 segnato il divario tra lo spirito che informa il\nConvivio<\/i> e quello che la Commedia.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":["  tu duca"],"FrammentoNota":"
duce, conduttore, rispetto alla via;\r\nsegnore<\/b>, rispetto alla volontà; maestro<\/b>, rispetto\r\nall'intelletto.  Affida tutto se stesso a lui, ora che ha saputo\r\ncome V. sia stato mosso da B. e a B. riconduca.  Non così pensava\r\nintorno alla ragione, allorché scriveva il Convivio<\/i>; allora la\r\nscienza era per lui l'ultima perfezione della nostra anima<\/i> e\r\nbastava alla felicità.  Di questo concetto hai un ricordo nel\r\ndiscorso di V. nel primo canto, dove l'ombra non fa\r\nnessun'allusione alla virtù divina che lo muove, e sembra accorsa\r\nin aiuto di D. per sua spontanea volontà.  Invece nel secondo\r\ncanto V. non è altro che un messo<\/i> del cielo: la ragione è un\r\nraggio dell'intelletto divino, che viene da Dio e a Dio ritorna. <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","InfoCitazione.LuogoFonte":"I, i, 1","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Sì come dice lo Filosofo nel principio della Prima Filosofia, tutti li uomini naturalmente desiderano di sapere. La ragione di che puote essere ed è che ciascuna cosa, da providenza di prima natura impinta, è inclinabile alla sua propia perfezione; onde, acciò che la scienza è ultima perfezione della nostra anima, nella quale sta la nostra ultima felicitade, tutti naturalmente al suo desiderio semo subietti.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_CV&pb=2","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONTRADDICE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"140","from":2006.0,"to":2008.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
+{"Annotazione":"...: e avanti di morire si avvolge\ndi nardo, frutice di colore rossigno e odorosissimo e di sapore\namaro (Plinio, Hist. nat.<\/i>, XII, 12), e di mirra, ramoscello di\nscorza assai ruvida, che getta lagrime odorose e amare.  —\nNardus mea dedit odorem suum; fasciculus myrrae dilectus meus\nmihi<\/i> (Cant. dei Cantici<\/i>, I, 11 e 12).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"24","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":["  e nardo e mirra"],"FrammentoNota":"
e avanti di morire si avvolge\r\ndi nardo, frutice di colore rossigno e odorosissimo e di sapore\r\namaro (Plinio, Hist. nat.<\/i>, XII, 12), e di mirra, ramoscello di\r\nscorza assai ruvida, che getta lagrime odorose e amare.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q82778","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q442","InfoCitazione.LuogoFonte":"XII, 26","InfoCitazione.NotaFonte":"Il capitolo del libro XII in cui Plinio parla del nardo \u00e8 il 26, e non il dodicesimo come indicato in nota.","InfoCitazione.TestoFonte":"amomi uva in usu est ex<\/i> indica vite labrusca, ut alii existimavere, frutice t<\/i>ortuoso, palmi altitudine, carpiturque cum radice, manipulatim leniter componitur, protinus fragile. laudatur quam maxime punici mali foliis simile nec rugosis, colore rufo. secunda bonitas pallido; herbaceum peius, pessimumque candidum, quod et vetustate evenit.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0138%3Abook%3D12%3Achapter%3D26","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"111","from":23310.0,"to":23314.0,"NomeAutore":"Plinio il Vecchio","TitoloFonte":"Naturalis historia"},
+{"Annotazione":"...: e in quell'ufficio ci\nconducemmo cos\u00ec che ancor si pare<\/b>, che gli effetti della nostra\npodesteria appariscono ancora intorno dal Gardingo, intorno al\ncastello costruito dai Longobardi a guardia<\/i> della citt\u00e0, presso\nSan Pietro Scheraggio.  Ma chi non sapesse che presso quella\nfortezza erano un tempo le case degli Uberti, e che, essendo loro\nal governo della citt\u00e0, i guelfi le atterrarono, non potrebbe\ndalle sue parole ricavar nulla di preciso.  I fatti, ricostruiti\ndalla storia, non pare che siano tutti contro di loro; chi li\ncostringeva ad agire in favore della parte guelfa era papa\nClemente IV.  Ma Dante stette alla voce del popolo che li\naccusava, con Giovanni Villani, di essere «sotto coverta di falsa\nipocrisia... in concordia per\u00f2 pi\u00f9 al guadagno loro proprio che\nal bene del comune» (VII, 13), e li condann\u00f2.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":["  e fummo tali"],"FrammentoNota":"
Ma chi non sapesse che presso quella\r\nfortezza erano un tempo le case degli Uberti, e che, essendo loro\r\nal governo della città, i guelfi le atterrarono, non potrebbe\r\ndalle sue parole ricavar nulla di preciso.  I fatti, ricostruiti\r\ndalla storia, non pare che siano tutti contro di loro; chi li\r\ncostringeva ad agire in favore della parte guelfa era papa\r\nClemente IV.  Ma Dante stette alla voce del popolo che li\r\naccusava, con Giovanni Villani, di essere «sotto coverta di falsa\r\nipocrisia... in concordia però più al guadagno loro proprio che\r\nal bene del comune» (VII, 13), e li condannò.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","InfoCitazione.LuogoFonte":"VIII, 13","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Onde quegli che reggeano la città di Firenze a parte ghibellina, sentendo nella città il detto subuglio e mormorio, e avendo paura che 'l popolo non si rubellasse contro a·lloro per una cotale mezzanità, e per contentare il popolo, elessono due cavalieri frati godenti di Bologna per podestadi di Firenze, che l'uno ebbe nome messer Catalano de' Malavolti, e l'altro messer Loderigo delli Andalò, e l'uno era tenuto di parte guelfa, ciò era messer Catalano, e l'altro di parte ghibellina. E nota che' frati godenti erano chiamati cavalieri di santa Maria, e cavalieri si faceano quando prendeano quello abito, che·lle robe aveano bianche e uno mantello bigio, e l'arme il campo bianco e la croce vermiglia con due stelle, e doveano difendere le vedove e' pupilli, e intramettersi di paci; e altri ordini, come religiosi, aveno. E il detto messer Loderigo ne fu cominciatore di quello ordine; ma poco durò, che seguiro al nome il fatto, cioè d'intendere più a godere ch'ad altro. Questi due frati per lo popolo di Firenze furono fatti venire, e misongli nel palagio del popolo d'incontro a la Badia, credendo che per l'onestà dell'abito fossono comuni, e guardassono il Comune di soperchie spese; i quali, tutto che d'animo di parte fossono divisi, sotto coverta di falsa ipocresia furono in concordia più al guadagno loro propio ch'al bene comune; e ordinarono XXXVI buoni uomini mercatanti e artefici, de' maggiori e migliori che fossono nella cittade, i quali dovessono consigliare le dette due potestadi, e provedere alle spese del Comune; e di questo novero furono de' Guelfi e de' Ghibellini, popolani e grandi non sospetti, ch'erano rimasi in Firenze alla cacciata de' Guelfi. ","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.intratext.com\/IXT\/ITA1633\/_P7K.HTM","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"107-108","from":22208.0,"to":22211.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
+{"Annotazione":"...: e proprio all'estremit\u00e0 di\nquella rotta lacca<\/b>, di quel burrone fenduto, l'infamia di\nCreti<\/b>, il Minotauro «la cui concezione fu s\u00ed fuori dei termini\nnaturali e abominevole che all'isola di Creti, nella quale esso\nfu, secondo le favole, generato, ne segu\u00ed perpetua infamia»\n(Bocc.).  Invero sarebbe stato concepito, concetto<\/b>, da Pasifae,\nmoglie di Min\u00f2s, e da un toro.  — era distesa<\/b>: stesa in terra,\naggiaccata, a modo di bue.  — ne la falsa vacca<\/b>: falsa, perch\u00e9\nvacca solo all'apparenza di fuori (Purg.<\/i>, XXVI, 41).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"12","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":["  e 'n su la punta"],"FrammentoNota":"
ne la falsa vacca<\/b>: falsa, perché\r\nvacca solo all'apparenza di fuori (Purg.<\/i>, XXVI, 41).<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purgatorio XXVI, 40-42","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"la nova gente: \"Soddoma e Gomorra\";
e l'altra: \"Ne la vacca entra Pasife,
perché 'l torello a sua lussuria corra\".","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=60&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"11-13","from":10503.0,"to":10508.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"...: e stia in cambio ad ascoltare\nquel ch'or si scocca<\/b>: quello che sta per scoccare dall'arco\ndel mio dire.<\/i> Cfr. Purg.<\/i>, XXV, 17 sg.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":[" e attenda a udir"],"FrammentoNota":"
e stia in cambio ad ascoltare quel ch'or si scocca<\/b>: quello che sta per scoccare dall'arco\r\ndel mio dire.<\/i>  Cfr. Purg.<\/i>, XXV, 17 sg.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purgatorio XXV, 16-18","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Non lasciò, per l'andar che fosse ratto,
lo dolce padre mio, ma disse: \"Scocca
l'arco del dir, che 'nfino al ferro hai tratto\".","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=59&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"96","from":24308.0,"to":24312.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"...: in qualunque modo altri la\nraccontino. Due volte nell'Inferno<\/i> \u00e8 fatta menzione del\nmarchese Obizzo II d'Este, e tutte e due per accertare\ncircostanze assai poco onorifiche della sua vita. Nel XII, per\nchi dubitava del modo della sua morte, Nesso afferma che quel\ntiranno lussurioso fu veramente ucciso dal figliastro; qui che\ncomper\u00f2 da Venedico l'onore della Ghisolabella. Cfr. XII, n.\n111.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"18","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":[" come che suoni"],"FrammentoNota":"
 in qualunque modo altri la\r\nraccontino.  Due volte nell'Inferno<\/i> è fatta menzione del\r\nmarchese Obizzo II d'Este, e tutte e due per accertare\r\ncircostanze assai poco onorifiche della sua vita.  Nel XII, per\r\nchi dubitava del modo della sua morte, Nesso afferma che quel\r\ntiranno lussurioso fu veramente ucciso dal figliastro; qui che\r\ncomperò da Venedico l'onore della Ghisolabella.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inferno XII, 109-112","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"E quella fronte c'ha 'l pel così nero,
è Azzolino; e quell'altro ch'è biondo,
è Opizzo da Esti, il qual per vero
fu spento dal figliastro sù nel mondo\".","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=12&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"57","from":16857.0,"to":16860.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"...: l'alto passo \u00e8 fatto. Con quel\ndentro<\/b>, su cui batte l'accento, dalla terra illuminata dal sole\nsiamo trasportati in un'altra piena di tenebre e di mistero. —\nsegrete<\/b>: nascoste sotto terra, che nessun vivente vede mai. \nCompendia in un aggettivo il virgiliano: res alta terra et\ncaligine mersas<\/i> (En.<\/i>, VI, 267).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":[" mi mise dentro"],"FrammentoNota":"
segrete<\/b>: nascoste sotto terra, che nessun vivente vede mai. \r\nCompendia in un aggettivo il virgiliano: res alta terra et\r\ncaligine mersas<\/i> (En.<\/i>, VI, 267).<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","InfoCitazione.LuogoFonte":"VI, 266-267","InfoCitazione.NotaFonte":"Il legame tra il verso virgiliano e quello dantesco \u00e8 legittimato dal fatto che, in entrambi i casi, i protagonisti stanno accedendo alle aree infernali.","InfoCitazione.TestoFonte":"Sit mihi fas audita loqui, sit numine uestro
Pandere res alta terra et caligine mersas.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=VERG%7Caene%7C006","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"21","from":2173.0,"to":2176.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, +{"Annotazione":"...: la selva. — Nella pienezza dei\nsuoni par che l'anima di Dante voglia effondere l'amaritudine di\ncui \u00e8 invasa e liberarsene. — che poco \u00e8 pi\u00f9 morte<\/b>: che la\nmorte \u00e8 poco pi\u00f9 amara della selva. Da questa, infatti, per\nl'intervento della grazia divina essendo possibile liberarsi, ne\nviene che essa non \u00e8 morte addirittura, ma quasi morte. O Mors,\nquam amara est memoria tua<\/i> (Eccles., XLI, 1). Amarum est\nreliquisse te Dominum Deum tuum<\/i> (Ier., II, 19).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":[" Tant'\u00e8 amara"],"FrammentoNota":"
che poco è più morte<\/b>: che la\r\nmorte è poco più amara della selva.  Da questa, infatti, per\r\nl'intervento della grazia divina essendo possibile liberarsi, ne\r\nviene che essa non è morte addirittura, ma quasi morte.  O Mors,\r\nquam amara est memoria tua<\/i> (Eccles., XLI, 1).  <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q131072","InfoCitazione.LuogoFonte":"41, 1","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"[1<\/strong>] O mors, quam amara est memoria tua \/ homini pacem habenti in substantiis suis","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_ecclesiasticus_lt.html#41","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"7","from":41.0,"to":44.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Qoelet"},
+{"Annotazione":"...: non sapete voi (come i\nfiorentini del tempo di D. non sapevano) «che colui il quale\ncontrasta agli ordini divini, ricalcitra<\/i> a un volere che \u00e8\nonnipotente? e che \u00e8 duro ricalcitrare<\/i> allo sprone?» (Ep.<\/i>, V,\n14).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":["  Perch\u00e9 recalcitrate"],"FrammentoNota":"
non sapete voi (come i\r\nfiorentini del tempo di D. non sapevano) «che colui il quale\r\ncontrasta agli ordini divini, ricalcitra<\/i> a un volere che è\r\nonnipotente? e che è duro ricalcitrare<\/i> allo sprone?» (Ep.<\/i>, V,\r\n14).<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3730666","InfoCitazione.LuogoFonte":"V, 14","InfoCitazione.NotaFonte":"Interessa, in questo caso, l'uso che fa Dante nella Commedia di un verbo la cui forma latina (\"recalcitro-as-avi-atum-are\") compare identica nell'Epistola V","InfoCitazione.TestoFonte":"Preoccupetis faciem eius in confessione subiectionis, et in psalterio penitentie iubiletis, considerantes quia \"potestati resistens Dei ordinationi resistit\"; et qui divine ordinationi repugnat, voluntati omnipotentie coequali recalcitrat; et \"durum est contra stimulum calcitrare\".","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Epistole&pb=5&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"94","from":8345.0,"to":8347.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Epistole"},
+{"Annotazione":"...: per difendersi dalle percosse\ndella grandine, fanno schermo, difesa, dell'un fianco all'altro. \n\u00c8 un'immagine cui il Poeta ci richiamer\u00e0, parlando di Firenze\ninferma (Purg.<\/i>, VI, 151).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"06","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":["  de l'un de' lati"],"FrammentoNota":"
per difendersi dalle percosse\r\ndella grandine, fanno schermo, difesa, dell'un fianco all'altro. \r\nÈ un'immagine cui il Poeta ci richiamerà, parlando di Firenze\r\ninferma (Purg.<\/i>, VI, 151).<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purgatorio VI, 148-151","InfoCitazione.NotaFonte":"L'individuazione di questa congruenza conferma la compattezza dei canti VI delle tre cantiche.","InfoCitazione.TestoFonte":"E se ben ti ricordi e vedi lume,
vedrai te somigliante a quella inferma
che non può trovar posa in su le piume,
ma con dar volta suo dolore scherma.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=40&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"20","from":5103.0,"to":5108.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"...: ripiglia pure il cammino, ch\u00e9\nio, dietro il tuo esempio, avr\u00f2 la fortezza e l'ardimento\nnecessari: non mancher\u00f2 cio\u00e8 delle virt\u00f9 occorrenti a vincere\nl'accidia, la gravezza che esce dalla vista della lupa (Inf.<\/i>,\nI, 52).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"24","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":[" Va, ch'i' son"],"FrammentoNota":"
ripiglia pure il cammino, ché io, dietro il tuo esempio, avrò la fortezza e l'ardimento\r\nnecessari: non mancherò cioè delle virtù occorrenti a vincere\r\nl'accidia, la gravezza che esce dalla vista della lupa (Inf.<\/i>, I, 52).<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inferno I, 52-54","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"questa mi porse tanto di gravezza
con la paura ch'uscia di sua vista,
ch'io perdei la speranza de l'altezza.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=1&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"60","from":22948.0,"to":22952.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"...: se, poetando, fa che\nCadmo si converta di uomo in serpente e Aretusa in fontana\n(Met.<\/i>, V, 572-661), io non lo 'nvidio<\/b>: io non ho motivo\nd'invidiare nulla alla sua arte.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":[" se quello in serpente"],"FrammentoNota":"
se, poetando, fa che Cadmo si converta di uomo in serpente e Aretusa in fontana\r\n(Met.<\/i>, V, 572-661), io non lo 'nvidio<\/b>: io non ho motivo d'invidiare nulla alla sua arte.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","InfoCitazione.LuogoFonte":"V, 572-662","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Exigit alma Ceres, nata secura recepta,
Quae tibi causa fugae, cur sis, Arethusa, sacer fons.
Conticuere undae, quarum dea sustulit alto
Fonte caput uiridesque manu siccata capillos
Fluminis Elei ueteres narrauit amores.
\"Pars ego nympharum, quae sunt in Achaide,\" dixit,
\"Vna fui: nec me studiosius altera saltus
Legit nec posuit studiosius altera casses.
Sed quamuis formae numquam mihi fama petita est,
Quamuis fortis eram, formosae nomen habebam.
Nec mea me facies nimium laudata iuuabat,
Quaque aliae gaudere solent, ego rustica dote
Corporis erubui crimenque placere putaui.
Lassa reuertebar (memini) Stymphalide silua:
Aestus erat, magnumque labor geminauerat aestum.
Inuenio sine uertice aquas, sine murmure euntes,
Perspicuas ad humum, per quas numerabilis alte
Calculus omnis erat, quas tu uix ire putares;
Cana salicta dabant nutritaque populus unda
Sponte sua natas ripis decliuibus umbras:
Accessi primumque pedis uestigia tinxi,
Poplite deinde tenus neque eo contenta recingor
Molliaque inpono salici uelamina curuae
Nudaque mergor aquis; quas dum ferioque trahoque
Mille modis labens excussaque bracchia iacto,
Nescio quod medio sensi sub gurgite murmur
Territaque insisto propiori margine fontis.
\"Quo properas, Arethusa?\" suis Alpheus ab undis,
\"Quo properas?\" iterum rauco mihi dixerat ore.
Sicut eram, fugio sine uestibus: altera uestes
Ripa meas habuit. tanto magis instat et ardet,
Et, quia nuda fui, sum uisa paratior illi.
Sic ego currebam, sic me ferus ille premebat,
Vt fugere accipitrem penna trepidante columbae,
Vt solet accipiter trepidas urgere columbas.
Vsque sub Orchomenon Psophidaque Cyllenenque
Maenaliosque sinus gelidumque Erymanthon et Elim
Currere sustinui, nec me uelocior ille;
Sed tolerare diu cursus ego uiribus inpar
Non poteram, longi patiens erat ille laboris.
Per tamen et campos, per opertos arbore montes
Saxa quoque et rupes et, qua uia nulla, cucurri.
Sol erat a tergo: uidi praecedere longam
Ante pedes umbram, nisi si timor illa uidebat;
Sed certe sonitusque pedum terrebat, et ingens
Crinalis uittas adflabat anhelitus oris.
Fessa labore fugae \"fer opem, deprendimur\" inquam,
\"Armigerae, Diana, tuae, cui saepe dedisti
Ferre tuos arcus inclusaque tela pharetra.\"
Mota dea est spissisque ferens e nubibus unam
Me super iniecit: lustrat caligine tectam
Amnis et ignarus circum caua nubila quaerit
Bisque locum, quo me dea texerat, inscius ambit
Et bis \"io Arethusa, io Arethusa!\" uocauit.
Quid mihi tunc animi miserae fuit? anne quod agnae est,
Siqua lupos audit circum stabula alta frementes,
Aut lepori, qui uepre latens hostilia cernit
Ora canum nullosque audet dare corpore motus?
Non tamen abscedit; neque enim uestigia cernit
Longius ulla pedum: seruat nubemque locumque.
Occupat obsessos sudor mihi frigidus artus
Caeruleaeque cadunt toto de corpore guttae,
Quaque pedem moui, manat locus, eque capillis
Ros cadit, et citius, quam nunc tibi facta renarro,
In latices mutor. sed enim cognoscit amatas
Amnis aquas positoque uiri, quod sumpserat, ore
Vertitur in proprias, ut se mihi misceat, undas.
Delia rupit humum, caecisque ego mersa cauernis
Aduehor Ortygiam, quae me cognomine diuae
Grata meae superas eduxit prima sub auras.\"
Hac Arethusa tenus; geminos dea fertilis angues
Curribus admouit frenisque coercuit ora
Et medium caeli terraeque per aera uecta est
Atque leuem currum Tritonida misit in urbem
Triptolemo partimque rudi data semina iussit
Spargere humo, partim post tempora longa recultae.
Iam super Europen sublimis et Asida terram
Vectus erat iuuenis: Scythicas aduertitur oras.
Rex ibi Lyncus erat; regis subit ille penates.
Qua ueniat causamque uiae nomenque rogatus
Et patriam \"patria est clarae mihi\" dixit \"Athenae,
Triptolemus nomen; ueni nec puppe per undas,
Nec pede per terras: patuit mihi peruius aether.
Dona fero Cereris, latos quae sparsa per agros
Frugiferas messes alimentaque mitia reddant.\"
Barbaras inuidit, tantique ut muneris auctor
Ipse sit, hospitio recipit somnoque grauatum
Adgreditur ferro. conantem figere pectus
Lynca Ceres fecit rursusque per aera iussit
Mopsopium iuuenem sacros agitare iugales\".","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo\/codice\/OV%7Cmeta%7C005","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"98-99","from":24325.0,"to":24329.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, +{"Annotazione":"...: \u00c8 evidente che il Poeta ha\nvoluto notassimo bene il modo di camminare di lui, determinato\ndalle minugia e dalla corata che gli pendono tra le gambe. \nSomiglia al Veglio di Creta, eretto sul piede destro di\nterracotta e col sinistro sospeso. Va come Dante per la piaggia\ndiserta.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"28","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":[" Poi che l'un pi\u00e8"],"FrammentoNota":"
È evidente che il Poeta ha\r\nvoluto notassimo bene il modo di camminare di lui, determinato\r\ndalle minugia e dalla corata che gli pendono tra le gambe. \r\nSomiglia al Veglio di Creta, eretto sul piede destro di\r\nterracotta e col sinistro sospeso.  Va come Dante per la piaggia diserta.<\/i><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inferno XIV, 109-111","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"da indi in giuso è tutto ferro eletto,
salvo che 'l destro piede è terra cotta;
e sta 'n su quel, più che 'n su l'altro, eretto.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=14&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"61","from":27182.0,"to":27187.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"...: \u00c8 raccontato nell'Eneide<\/i>,\nIII, 210 e segg. Approdati alle Strofadi, isole del mar Ionio, i\nTroiani si apparecchiavano a mangiare; ma vennero le Arpie, quale\na rapire, quale a lordare di sterco le vivande; e Celeno, una di\nloro, dall'alto di una rupe, aggiunse il tristo annunzio<\/b>, la\ntriste profezia: Voi non giungerete a ricingere di mura la citt\u00e0\nfatale, se prima per rabbia di fame non avrete divorate perfino\nle mense.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"13","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":[" che cacci\u00e2r"],"FrammentoNota":"
È raccontato nell'Eneide<\/i>,\r\nIII, 210 e segg.  Approdati alle Strofadi, isole del mar Ionio, i\r\nTroiani si apparecchiavano a mangiare; ma vennero le Arpie, quale\r\na rapire, quale a lordare di sterco le vivande; e Celeno, una di\r\nloro, dall'alto di una rupe, aggiunse il tristo annunzio<\/b>, la\r\ntriste profezia: Voi non giungerete a ricingere di mura la città\r\nfatale, se prima per rabbia di fame non avrete divorate perfino\r\nle mense.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","InfoCitazione.LuogoFonte":"III, 210-257","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Strophades Graio stant nomine dictae
Insulae Ionio in magno, quas dira Celaeno
Harpyiaeque colunt aliae, Phineia postquam
Clausa domus mensasque metu liquere priores.
Tristius haud illis monstrum, nec saeuior ulla
Pestis et ira deum Stygiis sese extulit undis.
Virginei uolucrum uultus, foedissima uentris
Proluuies uncaeque manus et pallida semper
Ora fame. ******************************
Huc ubi delati portus intrauimus, ecce
Laeta boum passim campis armenta uidemus
Caprigenumque pecus nullo custode per herbas.
Irruimus ferro et diuos ipsumque uocamus
In partem praedamque Iouem; tum litore curuo
Exstruimusque toros dapibusque epulamur opimis.
At subitae horrifico lapsu de montibus adsunt
Harpyiae et magnis quatiunt clangoribus alas, 
Diripiuntque dapes contactuque omnia foedant
Immundo; tum uox taetrum dira inter odorem.
Rursum in secessu longo sub rupe cauata
Arboribus clausam circum atque horrentibus umbris
Instruimus mensas arisque reponimus ignem;
Rursum ex diuerso caeli caecisque latebris
Turba sonans praedam pedibus circumuolat uncis,
Polluit ore dapes. sociis tunc arma capessant
Edico, et dira bellum cum gente gerendum.
Haud secus ac iussi faciunt tectosque per herbam
Disponunt ensis et scuta latentia condunt.
Ergo ubi delapsae sonitum per curua dedere
Litora, dat signum specula Misenus ab alta
Aere cauo. inuadunt socii et noua proelia temptant,
Obscenas pelagi ferro foedare uolucris.
Sed neque uim plumis ullam nec uulnera tergo
Accipiunt, celerique fuga sub sidera lapsae
Semessam praedam et uestigia foeda relinquunt.
Vna in praecelsa consedit rupe Celaeno,
Infelix uates, rumpitque hanc pectore uocem:
\"Bellum etiam pro caede boum stratisque iuuencis,
Laomedontiadae, bellumne inferre paratis
Et patrio Harpyias insontis pellere regno?
Accipite ergo animis atque haec mea figite dicta,
Quae Phoebo pater omnipotens, mihi Phoebus Apollo
Praedixit, uobis Furiarum ego maxima pando.
Italiam cursu petitis uentisque uocatis:
Ibitis Italiam portusque intrare licebit.
Sed non ante datam cingetis moenibus urbem
Quam uos dira fames nostraeque iniuria caedis
Ambesas subigat malis absumere mensas.\"","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=VERG%7Caene%7C003","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"11-12","from":11529.0,"to":11542.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, +{"Annotazione":"...: \u00c8 una citazione che guasta,\nrompendo la foga del dire. Ma D. non ci bada, contento di poter\nesprimere la sua ammirazione verso lo storico di Roma, che cos\u00ec\ndegnamente ne aveva celebrata l'origine divina e le magnanime\nimprese. Et si cui populo licere oportet consecrare origines\nsuas et ad Deos referre auctores, ea belli gloria est populo\nromano<\/i> etc. (Proemio). Non \u00e8 improbabile che D. abbia derivato\ndi qui il suo concetto dello «speziale nascimento», e «speziale\nprocesso» che ebbe Roma (Conv.<\/i>, loc. cit.).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"28","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":[" come Livio"],"FrammentoNota":"
È una citazione che guasta, rompendo la foga del dire. Ma D. non ci bada, contento di poter esprimere la sua ammirazioneverso lo storico di Roma, che così degnamente ne aveva celebrata l'originedivina e le magnanime imprese.  Et si cui populo licere oportet consecrare origines\r\nsuas et ad Deos referre auctores, ea belli gloria est populo romano<\/i> etc. (Proemio).  <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q2039","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1155892","InfoCitazione.LuogoFonte":"XXIII, 12","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"ad fidem deinde tam laetarum rerum effundi in vestibulo curiae iussit anulos aureos, qui tantus acervus fuit ut metientibus dimidium supra tris modios explesse sint quidam auctores; fama tenuit, quae propior vero est, haud plus fuisse modio. adiecit deinde verbis, quo maioris cladis indicium esset, neminem nisi equitem, atque eorum ipsorum primores, id gerere insigne. summa fuit orationis, quo propius spem belli perficiendi sit, eo magis omni ope iuvandum Hannibalem esse; procul enim ab domo militiam esse, in media hostium terra; magnam vim frumenti pecuniae absumi, et tot acies, ut hostium exercitus delesse, ita victoris etiam copias parte aliqua minuisse; mittendum igitur supplementum esse, mittendam in stipendium pecuniam frumentumque tam bene meritis de nomine Punico militibus.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0204%3Abook%3D23%3Achapter%3D12","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"12","from":26837.0,"to":26839.0,"NomeAutore":"Tito Livio","TitoloFonte":"Ab Urbe condita libri"},
+{"Annotazione":";\nnon dovresti esser tocco da maraviglia: non ti dovresti\nmaravigliare — poi dietro a' sensi Vedi che<\/b> ec.: poich\u00e8 vedi\ntu bene, che la ragione seguendo i sensi poco nella cognizione\ndel vero pu\u00f2 stendersi.  Della particella poi<\/b> per poich\u00e8<\/i> vedi\nla nota al primo verso del canto X del Purgatorio: e ben di\nmezzogiorno vuole il Venturi farci notte chiosando, che poi<\/i><\/b> non\n\u00e8 qu\u00ec per poich\u00e8<\/i><\/b>, ma per oltrech\u00e8<\/i>, di sopra pi\u00f9.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"02","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Non ti dovrien punger gli strali D'ammirazione"],"FrammentoNota":"
Della particella poi<\/b> per poichè<\/i> vedi la nota al primo verso del canto X del Purgatorio<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. X 1","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Poi fummo dentro al soglio de la porta","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dante.dartmouth.edu\/search_view.php?doc=179153010160&cmd=gotoresult&arg1=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"55-57","from":1349.0,"to":1371.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"; discese<\/b>, perch\u00e8 la ripa, \nsulla quale stavano i Poeti, era pi\u00f9 alta.  — Appresso lui<\/b>: un\nchiosatore moderno: non dopo lui, ma accanto di lui<\/i>; ma chi\nbadi al poi<\/i><\/b>, che precede, vedr\u00e0 che tal chiosa \u00e8 un gergo.  —\nE sol quand'io fui dentro<\/b>, perch\u00e8 vivo ancora, parve<\/b>, \napparve, mostr\u00f2, col prender pi\u00f9 acqua, di esser carica (cf. v.\n30).  Virgilio, di fatto consimile (Aen.<\/i><\/b>, VI, 412):\n\n                            simul accipit alvo\n     Ingentem Aeneam: gemuit sub pondere cymba\n     Sutilis, et multam accepit rimosa paludem.\n\nVirgilio, nota il Cesari, fece intendere il peso del corpo di\nEnea al cigolar che fece la barca; Dante invece al pigliar pi\u00f9\ndell'acqua, anzi al solco che la prora ne menava pi\u00f9 fondo; delle\nquali due immagini non si saprebbe a cui dar la mano.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","Frammenti":["  Discese nella barca"],"FrammentoNota":"
E sol quand'io fui dentro<\/b>, perchè vivo ancora, parve<\/b>,  apparve, mostrò, col prender più acqua, di esser carica (cf. v. 30).  Virgilio, di fatto consimile (Aen.<\/i>, VI, 412): simul accipit alvo Ingentem Aeneam: gemuit sub pondere cymba Sutilis, et multam accepit rimosa paludem.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","InfoCitazione.LuogoFonte":"Aeneis VI, 412-414","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"deturbat, laxatque foros; simul accipit alveo
ingentem Aenean. Gemuit sub pondere cymba
sutilis, et multam accepit rimosa paludem.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055%3Abook%3D6%3Acard%3D384","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"25-27","from":6906.0,"to":6928.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, +{"Annotazione":"; Egli lo trov\u00f2 in una terra di\ndeserto, e in un luogo desolato d'urli di solitudine; egli l'ha\nmenato attorno, egli l'ha ammaestrato.<\/i> Deuter. XXXII, 19.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","Frammenti":[" Nel gran diserto"],"FrammentoNota":"
Egli lo trovò in una terra di deserto, e in un luogo desolato d'urli di solitudine; egli l'ha menato attorno, egli l'ha ammaestrato.<\/i>  Deuter. XXXII, 19<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q42614","InfoCitazione.LuogoFonte":"32, 10","InfoCitazione.NotaFonte":"Il riferimento corretto non \u00e8 a Dt 32, 19 bens\u00ec a Dt 32, 10","InfoCitazione.TestoFonte":"Invenit eum in terra deserta,
in loco horroris et ululatu solitudinis;
circumdedit eum et attendit
et custodivit quasi pupillam oculi sui.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_deuteronomii_lt.html#32","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"64","from":470.0,"to":473.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Deuteronomio"}, +{"Annotazione":"; piet\u00e0 mi vinse<\/i> (Inf.<\/i>, V, \n72). Perch\u00e8 il cuore<\/i> e come la camera dove dimora lo spirito\ndella vita<\/i> (Vit. N.<\/i>, II), cos\u00ec al cuore si riferiscono tutti\ngli affetti (cf. Inf.<\/i>, II, 122, 131 e 136; V, 100; X, 20; XIII, \n59, e spesso). Del sentire il Poeta dolore o gioia de' tormenti\nde' dannati, cf. Inf.<\/i><\/b>, VIII, 60. — Quando lo intesi<\/b> dire\nqueste parole. — Gente di molto valore<\/b>: nell'Inf.<\/i>, XVI, 67:\n\n Cortesia e valor<\/i> di' se dimora\n Nella nostra citt\u00e0;\n\nNel Purg.<\/i>, XVI, 116:\n\n In sul paese, ch'Adige e Po riga, \n Solea valore e cortesia trovarsi.\n\nNel Conv.<\/i>, IV, 2: «Intendo dicere di quello valore<\/i><\/b>, per lo\nquale uomo \u00e8 gentile veramente. E avvegna ch\u00e8 valore<\/b> intender\nsi possa per pi\u00f9 modi, qui si prende valore<\/b> quasi potenza di\nnatura<\/i><\/b>, ovvero bont\u00e0 da quella data.<\/i>> — Eran sospesi<\/i><\/b>:\nveggasi il commento all'Inf.<\/i><\/b>, II, 52. — Gente.<\/b>.. sospesi<\/b>;\ncf. Purg.<\/i>, III, 37.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"04","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","Frammenti":[" Gran duol"],"FrammentoNota":"Gran duol<\/b> ecc.; pietà mi vinse<\/i> (Inf.<\/i>, V, 72).","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. V, 72","InfoCitazione.NotaFonte":"Poletto legge al v. 72 \"mi vinse\", mentre Petrocchi reca \"mi giunse\".","InfoCitazione.TestoFonte":"pietà mi giunse, e fui quasi smarrito","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=5","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"43-45","from":3277.0,"to":3279.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"; acci\u00f2 che\ndalla potenza della memoria, che nel capo risiede, si\nscancellasse poi la ricordanza delle commesse colpe [Vedi Purg.\nXXVIII, 127 e seg.].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"31","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Abbracciommi la testa, e mi sommerse"],"FrammentoNota":"
acciò che dalla potenza della memoria, che nel capo risiede, si scancellasse poi la ricordanza delle commesse colpe [Vedi Purg. XXVIII, 127 e seg.].<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. XXVIII 127-129","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Da questa parte con virtù discende
che toglie altrui memoria del peccato;
da l'altra d'ogne ben fatto la rende.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=62","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"101","from":31612.0,"to":31618.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"; altrove (Inf.<\/i>, XXXIV, \n26): Pensa, lettor, per te, s'hai fior d'ingegno. — Mi\ndisconfortai<\/b> (mi sconfortai<\/i><\/b> ha al Nidob. e molte ediz.), mi\ndisconsolai (Vit. N.<\/i>, XXXII, canz. v. ult.), nel suon<\/i><\/b> ecc., \nnel sentire quelle maledette parole. Nella Vit. N.<\/i><\/b>, VII:\n«Quasi sbigottito della bella difesa, che mi era venuta meno, \nassai me ne disconfortai.» Il Buti: «Queste parole possono\nessere tutte le dette di sopra dai demoni, et ancora si pu\u00f2\nintendere pur di quest'ultime: ch\u00e8 tu qui rimarrai<\/i> {v.92};>\nanzi di queste pi\u00f9 che delle altre. — Ritornarci<\/b>; ci<\/b>, di\nl\u00e0, dall'Inferno in questo mondo.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","Frammenti":[" Pensa, lettor"],"FrammentoNota":"Pensa, lettor<\/b> ecc.; altrove (Inf.<\/i>, XXXIV, 26): Pensa, lettor, per te, s'hai fior d'ingegno. ","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. XXXIV, 22-27","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Com'io divenni allor gelato e fioco,
nol dimandar, lettor<\/strong>, ch'i' non lo scrivo,
però ch'ogne parlar sarebbe poco.
Io non mori' e non rimasi vivo;
pensa <\/strong>oggimai per te, s'hai fior d'ingegno,
qual io divenni, d'uno e d'altro privo. ","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=34&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"94-96","from":7395.0,"to":7397.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"; cio\u00e8 l'amico mio, ma non amico\ndella fortuna, dalla quale fu tanto bersagliato; il che \u00e8 quanto\na dire: lo sfortunato mio amico<\/i>; e questa mi sembra preferibile\nalla spiegazione di chi per ventura<\/b> intende i pregi estrinseci, \nla bellezza esteriore. Qui Dante \u00e8 da Beatrice detto suo\namico<\/b>, come altrove sar\u00e0 detto fedele<\/i><\/b> (Purg.<\/i>, XXXI, 134), \nbench\u00e8 Beatrice dell'amicizia<\/i> e fedelt\u00e0<\/i> di lui faccia\ngravissimi lamenti e giusti (Purg.<\/i>, XXX, 55 e segg.); \u00e8 dunque\nmestieri ben discernere anche nello stesso discorso di lei, \nBeatrice donna<\/i> da Beatrice divina Rivelazione<\/i>; all'una il\nPoeta si accusa infedele, non gi\u00e0 alla seconda; o altrimenti\npotrebbesi intendere dell'amore e fedelt\u00e0<\/i> abituale, se non\nsempre attuale. — Diserta piaggia<\/i><\/b> (cf. I, 29), ovvero nel\ngran diserto<\/i><\/b>, Inf.<\/i>, I, 64. — Impedito<\/b>, dalla lupa\n(Inf.<\/i><\/b>, I, 94-97; cf. ivi 35 e II, 95). — V\u00f4lto<\/i><\/b>: accenna al\nfatto del ruinare<\/i> in basso loco<\/i> (Inf.<\/i>, I, 61). —\nSmarrito<\/b>, negli errori di quel diserto<\/i><\/b>, cos\u00ec che fosse vano\nogni umano soccorso (cf. Purg.<\/i>, XXX, 136-140); o come vorrebbe\nil Giuliani «fuori di s\u00e8, stremato d'ogni vigore, > il che torna\nlo stesso, secondo il modo di guardare a questo punto sotto\nl'aspetto fisico, ovvero morale. — Levata<\/i><\/b>, cio\u00e8 dal trono\nche i suoi merti le sortiro<\/i><\/b> (Par.<\/i>, XXXI, 69), dove sedea con\nl'antica Rachele<\/i> (cf. sotto v. 102, e Par.<\/i>, XXXII, 7). —\nPer quel<\/b> ecc.: dice qui in sentenza quanto poscia dir\u00e0 con pi\u00f9\nparole (cf. 94-108).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","Frammenti":[" L'amico"],"FrammentoNota":"
Qui Dante è da Beatrice detto suo amico<\/b>, come altrove sarà detto fedele<\/i> (Purg.<\/i>, XXXI, 134), benchè Beatrice dell'amicizia<\/i> e fedeltà<\/i> di lui faccia gravissimi lamenti e giusti (Purg.<\/i>, XXX, 55 e segg.)<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. XXXI, 134","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"era la sua canzone, “al tuo fedele ","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=65","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"61-66","from":1427.0,"to":1429.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"; come capo aveva gli altri due ai\nlati; — al petto si mira<\/b>, sta grave, pensoso, a capo chino. \n— Il gran Chirone<\/b>; figliuolo di Saturno e di Filira; secondo\nla mitologia fu maestro d'Achille (Purg.<\/i>, IX, 37), d'Esculapio\ne d'altri famosi.  — Nudr\u00ec<\/i><\/b>, verbo potente pensando all'ufficio\ndi Chirone verso l'alunno; la scienza \u00e8 il pi\u00f9 utile de'\nnutrimenti.  — Folo<\/b>; altro de' Centauri, che insieme co' suoi\ncompagni tent\u00f2 di rapire Ippodamia e di violare le donne de'\nLapiti.  In Nesso, dice il Tommaseo, \u00e8 figurata la cupidigia\nviolenta, in Folo il violento furore.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"12","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","Frammenti":["  Quel di mezzo"],"FrammentoNota":"
Il gran Chirone<\/b>; figliuolo di Saturno e di Filira; secondo la mitologia fu maestro d'Achille (Purg.<\/i>, IX, 37), d'Esculapio e d'altri famosi. <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. IX, 37","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"quando la madre da Chirón a Schiro","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=43","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"70-72","from":10934.0,"to":10937.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"; cos\u00ec altrove (Purg.<\/i>, I, 1):\nper correr miglior acqua<\/i> (che ha qualche somiglianza con quello\ndel Par.<\/i>, II, 7, l'acqua ch'io prendo<\/i>, ecc.): anche Virgilio\n(Aen.<\/i>, V, 237) disse aequora curro.<\/i><\/b>  — Morta gora<\/b>, la\npalude stigia; <gora<\/b>, scrive il Boccaccio, \u00e8 una parte d'acqua\ntratta per forza del vero corso d'alcun fiume, e menata ad alcun\nmulino o altro servigio il quale fornito si ritorna nel fiume\nonde era tratta:> e il Postill. Cass.: <Gora<\/b> dicitur in Thuscia\nquilibet canalis tractus seorsum de aliquo flumine, ut aqua\nmolendini.»  Per\u00f2 come diciamo acqua morta<\/i>, intendendola\nstagnante e senza corso, cos\u00ec morta gora<\/i><\/b> s'ha da intendere per\nquella parte dello Stige, ch'era una mescolanza ancor pi\u00f9\npantanosa della precedente (\u00e8 la seconda circuizione, che\ncontiene i superbi), per distinguerla dalla prima, la cui\nsuperficie pullulava<\/i><\/b> (VII, 119), e perci\u00f2 non era del tutto\nstagnante.  — Un<\/b> (cf. v. 36, e XXIII, 111) pien di fango<\/b>, \ntutto infangato; Filippo Argenti degli Adimari, fiorentino (che\nPier di Dante dice hominem multum jam superbum et arrogantem<\/i>);\nl'Ottimo: bont\u00e0 non \u00e8 che sua memoria fregi<\/i> {v.47}.> \nIl Boccaccio: «cavaliere ricchissimo, tanto che esso alcuna volta\nfece il cavallo, il quale usava di cavalcare, ferrare d'ariento, \ne da questo trasse il soprannome.»  (Cf. Diz. Dant.<\/i> artic.\nAdimari, e Argenti Filippo).  Alla schiatta di costui son rivolte\nle fiere parole del Par.<\/i>, XVI, 115-118.  — Anzi ora<\/i><\/b>, prima\ndel tempo, essendo ancor vivo (cf. Inf.<\/i><\/b>, XXVIII, 46); prima che\nla morte ti abbia dato il volo (Purg.<\/i>, XIV, 2), ovvero senza\nmorte<\/i> (v. 84).  «Mostra di credere che un giorno quel vivo\nverrebbe in Inferno davvero.  E anche perci\u00f2 Dante risponde\ncruccioso» (Tommaseo).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","Frammenti":["  Correvam"],"FrammentoNota":"Correvam<\/b> ecc.; così altrove (Purg.<\/i>, I, 1): per correr miglior acqua<\/i> (che ha qualche somiglianza con quello del Par.<\/i>, II, 7, l'acqua ch'io prendo<\/i>, ecc.): anche Virgilio (Aen.<\/i>, V, 237) disse aequora curro.<\/i>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. I, 1","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Per correr miglior acque alza le vele","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=35","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"31-33","from":6953.0,"to":6976.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"; detto proverbiale, per\ndire che il meschino era caduto in cattive mani.  Il Biagioli:\n«Questi modi proverbiali, usati nelle pi\u00f9 nobili scritture delle\ntre lingue pi\u00f9 belle, greca latina e italiana, collocati a tempo\ne luogo, di plebei diventan nobili, e spargono nelle scritture un\ns\u00ec grazioso lume, che ne rimane la natia loro oscurit\u00e0\necclissata.»  — Sorco<\/b>, sorcio (cf. Inf.<\/i>, IV, 127; XXI, 124);\nma non gi\u00e0, come affermano alcuni, in grazia della rima, che i\nnostri antichi sorco<\/i><\/b> usarono anco fuor di rima.  E cero<\/i><\/b> per\ncereo<\/i>, nota il Tommaseo, diciam tuttavia.  Una volta per\nsempre: l'Ottimo, allegato dal Cant\u00f9 (Stor. Univ.<\/i>, Ep. XIII, \ncap. 28) a proposito scriveva: «Io scrittore udii dire a Dante, \nche mai rima nol trasse a dire quello che non avea in suo\nproposito, ma ch'elli molte e spesse volte facea li vocaboli dire\nnelle sue rime altro che quello ch'erano appo gli altri dicitori\nusati di esprimere» (cf. Foscolo, Disc.<\/i> ecc., sez. 200).  Ma se\nanco all'Ottimo non si volesse credere, \u00e8 forza di consentire col\nBorghini, il quale rivedendo le bucce a un falso Vellutello<\/i>, \nche chiosando Dante ad ogni tratto trova parole dall'Autore usate\nper accomodar la rima<\/i>, in un luogo (Purg.<\/i>, XXIII, 70)\nesclama: questa benedetta rima \u00e8 la salvigia degli ignoranti.<\/i><\/b> \n— Il chiuse con le braccia<\/b>, prese Ciampolo tra le sue braccia, \nfacendosi come suo difensore non gi\u00e0 per commiserazione, ch'era\nin lui impossibile, ma perch\u00e8 potesse parlare con Virgilio.  —\nState in l\u00e0<\/b>, non appressatevi, non toccatelo.  — Mentre<\/b>, \ninsino a tanto.  — Lo inforco<\/b>, lo tengo nelle mie braccia, \nquasi fatto forca delle braccia.  Inforcare<\/i> usa Dante altre due\nvolte (Purg.<\/i>, VI, 99; VIII, 135), di chi cavalca, per\nistringere colle gambe.  Non si pu\u00f2 quindi accettare l'opinione\ndel Buti e d'altri, che intendono afferrare col forcone<\/i>, che\nBarbariccia aveva in mano, se anzi \u00e8 Barbariccia per l'appunto\nche adesso salva Ciampolo dal forcone de' suoi compagni.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"22","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","Frammenti":["  Tra male gatte"],"FrammentoNota":"
Sorco<\/b>, sorcio (cf. Inf.<\/i>, IV, 127; XXI, 124); ma non già, come affermano alcuni, in grazia della rima, che i nostri antichi sorco<\/b> usarono anco fuor di rima.  <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. IV, 127","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Vidi quel Bruto che cacciò Tarquino<\/strong>","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=4","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"58-60","from":20743.0,"to":20746.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"; dinota l'orgoglio.  Superbia \u00e8e\nvolontade di disordinata altezza.<\/i>  S. Anselmo, Virid. Consol. \n— Con rabbiosa fame<\/b>: esternando la crucciosa brama di onori e\ndi maggioranza, che inquieta e tormenta tutto d\u00ec gli orgogliosi.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","Frammenti":["  Con la test'alta"],"FrammentoNota":"
Superbia èe volontade di disordinata altezza.<\/i>  S. Anselmo, Virid. Consol.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3642199","InfoCitazione.Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/giardino-di-consolazione","InfoCitazione.LuogoFonte":"cap. I, Contro alla superbia","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"E Sant'Anselmo dice: Superbia èe volontade di disordinata altezza","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/books.google.it\/books?id=ZPEhqBrzZgIC&pg=PA163&lpg=PA163&dq=%22volontade+di+disordinata+altezza%22&source=bl&ots=3ZD2evGvZG&sig=ACfU3U1W1zcW-tJ9mYBEs9r6gWo00PY_yg&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwjqoOq86O7vAhXJ6qQKHeE2BecQ6AEwAnoECAQQAw#v=onepage&q=%22volontade%20di%20disordinata%20altezza%22&f=false","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"47","from":343.0,"to":347.0,"NomeAutore":"Bono Giamboni","TitoloFonte":null},
+{"Annotazione":"; i pastori invitati dall'angelo ad\nadorare il nato Redentore, i quali udirono cantarsi il detto inno\nprima<\/b>, primieramente, la prima volta [accenna il sentirlo noi\npure quotidianamente cantarsi nella messa] non si mossero se non\ndopo finito cotal canto [Lucae<\/i> 2 v. 15].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Come i pastor"],"FrammentoNota":"
i pastori invitati dall'angelo ad adorare il nato Redentore, i quali udirono cantarsi il detto inno prima<\/b>, primieramente, la prima volta [accenna il sentirlo noi pure quotidianamente cantarsi nella messa] non si mossero se non  dopo finito cotal canto [Lucae<\/i> 2 v. 15].<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128538","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q39939","InfoCitazione.LuogoFonte":"II 15","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Et factum est, ut discesserunt ab eis angeli in caelum, pastores loquebantur ad invicem: “ Transeamus usque Bethlehem et videamus hoc verbum, quod factum est, quod Dominus ostendit nobis ”. ","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-lucam_lt.html#2","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"140","from":20507.0,"to":20510.0,"NomeAutore":"Luca","TitoloFonte":"Vangelo secondo Luca"},
+{"Annotazione":"; i ventiquattro seniori, simboli\nde' ventiquattro libri del vecchio Testamento [Vedi nel canto\npreced. v. 83], e bene perci\u00f2 detti veraci<\/b> — venuta prima tra\n'l grifone, ed esso, tra esso<\/b> settentrione; tra i sette\ncandelabri, e 'l grifone<\/b>, o sia il carro dal grifone tirato.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"30","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  La gente verace"],"FrammentoNota":"
i ventiquattro seniori, simboli de' ventiquattro libri del vecchio Testamento [Vedi nel canto preced. v. 83]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. XXIX 83","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"ventiquattro seniori, a due a due,","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=63&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"7-8","from":29952.0,"to":29955.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"; il diavolo dall'alto del ponte\nbutt\u00f2 gi\u00f9 nella pece bollente il peccatore, e con tutta velocit\u00e0\nritorn\u00f2 sulle sue orme.  Il Gelli: «Quel demonio butt\u00f2 e gitt\u00f2\nBonturo (sic<\/i>) di su 'l ponte in quella pece, e di poi si\nrivolse indietro, e cominci\u00f2 a correre, di maniera ch'ei non fu\nmai mastino<\/b> alcuno s\u00ec sciolto<\/b> e spedito, che seguitassi con\ntanta fretta il ladro.  Mastini<\/i><\/b> sono certi cani grandi, che\ntengono i pecorai nelle Maremme per guardia delle pecore, o\nalcuni contadini per guardia del podere; il costume de' quali \u00e8\nnon lasciar accostare persona al branco delle pecore o a la casa, \nma seguitare e mordere ciascuno, dai padroni e quei che conosce\nin fuori.  E per\u00f2 il Poeta, facendo menzione di cani mastini, \ndice: a seguitare il ladro<\/i>, come egli arebbe detto la lepre<\/i>, \nse egli avessi nominati veltri<\/i>> (cf. Inf.<\/i>, XIII, 126).  —\nScoglio duro<\/i><\/b>, cf. Inf.<\/i><\/b>, XV, 1, nel commento.  — Si volse<\/b>, \ntorn\u00f2 indietro.  — E mai<\/b> ecc.; e non vi fu mai cane mastino\nsciolto dal padrone a inseguire con tanta velocit\u00e0 il ladro, con\nquanta il diavolo tornossene indietro.  La similitudine richiama\nl'altra (Inf.<\/i>, XIII, 126); e ricorre poco appresso (vv. 67-68):\nma in questa del mastino \u00e8 notata la circostanza della velocit\u00e0;\nnell'altra, che or ora vedremo, si tien di mira l'impeto furioso\ndei cani nell'atto di assaltare il mendicante.  La frase adunque\ncon tanta fretta<\/i><\/b> non devesi far dipendere da sciolto<\/b>, ma da\nseguitar<\/b>, dacch\u00e8 qui non si tien conto della fretta con che\nviene sciolto, ma della fretta<\/b> con che sciolto insegue il\nladro.  — Furo<\/b>, ladro che prende di nascosto; altrove chiama\nfuoco furo<\/i><\/b> le fiamme, che dentro a s\u00e8 nascondevano le anime de'\nfrodolenti consiglieri (Inf.<\/i>, XXVII, 127), come, usando la voce\ninvolare<\/i>, il Poeta spiega in precedenza (ivi, XXVI, 42).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"21","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","Frammenti":["  Laggi\u00f9"],"FrammentoNota":"
Il Gelli: «Quel demonio buttò e gittò Bonturo (sic<\/i>) di su 'l ponte in quella pece, e di poi si rivolse indietro, e cominciò a correre, di maniera ch'ei non fu mai mastino<\/b> alcuno sì sciolto<\/b> e spedito, che seguitassi con tanta fretta il ladro.  Mastini<\/i> sono certi cani grandi, che tengono i pecorai nelle Maremme per guardia delle pecore, o alcuni contadini per guardia del podere; il costume de' quali è non lasciar accostare persona al branco delle pecore o a la casa, ma seguitare e mordere ciascuno, dai padroni e quei che conosce in fuori.  E però il Poeta, facendo menzione di cani mastini, dice: a seguitare il ladro<\/i>, come egli arebbe detto la lepre<\/i>, se egli avessi nominati veltri<\/i>> (cf. Inf.<\/i>, XIII, 126).<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. XIII, 126","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"come veltri ch'uscisser di catena","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=13&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"43-45","from":19641.0,"to":19665.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"; imperocch\u00e8 in vece di apertamente\ndimandare se Ges\u00f9 Cristo dopo morte discendesse colaggi\u00f9, e ne\ntraesse l'anime de' giusti a lui premorti, addimanda solamente se\nalcun mai uscisse di l\u00e0 o per proprio o per altrui merito.\n\n\tMa perch\u00e8 questa copertura di parlare? perch\u00e8 tacere il\nnome di Cristo tanto Dante nella proposta, che Virgilio nella\nrisposta?  Forse per essere Virgilio stato uomo del gentilesimo? \nCos\u00ec l'intendono il Landino, e 'l Daniello.  Ma se non ostante\nsapeva Virgilio ci\u00f2 che fosse cristianesimo [come dal precedente\ndi lui parlare si scorge], e sapeva, che dopo l'instituzione del\ncristianesimo era necessario per l'eterna salvezza il battesimo,\nperch\u00e8 non poteva lui nominarsi, e nominar esso pure\nl'institutore del cristianesimo e del battesimo Ges\u00f9 Cristo?\n\n\tOsservando io che non solamente qu\u00ec, ma in nessun luogo\ndell'Inferno non nomina Dante mai, n\u00e8 fa da alcuno nominarsi il\nnome di Ges\u00f9 Cristo, eleggerei piuttosto di credere motivo di\ncotale silenzio quel sanctum et terribile<\/i>, che del nome di Ges\u00f9\nCristo predisse Davide [Psal. 110 v. 9]; e per, cio\u00e8, non\nprofanare la santit\u00e0 del nome in quell'infame luogo, e per\nevitare lo spavento, che il di lui suono avrebbe colaggi\u00f9\napportato.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"04","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Parlar coverto"],"FrammentoNota":"
imperocchè in vece di apertamente dimandare se Gesù Cristo dopo morte discendesse colaggiù, e ne traesse l'anime de' giusti a lui premorti, addimanda solamente se alcun mai uscisse di là o per proprio o per altrui merito. \r\nMa perchè questa copertura di parlare? perchè tacere il nome di Cristo tanto Dante nella proposta, che Virgilio nella risposta?  Forse per essere Virgilio stato uomo del gentilesimo?  Così l'intendono il Landino, e 'l Daniello.  Ma se non ostante sapeva Virgilio ciò che fosse cristianesimo [come dal precedente di lui parlare si scorge], e sapeva, che dopo l'instituzione del cristianesimo era necessario per l'eterna salvezza il battesimo,  perchè non poteva lui nominarsi, e nominar esso pure l'institutore del cristianesimo e del battesimo Gesù Cristo?\r\nOsservando io che non solamente quì, ma in nessun luogo dell'Inferno non nomina Dante mai, nè fa da alcuno nominarsi il nome di Gesù Cristo, eleggerei piuttosto di credere motivo di cotale silenzio quel sanctum et terribile<\/i>, che del nome di Gesù Cristo predisse Davide [Psal. 110 v. 9]; e per, cioè, non profanare la santità del nome in quell'infame luogo, e per evitare lo spavento, che il di lui suono avrebbe colaggiù apportato.\r\n<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q41064","InfoCitazione.LuogoFonte":"CXI (CX) 9","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Sanctum et terribile nomen eius","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_psalmorum_lt.html#PSALMUS%20111","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}, {'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"51","from":3337.0,"to":3339.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro dei Salmi"},
+{"Annotazione":"; in fatti, per verit\u00e0; dice che\nveramente fu figliuol dell'orsa<\/b>, per la voracit\u00e0 propria di\nquesti animali.  Il dannato era papa Giovanni Gaetano Orsini, \nromano, che col nome di Niccol\u00f2 III fu papa dal dicembre 1277\nall'agosto 1280.  Di lui Ricordano Malaspini (Stor. Fior.<\/i>, cap.\nCCXVIII): «Mentre che fue giovane cherico e poi Cardinale, fue\nonestissimo e di buona vita; ma poi che fue fatto papa magnanimo, \ne per lo caldo de' suoi consorti, imprese molte cose per farli\ngrandi, e fue il primo papa nella cui corte s'usasse prima\nsimonia per li suoi parenti, onde gli aggrand\u00ec molto di\npossessioni e di castella e di moneta sopra tutti i romani, in\npoco tempo ch'egli vivette.»  Ma qui il buon Ricordano mostra\npalesemente d'ignorare che cosa sia la simonia<\/i>, e questa\nconfonde col nepotismo<\/i>, come fan pure non pochi moderni. \nL'Ottimo «Fu desideroso d'arricchire li suoi, che tutti li\nbenefici di santa Chiesa che diede fuori, a' suoi consorti vend\u00e8, \ne prese moneta, confer\u00ec grazie, sempre accettando quella persona, \nla cui borsa gli era pi\u00f9 copiosa.»  — Figliuol dell'orsa<\/i><\/b>; lo\nstemma di casa Orsini \u00e8 un orsa; e il Poeta perfin dal cognome\ntrae argomento di vituperare questo dannato.  — Cupido s\u00ec<\/b> ecc. \nBenvenuto: Fuit primus, in cuius curia palam committeretur\nsimonia per suos attinentes<\/i><\/b>; ma vuol dire, come vorrebbe il\nretto parlar latino, che la simonia veniva usata da'<\/i> suoi\nattinenti (parenti e favoriti), che avevano potere presso di lui;\no che egli la usasse in loro favore, come usavasi dire nel latino\nmedioevole? in tal caso converrebbe con quanto abbiamo test\u00e8\nsentito da Ricordano (fue il primo papa nella cui corte s'usasse\nprima simonia per li suoi parenti<\/i>).  Anche il Balbo scrisse\n(Vita Dant.<\/i>, lib. II, cap. 2): «Niccol\u00f2 III... favor\u00ec i parenti\nin tal modo, che potrebbesi dire l'inventore di quel vizio del\nnepotismo, che dur\u00f2 pi\u00f9 secoli.»  — Avanzar<\/i><\/b>, accrescere di\npotenza, trarre in alto, in senso att. (cf. Inf.<\/i><\/b>, IV, 78;\nPar.<\/i>, XIII, 24).  — Gli orsatti<\/b>, i membri di casa Orsini, i\nsuoi nipoti.  Ma in quanto al nepotismo<\/i><\/b>, che sta nel favorire\nin modo speciale i propri nipoti (e s'adopera tal voce\nspecialmente rispetto ai Papi) bene osserva il Cornoldi, che esso\n<\u00e8 reo se, favorendo i nipoti, si viola la giustizia e la carit\u00e0, \no si fa cangiare destinazione ai beni della Chiesa: non \u00e8 reo, se\nsi retribuisce il merito de' nepoti, e si provvede al bene della\nChiesa, ed alla sicurezza maggiore della persona del Papa stesso. \nInnocenzo XII colla data del 22 giugno 1692 pubblic\u00f2 una\nsapientissima Bolla, che serv\u00ec di norma in ci\u00f2 ai Romani\nPontefici.»  Di questi orsatti<\/i><\/b> dovette certo essere quel\nNapoleone Orsini, fatto Cardinale nel 1288, e che Dante nomina\nnella sua Epistola ai Cardinali Italici<\/i> ({Paragraph.} X), \nd'animo ghibellino e amico de' Colonnesi, il quale alla morte di\nBonifazio VIII favoreggi\u00f2 l'elezione di Clemente V.  — Su\nl'avere<\/b> ecc.; su nel mondo misi in borsa i danari, e qui misi in\nborsa me stesso; e il Poeta spreme la satira nella voce borsa<\/b>, \ncos\u00ec chiamando il foro entro il quale era come imborsato Niccol\u00f2. \nDante, che pur si mostra tanto rigido contro gli Angioini, par\nnon si ricordi (o se ne ricorda per trarne nuova accusa contro\nNiccol\u00f2, cf. v. 99), che Niccol\u00f2 III, seguendo l'esempio di\nGregorio X, tanto s'adoper\u00f2 a frenare la potenza angioina, \nspogliando lo stesso Carlo I della dignit\u00e0 di Senatore di Roma e\ndi Vicario pontificio in Toscana.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"19","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","Frammenti":["  E veramente"],"FrammentoNota":"
Il dannato era papa Giovanni Gaetano Orsini, romano, che col nome di Niccolò III fu papa dal dicembre 1277 all'agosto 1280.  Di lui Ricordano Malaspini (Stor. Fior.<\/i>, cap. CCXVIII): «Mentre che fue giovane cherico e poi Cardinale, fue onestissimo e di buona vita; ma poi che fue fatto papa magnanimo, e per lo caldo de' suoi consorti, imprese molte cose per farli grandi, e fue il primo papa nella cui corte s'usasse prima simonia per li suoi parenti, onde gli aggrandì molto di possessioni e di castella e di moneta sopra tutti i romani, in poco tempo ch'egli vivette.»<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3935110","InfoCitazione.Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/istorie-fiorentine","InfoCitazione.LuogoFonte":"Istorie fiorentine, CCXVIII","InfoCitazione.NotaFonte":"L'opera storiografica del Malispini fu stampata in pi\u00f9 edizioni durante l'Ottocento e non si pu\u00f2 stabilire quale di esse Poletto impiegasse effettivamente. Il passo cui Poletto rinvia \u00e8 ad esempio leggibile nell'edizione del 1830 (Livorno, Glauco Masi, vol. I, pp. 497-98), la cui riproduzione \u00e8 accessibile attraverso il link. ","InfoCitazione.TestoFonte":"mentre che fu giovane cherico e poi cardinale, fu onestissimo e di buona vita. Ma poi che fu fatto papa, fu magnanimo: e per lo caldo de' suoi consorti imprese molte cose per farli grandi. E fu il primo papa, nella cui corte s'usasse prima simonia per i suoi parenti: onde gli aggrandì molto di possessioni e di castella e di moneta sopra tutti i romani, in poco tempo ch'egli vivette","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/books.google.it\/books?id=mdw7AQAAMAAJ&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"70-72","from":17957.0,"to":17959.0,"NomeAutore":"Ricordano Malispini","TitoloFonte":null},
+{"Annotazione":"; la costa del monte qu\u00ec rammentata \u00e8\nla deserta piaggia, l'erta<\/i> da cui (Inf. I, 29, 31) Dante si\npartiva colla scorta di Virgilio.  \u00c8 detta oscura<\/b>, perch\u00e8 ivi\nil giorno se n'era andato<\/i><\/b> {v.1} e l'aer bruno<\/i> {v.1} gi\u00e0 si\nannerava.  Giul.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","Frammenti":["  Oscura costa"],"FrammentoNota":"
la costa del monte quì rammentata è la deserta piaggia, l'erta<\/i> da cui (Inf. I, 29, 31) Dante si\r\npartiva colla scorta di Virgilio.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. I, 28-32","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Poi ch'èi posato un poco il corpo lasso,
ripresi via per la piaggia diserta,
sì che 'l piè fermo sempre era 'l più basso.
Ed ecco, quasi al cominciar de l'erta,
una lonza leggera e presta molto","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=1&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"40","from":1288.0,"to":1290.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"; nell'identico senso di\nfare una domanda<\/i>, la stessa frase s'incontra nel Conv.<\/i>, IV, \n7; e per domanda, quistione<\/b>, Inf.<\/i><\/b>, XIV, 133; Purg.<\/i>, XXVIII, \n84. — Incontra<\/i><\/b>, avviene, accade (Conv.<\/i><\/b>, I, 3: «La ragione\nper che ci\u00f2 incontra qui mi piace toccare»). — Di nui<\/b>, di noi\ndel primo Cerchio.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","Frammenti":[" Questa quistion fec'io"],"FrammentoNota":"Questa quistion fec'io<\/b>; nell'identico senso di fare una domanda<\/i>, la stessa frase s'incontra nel Conv.<\/i>, IV, 7; e per domanda, quistione<\/b>, Inf.<\/i>, XIV, 133; Purg.<\/i>, XXVIII, 84. ","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Convivio IV, vii, 6","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Dove, [a] ciò mostrare, fare <\/strong>mi conviene una questione<\/strong>, e rispondere a quella, in questo modo. Una pianura è con certi sentieri: campo con siepi, con fossati, con pietre, con legname, con tutti quasi impedimenti fuori delli suoi stretti sentieri. Nevato è sì che tutto cuopre la neve, e rende una figura in ogni parte, sì che d'alcuno sentiero vestigio non si vede. ","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=57&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"19-21","from":7803.0,"to":7825.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"; perch\u00e8 aveva molta paura\n(cf. Inf.<\/i>, X, 29-30): cos\u00ec altrove (Purg.<\/i>, VIII, 41-42)\ns'accosta<\/i> del suo Maestro\n\n Tutto gelato alle fidate spalle.\n\n— Lungo<\/b>; cf. Inf.<\/i><\/b>, X, 53. Nella Vit. N.<\/i>, XII: «Mi parea\ndi vedere lungo me sedere un giovane vestito di bianchissime\nvestimenta.» — E non torceva gli occhi<\/i><\/b> ecc.; \u00e8 pretta natura:\ncome vedemmo poco fa, che fuggendo da un pericolo, nell'atto\nistesso del fuggire pur guardava a quello (vv. 25-27); cos\u00ec ora, \nriparatosi sotto la guardia di Virgilio, non pu\u00f2 rivolgere gli\nocchi da que' ceffi, che gli incutevano spavento. —\nSembianza<\/b>, aspetto, piglio (Inf.<\/i><\/b>, XXII, 75; cf. ivi, nel\ncommento). — Non buona<\/i><\/b>, minacciosa (cf. v. 132).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"21","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","Frammenti":[" Con tutta la persona"],"FrammentoNota":"Con tutta la persona<\/b>; perchè aveva molta paura (cf. Inf.<\/i>, X, 29-30): così altrove (Purg.<\/i>, VIII, 41-42) s'accosta<\/i> del suo Maestro Tutto gelato alle fidate spalle.","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. X, 29-30","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"d'una de l'arche; però m'accostai,
temendo, un poco più al duca mio.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=10","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"97-99","from":20041.0,"to":20045.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"; perch\u00e8 tenevano quelle anime\ncontraria via, e per andar con Dante, che seguiva Virgilio,\nconveniva tornar addietro. — lascia andar la traccia<\/b> vale il\nmedesimo che abbandona il seguito degli altri.<\/i> Vedi Inf. XII,\n55.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"15","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Ritorna indietro"],"FrammentoNota":"
lascia andar la traccia<\/b> vale il medesimo che abbandona il seguito degli altri.<\/i>  Vedi Inf. XII, 55.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. XII 55","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"e tra 'l piè de la ripa ed essa, in traccia","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=12","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"33","from":13801.0,"to":13809.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"; quel tratto, quello spazio, che\nresta fra la rocca stagliata del burrato e il pozzo, \u00e8 tondo.<\/b> \n— Ripa dura<\/b>; \u00e8 la ripa, la roccia del burrato, che racchiude\ndentro da s\u00e8 l'ottavo Cerchio.  Pel significato di dura<\/b>, cf.\nInf.<\/i>, XV, 1.  — Distinto<\/i><\/b>, scompartito, diviso; — valli<\/b>, \nbolge (cf. vv. 1-3, nel commento).  Alcuni chiosatori derivano\nqui questa voce valli<\/b> da vallo<\/i><\/b>; ma se Dante pi\u00f9 sotto (v. 98)\nchiama la presente bolgia prima valle<\/i>; e valle<\/i> pur la bolgia\nsettima (Inf.<\/i>, XXV, 137), e cos\u00ec altrove (Inf.<\/i>, XXIX, 9 e\n65); e poi valloni<\/i> (Inf.<\/i>, XIX, 133); XX, 7; XXIII, 135; XXXI, \n7), mi pare che non ci sia nessuna ragione d'insistere sul\nvallo<\/i>; tanto pi\u00f9, come avverte il Blanc, perch\u00e8 se Dante per\nvalli<\/i><\/b> avesse inteso gli argini<\/i><\/b>, i bastioni<\/i>, che separano\nuna da altra bolgia, avrebbe dovuto dir nove<\/i> e non dieci<\/b>, \nperch\u00e8 per la prima e per l'ultima bolgia fan da bastione, pel\nlato esteriore, la ripa del burrato e quella che \u00e8 come scarpa al\npozzo dei giganti.  — Il fondo<\/b>, il suo piano inchinante al\ncentro.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"18","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","Frammenti":["  Quel cinghio"],"FrammentoNota":"
Ripa dura<\/b>; è la ripa, la roccia del burrato, che racchiude dentro da sè l'ottavo Cerchio.  Pel significato di dura<\/b>, cf. Inf.<\/i>, XV, 1. <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. XV, 1","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Ora cen porta l'un de' duri margini","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=15","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"7-9","from":16496.0,"to":16498.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"; questa grande aggirata<\/b>\nper le fosse era necessaria per giungere alla porta (aggirata<\/b>\nda aggirare<\/i>, Inf.<\/i>, III, 28; VII, 120).  — Venimmo in parte, \ndove<\/i><\/b> ecc., (cf. Inf.<\/i><\/b>, IV, 151; Purg.<\/i>, I, 122; XXVII, 128);\n— il nocchier<\/b>: Il Boccaccio: <Nocchiero<\/b> \u00e8 il proprio nome di\ncolui al quale aspetta il governo generale di tutto il legno, e a\nlui aspetta di comandare a tutti gli altri marinari, secondoch\u00e8\ngli pare di bisogno, e chiamasi nocchiero<\/i><\/b> quasi navicchiero.<\/i>> \nE Dante (Conv.<\/i>, IV, 4): «Quando pi\u00f9 cose a un fine sono\nordinate, una di quelle conviene essere regolante, ovvero\nreggente, e tutte le altre rette e regolate, siccome vedemo in\nuna nave, che diversi uffici e diversi fini di quella a un solo\nfine sono ordinati, cio\u00e8 a prendere lo desiderato porto per\nsalutevole via; dove, siccome ciascuno ufficiale ordina la\npropria operazione nel proprio fine, cos\u00ec \u00e8 uno che tutti questi\nfini considera, e ordina quelli nell'ultimo di tutti; e questi \u00e8\nil nocchiere, alla cui voce tutti ubbidire deono.»  — Forte<\/i><\/b>, \nchi lo riferisce a grid\u00f2<\/b>, e vale fortemente, con voce forte (e\nforte gridare<\/i><\/b> anche altrove, Purg.<\/i>, XV, 108); chi a\nnocchier<\/i><\/b>, e forse men bene, e varrebbe robusto.  Il Buti: «Si\nconviene a Flegias gridare come ad iroso et ad arrogante.» \nDoveva gridar forte<\/i><\/b> per essere inteso in mezzo allo strepito\nproveniente dal duolo<\/i>, gi\u00e0 prima accennato (v. 66), e in mezzo\nal vociare stizzoso d'una infinit\u00e0 di diavoli (vv. 82-83).  —\nUscite<\/b> dalla barca, prendete terra.  — Entrata<\/b>, ingresso, \nporta, Inf.<\/i><\/b>, V, 5; Purg.<\/i>, IX, 51.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","Frammenti":["  Non senza prima"],"FrammentoNota":"questa grande aggirata<\/b> per le fosse era necessaria per giungere alla porta (aggirata<\/b> da aggirare<\/i>, Inf.<\/i>, III, 28; VII, 120).","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. III, 48","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"facevano un tumulto, il qual s'aggira","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=3","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"79-81","from":7291.0,"to":7310.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"; qui \u00e8 manifesta la\ndistinzione delle due voci; ne giova arrampinarsi ai cristalli\nper non vederlo.  Di Federico II disse bens\u00ec Dante che fu\ncherico e laico grande<\/i> (Conv.<\/i>, IV, 10), facendo l'una voce\nsinonima dell'altra, ma non per questo s'ha da indurne che simile\nsignificato si debba dare a cherico<\/i>, ogni volta che s'incontra:\nche Dante nol conceda, si vede aperto nell'Inf.<\/i>, XVIII, 117, \ndove egli stesso fa la differenza fra cherico<\/i> e laico<\/i>; e che\ncherico<\/i> valga ecclesiastico, nell'Inf.<\/i>, VII, 38, lo dice\nchiaro il Poeta (ivi, v. 46): dunque la schiera, alla quale\napparteneva Brunetto, era composta di ecclesiastici e di\nletterati.  Lo Scartazzini: «La masnada<\/i> (v. 47) di ser Brunetto\n\u00e8 composta di chierici e di letterati, uomini di chiesa e uomini\ndi scienza.  Che partitamente debba intendersi, lo dimostra il\nseguito.  Virgilio ne nomina tre; il primo \u00e8 cherco<\/i> e nello\nstesso tempo letterato<\/i>: il secondo \u00e8 letterato<\/i> ma non\ncherco<\/i>; ed il terzo \u00e8 cherco<\/i> ma non letterato.<\/i>  Dunque\nBrunetto vuol dire: Tutti i miei compagni furono o chierici o\nletterati...  I letterati<\/b> sono gli scienziati.»  — D'un\nmedesmo peccato.<\/b>.. lerci<\/i><\/b> (e lercio<\/i><\/b> fan derivare da lurco, \nlurconis<\/i> de' Lat.), sozzi, macchiati.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"15","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","Frammenti":["  Cherci e letterati"],"FrammentoNota":"Cherci e letterati<\/b>; qui è manifesta la distinzione delle due voci; ne giova arrampinarsi ai cristalli per non vederlo. Di Federico II disse bensì Dante che fu cherico e laico grande<\/i> (Conv.<\/i>, IV, 10), facendo l'una voce sinonima dell'altra, ma non per questo s'ha da indurne che simile significato si debba dare a cherico<\/i>, ogni volta che s'incontra: che Dante nol conceda, si vede aperto nell'Inf.<\/i>, XVIII, 117, dove egli stesso fa la differenza fra cherico<\/i> e laico<\/i>; e che cherico<\/i> valga ecclesiastico, nell'Inf.<\/i>, VII, 38, lo dice chiaro il Poeta (ivi, v. 46): dunque la schiera, alla quale apparteneva Brunetto, era composta di ecclesiastici e di letterati. ","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","InfoCitazione.LuogoFonte":"Convivio IV, x, 6","InfoCitazione.NotaFonte":"Occorre notare che Poletto legge \"laico\" laddove nell'attuale edizione del testo (Brambilla Ageno) si ha \"loico\".","InfoCitazione.TestoFonte":"E non è da lasciare, tutto che 'l testo si taccia, che messere lo Imperadore in questa parte non errò pur nelle parti della diffinizione, ma eziandio nel modo del diffinire, avegna che, secondo la fama che di lui grida, elli fosse loico e cherico grande<\/strong>: [acciò] che la diffinizione della nobilitade più degnamente si faccia dalli effetti che da' principii, con ciò sia cosa che essa paia avere ragione di principio, che non si può notificare per cose prime, ma per posteriori. ","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=60&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"106-108","from":14342.0,"to":14363.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
+{"Annotazione":"; se mi\nabbandono al<\/b> venire, o se mi lascio indurre<\/i> o m'induco<\/i> a\nvenire (cf. altre forme v. 39, e III, 81).  — Venuta.<\/i><\/b>..\nfolle<\/b>: e folle strada<\/i><\/b> diranno i diavoli quella da Dante\npercorsa, quant'a dire folle viaggio, Inf.<\/i>, VIII, 91; onde\nfollia<\/i> per i buoni era lo smarrimento<\/i> del Poeta (Purg.<\/i>, I, \n59), follia<\/i> pei diavoli il suo viaggio di penitenza.  — Se'\nsavio<\/i><\/b> ecc.  Per esser savio «si richiede buona memoria delle\nvedute cose, e buona conoscenza delle presenti, e buona\nprovvidenza delle future» (Conv.<\/i><\/b>, IV, 27).  Da ci\u00f2, a parer\nmio, \u00e8 chiaro perch\u00e8 savio<\/b> nel linguaggio di Dante divenga\nsinonimo di poeta<\/i> (cf. I, 89).  Se i veri poeti per Dante sono\ni grandi maestri dell'umanit\u00e0 (cf. Purg.<\/i>, XXIV, 99), non\npotrebbero fungere debitamente s\u00ec grande ministero se non fossero\ndotti in ogni scienza ed arte (Inf.<\/i>, IV, 73); versati nella\nstoria e nelle tradizioni dei popoli, per indi trarne sapienti\nconsigli ed avvedimenti; filosofi, che sotto il velame delle\nfavole sanno somministrare belle ed utili verit\u00e0 (cf. Diz.\nDant.<\/i>, artic. Poeta, n. I).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","Frammenti":["  Se del venire io m'abbandono"],"FrammentoNota":"Se del venire io m'abbandono<\/b> ecc.; se mi abbandono al<\/b> venire, o se mi lascio indurre<\/i> o m'induco<\/i> a venire (cf. altre forme v. 39, e III, 81).","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. II, 39","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"sì che dal cominciar <\/strong>tutto si tolle","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=2","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"34-36","from":1239.0,"to":1245.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"; secondo il costume degli antichi\ncristiani, quando di notte oravano, riconoscendo adombrato nel\nSole oriente Cristo Ges\u00f9, oriens ex alto<\/i> Luc. I.  Venturi.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"08","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Verso l'oriente"],"FrammentoNota":"
Verso l'oriente<\/strong>; secondo il costume degli antichi cristiani, quando di notte oravano, riconoscendo adombrato nel Sole oriente Cristo Gesù, oriens ex alto<\/i> Luc. I.  Venturi.\r\n\r\n<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128538","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q39939","InfoCitazione.LuogoFonte":"I 78","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"per viscera misericordiae Dei nostri,
in quibus visitabit nos oriens ex alto<\/strong>,","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-lucam_lt.html#1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'CONFERMA'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"11","from":7119.0,"to":7122.0,"NomeAutore":"Luca","TitoloFonte":"Vangelo secondo Luca"}, +{"Annotazione":"; secondo quel\ndi Cicerone sua quemque fraus, et suus terror maxime vexat: suum\nquemque scelus agitat<\/i> [Pro Rosc. Amer.<\/i>]. Il Landino e 'l\nVellutello, ed in parte anche il Venturi supponendo che frode<\/b>\npossa prendersi in buono ed in cattivo senso, dicono a frode<\/b>\naggiunger Dante ond'ogni coscienza \u00e8 morsa<\/b> a dinotare, che\nparla della frode rea e peccaminosa. Ma, quando anche fosse il\nnome di frode<\/b> di cotale indifferenza, parlando qu\u00ec Dante della\nfrode, come di quella che ha gi\u00e0 di sopra divisata pe 'l secondo\ningiurioso fine della malizia, ch'odio in cielo acquista<\/i><\/b>\n{v.22}, sarebbe questa nuova specificazione superflua.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"11","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" La frode ond'ogni coscienza \u00e8 morsa"],"FrammentoNota":"
secondo quel di Cicerone sua quemque fraus, et suus terror maxime vexat: suum quemque scelus agitat<\/i> [Pro Rosc. Amer.<\/i>].<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1541","InfoCitazione.Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/pro-roscio-amerino","InfoCitazione.LuogoFonte":"LXVII","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Sua quemque fraus, et suus terror maxime vexat: suum quemque scelus agitat.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0474.phi002.perseus-lat1:67","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"52","from":9971.0,"to":9978.0,"NomeAutore":"Marco Tullio Cicerone","TitoloFonte":null},
+{"Annotazione":"; simbolo della avarizia, o concupiscenza degli\nocchi.<\/i>  Nel Purg. XX, 10 Dante chiama l'avarizia antica lupa.<\/i> \nLe tre fiere sono adunque simboli delle tre principali classi di\npeccati, de' quali S. Giovanni nella sua prima epistola (II, 16)\ndice: Tutto quello che \u00e8 nel mondo, la concupiscenza della\ncarne, e la concupiscenza degli occhi, e la superbia della vita,\nnon \u00e8 dal Padre, ma \u00e8 dal mondo.<\/i>  I moderni commentatori, o\nforse meglio sognatori, i quali vogliono spogliare il poema\nsacro<\/i> della sua veste religiosa ed addobbarlo di veste politica,\nvidero nella lupa rappresentata la Corte o Curia romana.  Ma come\nmai Dante poteva dire, che invidia prima abbia dipartita la Curia\nromana dall'Inferno, e che il Veltro caccer\u00e0 la Curia romana di\nnuovo nell'Inferno, sel comprenda chi pu\u00f2; io per me non\nl'intendo.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","Frammenti":["Lupa"],"FrammentoNota":"
simbolo della avarizia, o concupiscenza degli\r\nocchi.<\/i>  Nel Purg. XX, 10 Dante chiama l'avarizia antica lupa.<\/i><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. XX, 10-12","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Maladetta sie tu, antica lupa,
che più che tutte l'altre bestie
hai preda per la tua fame sanza fine cupa!","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=54&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"49","from":361.0,"to":362.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"; stando sul ponte (cf.\nInf.<\/i>, XXI, 37). — Vecchio<\/b> quanto l'Inferno; onde anche\nquesto ponte poteva dire quello che di s\u00e8 la famosa porta\n(Inf.<\/i><\/b>, III, 7):\n\n Dinanzi a me non f\u00fbr cose create\n Se non eterne.\n\n— La traccia<\/i><\/b> (cf. Inf.<\/i>, XII, 55, e XV, 33), la brigata de'\nseduttori per passione propria, che andavano in fila. — Che\nvenia verso noi<\/b>; dunque i due Poeti avevano rivolto la faccia\nnella direzione al luogo ond'erano partiti, e perci\u00f2 avevano ora\nalla loro destra i mezzani, e questa traccia<\/b> alla sinistra. —\nDall'altra banda<\/b>, al di l\u00e0 de' ruffiani, verso il lato della\nbolgia, che separa questa dalla seconda. — E che la ferza\nsimilmente<\/b> ecc.; eguale a quella de' primi la pena, cio\u00e8\nscudisciate che loro davano sul tergo i demoni cornuti (v. 35). \n— Scaccia<\/i><\/b> (altri caccia<\/i><\/b>), fa levar le berze<\/i> (v. 37), cio\u00e8\nfa andar ben lesti; donde si pare che la lez. schiaccia<\/i>\n(adottata da non pochi) sarebbe men vera.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"18","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","Frammenti":[" Dal vecchio ponte"],"FrammentoNota":"Dal vecchio ponte<\/b> ecc.; stando sul ponte (cf. Inf.<\/i>, XXI, 37).","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. XXI, 37","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Del nostro ponte disse: “O Malebranche","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=21&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"79-81","from":17011.0,"to":17031.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"; \u00e8 cos\u00ec poco\nil valore di questi beni, che tutte le ricchezze di questo mondo\n(sotto la Luna<\/b>), non potrebbero dare un istante di riposo a\nquesti dannati. Nel Canzon.<\/i> (Parte II, canz. V, st. 4):\n\n Corre l'avaro, ma pi\u00f9 fugge pace.\n\nNella Canzone del Tratt. IV del Conv.<\/i>, st. 3, dichiara che le\ndivizie vili son di lor natura<\/i>, e prosegue:\n\n Che sieno vili appare ed imperfette, \n Ch\u00e8, quantunque collette, \n Non posson quietar, ma dan pi\u00f9 cura;\n\ne questo pensiero esplica poi in diffuso nel commento, dove dopo\nCicerone reca le parole di Boezio (cap. 12): «Se quanta rena\nvolge lo mare turbato dal vento, se quante stelle rilucono, la\nDea della ricchezza largisca, l'umana generazione non cesser\u00e0 di\npiangere.» S. Gregorio (Homil.<\/i> 15): Quis mihi crederet, si\nspinas divitias interpretari voluissem? maxime cum illae pungant, \nistae delectent. Et tamen spinae sunt, quia cogitationum suarum\npunctionibus mentem lacerant, et cum usque adpeccatum pertrahunt, \nquasi inflicto vulnere cruentant. Quas bene hoc in loco\nnequaquam Dominus divitias, sed fallaces divitias appellat. \nFallaces enim sunt, quia nobiscum diu permanere non possunt;\nfallaces sunt, quae mentis nostrae inopiam non expellunt.<\/i><\/b> —\nAnime stanche<\/i><\/b>: Inf.<\/i>, II, 130, XXIII, 60.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","Frammenti":[" Ch\u00e8 tutto l'oro ch'\u00e8 sotto la Luna"],"FrammentoNota":"
è così poco il valore di questi beni, che tutte le ricchezze di questo mondo (sotto la Luna<\/b>), non potrebbero dare un istante di riposo a questi dannati. Nel Canzon.<\/i> (Parte II, canz. V, st. 4): Corre l'avaro, ma più fugge pace. Nella Canzone del Tratt. IV del Conv.<\/i>, st. 3, dichiara che le divizie vili son di lor natura<\/i>, e prosegue: Che sieno vili appare ed imperfette, Chè, quantunque collette, Non posson quietar, ma dan più cura; e questo pensiero esplica poi in diffuso nel commento, dove dopo Cicerone reca le parole di Boezio (cap. 12): «Se quanta rena volge lo mare turbato dal vento, se quante stelle rilucono, la Dea della ricchezza largisca, l'umana generazione non cesserà di piangere.»<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1092462","InfoCitazione.LuogoFonte":"Rime CVI, 69-70 (De Robertis, 14, 69-70)","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Corre l'avaro, ma più fugge pace:
oh mente cieca, che non pò vedere","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Rime&pb=60&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"64-66","from":6238.0,"to":6260.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Le Rime"}, +{"Annotazione":"; \u00e8 l'avviso di\nGes\u00f9 Cristo in s. Matteo [Cap. II] Regnum caelorum vim patitur<\/i>\nmezzo italianeggiato per accomodarnelo alla rima: ed accennna\nsignificarsi con ci\u00f2, che debba la divina volont\u00e0 vincersi\ndall'amor nostro e dalla nostra speranza.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Regnum caelorum violenzia pate"],"FrammentoNota":"
; è l'avviso di Gesù Cristo in s. Matteo [Cap. II] Regnum caelorum vim patitur <\/i>mezzo italianeggiato per accomodarnelo alla rima<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","InfoCitazione.LuogoFonte":"XI 12","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"A diebus autem Ioannis Baptistae usque nunc regnum caelorum vim patitur, et violenti rapiunt illud.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#11","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"94-96","from":19835.0,"to":19851.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
+{"Annotazione":"Basterna<\/b> [vocabolo\nLatino] dee aver Dante volontieri appellato questo carro su del\nquale viene a fermarsi Beatrice, non solamente per comodo della\nrima, me fors'anche per essere la basterna, al dire di Servio [In\nlib. VIII Aeneid. v. 666], una specie di carro simile all'antico\npilentum<\/i>, di cui non si valevano che le sole caste matrone.  Il\nmedesimo vocabolo di basterna<\/i><\/b> adopera in Italiano pur Fazio\ndegli Uberti [Dittam. lib. I cap. 27].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"30","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  In su la divina basterna."],"FrammentoNota":"
Basterna<\/b> [vocabolo Latino] dee aver Dante volontieri appellato questo carro su del quale viene a fermarsi Beatrice, non solamente per comodo della rima, me fors'anche per essere la basterna, al dire di Servio [In lib. VIII Aeneid. v. 666], una specie di carro simile all'antico pilentum<\/i>, di cui non si valevano che le sole caste matrone.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q355350","InfoCitazione.Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/Commentarii_in_Vergilii_Aeneidos_libros","InfoCitazione.LuogoFonte":"VIII 666","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Pilentis matres in mollibus<\/strong> pilenta sunt vehicula, sicut nunc basternas videmus.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Serv.+A.+8.666&fromdoc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0053","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"16","from":30008.0,"to":30013.0,"NomeAutore":"Servio Mario Onorato","TitoloFonte":null},
+{"Annotazione":"Beatrice<\/b>, la morta giovane\namata dal Poeta, ed in cui figura egli la celeste sapienza [Vedi\nla nota al canto II dell'Inf. v. 70] — \u00e8 questo muro<\/b>, vi \u00e8 il\nsolo ostacolo della presente fiamma [muro<\/i><\/b> per ostacolo<\/i>\nadopera anche il Petrarca nel sonetto 13 Tra la spiga e la man\nqual muro \u00e8 messo<\/i>?].  Passata di fatto quella fiamma non rimane\npi\u00f9 veruno impedimento per salire al Paradiso terrestre, dove\nBeatrice apparir\u00e0 [Cant. XXX, 31 e segg. della presente cantica]. \nChe poi se non purgati tutti i peccati, non si faccia Beatrice,\nla celeste sapienza, vedere, ci\u00f2 \u00e8 conforme a quello che della\nsapienza medesima sta scritto che non habitabit in corpore\nsubdito peccatis<\/i> [Sap. 1, 4].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"27","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Tra Beatrice e te."],"FrammentoNota":"
Beatrice<\/b>, la morta giovane amata dal Poeta, ed in cui figura egli la celeste sapienza [Vedi la nota al canto II dell'Inf. v. 70]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. II 70","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"I' son Beatrice che ti faccio andare;","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=2&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"36","from":27014.0,"to":27018.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Centesma<\/b> [sincope di\ncentesima<\/i>] appella il Poeta quella minuzia di tempo, che a'\nsuoi giorni [prima della correzione Gregoriana] davasi di pi\u00f9 al\nmoto periodico del Sole, computandosi di giorni 365 ed ore\nprecisamente 6, perocch\u00e8 minuzia tale, che nel corso di circa\ncento anni ammontava a formare un giorno, cio\u00e8 ore 24 [Vedi gli\nautori che trattano del computo ecclesiastico]: e come per tale\nminuzia trascurata, o non avvertita, nella correzione del\ncalendario fatta da Giulio Cesare, venivano i mesi a tardare, a\nrendersi cio\u00e8 d'anno in anno posteriori alla corrispondente\nstagione, perci\u00f2 dice Dante Prima che Gennaio tutto sverni<\/i><\/b>\n[esca tutto dalla iemale stagione] Per la centesma<\/b> ec.\n\n\tDante<\/i><\/b> [critica il Venturi], conforme all'opinione non\nesatta di alcuni, credeva che lo svario tra l'anno civile e 'l\nsolare fosse la centesima parte di un d\u00ec.<\/i>\n\n\tDante [dico io] appell\u00f2 quello svario centesima<\/i><\/b>, non\nmatematicamente e strettamente, ma volgarmente e largamente,\nperocch\u00e8 alla centesima molto vicina: ed autori che collocassero\nquello svario in una precisa centesima [come il Venturi \u00e8\nd'intendimento] io non li trovo [Virgilio Giannotti certamente\nnel suo discorso 2 del computo ecclesiastico, riferendo le varie\nopinioni circa la quantit\u00e0 del manco al Giuliano Solare periodo\ndi giorni 365 ed ore 6, quella della precisa centesima non\nriferisce].\n\n\tSolo col Venturi approvo io pure l'avvertimento del\nVellutello, che di un soccorso, che in breve Dante attendeva [Qu\u00ec\npure i comentatori, per la maggior parte, intendono il soccorso\naspettato dall'Imp. Arrigo VII, ma vedi la nota al canto XXXIII\ndel Purg. v. 43], dica prima che Gennaio tutto sverni<\/b> [ci\u00f2 che,\npreso in rigore, importato avrebbe secoli moltissimi], usando di\nquel medesimo colore rettorico che us\u00f2 il Petrarca nel capitolo I\ndel Trionfo d'Amore\n\n     Mansueto fanciullo e fiero veglio<\/i><\/b>:\n        Ben sa ch'il prova; e fiati cosa piana<\/i>\n        Anzi mill'anni<\/i> ec.\n\nE noi similmente [aggiunge molto bene esso Vellutello] quando\nvogliamo ad alcuno dimostrare la cosa inaspettata dover tosto\navvenire, molte volte diciamo cosa simile, come: Ma prima che\npassin cento, o mille, anni, tu lo vedrai, o tu ne sarai chiaro.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"27","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Prima che Gennaio"],"FrammentoNota":"
Quì pure i comentatori, per la maggior parte, intendono il soccorso aspettato dall'Imp. Arrigo VII, ma vedi la nota al canto XXXIII del Purg. v. 43 <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. XXXIII 43","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"nel quale un cinquecento diece e cinque,","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=67&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': '', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"142-143","from":27339.0,"to":27342.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Che 'l velo<\/b> ec.  Il Landino\n[dice il Venturi] spiega il velo allegorico esser s\u00ec trasparente,\nche pi\u00f9 scuoprendo di quel che nasconda, \u00e8 facilissimo a\nintendersi e penetrarsi: e cos\u00ec trasporta il P. d'Aquino:\n\n     Accipe nunc, lector, nostri velamine cantus<\/i>,\n        Quae documenta damus: nervos, mentemque fatiges<\/i>\n        Non opus est: satis illa suo se lumine pandunt.<\/i>\n\n\tIo per\u00f2 [continua il medesimo Venturi] seguo il\nVellutello, e spiego cos\u00ec: il velo del senso letterale, che\ncuopre l'allegoria, e il vero primario obbietto, richiede tal\nsottigliezza di mente, ed \u00e8 s\u00ec difficile ad intendersi, che il\ntrapassarlo, ed entrarvi dentro, e uscirne senza penetrarne il\nlegittimo sentimento, per non ben scorgerlo, e non fermarvisi\nsopra quanto conviene coll'intelletto a squarciarlo, \u00e8 leggier\ncosa e facile ad accadere.  Ci\u00f2 che mi muove a seguirlo \u00e8: primo,\nse l'intenderlo fosse facile, non ammonirebbe il lettore ad\naguzzare l'ingegno, e ad aprire ben gli occhi: secondo, perch\u00e8 se\nfosse cos\u00ec agevole il penetrarne l'allegoria veramente intesa\ndall'autore, non sarebbero i comentatori s\u00ec vari, e tra loro\ndiscordi nell'interpretazione di questo misterio.  Fin qu\u00ec 'l\nVenturi.\n\n\tDiversamente da tutti questi pare a me che dovrebbe il\npresente avvertimento del Poeta al lettore aver riguardo al gi\u00e0\ndetto, che cantavano quelle anime l'inno Te lucis ante\nterminum<\/i> tutto intiero, cio\u00e8 anche la seconda strofa, ch'\u00e8\n\n     Procul recedant somnia<\/i>,\n        Et noctium phantasmata<\/i>;\n        Hostemque nostrum comprime<\/i>,\n        Ne polluantur corpora<\/i>;\n\ne dovrebbe voler inteso, ch'essendo quell'ombre incorporee, non\nfacessero tale orazione per proprio vantaggio, ma per vantaggio\ndi noi mondani: come espressamente fa poi dichiararsi da quelle\naltre che recitano il Pater noster<\/i>, facendo che dopo quella\norazione soggiungano\n\n     Quest'ultima preghiera, Signor caro<\/i>,\n        Gi\u00e0 non si fa per noi, che non bisogna<\/i>;\n        Ma per color, che dietro a noi restaro<\/i>\n           [Purg. XI, 22 e segg.]\n\n\tSiccome per\u00f2 per un sottilissimo velo guardando trapassa\nfacilmente la vista ad altri obbietti senza vedere esso velo,\ncos\u00ec teme qu\u00ec il Poeta che di leggiero gli occhi di nostra mente\ntrapassino a riguardare come per proprio bisogno preganti quelle\nanime, senza scorgere il velo de' bisogni nostri, di che\nnell'atto di tale preghiera si vestono.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"08","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Aguzza qu\u00ec"],"FrammentoNota":"
dovrebbe il presente avvertimento del Poeta al lettore aver riguardo al già detto, che cantavano quelle anime l'inno Te lucis ante terminum<\/i> tutto intiero, cioè anche la seconda strofa, ch'è \r\n     Procul recedant somnia<\/i>,\r\n        Et noctium phantasmata<\/i>;\r\n        Hostemque nostrum comprime<\/i>,\r\n        Ne polluantur corpora<\/i>;\r\ne dovrebbe voler inteso, ch'essendo quell'ombre incorporee, non facessero tale orazione per proprio vantaggio, ma per vantaggio di noi mondani<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"","InfoCitazione.Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/hymni","InfoCitazione.LuogoFonte":"","InfoCitazione.NotaFonte":"Cfr. PL LXXXVI 927A","InfoCitazione.TestoFonte":"Ymnus de duodecima.<\/i> 
Te lucis ante terminum
[...]
Procul recedant somnia
Et noctium fantasmata
Hostemque nostrum comprime
Ne polluantur corpora. ","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.mlat.uzh.ch\/browser?path=MLS\/&text=8233:139","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}, {'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}, {'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"19-21","from":7173.0,"to":7196.0,"NomeAutore":null,"TitoloFonte":null}, +{"Annotazione":"Che da' pi\u00e8<\/b> ec., che l'arena della\nLibia, calcata da Catone allorch\u00e8 (secondo Lucano, Phars., IX)\ncondusse per lo deserto l'esercito di Pompeo.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"14","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":[" Che colei"],"FrammentoNota":"
Che da' piè<\/b> ec., che l'arena della Libia, calcata da Catone allorchè (secondo Lucano, Phars., IX) condusse per lo deserto l'esercito di Pompeo.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q188646","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q678375","InfoCitazione.LuogoFonte":"Pharsalia IX, 382-410","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Vadimus in campos steriles, exustaque mundi,
Qua nimius Titan, et rarae in fontibus undae,
Siccaque letiferis squalent serpentibus arva,
Durum iter. Ad leges patriaeque ruentis amorem
Per mediam Libyen veniant, atque invia tentent,
Si quibus in nullo positum est evadere voto,
Si quibus ire sat est. Neque enim mihi fallere quemquam
Est animus, tectoque metu perducere vulgus.
Hi mihi sint comites, quos ipsa pericula ducent,
Qui, me teste, pati vel quae tristissima, pulchrum
Romanumque putant. At qui sponsore salutis
Miles eget, capiturque animae dulcedine, vadat
Ad dominum metiore via. Dum primus arenas
Ingrediar, primusque gradus in pulvere ponam,
Me calor aethereus feriat, mihi plena veneno
Occurrat serpens; fatoque pericula vestra
Praetentate meo: sitiat, quicumque bibentem
Viderit: aut umbras nemorum quicumque petentem,
Aestuet: aut equitem peditum praecedere turmas,
Deficiat; si quo fuerit discrimine notum,
Dux an miles eam. Serpens, sitis, ardor, arenae,
Dulcia virtuti: Gaudet patientia duris.
Laetius est, quoties magno sibi constat, honestum.
Sola potest Libye turbam praestare malorum,
Ut deceat fugisse viros. Sic ille paventes
Incendit virtute animos, et amore laborum,
Irreducemque viam deserto limite carpit:
Et, sacrum parvo nomen clausura sepulchro
Invasit Libye securi fata Catonis.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0133%3Abook%3D9%3Acard%3D319","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"14-15","from":12640.0,"to":12642.0,"NomeAutore":"Marco Anneo Lucano","TitoloFonte":"Pharsalia"}, +{"Annotazione":"Convolto<\/b>, cio\u00e8, col capo\nin su<\/i> chiosa il Daniello: ma io spiegherei piuttosto col capo e\npiedi in gi\u00f9, e con la schiena in su, compiegato in arco, in\narcum convolutus<\/i> direbbesi bene anche in Latino. A questo modo\nne accenna Dante medesimo ch'emergessero dalla bollente pece\ntratto tratto parecchi di que' dannati.\n\n Come i delfini, quando fanno segno<\/i>\n A marinar con l'arco della schiena<\/i>\n Che s'argomenta di campar lor legno.<\/i>\n Talor cos\u00ec ad alleggiar la pena<\/i>\n Mostrava alcun de' peccatori il dosso.<\/i>\n [Cant. seg. v. 19 e segg.].\n\nE direi anzi che la positura medesima di corpo, come simile a\nquella di chi fa fervorosa orazione, l'oggetto sia del seguente\ndiabolico sarcasmo qu\u00ec non ha luogo il santo Volto<\/i> {v.48};\nquasi dicessero, non \u00e8 qu\u00ec l'effigie del santo Volto del\nRedentore, dinanzi alla quale solete voi Lucchesi a questo modo\nincurvarvi.\n\n\tIl Vellutello, Volpi, e Venturi chiosano convolto<\/i><\/b> per\ninvolto<\/i><\/b>, inviluppato di pece<\/i>, imbrodolato<\/i>; ed anche il\nVocabolario della Crusca spiegando convolto<\/b> per imbrattato, vi\npone tra i vari esempi questo stesso di Dante. Oltrecch\u00e8 per\u00f2\nnon \u00e8 in questo, com'\u00e8 in tutti gli altri esempi di convolgere<\/i><\/b>\ne convolto<\/i><\/b>, menzionata la imbrattante materia [nella fracida\nneve si convolgevano, convolto per lo fango, convolta nel fango e\nguasta<\/i> ec. cos\u00ec sono tutti gli altri esempi], n\u00e8 anche poi si\ncapisce bene come al cos\u00ec inteso convolto<\/b> adattisi l'enunziato\nsarcasmo. Vedi in prova, due versi sotto, ci\u00f2 che gli espositori\nvi dicono.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"21","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" E torn\u00f2 su convolto."],"FrammentoNota":"
Convolto<\/b>, cioè, col capo in su<\/i> chiosa il Daniello: ma io spiegherei piuttosto col capo e piedi in giù, e con la schiena in su, compiegato in arco, in arcum convolutus<\/i> direbbesi bene anche in Latino.  A questo modo ne accenna Dante medesimo ch'emergessero dalla bollente pece tratto tratto parecchi di que' dannati.     Come i delfini, quando fanno segno<\/i>\r\n        A marinar con l'arco della schiena<\/i>\r\n        Che s'argomenta di campar lor legno.<\/i>\r\n     Talor così ad alleggiar la pena<\/i>\r\n        Mostrava alcun de' peccatori il dosso.<\/i>\r\n           [Cant. seg. v. 19 e segg.].<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. XXII 19-23","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Come i dalfini, quando fanno segno
a' marinar con l'arco de la schiena
che s'argomentin di campar lor legno,
talor così, ad alleggiar la pena,
mostrav'alcun de' peccatori 'l dosso","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=22","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}, {'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}, {'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/giovanni-antonio-volpi-1726-27', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}, {'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"46","from":19665.0,"to":19672.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Cotenna<\/b>\nappellasi la pelle del porco: e perocch\u00e8 mor\u00ec Filippo ad una\ncaccia, per un porco salvatico, che attraversatosi alle gambe del\ncavallo su di cui stava, glielo fece cadere [Gio. Vill. Cron.\nlib. 9 cap. 65], prendendo il Poeta la parte pe 'l tutto, la\ncotenna pe 'l porco, dice morto Filippo di colpo di cotenna<\/b>, in\nvece di dirlo morto per urto di porco.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Quel che morr\u00e0 di colpo di cotenna."],"FrammentoNota":"
morì Filippo ad una caccia, per un porco salvatico, che attraversatosi alle gambe del cavallo su di cui stava, glielo fece cadere [Gio. Vill. Cron. lib. 9 cap. 65]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","InfoCitazione.LuogoFonte":"X 66","InfoCitazione.NotaFonte":"Cfr. la Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 408 (IX 65).","InfoCitazione.TestoFonte":"Nel detto anno MCCCXIIII, del mese di novembre, il re Filippo re di Francia, il quale avea regnato XXVIIII anni, morì disaventuratamente, che essendo a una caccia, uno porco salvatico gli s'atraversò tra gambe al cavallo in su ch'era, e fecelne cadere, e poco appresso morì","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"120","from":18986.0,"to":18993.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
+{"Annotazione":"Coto<\/b>, e quoto<\/i> [Par. III, 26]\nchecche altri si dica [Vedi Rosa Morando annotaz. al Par. cant.\nIII], io per me penso, che non sieno tra loro pi\u00f9 differenti di\nquello sieno core<\/i> e quore<\/i>, cio\u00e8 antichi e ben detti amendue;\ne che non derivino altrimenti da cogitare<\/i>, o coitare<\/i> [Cos\u00ec\nderivanlo i deputati alla correzion del Boccaccio num. 10; ma non\nsi trovando usato mai cotale coitare<\/i>, rimane quindi 'l coto<\/i><\/b>\ntroppo in aria], ma piuttosto da quotare<\/i><\/b>, che significa, dice\nil Buti [Citato nel Vocab. della Cr. al verbo quotare<\/i>],\ngiudicare in quale ordine la cosa sia; e che vagliano coto<\/i><\/b> e\nquoto<\/i><\/b> quanto varrebbe il quotate<\/i> stesso di verbo fatto nome. \nSecondo questa intelligenza il mal coto<\/b> di Nembrot sar\u00e0 la di\nlui mala sciocchissima estimazione dell'altezza de' cieli,\npensando di poter ergere una torre che a quelli arrivasse.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"31","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Mal coto."],"FrammentoNota":"
Coto<\/b>, e quoto<\/i> [Par. III, 26] checche altri si dica [Vedi Rosa Morando annotaz. al Par. cant. III], io per me penso, che non sieno tra loro più differenti di quello sieno core<\/i> e quore<\/i>, cioè antichi e ben detti amendue; e che non derivino altrimenti da cogitare<\/i>, o coitare<\/i> [...], ma piuttosto da quotare<\/i><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Par. III 26","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"mi disse, \"appresso il tuo püeril coto,","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=70&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=13855', 'Rapporto': 'CONFERMA'}, {'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/filippo-rosa-morando-1751', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"77","from":30411.0,"to":30413.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Dei<\/b> appella le intelligenze\nmotrici de' cieli, o allusivamente all'appellazione di Dei<\/b>, che\n[riferisce il Poeta nel Convito [Tratt. 2 cap. 5]] danno alle\nmedesime i gentili, ovvero pe 'l nome di Dei<\/b> che si attribuisce\nagli Angeli in alcun luogo delle divine scritture [Vedi tra gli\naltri Tirino Idiotismi linguae Hebraicae et Graecae<\/i> 23].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Gli altri Dei."],"FrammentoNota":"
Dei<\/b> appella le intelligenze motrici de' cieli, o allusivamente all'appellazione di Dei<\/b>, che  [riferisce il Poeta nel Convito [Tratt. 2 cap. 5]] danno alle medesime i gentili, ovvero pe 'l nome di Dei<\/b> che si attribuisce agli Angeli in alcun luogo delle divine scritture.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","InfoCitazione.LuogoFonte":"II v 5","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"quelle nobilissime creature quasi innumerabili [...] partele per tre gerarzie, che è a dire tre principati santi o vero divini,","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=21&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"87","from":6401.0,"to":6409.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
+{"Annotazione":"Della regina<\/b> ec. \nS\u00ec come pongono li poeti, Proserpina, la quale \u00e8 allegorizzata\nseme gittato nella terra, figlia di Ceres che \u00e8 terra, e moglie\ndi Pluto, figliuolo di Saturno, e Deo d'Inferno, si \u00e8 regina\nd'Inferno, alla quale cos\u00ec fatte serviziali sono atribuite: quale\nProserpina, e come Pluto la rap\u00ec, \u00e8 special chiosa infra,\ncapitolo XXVIII Purgatorii<\/i>; e per\u00f2 qui lievemente si passa.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"L'Ottimo Commento 1333","Frammenti":["  E quei che ben conobbe"],"FrammentoNota":"
Sì come pongono li poeti, Proserpina, la quale è allegorizzata\r\nseme gittato nella terra, figlia di Ceres che è terra, e moglie\r\ndi Pluto, figliuolo di Saturno, e Deo d'Inferno, si è regina\r\nd'Inferno, alla quale così fatte serviziali sono atribuite: <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q347250","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q42188219","InfoCitazione.LuogoFonte":"I, 367-368","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Cum subnixa sedet solio, Plutonia coniunx
Imperitat Furiis et dictat iura Megaerae.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo\/codice\/PRVD%7Csymm%7C001","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"43-44","from":7978.0,"to":7983.0,"NomeAutore":"Prudenzio","TitoloFonte":"Contra Symmachum"}, +{"Annotazione":"Disse<\/b>, rispose\nVirgilio, se t'ammentassi<\/b> [allo stesso significato di\nrammentassi<\/i>, come allo stesso significato si adoperano\ncomunemente pacificare<\/i> e rappacificare<\/i>, sparmiare<\/i> e\nrisparmiare<\/i> ec. [Lo stesso ammentare<\/i> per rammentare<\/i> adopera\nDante anche nel XIV, 56 della presente cantica]] come Meleagro<\/i><\/b>\nec. \u00c8 favola di Meleagro, che le Fate nascendo Meleagro\nordinarono, che la vita di lui durasse tanto quanto durasse un\nlegno posto da esse ad ardere nel fuoco; e che la di lui madre\nAltea, dopo di avere levato dal fuoco e smorzato quel tizzo per\nsalvare la vita del figlio, finalmente arrabbiata per aver\nMeleagro uccisi due suoi zii, e di lei fratelli, rimiselo ad\nardere. Vuole adunque Virgilio con tale esempio fare a Dante\ncapire, che, come si consumava Meleagro, non per mancanza di\nnutrimento, ma per la potente ordinazione delle Fate, cos\u00ec per\nl'onnipotente divina ordinazione pu\u00f2 ivi essere fame e magrezza\ndove non \u00e8 bisogno di nutrimento. — a te questo<\/b> la Nidob.,\nquesto a te<\/i><\/b> l'altre edizioni. — s\u00ec agro<\/i><\/b>, cio\u00e8 s\u00ec\nmalagevole, che tu nol vedessi come sia possibile. Buti [Citato\nnel Vocab. della Cr. alla voce agro<\/i> {paragraph.} 4].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Se t'ammentassi come"],"FrammentoNota":"
Lo stesso ammentare<\/i> <\/strong>per rammentare<\/i> adopera Dante anche nel XIV, 56 della presente cantica<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. XIV 56","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"e buon sarà costui, s'ancor s'ammenta","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=48&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"22-24","from":24873.0,"to":24877.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Fante<\/b>, dal Latino fans<\/i>, ogni\nparlante, ogni uomo.  Ad ugual senso adopera fante<\/i><\/b> il Poeta\nanche nel XXV di questa cantica v. 61.\n\n     Ma come d'animal divenga fante<\/i><\/b>:\n\ne ben inteso, che il parlare sia proprio dell'uomo come il\nragionare, non c'increscer\u00e0 detto ogni fante<\/b> per ogni uomo<\/i>,\npi\u00f9 che se detto fosse ogni ragionevole.<\/i> \nM%varepsilon%rho%o%varpi%alpha%zeta\\, articulate loquentes<\/i>,\nanche Omero appella spesso gli uomini, aggiunge qu\u00ec a proposito\nil prelodato sig. Ab. Amaduzzi.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"11","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Ogni fante."],"FrammentoNota":"
Fante<\/b>, dal Latino fans<\/i>, ogni  parlante, ogni uomo.  Ad ugual senso adopera fante<\/b> il Poeta anche nel XXV di questa cantica v. 61.\r\n     Ma come d'animal divenga fante<\/i>:<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. XXV 61","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Ma come d'animal divegna fante","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=59&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"66","from":10586.0,"to":10592.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Fosse<\/b> per fossi<\/i> spiega il\nVolpi [Purg. XVII, 46, e XXX, 42] detto solamente per cagion\ndella rima; ma questo passo per\u00f2 sembra dimostrarnelo detto anche\nfuor di rima.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"15","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Mi fosse pria"],"FrammentoNota":"
Fosse<\/b> per fossi<\/i> spiega il Volpi [Purg. XVII, 46, e XXX, 42] detto solamente per cagion della rima; ma questo passo però sembra dimostrarnelo detto anche fuor di rima.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. XVII 46","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"I' mi volgea per veder ov'io fosse,","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/tool\/annotation\/17915\/17915215390\/","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/giovanni-antonio-volpi-1726-27', 'Rapporto': 'ESTENDE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"59","from":14740.0,"to":14743.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Galeotto<\/b>, nome\nproprio di uomo, che fu l'infame sensale tra Ginevra e Lancilotto\n[suddetti].  Ma qu\u00ec in senso di nome appellativo vuol dire, che\nquella impura leggenda, e il suo autore indusse Paolo e Francesca\na quella enormit\u00e0, come Galeotto quei due antichi amanti a\ncorrispondersi illecitamente.  Benvenuto da Imola ci d\u00e0 contezza\ncon tal nome essersi in quel tempo appellato chiunque facevasi\nmezzano d'intrighi d'amore; e quindi \u00e8, che insegnandosi amorose\nmalizie nelle cento novelle del Boccaccio, fu loro posto in\nfronte il cognome di Principe Galeotto, che ritengono nel titolo\ni testi antichi.  Venturi.\n\n\tIo per\u00f2 per crederglielo ne vorrei vedere qualch'altro\nesempio diverso da questo di Dante, e dall'allegato titolo del\nDecameron del Boccaccio.\n\n\tMai non adopera Dante fuor di qu\u00ec 'l termine di\ngaleotto<\/b> che nel senso di semplice nocchiero, talmente che non\nischiva di appellar galeotto<\/b> perfino lo stesso angelo che\ntragitta anime dal mondo al Purgatorio [Purg. II, 27]: ed ove\naccade di mentovar ruffiani, mai d'altro che del medesimo chiaro\ne comun termine di ruffiano<\/i> si vale:\n\n     Ruffian, baratti, e simile lordura<\/i> \n     [Inf. XI, 60]\n     Ruffian, qu\u00ec non son femmine da conio<\/i> ec. \n     [Inf. XVIII, 66]\n\nEd il pretendere, che al senso di mezzano d'intrighi d'amore<\/i>, o\nsia di ruffiano<\/i> adoperi qu\u00ec galeotto<\/i><\/b>, dicendo Galeotto fu il\nlibro, e chi<\/b> ec., \u00e8 un pretendere che stucchevolmente dica Dante\ncosa, che gi\u00e0 per la precedente narrativa non pu\u00f2 non essere\nintesa.  E chi mai dalla precedente narrativa non capisce pi\u00f9 che\nabbastanza che fu quel libro incentivo al cadere de' due amanti?\n\n\tRiguardo poi al titolo di Principe Galeotto<\/i><\/b> attribuito\nalle Novelle del Boccaccio: n\u00e8 tutti i testi ve lo attribuiscono,\nn\u00e8 molto meno piace a tutti la pretesa interpretazione [Vedi\nl'annotazioni dei deputati alla correzione del Decameron del\nBoccaccio n. I].\n\n\tIo per me adunque, attesa la universale asserzione\ndegl'interpreti [del Boccaccio, di Benevento suddetto, del\nLandino, e di tutti gli altri], che Galeotto stesso, il mezzano\ndegli amori tra Lancilotto e Ginevra, fosse lo scrittore di quel\nlibro, me la sbrigherei con dire, che Galeotto<\/i><\/b> foss'anche il\ntitolo del libro; o datogli dall'autore medesimo, ovvero dal\nvolgo attribuitogli dal nome stesso dell'autore [come per cagion\nd'esempio appelliamo comunemente Ariosto<\/i> il poema l'Orlando\nFurioso<\/i>, perch\u00e8 scritto dall'Ariosto; e Tasso<\/i> il Goffredo<\/i>,\nperch\u00e8 scritto dal Tasso]: e che Galeotto fu il libro, e chi lo\nscrisse<\/b> vaglia quanto Galeotto fu il nome del libro, e di chi\nlo scrisse.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Galeotto fu il libro, e chi"],"FrammentoNota":"
Galeotto<\/b>, nome proprio di uomo, che fu l'infame sensale tra Ginevra e Lancilotto [suddetti].  Ma quì in senso di nome appellativo vuol dire, che quella impura leggenda, e il suo autore indusse Paolo e Francesca a quella enormità, come Galeotto quei due antichi amanti a corrispondersi illecitamente.  Benvenuto da Imola ci dà contezza con tal nome essersi in quel tempo appellato chiunque facevasi mezzano d'intrighi d'amore; e quindi è, che insegnandosi amorose malizie nelle cento novelle del Boccaccio, fu loro posto in fronte il cognome di Principe Galeotto, che ritengono nel titolo i testi antichi.  Venturi. \r\nIo però per crederglielo ne vorrei vedere qualch'altro esempio diverso da questo di Dante, e dall'allegato titolo del Decameron del Boccaccio.\tMai non adopera Dante fuor di quì 'l termine di galeotto<\/b> che nel senso di semplice nocchiero, talmente che non ischiva di appellar galeotto<\/b> perfino lo stesso angelo che tragitta anime dal mondo al Purgatorio [Purg. II, 27].<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. II 27","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"allor che ben conobbe il galeotto","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=36&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONTRADDICE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"137","from":4930.0,"to":4938.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Gentile<\/b>: chiara<\/i> e\nnobile<\/i> spiega il Lana; e gentilezza, leggiadria<\/i> e nobilt\u00e0<\/i>\nsono in Dante termini equipollenti (Conv.<\/i>, IV, 9).  Non v'ha\ndubbio di sorta che questa non sia la gran Vergine Madre di Dio;\nse poi se ne tace il nome, lo si tace pel motivo istesso che\nnell'Inferno non \u00e8 mai pronunciato quello del Figliuol suo Ges\u00f9\nCristo, essendo due nomi troppo santi e sublimi e pieni di vera\nvita per venir pronunziati nel regno del peccato e dei veri\nmorti.  Che la donna gentile<\/i><\/b> sia la Vergine Madre, oltrech\u00e8 la\ndivozione ardente di Dante per Lei (Par.<\/i><\/b>, XXIII, 88), oltrech\u00e8\nil carattere di Beatrice, di Lei pur divotissima (cf. Vit. N.<\/i>, \nV, XXIX e XXXV), lo richiede e la ragione di tempo e lo stesso\norganismo del sacrato Poema.  Si rammenti quanto potere\nesercitasse sui cuori italiani la Vergine ai tempi di Dante\n(leggete e poeti e prosatori), e come mal si sarebbe capita\nallora una conversione, quale Dante ce la descrive, senza la\nmediazione della Vergine.  Ma, oltre a tutto, lo domanda\nl'organismo stesso del Poema: se Maria \u00e8 colei, che ottiene a\nDante la grazia di mettere il suggello alla sua alta visione<\/i>\naffisando l'occhio in Dio, ed ella a tanto lo avvalora; parmi\nindispensabile, anche per l'economia del lavoro, ammettere\nch'essa debba aver avuto una parte assai rilevante nel metter\nDante per quella via, che, sotto l'amorosa sua guardia, doveva\ncondurlo a tanto e s\u00ec mirabile effetto.  Maria, infatti, \nconosciuto l'instante pericolo di Dante, per mezzo di Lucia ne\navvisa Beatrice, la quale corre a Virgilio, perch\u00e8 soccorra lo\nsmarrito; dunque il perno, sul quale tutta aggirasi l'azione, \u00e8\nMaria; e Maria \u00e8 quella che vi d\u00e0 sviluppo e compimento (cf.\nPurg.<\/i>, XXVI, 59, e Par.<\/i>, XXXIII).  Ma chi bene intenda, tutto\n\u00e8 detto chiaramente nella preghiera che S. Bernardo le indirizza\nper Dante: infatti se la prega che dopo tanta visione conservi\nsani<\/i> a Dante gli affetti (Par.<\/i>, XXXIII, 35), s'ha da credere\nch'ella non avr\u00e0 avuto parte nel ridur Dante dalla perversione\nalla conversione, dalla malattia alla salute, dalla selva a Dio?\nnon occorre insistere.  Di pi\u00f9: di chi si pu\u00f2 meglio dire che si\ncompiange<\/b> degli abberramenti e pericoli d'un peccatore se non\ndi Maria?  Dante Le dice: in te misericordia, in te pietate, in\nte magnificenza<\/i><\/b> (Par.<\/i>, XXXIII, 19).  Ma a tutto mette il\nsuggello la grande espressione, che, per quanto vera della\nVergine risguardo a tutti i peccatori, parmi aver qui un senso\nspeciale, e tutto riferibile a Dante (ivi, 19-21):\n\n     La tua benignit\u00e0 non pur soccorre\n     A chi dimanda, ma molte fiate\n     Liberamente al dimandar precorre.\n\nInfatti Dante nel suo smarrimento non chiese ajuti spirituali, \nche anzi gli sprezz\u00f2 (Purg.<\/i>, XXX, 133); come pot\u00e8 dunque\navvenire che si trov\u00f2<\/i> nella selva? io tengo per fermo che\nquesta sia stata per l'appunto una delle fiate che la gran Donna\nprecorse al dimandare<\/i>; e Dante ne volle cenno perpetuo nel suo\nPoema.  Pertanto la Donna gentile<\/i><\/b> \u00e8 simbolo<\/i><\/b> della\nMisericordia divina<\/i> o Grazia preveniente<\/i> (Veggasi Diz.\nDant.<\/i>, artic. Maria Madre Di Dio).  — Si compiange<\/b>, sente\ncompassione, si duole (cf. Vit. N.<\/i><\/b>, XXIII).  — Impedimento<\/i><\/b>, \ngli ostacoli dell'intrapreso viaggio, soprattutto derivanti dalla\nopposizione della Lupa.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","Frammenti":["  Donna \u00e8 gentil"],"FrammentoNota":"
e gentilezza, leggiadria<\/i> e nobiltà <\/i>sono in Dante termini equipollenti (Conv.<\/i>, IV, 9).<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","InfoCitazione.LuogoFonte":"Convivio IV, ix, 15","InfoCitazione.NotaFonte":"Il senso del rimando di Poletto non \u00e8 chiaro, non trattandosi nel passo riferito in senso stretto dell'identit\u00e0 fra gentilezza, leggiadria e nobilt\u00e0.","InfoCitazione.TestoFonte":"Altr<\/i>e molte<\/i> sono, che paiono avere alcuna parentela coll'arte imperiale - e qui fu ingannato ed è chi crede che la sentenza imperiale sia in questa parte autentica -: sì come [diffinire di] giovinezza e gentilezza<\/strong>, sovra le quali nullo imperiale giudicio è da consentire in quanto elli è imperadore: però quello che è di [Cesare sia renduto a Cesare, e quello che è di] Dio sia renduto a Dio.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=59&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"94-95","from":1675.0,"to":1678.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
+{"Annotazione":"Grotta<\/b>, perch\u00e8 luogo\ndirupato e scosceso [Vedi 'l Vocab. della Crusca] appella\nl'argine divisorio tra la fossa quinta, alla quale i poeti stavan\nsopra, e la sesta fossa: e vuole Malacoda dire, che camminando i\npoeti sopra quell'argine, perverrebbero ad un altro dei molti\nscogli intersecanti quelle fosse [rivedi 'l passato canto XVIII\nv. 16 e segg.] nel quale troverebbero intiero anche il ponte\nsopra la sesta fossa.  Essere per\u00f2 questa una bug\u00eca di Malacoda,\ned essere non solo qu\u00ec, ma da per tutto spezzati i ponti sopra di\nessa fossa, apparir\u00e0 nel canto XXIII v. 136 e segg., dove i\npoeti di tale gabbamento si avveggono.\n\n\tLa bug\u00eca medesima ripete ne' versi 125, 126: e bisogna\ncredere che sia intenzione del poeta nostro, che nel luogo de'\nbarattieri facciano anche i demoni volontieri del n\u00f2 ita<\/i> v.\n42.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"21","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Per questa grotta."],"FrammentoNota":"
vuole Malacoda dire, che camminando i poeti sopra quell'argine, perverrebbero ad un altro dei molti scogli intersecanti quelle fosse [rivedi 'l passato canto XVIII v. 16 e segg.] nel quale troverebbero intiero anche il ponte sopra la sesta fossa. <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. XVIII 16-17","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"così da imo de la roccia scogli
movien che ricidien li argini e ' fossi","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=18","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"110-111","from":20138.0,"to":20141.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Grotte<\/b> qu\u00ec pure per\nripe, come Inf. XXI, 110 Andatevene su per questa grotta<\/i> e\nPurg. XIII, 45 E ciascun \u00e8 lungo la grotta assiso<\/i>: e nelle ripe\ndel monte Parnaso erano, dice il Landino, le fonti Pegasee\nconsacrate alle Muse.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"22","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" A ber nelle sue grotte."],"FrammentoNota":"
Grotte<\/b> quì pure per ripe, come Inf. XXI, 110 Andatevene su per questa grotta<\/i><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. XXI 110","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"andatevene su per questa grotta;","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=21","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"65","from":22014.0,"to":22022.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Intelletto<\/b>, o intelligenza<\/i> appellasi nelle scuole la\ncognizione de' primari assiomi, o sia delle prime<\/i><\/b>, fondamentali\nnotizie<\/b>: di quella esempigrazia impossibile est idem simul\nesse et non esse.<\/i><\/b>  E certamente non solamente ignora l'uomo onde\ncotali notizie abbia acquistato, ma se non venisse mai il caso di\nvalersene neppur saprebbe di possederle — de' primi appetibili\nl'affetto<\/i><\/b>: l'amore di quelle cose che primieramente ogni uomo\nappetisce, della conservazione propria, per cagion d'esempio,\ndella propria beatitudine ec.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"18","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Lo 'ntelletto delle prime notizie."],"FrammentoNota":"
Intelletto<\/b>, o intelligenza<\/i> appellasi nelle scuole la cognizione de' primari assiomi, o sia delle prime<\/b>, fondamentali notizie<\/b>: di quella esempigrazia impossibile est idem simul esse et non esse.<\/i><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9438","InfoCitazione.Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/Sententia_libri_Metaphysicae(Tommaso)","InfoCitazione.LuogoFonte":"III v 1","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Et exemplificat de primis principiis maxime sicut quod necesse est de unoquoque aut affirmare aut negare. Et aliud principium est quod impossibile est idem simul esse et non esse.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.corpusthomisticum.org\/cmp03.html","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"55-57","from":17838.0,"to":17857.0,"NomeAutore":"Tommaso d'Aquino","TitoloFonte":null},
+{"Annotazione":"L'infamia di Creti<\/b> ec. \nDice l'Autore, che 'n sulla cima di questo montuoso luogo truova\nil crudele minutauro, infamia delli abitanti dell'isola di Creti,\ncome apparir\u00e0 di sotto.  Ovidio, nel libro VIIJ Metamorphoseos<\/i>,\nscrive, che essendo Minos re di Creti ad assedio della citt\u00e0\nd'Atene, Pasife sua moglie un die guatando un bello toro, per\nardente desiderio menata, volle giacere con quello; e per trovare\nmodo al bestiale appitito, chiam\u00f2 Dedalo, sottilissimo e\ningegnosissimo maestro: questi fece scorticare una vacca, che 'l\ntoro quivi amava, e fece una vacca di legno, e copersela di\nquello cuoio, e missevi dentro Pasife boccone, s\u00ec che in questo\ningano menato il tauro dalla lussuria, amont\u00f2 questa inchiusa\nnelle imbestiate scheggie; quella concepette, e partor\u00ece il\nMinotauro, mezzo bue, e mezzo uomo: questo divenne fiero, e\ndivorava uomini.  Vinta Attene per lo tradimento della giovane\nScilla, Minos si torn\u00f2e nel suo regno.  Elli avea saputa la\nnovella infino ne l'oste dello straformato parto della moglie. \nMinos, voglendo torre la vergogna della sua camera, mand\u00f2e a\nDedalo che lo inchiudesse in casa di molte volte e ciechi tetti;\ncolui fece il Laberinto, nel quale elli fue messo.  Due volte era\ngi\u00e0 pasciuto delli uomini d'Atene, mandati per lo censo a Minos;\ne la terza volta vi mand\u00f2 Teseo, figliuolo del Duca d'Atene, del\nquale innamorata Adriana sirocchia del detto Minutauro, riceuta\npromessione dal detto Teseo ch'elli la se ne menerebbe per\nmoglie, e la sua serocchia Fedra ne menerebbe pel suo figliuolo\nIpolito, diede l'amaestramento e l'argomento, col quale il detto\nTeseo uccise il Minutauro.  Ella li diede una pallottola di pece,\ne uno gomitolo di filo, col quale filo legato all'entrata del\nLaberinto, Teseo entr\u00f2 infino al Minutauro; e quando fu venuto\nalla bestia, il Minutauro apr\u00ec la bocca per divorarlo.  Teseo li\ngitt\u00f2 la palla della pece nella gola, della quale impacciati<\/i> li\nsuoi denti, col coltello uccise il Minotauro; poi con le due\nsorelle entr\u00f2 in nave, tenendo suo viaggio verso ad Atene: ver \u00e8,\nch'elli lasci\u00f2 Adriana in su una isola, e menossene Fedra.  E\nper\u00f2 dice il testo — L'infamia di Creti<\/i><\/b> ec.  Che fu concetta\nnella falsa vacca<\/b>; ma secondo il vero, Minutauro fu uomo dopo la\nmorte del padre, e us\u00f2 vita bestiale, e tirannica; e per\u00f2 il\nfigurano li poeti mezzo uomo, e mezza bestia, per la vita\nbestiale; e per la tiranica il pongono, che mangiasse carne\numana, in ci\u00f2 che' tiranni fanno spandere, e spandono il sangue,\ne le carni delli uomini.  E fu morto dal detto Teseo per ingegno:\ne per\u00f2 che us\u00f2e vita tiranica, s\u00ec lo introduce Dante proposto a\nquesti tiranni, che qui sono puniti.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"12","Commentario":"L'Ottimo Commento 1333","Frammenti":["  E 'n su la punta"],"FrammentoNota":"
Dice l'Autore, che 'n sulla cima di questo montuoso luogo truova\r\nil crudele minutauro, infamia delli abitanti dell'isola di Creti,\r\ncome apparirà di sotto.  Ovidio, nel libro VIIJ Metamorphoseos<\/i>,\r\nscrive, che essendo Minos re di Creti ad assedio della città\r\nd'Atene, Pasife sua moglie un die guatando un bello toro, per\r\nardente desiderio menata, volle giacere con quello; e per trovare\r\nmodo al bestiale appitito, chiamò Dedalo, sottilissimo e\r\ningegnosissimo maestro: questi fece scorticare una vacca, che 'l\r\ntoro quivi amava, e fece una vacca di legno, e copersela di\r\nquello cuoio, e missevi dentro Pasife boccone, sì che in questo\r\ningano menato il tauro dalla lussuria, amontò questa inchiusa\r\nnelle imbestiate scheggie; quella concepette, e partorìe il\r\nMinotauro, mezzo bue, e mezzo uomo: questo divenne fiero, e\r\ndivorava uomini.  Vinta Attene per lo tradimento della giovane\r\nScilla, Minos si tornòe nel suo regno.  Elli avea saputa la\r\nnovella infino ne l'oste dello straformato parto della moglie. \r\nMinos, voglendo torre la vergogna della sua camera, mandòe a\r\nDedalo che lo inchiudesse in casa di molte volte e ciechi tetti;\r\ncolui fece il Laberinto, nel quale elli fue messo.  Due volte era\r\ngià pasciuto delli uomini d'Atene, mandati per lo censo a Minos;\r\ne la terza volta vi mandò Teseo, figliuolo del Duca d'Atene, del\r\nquale innamorata Adriana sirocchia del detto Minutauro, riceuta\r\npromessione dal detto Teseo ch'elli la se ne menerebbe per\r\nmoglie, e la sua serocchia Fedra ne menerebbe pel suo figliuolo\r\nIpolito, diede l'amaestramento e l'argomento, col quale il detto\r\nTeseo uccise il Minutauro.  Ella li diede una pallottola di pece,\r\ne uno gomitolo di filo, col quale filo legato all'entrata del\r\nLaberinto, Teseo entrò infino al Minutauro; e quando fu venuto\r\nalla bestia, il Minutauro aprì la bocca per divorarlo.  Teseo li\r\ngittò la palla della pece nella gola, della quale impacciati<\/i> li\r\nsuoi denti, col coltello uccise il Minotauro; poi con le due\r\nsorelle entrò in nave, tenendo suo viaggio verso ad Atene: ver è,\r\nch'elli lasciò Adriana in su una isola, e menossene Fedra. <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","InfoCitazione.LuogoFonte":"VIII, 6-266","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Interea Minos Lelegeia litora uastat,
Praetemptatque sui uires Mauortis in urbe
Alcathoe, quam Nisus habet, cui splendidus ostro
Inter honoratos medioque in uertice canos
Crinis inhaerebat, magni fiducia regni.
Sexta resurgebant orientis cornua lunae,
Et pendebat adhuc belli fortuna, diuque
Inter utrumque uolat dubiis Victoria pennis.
Regia turris erat uocalibus addita muris,
In quibus auratam proles Letoia fertur
Deposuisse lyram: saxo sonus eius inhaesit;
Saepe illuc solita est adscendere filia Nisi
Et petere exiguo resonantia saxa lapillo,
Tum cum pax esset; bello quoque saepe solebat
Spectare ex illa rigidi certamina Martis;
Iamque mora belli procerum quoque nomina norat,
Armaque equosque habitusque Cydonaeasque pharetras.
Nouerat ante alios faciem ducis Europaei,
Plus etiam, quam nosse sat est. hac iudice Minos,
Seu caput abdiderat cristata casside pennis,
In galea formosus erat; seu sumpserat aere
Fulgentem clipeum, clipeum sumpsisse decebat;
Torserat adductis hastilia lenta lacertis:
Laudabat uirgo iunctam cum uiribus artem;
Inposito calamo patulos sinuauerat arcus:
Sic Phoebum sumptis iurabat stare sagittis;
Cum uero faciem dempto nudauerat aere
Purpureusque albi stratis insignia pictis
Terga premebat equi spumantiaque ora regebat,
Vix sua, uix sanae uirgo Niseia compos
Mentis erat: felix iaculum, quod tangeret ille,
Quaeque manu premeret, felicia frena uocabat.
Impetus est illi, liceat modo, ferre per agmen
Virgineos hostile gradus, est impetus illi
Turribus e summis in Gnosia mittere corpus
Castra uel aeratas hosti recludere portas,
Vel siquid Minos aliud uelit. utque sedebat
Candida Dictaei spectans tentoria regis,
\"Laeter\" ait \"doleamne geri lacrimabile bellum,
In dubio est: doleo, quod Minos hostis amanti est;
Sed nisi bella forent, numquam mihi cognitus esset.
Me tamen accepta poterat deponere bellum
Obside: me comitem, me pacis pignus haberet.
Si quae te peperit, talis, pulcherrime regum,
Qualis es ipse, fuit, merito deus arsit in illa.
O ego ter felix, si pennis lapsa per auras
Gnosiaci possem castris insistere regis
Fassaque me flammasque meas qua dote rogarem
Vellet emi! tantum patrias ne posceret arces!
Nam pereant potius sperata cubilia, quam sim
Proditione potens! quamuis saepe utile uinci
Victoris placidi fecit clementia multis.
Iusta gerit certe pro nato bella perempto
Et causaque ualet causamque tenentibus armis,
Et, puto, uincemur. quis enim manet exitus urbem?
Cur suus haec illi reseret mea moenia Mauors
Et non noster amor? melius sine caede moraque
Inpensaque sui poterit superare cruoris.
Non metuam certe, ne quis tua pectora, Minos,
Vulneret inprudens: quis enim tam durus, ut in te
Dirigere inmitem non inscius audeat hastam?
Coepta placent et stat sententia tradere mecum
Dotalem patriam finemque inponere bello.
Verum uelle parum est! aditus custodia seruat,
Claustraque portarum genitor tenet; hunc ego solum
Infelix timeo, solus mea uota moratur.
Di facerent, sine patre forem! sibi quisque profecto
Est deus; ignauis precibus Fortuna repugnat.
Altera iamdudum succensa cupidine tanto
Perdere gauderet, quodcumque obstaret amori.
Et cur ulla foret me fortior? ire per ignes
Et gladios ausim! nec in hoc tamen ignibus ullis
Aut gladiis opus est, opus est mihi crine paterno.
Ille mihi est auro pretiosior, illa beatam
Purpura me uotique mei factura potentem.\"
Talia dicenti, curarum maxima nutrix,
Nox interuenit, tenebrisque audacia creuit.
Prima quies aderat, qua curis fessa diurnis
Pectora somnus habet: thalamos taciturna paternos
Intrat et (heu facinus!) fatali nata parentem
Crine suum spoliat praedaque potita nefanda
Fert secum spolium sceleris progressaque porta
Per medios hostes (meriti fiducia tanta est)
Peruenit ad regem; quem sic adfata pauentem est:
\"Suasit amor facinus: proles ego regia Nisi
Scylla tibi trado patriaeque meosque penates.
Praemia nulla peto nisi te. cape pignus amoris
Purpureum crinem nec me nunc tradere crinem,
Sed patrium tibi crede caput\", scelerataque dextra
Munera porrexit. Minos porrecta refugit
Turbatusque noui respondit imagine facti:
\"Di te submoueant, o nostri infamia saecli,
Orbe suo, tellusque tibi pontusque negetur!
Certe ego non patiar Iouis incunabula, Creten,
Qui meus est orbis, tantum contingere monstrum\".
Dixit et, ut leges captis iustissimus auctor
Hostibus inposuit, classis retinacula solui
Iussit et aeratas inpelli remige puppes.
Scylla freto postquam deductas nare carinas
Nec praestare ducem sceleris sibi praemia uidit,
Consumptis precibus uiolentam transit in iram
Intendensque manus fusis furibunda capillis
\"Quo fugis\" exclamat \"meritorum auctore relicta,
O patriae praelate meae, praelate parenti?
Quo fugis, inmitis, cuius uictoria nostrum
Et scelus et meritum est? nec te data munera nec te
Noster amor mouit, nec quod spes omnis in unum
Te mea congesta est? nam quo deserta reuertar?
In patriam? superata iacet. sed finge manere:
Proditione mea clausa est mihi. patris ad ora?
Quem tibi donaui! ciues odere merentem,
Finitimi exemplum metuunt. exponimur orbae
Terrarum; nobis ut Crete sola pateret!
Hac quoque si prohibes et nos, ingrate, relinquis,
Non genetrix Europa tibi est, sed inhospita Syrtis
Armeniae tigresque austroque agitata Charybdis!
Nec Ioue tu natus, nec mater imagine tauri
Ducta tua est: generis falsa est ea fabula; uerus
Et ferus et captus nullius amore iuuencae,
Qui te progenuit, taurus fuit. exige poenas,
Nise pater! gaudete malis, modo prodita, nostris,
Moenia! nam fateor, merui et sum digna perire.
Sed tamen ex illis aliquis, quos inpia laesi,
Me perimat. cur, qui uicisti crimine nostro,
Insequeris crimen? scelus hoc patriaeque patrique,
Officium tibi sit. te uero coniuge digna est,
Quae toruum ligno decepit adultera taurum
Discordemque utero fetum tulit. ecquid ad aures
Perueniunt mea dicta tuas? an inania uenti
Verba ferunt idemque tuas, ingrate, carinas?
Iamiam Pasiphaen non est mirabile taurum
Praeposuisse tibi: tu plus feritatis habebas.
Me miseram! properare iubet, diuulsaque remis
Vnda sonat; mecum simul, ah, mea terra recedit.
Nil agis, o frustra meritorum oblite meorum:
Insequar inuitum puppimque amplexa recuruam
Per freta longa trahar.\" uix dixerat, insilit undis
Consequiturque rates faciente cupidine uires
Gnosiacaeque haeret comes inuidiosa carinae.
Quam pater ut uidit (nam iam pendebat in aura
Et modo factus erat fuluis haliaeetus alis),
Ibat, ut haerentem rostro laceraret adunco.
Illa metu puppim dimisit, et aura cadentem
Sustinuisse leuis, ne tangeret aequora, uisa est;
Pluma fuit: plumis in auem mutata uocatur
Ciris et a tonso est hoc nomen adepta capillo.
Vota Ioui Minos taurorum corpora centum
Soluit, ut egressus ratibus Curetida terram
Contigit, et spoliis decorata est regia fixis.
Creuerat opprobrium generis, foedumque patebat
Matris adulterium monstri nouitate biformis;
Destinat hunc Minos thalamis remouere pudorem
Multiplicique domo caecisque includere tectis;
Daedalus ingenio fabrae celeberrimus artis
Ponit opus turbatque notas et lumina flexu
Ducit in errorem uariarum ambage uiarum.
Non secus ac liquidis Phrygius Maeandrus in undis
Ludit et ambiguo lapsu refluitque fluitque
Occurrensque sibi uenturas adspicit undas
Et nunc ad fontes, nunc ad mare uersus apertum
Incertas exercet aquas, ita Daedalus inplet
Innumeras errore uias uixque ipse reuerti
Ad limen potuit: tanta est fallacia tecti.
Quo postquam geminam tauri iuuenisque figuram
Clausit et Actaeo bis pastum sanguine monstrum
Tertia sors annis domuit repetita nouenis,
Vtque ope uirginea nullis iterata priorum
Ianua difficilis filo est inuenta relecto,
Protinus Aegides rapta Minoide Diam
Vela dedit comitemque suam crudelis in illo
Litore destituit. desertae et multa querenti
Amplexus et opem Liber tulit, utque perenni
Sidere clara foret, sumptam de fronte coronam
Inmisit caelo. tenues uolat illa per auras,
Dumque uolat, gemmae nitidos uertuntur in ignes
Consistuntque loco specie remanente coronae,
Qui medius Nixique genu est Anguemque tenentis.
Daedalus interea Creten longumque perosus
Exilium tactusque loci natalis amore
Clausus erat pelago. \"terras licet\" inquit \"et undas
Obstruat, at caelum certe patet; ibimus illac!
Omnia possideat, non possidet aera Minos.\"
Dixit et ignotas animum dimittit in artes
Naturamque nouat. nam ponit in ordine pennas,
A minima coeptas, longam breuiore sequenti,
Vt cliuo creuisse putes: sic rustica quondam
Fistula disparibus paulatim surgit auenis.
Tum lino medias et ceris adligat imas,
Atque ita conpositas paruo curuamine flectit,
Vt ueras imitetur aues. puer Icarus una
Stabat et ignarus sua se tractare pericla
Ore renidenti modo, quas uaga mouerat aura,
Captabat plumas, flauam modo pollice ceram
Mollibat lusuque suo mirabile patris
Inpediebat opus. postquam manus ultima coepto
Inposita est, geminas opifex librauit in alas
Ipse suum corpus motaque pependit in aura.
Instruit et natum \"medio\" que \"ut limite curras,
Icare\", ait \"moneo, ne, si demissior ibis,
Vnda grauet pennas, si celsior, ignis adurat.
Inter utrumque uola, nec te spectare Booten
Aut Helicen iubeo strictumque Orionis ensem:
Me duce carpe uiam.\" pariter praecepta uolandi
Tradit et ignotas umeris accommodat alas.
Inter opus monitusque genae maduere seniles,
Et patriae tremuere manus. dedit oscula nato
Non iterum repetenda suo pennisque leuatus
Ante uolat comitique timet, uelut ales, ab alto
Quae teneram prolem produxit in aera nido,
Hortaturque sequi damnosasque erudit artes
Et mouet ipse suas et nati respicit alas.
Hos aliquis, tremula dum captat harundine pisces,
Aut pastor baculo stiuaue innixus arator
Vidit et obstipuit, quique aethera carpere possent,
Credidit esse deos. et iam Iunonia laeua
Parte Samos (fuerant Delosque Parosque relictae),
Dextra Lebinthos erat fecundaque melle Calymne,
Cum puer audaci coepit gaudere uolatu
Deseruitque ducem caelique cupidine tractus
Altius egit iter: rapidi uicinia solis
Mollit odoratas, pennarum uincula, ceras.
Tabuerant cerae: nudos quatit ille lacertos
Remigioque carens non ullas percipit auras,
Oraque caerulea patrium clamantia nomen
Excipiuntur aqua, quae nomen traxit ab illo.
At pater infelix nec iam pater \"Icare\" dixit,
\"Icare\" dixit \"ubi es? qua te regione requiram?\"
\"Icare\" dicebat: pennas adspexit in undis
Deuouitque suas artes corpusque sepulcro
Condidit, et tellus a nomine dicta sepulti.
Hunc miseri tumulo ponentem corpora nati
Garrula limoso prospexit ab elice perdix
Et plausit pennis testataque gaudia cantu est:
Vnica tunc uolucris nec uisa prioribus annis
Factaque nuper auis, longum tibi, Daedale, crimen.
Namque huic tradiderat fatorum ignara docendam
Progeniem germana suam, natalibus actis
Bis puerum senis, animi ad praecepta capacis.
Ille etiam medio spinas in pisce notatas
Traxit in exemplum ferroque incidit acuto
Perpetuos dentes et serrae repperit usum
Primus et ex uno duo ferrea bracchia nodo
Vinxit, ut aequali spatio distantibus illis
Altera pars staret, pars altera duceret orbem.
Daedalus inuidit sacraque ex arce Mineruae
Praecipitem misit lapsum mentitus; at illum,
Quae fauet ingeniis, excepit Pallas auemque
Reddidit et medio uelauit in aere pennis;
Sed uigor ingenii quondam uelocis in alas
Inque pedes abiit: nomen, quod et ante, remansit.
Non tamen haec alte uolucris sua corpora tollit
Nec facit in ramis altoque cacumine nidos;
Propter humum uolitat ponitque in saepibus oua
Antiquique memor metuit sublimia casus.
Iamque fatigatum tellus Aetnaea tenebat
Daedalon, et sumptis pro supplice Cocalus armis
Mitis habebatur, iam lamentabile Athenae
Pendere desierant Thesea laude tributum:
Templa coronantur, bellatricemque Mineruam
Cum Ioue disque uocant aliis, quos sanguine uoto
Muneribusque datis et aceruis turis honorant.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=OV%7Cmeta%7C008","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"11-15","from":10503.0,"to":10508.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, +{"Annotazione":"L'uccel di Dio<\/b>, l'Aquila\n[o perch\u00e8 uccello sacro a Giove, com'altri dicono, o perch\u00e8,\ndirei io, insegna di quell'Impero, che Dante intende da Dio\nstabilito per la monarchia e pace universale del mondo [Vedi\nDante nel lib. 2 De Monarchia<\/i>]] si ritenne<\/i><\/b>, fermossi, Nello\nstremo d'Europa<\/b>, in Bizanzio Vicino a' monti, de' quai prima\nusc\u00eco<\/b>, ai monti della Troiana regione, d'onde Enea portollo in\nItalia, cento e cent'anni e pi\u00f9.<\/b>\n\n\tConfondendo il Venturi l'anno in cui Costantino,\naggrandita ed abbellita essa citt\u00e0, la dedic\u00f2 ed appell\u00f2 dal\nproprio nome Costantinopoli<\/i><\/b>, e non trovando da cotal anno della\nDedicazione al principio del regno di Giustiniano scorsi che anni\n197 sbaglia<\/i>, dice, Dante, ma non di molto, dicendo<\/i> cento e\ncent'anni e pi\u00f9.\n\n\tDal non molto<\/i>, aggiungo io, al niente ridurassi lo\nsbaglio se si avvertir\u00e0 passato Costantino da Roma a Bizanzio,\nnon nell'anno medesimo della dedicazione prefata, che fu\nnell'anno di Cristo 330, ma sei anni innanzi, cio\u00e8 nel 324 [Vedi\nsopra di ci\u00f2 i sodissimi fondamenti ch'arreca Baronio al detto\nanno 324 num. CXI]: imperocch\u00e8 si trovano in cotal modo appunto\ncento e cent'anni, e pi\u00f9<\/i><\/b> tre, cio\u00e8 dugento e tre anni prima\ndell'impero di Giustiniano.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"06","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Cento e cent'anni"],"FrammentoNota":"
L'uccel di Dio<\/b>, l'Aquila [o perchè uccello sacro a Giove, com'altri dicono, o perchè, direi io, insegna di quell'Impero, che Dante intende da Dio stabilito per la monarchia e pace universale del mondo [Vedi Dante nel lib. 2 De Monarchia<\/i>]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q134221","InfoCitazione.LuogoFonte":"II ix 15","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Cumque duo populi ex ipsa troyana radice in Ytalia germinassent, romanus videlicet et albanus, atque de signo aquile deque penatibus aliis Troyanorum atque dignitate principandi longo tempore inter se disceptatum esset, ad ultimum de comuni assensu partium, propter iustitiam cognoscendam, per tres Oratios fratres hinc et per totidem Curiatios fratres inde in conspectu regum et populorum altrinsecus expectantium decertatum est: ubi tribus pugilibus Albanorum peremptis, Romanorum duobus, palma victorie sub Hostilio rege cessit Romanis.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dante.princeton.edu\/pdp\/monarchia.html","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"4-6","from":4954.0,"to":4958.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Monarchia"},
+{"Annotazione":"Logoro<\/b> [propriamente pezzo di\ncuoio con penne, fatto a modo d'ala, con cui il cacciatore\ngirandolo, e gridando richiama a se il falcone] qu\u00ec figuratamente\nper il cielo, colla vista del quale Iddio tira a se le anime. \nCaeli enarrant<\/i> ec.  Venturi.  Meglio per\u00f2 sembra, che per\nlogoro<\/i> intendasi semplicemente richiamo<\/i> [la specie pe 'l\ngenere] e diasi a tutta la sentenza il medesimo senso, come se\nfosse detto: Rivolgi gli occhi al richiamo che ti fa Iddio col\ngirare delle ruote magne delle celesti sfere.<\/i>  Il medesimo\ndivino invito espresseci il Poeta nel XIV della presente cantica\nv. 140 e seg.\n\n     Chiamavi 'l cielo, e 'ntorno vi si gira<\/i>,\n     Mostrandovi le sue bellezze eterne.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Gli occhi"],"FrammentoNota":"
Logoro<\/b> [...] quì figuratamente per il cielo, colla vista del quale Iddio tira a se le anime.  Caeli enarrant<\/i> ec.  Venturi.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q41064","InfoCitazione.LuogoFonte":"XIX (XVIII) 2","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Caeli enarrant gloriam Dei","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_psalmorum_lt.html#PSALMUS%2019","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'CONFERMA'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"62-63","from":18929.0,"to":18943.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro dei Salmi"},
+{"Annotazione":"Novella Tebe<\/b> \u00e8 vocativo\ninterposto, e come se detto fosse o novella Tebe<\/i>: e tale\nappella Pisa per la somiglianza nello sparso cittadinesco sangue\na Tebe; dove i primi abitatori, nati dai denti del drago da Cadmo\nseminati, tra di loro si uccisero: Penteo fu dalla madre e dalle\ndi lei sorelle ammazzato: Atamante uccise Learco suo figliuolo:\nEteocle e Polinice fratelli si uccisero per cupidit\u00e0 di regnare\nec.  Ecco come dee essere la costruzione.  L'et\u00e0 novella<\/i><\/b>, cio\u00e8\nla poca et\u00e0 [novella Tebe<\/b>, o Pisa, Tebe de' nostri tempi]\nfacea innocenti<\/b>, esenti da colpa, Uguccione e 'l Brigata.<\/b> \n[Uguccione<\/b> era figlio del conte Ugolino, e 'l Brigata<\/b>, cio\u00e8\nNino detto Brigata<\/b>, era nipote [Cos\u00ec 'l precitato Frammento\nd'istoria Pisana<\/i><\/b>]], e gli altri due che 'l canto suso appella<\/i><\/b>,\nche questo medesimo canto di sopra nomina, cio\u00e8 Anselmuccio<\/i> v.\n50, e Gaddo<\/i> v. 68.\n\n\tQuesta novella et\u00e0<\/b>, come quella onde giustifica Dante\nl'aspra sua invettiva Ahi Pisa vituperio<\/i><\/b> ec. {v.79}, viene con\ntutto lo sforzo contrastata dal Pisano Cavalier Flaminio dal\nBorgo nelle tre prime dissertazioni sopra l'istoria di Pisa,\nstampate ivi nel 1761.  Egli per\u00f2 sembra, che questo dotto\ncavaliere pi\u00f9 si meriti lode pe 'l buon desiderio di giovare al\nnome di sua patria, che per ottenimento di effetto.\n\n\tTre capi di ragione troppo grandi assistono il nostro\npoeta.\n\n\tPrimo.  Ch'egli viveva in Firenze sua patria, ed aveva\ngi\u00e0 ventitre anni, quando in Pisa, discosta da Firenze sole 45\nmiglia, fu morto il Conte Ugolino [Successe la morte del Conte\nUgolino nel 1288 [vedi tra gli altri Gio. Villani lib. 7 cap.\n127], e Dante nacque del 1265 come pi\u00f9 volte \u00e8 detto]: e che,\nsebbene tard\u00f2 a scrivere il presente suo poema, scrisselo\nnondimeno viventi moltissimi coetanei suoi e maggiori, ai quali\nnon si poteva imporre su di un avvenimento di tanto strepito.\n\n\tSecondo.  Che tra i moltissimi storici contemporanei al\nsuccesso, o vicini, nissuno ve ne ha che dica que' figli e nipoti\ndi Ugolino d'adulta et\u00e0; ma o niente dicono dell'et\u00e0, o diconla\nnovella.  Anzi Giovan Villani parlando in maniera a questa di\nDante affatto simile, dice che per tale crudelt\u00e0 furono i Pisani\nper lo universo mondo, ove si seppe, forte biasimati, non tanto\nper lo Conte, che per li suoi difetti e tradimenti era per\navventura degno di s\u00ec fatta morte; ma per li figliuoli e nipoti,\nch'erano giovani garzoni, ed innocenti<\/i> [Lib. e capo citati].\n\n\tTerzo.  Che Francesco da Buti Pisano, ed uno de' pi\u00f9\ncelebri comentatori di Dante, destinato in Pisa a leggere e\ninterpretare il medesimo pubblicamente circa il 1385 [Memor. pee\nla vita di Dante<\/i> {paragraph.} 17], informato dell'avvenimento di\ncui trattiamo, a segno che raccontaci egli di quegl'infelici\ndelle circostanze, che, quanto veggo, altri non raccontano\n[Francesco da Buti a quelle parole del presente canto tra 'l\nquinto d\u00ec e 'l sesto<\/i> v.72 chiosa: E  questo finge l'autore,\nperch\u00e8 dopo gli otto d\u00ec ne furono cavati, e portati inviluppati\nnelle stuore, al luogo de' Frati Minori a s. Francesco, e\nsotterrati nel monumento, che \u00e8 allato a li scalloni<\/i> [forse\nerrore, in vece di scaglioni<\/i>] a montare in chiesa alla parte\ndel chiostro, co' i ferri a gamba: li quali ferri vid'io cavati\ndel ditto monimento.<\/i>  Cos\u00ec nel ms. del fu Ab. Rossi, ed ora della\nCorsini], Francesco, dico, da Buti  risente bens\u00ec e fa punto su\nl'aspra invettiva contro di Pisa sua patria [Alle parole\nMuovansi la Capraia e la Gorgona<\/i> ec. v. 82.  L'autore<\/i> [chiosa\nil Buti] pare contraddire a se: imperocch\u00e8 per ingiustizia e per\ncrudelt\u00e0 prega egli o desidera maggiore crudelt\u00e0.  Imperocch\u00e8, se\nmale era avere ucciso cos\u00ec crudelmente quattro figliuoli del\nConte Ugolino, perch\u00e8 erano innocenti del peccato del padre,\nmaggior crudelt\u00e0 era a uccidere et annegare tutti i figliuoli\ninnocenti de' Pisani.<\/i>  Dopo di questo per\u00f2 in vece di mostrar\nfalso il fondamento della invettiva, cio\u00e8 l'et\u00e0 novella<\/i><\/b> di que'\nfigli e nipoti del Conte, e liberare da gravissima calunnia la\npropria patria, passa anzi a giustificar Dante con dire, che\nparla esso retoricamente per exuperazione<\/i><\/b>, e che poi anche non\n\u00e8 ingiustizia a desiderare, che sia punita la universit\u00e0, quando\nla universit\u00e0 ha commesso peccato<\/i>]; ma nondimeno nulla oppone\nall'et\u00e0 novella<\/b>, che n'\u00e8 l'unico fondamento.\n\n\tOh, dice il Cav. Flaminio [Dissert. 3 n. 20, ed in altri\nluoghi molti per entro a tutte e tre le prime dissertazioni],\ncontano per\u00f2 gl'istorici, che questi figli e nipoti del Conte\nmaneggiassero armi, e che anzi un di loro mettessesi in certo\nincontro alla testa di truppa armata.\n\n\tRispondo primieramente, che quelli storici che parlano in\ns\u00ec fatta guisa di tutti in generale, un Taioli [Croniche di Pisa\nmss. citate dal Cavalier Flaminio dissert. 3 n. 20], ed un Tronci\n[Annali Pisani sotto l'anno 1288], e, se vi si vuole aggiungere,\nanche Gio. Villani [Parlo cos\u00ec, perocch\u00e8 il Cav. Flaminio nella\ndissert. 2 n. 10 cos\u00ec vuol inteso Gio. Villani; mentre per\u00f2 altro\nnon dice questo storico se non, che nella presa del Conte Ugolino\nfu morto uno suo figliuolo bastardo, et un suo nipote.<\/i><\/b>  Lib. 7\ncap. 120], i medesimi, ci\u00f2 non ostante, diconli di et\u00e0 novella<\/i><\/b>;\ne che non si pu\u00f2 pretendere, come dal cavaliere si pretende\n[Dissert. 3 n. 20], ch'errassero piuttosto circa la et\u00e0, che\ncirca al dirli tutti armigeri.  Tanto pi\u00f9, che quelli storici che\nnulla dicono della et\u00e0, come il frammento d'istoria Pisana tanto\ndal cavaliere decantato [Dissert. 2 n. 8], non raccontano per\narmigero che uno solo, e quel medesimo, che dicono stato alla\ntesta d'armata gente [Vedi l'enunziato frammento<\/i> nel tomo 24\ndegli scrittori d'Italia del Muratori, sotto l'anno 1288]; al che\nper\u00f2 se abbisognasse onninamente quella et\u00e0 ch'esso cavaliere\npretende, resterebbe il poeta nostro guarentito tuttavia\nbastantemente dalla ragione della maggior parte, cio\u00e8 dalla\nnovella et\u00e0<\/b> degli altri tre.\n\n\tAggiungo poi, che il maneggio dell'armi pu\u00f2 bens\u00ec\nrichiedere in que' giovani un'et\u00e0 non affatto ragazzesca [quale\nanzi male si confarebbe con quella eroica loro esibizione padre,\nassai ci fia men doglia se tu mangi di noi<\/i><\/b> ec. [Con tai versi\nappunto, che sono il 61 e segg. del presente canto, critica il\nCav. Flaminio [nella dissert. 3 n. 3] l'et\u00e0 novella<\/i><\/b>, creduta da\nlui bambinesca<\/i>; e ricorda perci\u00f2 l'avvertimento di Orazio nella\nPoetica v.114 e segg.: \n\n     Intererit multum Davus ne loquatur an Heros<\/i>, \n     Maturus ne senex, an adhuc florente inventa<\/i>\n     Fervidus<\/i>]]; \n\nma non gi\u00e0 una et\u00e0, per cui [a que' tempi  massime, ne' quali pi\u00f9\nnell'armi si ammaestravano i figliuoli, che nelle lettere]\npossano presumersi mossi da sediziose mire contro della patria,\npiuttosto che da impero e tema del genitore, o nonno: uomo tanto\nimpetuoso, che [riferisce il Tronci [Annali Pisani sotto l'anno\n1287]] pass\u00f2 con un pugnale un braccio ad un nipote suo, ed\navrebbelo anche finito di uccidere, se non vi si fosse intromessa\ngente, solo perch\u00e8 dal nipote esortato a provedere d'annona la\ncitt\u00e0, prese ombra che aderisse a' suoi nemici.\n\n\tMaggior et\u00e0 arguirebbe piuttosto quell'altro capo, che il\nCavaliere oppone [Dissert. 3 n. 20], che uno de' nipoti del Conte\nUgolino avesse moglie, quando si provasse essere stato questi uno\nde' prigioni.  Ma il Taioli [Croniche di Pisa mss. cit. dal Cav.\nFlaminio dissert. 3 n. 20 nelle note] ed il Tronci [Annali Pisani\nsotto l'anno 1287], che somministrano al cavaliere questa\nnotizia, altro non dicono se non, che il Conte Ugolino diede per\nmoglie a un suo nipote una figlia di Messer Guido da Caprona<\/i>,\nsenza dircene il nome: e non essendosi con la morte di que'\nquattro giovani estinta del tutto la Gherardesca schiatta [Vedi\n'l Cav. Flaminio dissert. 3 n. 14], deesi questo ammogliato\nnipote di Ugolino credere un altro dai quattro che insieme con\nlui perirono.  Anzi, essendo questo marito della figlia di Messer\nGuido da Caprona, il medesimo che ho detto di sopra essere stato\nferito dal Conte Ugolino [Vedi il Tronci Annali Pisani sotto il\ndetto anno 1287], si ha da credere che, se alcuno de' nipoti\nfossesi dal nonno allontanato, e rimaso fuor di quella briga,\ndovesse costui esserne uno.\n\n\tN\u00e8 finalmente per questo medesimo ammogliato nipote\npuossi di certo inferire adulta et\u00e0 ne' zii di lui e figli del\nConte prigioni; imperocch\u00e8 non v'ha chi non sappia accadere\nspesso che sieno i zii di minor et\u00e0 dei nipoti.\n\n\tQueste mi sono parse le opposizioni pi\u00f9 degne di\nriflessione nelle prefate dissertazioni del Cavalier Flaminio dal\nBorgo.\n\n\tErra poi egli sicuramente nel pretendere [Nelle note alla\ndiss. 2 n. 9] di trar favore all'assunto suo di smentir Dante su\nquesto ed altri punti storici, da que' versi di Francesco\nStabili, nomato volgarmente Cecco d'Ascoli<\/i>, poeta al nostro\ncontemporaneo:\n\n     Qu\u00ec non si canta al modo delle rane<\/i>,\n        Qu\u00ec non si canta al modo del Poeta<\/i>,\n        Che finge immaginando cose strane.<\/i>\n     Non veggo il Conte, che per ira et asto<\/i>\n        Ten forte l'Arcivescovo Ruggiero<\/i>,\n        Prendendo del suo ceffo el fiero pasto<\/i>,\n     Non veggo qu\u00ec squatrare a Dio le fiche.<\/i>\n        Lasso le ciancie, e torno su nel vero<\/i>;\n        Le favole mi son sempre nemiche.<\/i>\n         [Acerba<\/i> lib. 5 cap. 10].\n\nErra, dico, il cavaliere; imperocch\u00e8 ciancie<\/i> e favole<\/i> appella\nCecco non le cose che racconta o suppone Dante successe nel\nmondo; ma quelle, che finge di aver trovate nell'Inferno.\n\n\tPrende per ultimo anche sbaglio il Cavalier Flaminio\naccusando Dante, che ponga istoricamente il monte, perch\u00e8 i\nPisani veder Lucca non ponno<\/i> {vv.29-30} , pe 'l luogo ove il\nConte Ugolino co' figli e nipoti fosse preso [Dissert. 1 n. 6],\nfacendonelo cos\u00ec discordare da Gio. Villani [Dissert. 2 n. 10], e\nda tutti gl'istorici, che diconlo arrestato in citt\u00e0, nel palazzo\ndel popolo.  Main\u00f2: siccome le cagne<\/i> {v.31}, il lupo, e\nlupicini<\/i> {v.29}, cos\u00ec ancora esso monte<\/i> {v.29} sono tutti\nobbietti, che fa Dante sognarsi dal Conte a significazione\nd'altre cose: e la sarebbe in vero stata bella se avesse fatti\ndalle cagne cacciare e raggiugnere il lupo e lupicini nella citt\u00e0\ne nel palazzo.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Innocenti facea"],"FrammentoNota":"
'l Brigata<\/b>, cioè Nino detto Brigata<\/b>, era nipote [Così 'l precitato Frammento d'istoria Pisana<\/i>]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"","InfoCitazione.Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/fragmenta-historiae-pisanae","InfoCitazione.LuogoFonte":"col. 655D","InfoCitazione.NotaFonte":"Lombardi rimanda all'edizione di Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, tomo XXIV, dove Nino \u00e8 \"figliuolo\", non \"nipote\".","InfoCitazione.TestoFonte":"Quando lo dicto conte Guido giunse in Pisa, lo conte Ugolino, e il conte Gaddo, e Uguccione suoi figliuoli, e Nino dicto Brigata<\/strong> figliuolo del conte Guelfo, e Anselmuccio figliuolo del conte Lotto suoi nipoti, ch'erano in pregione in della torre de' Gualandi...","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/archive.org\/details\/RerumItalicarumScriptores24\/page\/n374\/mode\/1up","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"87-89","from":32585.0,"to":32587.0,"NomeAutore":null,"TitoloFonte":null},
+{"Annotazione":"Orezza<\/b>, spiega il\nVocabolario della Crusca, picciola aura<\/i>, venticello<\/i>: qu\u00ec per\u00f2\nd'ambrosia l'orezza<\/i><\/b> dovrebbe valer quanto gli effluvi\ndell'ambrosia<\/i><\/b>, o lo spirar dell'ambrosia.<\/i>  Tratto [avverte\nottimamente il Landino] dal primo di Virgilio, quando finge che\nVenere nel partir da Enea spargesse grande odore; onde dice:\nAmbrosiaeque comae divinum vertice odorem spiravere<\/i> [Aeneid. I,\n407].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  D'ambrosia l'orezza."],"FrammentoNota":"
Tratto [avverte ottimamente il Landino] dal primo di Virgilio, quando finge che Venere nel partir da Enea spargesse grande odore; onde dice: Ambrosiaeque comae divinum vertice odorem spiravere<\/i> [Aeneid. I, 407].\r\n<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","InfoCitazione.LuogoFonte":"I 403-404","InfoCitazione.NotaFonte":"Il rimando corretto \u00e8 Aen. I 403-404, non 407.","InfoCitazione.TestoFonte":"ambrosiaeque comae divinum vertice odorem
spiravere,","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi003.perseus-lat1:1.402-1.417","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Rapporto': 'CONFERMA'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"150","from":24682.0,"to":24686.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, +{"Annotazione":"Per<\/b> val quanto in<\/i> [Vedi\nCinon. Partic.<\/i> 195, 1] e lama<\/i><\/b> come \u00e8 detto Inf. XX, 79,\nsignifica bassura<\/i><\/b>, cavit\u00e0<\/i> — mal sai lusingar<\/b>, esibendoti a\nrecare di noi nel mondo fama, mentre in questo fondo de'\ntraditori bramasi anzi 'l contrario.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"32","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Che per questa lama."],"FrammentoNota":"
lama<\/b> come è detto Inf. XX, 79, significa bassura<\/i>, cavità<\/i><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. XX 79","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Non molto ha corso, ch'el trova una lama","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=20&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"96","from":31608.0,"to":31615.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Riparo<\/b> dee esser detto per ripa<\/i>, e per quella ripa, che\nformavasi dall'angolo di connessione tra la superficie cava della\nvalle, e la conica superficie del monte [vedi ci\u00f2 ch'\u00e8 detto al\nv. 27 del passato canto]; e per\u00f2 dee intendersi come se detto\nfosse dove l'angolo della connessione tra la superficie della\nvalle e quella del monte poco o niente aveva il rialzamento.<\/i> \nL'allegoria per\u00f2 \u00e8 a dinotare, ch'entra in noi la tentazione per\nmancanza che trova di riparo.  Vallea<\/i><\/b> per valle<\/i><\/b> anche\nl'Ariosto [Fur. XXXVII, 26] — quale<\/b>, o significa ugualmente\nche simile a quella la quale<\/i>, o fors'anche importa identit\u00e0, e\nvale quanto quella la quale<\/i>, alla maniera cio\u00e8 del Latino\nquae<\/i><\/b>  — cibo amaro<\/i><\/b> per nocivo, apportatore di tutti i\nmondani guai.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"08","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Onde non ha riparo la picciola vallea."],"FrammentoNota":"
Riparo<\/b> dee esser detto per ripa<\/i>, e per quella ripa, che formavasi dall'angolo di connessione tra la superficie cava della valle, e la conica superficie del monte [vedi ciò ch'è detto al v. 27 del passato canto]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. VII 65-66","InfoCitazione.NotaFonte":"Il rimando corretto \u00e8 Purg. VII 65-66, non 27.","InfoCitazione.TestoFonte":"quand'io m'accorsi che 'l monte era scemo,
a guisa che i vallon li sceman quici.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=41&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"97-99","from":7746.0,"to":7753.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Se<\/b> per cos\u00ec<\/i> deprecativo [in\nquella guisa che i Latini adoperano alcuna fiata il sic<\/i>: Sic\nte diva potens Cypri<\/i> [Hor. lib. I ode 3]] usato dal poeta\nnostro in pi\u00f9 luoghi, e da altri antichi buoni scrittori [Vedi 'l\nCinon. Partic.<\/i> 233 n. 12, 13 e 14]. E adunque il\nsentimento. O spirito incarcerato in cotesto tronco, cos\u00ec ti\nfaccia l'uomo<\/i> [o per quest'uomo<\/i>, cio\u00e8 Dante, o il singolare pe\n'l plurale, per gli uomini<\/i><\/b>] liberamente<\/i><\/b>, senza incontrare\nostacolo [o fors'anche per liberalmente<\/i>, come nel XXXIII del\nPar. 16 e segg. La tua benignit\u00e0 non pur soccorre A chi\ndimanda, ma molte fiate Liberamente al dimandar precorre<\/i><\/b>] ci\u00f2\nche 'l tuo dir prega<\/b>, che si conforti<\/i> nel mondo la memoria tua\nv. 77.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"13","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Se l'uom"],"FrammentoNota":"
Se<\/b> per così<\/i> deprecativo [in quella guisa che i Latini adoperano alcuna fiata il sic<\/i>: Sic te diva potens Cypri<\/i> [Hor. lib. I ode 3]] usato dal poeta nostro in più luoghi, e da altri antichi buoni scrittori<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q6197","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q943884","InfoCitazione.LuogoFonte":"I iii 1","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Sic te diva potens Cypri","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0893.phi001.perseus-lat1:1.3","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"85-87","from":12072.0,"to":12091.0,"NomeAutore":"Quinto Orazio Flacco","TitoloFonte":"Odi"},
+{"Annotazione":"Sermo<\/b> per sermone<\/i>, apocope\nad imitazion del Latino, adoprata in grazia della rima qu\u00ec ed\nInf. XIII, 138.  Terzo<\/i><\/b>, perch\u00e8 \u00e8 questa di fatto la terza volta\nche imprende il beato spirito a parlare a Dante.  Vedi sopra v.\n61 e 83.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"21","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Il terzo sermo."],"FrammentoNota":"
Sermo<\/b> per sermone<\/i>, apocope ad imitazion del Latino, adoprata in grazia della rima quì ed Inf. XIII, 138.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. XIII 138","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"soffi con sangue doloroso sermo?\".","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=13&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"112","from":21024.0,"to":21027.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Unque<\/b> lo stesso che mai.  Questa domanda<\/i> [censura il\nCastelvetro] \u00e8 sciocca, perciocch\u00e8 Manfredi<\/i> [l'ombra che cotal\ndomanda faceva] fu ucciso l'anno che nacque Dante.  Adunque come\nin vista poteva mostrar tanta et\u00e0, che lo potesse aver veduto? \nNon \u00e8 adunque simile al vero, che Manfredi fosse cos\u00ec sciocco,\nche facesse simile domanda<\/i> [Opere crit. var.<\/i> p. 162].  \u00c8 vero\nche l'anno 1265 quello in cui nacque Dante [Vedi la nota al canto\nI Inf. v. 1], fu morto Manfredi Re di Puglia [Villani Gio. lib. 7\ncap. 9 Malespidi cap. 180]: ma, se nel giudicare l'et\u00e0 degli\nuomini, di quelli massime che hanno compiuta intieramente la\nbarba, sbagliamo sovente le decine e quindicine d'anni; molto pi\u00f9\nfacilmente poteva errar Manfredi, che non ben anche aveva mirato\nDante in faccia: imperocch\u00e8 quando incominci\u00f2 a parlargli, teneva\nDante rivolte a lui le spalle, e perci\u00f2 dice io mi volsi ver\nlui<\/i><\/b>: e prima, quando furono a faccia a faccia, lo sbigottimento\nin Manfredi per la veduta ombra di Dante, doveva tener lontana\nogn'altra riflessione.  — Io mi volsi ver lui, e guardail fiso<\/b>\nla Nidobeatina, I' mi volsi ver lui, e guarda 'l fiso<\/i><\/b>\nl'altr'edizioni.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"03","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Pon mente, se di l\u00e0 mi vedesti unque."],"FrammentoNota":"
l'anno 1265 quello in cui nacque Dante [Vedi la nota al canto I Inf. v. 1]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. I 1","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Nel mezzo del cammin di nostra vita","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=1","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15705', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"105-106","from":2631.0,"to":2639.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Vedeva dall'altra parte giacer\nBriareo<\/b> gigante, uno di quelli che mosser guerra a Giove, e che\nfurono perci\u00f2 da Giove fulminati, fitto<\/b>, confitto, dal telo\ncelestiale.<\/b>  Appellandosi telo<\/b> un'arme da lanciare [Vedi 'l\nVocab. della Crusca] bene appella Dante telo celestiale<\/b> il\nfulmine — Grave alla terra per<\/b> ec.  Essendo, secondo le\nfavole, la terra madre di Briareo e de' giganti di lui compagni,\ncoerentemente finge il Poeta, che Briareo per lo mortal gielo<\/b>,\ncio\u00e8 per essere morto, fosse grave<\/b>, doloroso, alla terra.<\/i><\/b>\n\n\tBrutto miscuglio<\/i> [grida qu\u00ec 'l Venturi] di sacro e di\nprofano, di verit\u00e0 rivelate e di favole.<\/i>\n\n\tLe oneste favole per\u00f2, come sono queste, che nel\npresente, e ne' seguenti canti fa Dante considerare alle purganti\nanime, non sono in realt\u00e0 che pratici insegnamenti di una sana\nmorale; e perci\u00f2 esortava Platone, che di cotali favole\ns'instruissero i fanciulli dalle loro madri ed allevatrici [De\nRepubl.<\/i> lib. 2]: e trovansi delle medesime riferite perfino\nnelle scritture sacre [Iudic.<\/i> 9].\n\n\tContuttoci\u00f2 non fa Dante di favole e di fatti scritturali\nun miscuglio<\/i>; ma due distinte serie ne compone; e quella de'\nfatti scritturali colloca da un lato<\/i> della strada, e l'altra\nserie de' favolosi avvenimenti ripone dall'altra parte.<\/b>  E tra\ngli altri riguardi, due molto ragionevoli poterono determinare il\nnostro poeta ad ammettere quivi, oltre gli scritturali fatti,\neziandio le favole.  Uno, per confondere maggiormente que'che\nconobbero le scritture sacre, mostrando loro per quelle favole\nconfessate anche da' gentili le scritturali divine massime. \nL'altro, per rinfacciare a que' gentili, che di l\u00e0 passavano [a\nStazio, Traiano, Rifeo ec.] gli ammaestramenti e stimoli\nch'ebbero essi pure a seguire la virt\u00f9, ed a fuggire il vizio.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Vedeva"],"FrammentoNota":"
Le oneste favole però, come sono queste, che nel presente, e ne' seguenti canti fa Dante considerare alle purganti anime, non sono in realtà che pratici insegnamenti di una sana morale; e perciò esortava Platone, che di cotali favole s'instruissero i fanciulli dalle loro madri ed allevatrici [De Republ.<\/i> lib. 2]: e trovansi delle medesime riferite perfino nelle scritture sacre [Iudic.<\/i> 9].\r\n<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q859","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q123397","InfoCitazione.LuogoFonte":"II 377c","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"το\u1f7aς δ\u1fbd \u1f10γκριθ\u03adντας πε\u03afσομεν τ\u1f70ς τροφο\u03cdς τε κα\u1f76 μητ\u03adρας λ\u03adγειν το\u1fd6ς παισ\u03afν, κα\u1f76 πλ\u03acττειν τ\u1f70ς ψυχ\u1f70ς α\u1f50τ\u1ff6ν το\u1fd6ς μ\u03cdθοις πολ\u1f7a μ\u1fb6λλον \u1f22 τ\u1f70 σ\u03ceματα τα\u1fd6ς χερσ\u03afν: \u1f67ν δ\u1f72 ν\u1fe6ν λ\u03adγουσι το\u1f7aς πολλο\u1f7aς \u1f10κβλητ\u03adον.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:greekLit:tlg0059.tlg030.perseus-grc1:2.377c","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"28-30","from":11566.0,"to":11567.0,"NomeAutore":"Platone","TitoloFonte":"La Repubblica"},
+{"Annotazione":"Vermo<\/b> per verme<\/i> in rima,\nchiosa il Volpi.  Vermo<\/i><\/b> per\u00f2 anche fuor di rima appella Dante\nmedesimo Lucifero.\n\n     ............ mi presi<\/i><\/b>\n     Al pel del vermo reo, che 'l mondo fora<\/i> \n      [Inf. XXXIV, 107 e seg.].\n\n\tChi sa poi perch\u00e8 appelli Dante vermo<\/b> il Cerbero e\nLucifero?  Forse perocch\u00e8 animali nascosti sotto terra a guisa di\nlombrichi e simili vermi?  O forse che pe 'l verme<\/i><\/b>, che le\nscritture sacre pongono insieme col fuoco al tormento de' dannati\n[Vermis eorum non moritur, et ignis non oxtinguitur<\/i> leggiamo in\nIsaia 66 v. 24 ed in s. Marco 9 v. 43], intend'essi i demoni? \nO forse, per ultimo, in vece di appellarli, come ben poteva s\u00ec\nl'uno, che l'altro, serpenti<\/i>, gli appella vermi<\/i> per quella\nsomiglianza, che vi \u00e8 tra 'l corpo del serpente e del verme?\n\n\tAl Bulgarini [dice il Venturi] non va molto a grado\nl'applicazion di tal voce, come troppo per quel mostro [Cerbero]\nsproporzionata; e per dir vero non sarebbe in simiglianti cosette\nlodevolmente imitato Dante da chi che sia.\n\n\tLuigi Pulci [risponde il Rosa Morando] purgato scrittor\nFiorentino, senza temere quella sproporzione<\/i>, che il Bulgarini\noppose, chiam\u00f2 ancor egli vermo una bestia orribile e smisurata:\n\n     E conoscea, che questo crudel vermo<\/i>\n     L'offendea troppo col fiato e col caldo<\/i> \n      [Morg.<\/i> cant. IV st. 15];\n\ne l'accuratissimo Ariosto chiam\u00f2 verme<\/i> il diavolo, ch'\u00e8 ben\nmaggior bestia di Cerbero:\n\n     E mostrargli dell'arte paragone<\/i>,\n     Che al gran verme infernal mette la briglia<\/i> \n      [Cant. XLVI st. 78].\n\n\tPu\u00f2 finalmente a queste ragioni aggiungersi che vermi<\/i>,\ncon proprio vocabolo, trovansi appellati non piccioli insetti\nsolamente, come il Bulgarini ed il Venturi mostransi persuasi, ma\nanimali eziandio di tanta mole da mettersi a paro, e da superare\nancora Cerbero e Lucifero.  In Gange<\/i> [se scrive vero il\nPerotti] flumine Indiae pisces sunt, qui a facie vermes\ndicuntur, binis branchiis sexaginta cubitorum, quibus tanta vis\nest ut elephantos ad potum venientes, mordicus comprehensa\nproboscide, abstrahant<\/i> [Cornucop.<\/i> ad epigr. 3 art.\nVermis.<\/i>].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"06","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Il gran vermo."],"FrammentoNota":"
Vermo<\/b> per verme<\/i> in rima, chiosa il Volpi.  Vermo<\/b> però anche fuor di rima appella Dante medesimo Lucifero.\r\n     ............ mi presi<\/i>\r\n     Al pel del vermo reo, che 'l mondo fora.<\/i><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. XXXIV 107-108","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"mi presi 
Al pel del vermo reo, che 'l mondo fora","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=34&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"22","from":5122.0,"to":5125.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Vico<\/b>, dal Latino vicus<\/i>, vale\npropriamente contrada<\/i>, ma qu\u00ec sta per Infernal cerchio.<\/i><\/b> \nVico<\/i><\/b> anche fuor di rima adopera Dante Par. X, 137.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"22","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" In qual vico."],"FrammentoNota":"
Vico<\/b>, dal Latino vicus<\/i>, vale propriamente contrada<\/i>, ma quì sta per Infernal cerchio.<\/i>  Vico<\/b> anche fuor di rima adopera Dante Par. X, 137. <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Par. X 137","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"che, leggendo nel Vico de li Strami,","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=77&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"99","from":22243.0,"to":22246.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Voce<\/b> \u00e8 meno di Accento<\/i>,\nil quale \u00e8 voce accentata.  — E suon di man<\/i><\/b> ec., e insieme\ncon esse voci il suono delle mani, onde i dannati percotevan s\u00e8\nstessi: ch'\u00e8 proprio il plangor<\/i><\/b> de' Latini.  AEn., IV:\n«Resonat magnis plangoribus aether.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":["  Voci alte e fioche."],"FrammentoNota":"
E suon di man<\/b> ec., e insieme con esse voci il suono delle mani, onde i dannati percotevan sè stessi: ch'è proprio il plangor<\/i> de' Latini.  AEn., IV:«Resonat magnis plangoribus aether.»<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","InfoCitazione.LuogoFonte":"Aeneis IV, 668","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"tecta fremunt; resonat magnis plangoribus aether","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055%3Abook%3D4%3Acard%3D659","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"27","from":2209.0,"to":2213.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"},
+{"Annotazione":"Volumi\ndel mondo<\/b> rettamente appella le sfere celesti e pe 'l volgersi\nin giro che tutte fanno, e per l'involgere che ciasuna superiore\nfa l'altre inferiori; e reale<\/b>, cio\u00e8 regale, supremo, manto<\/b>,\nsopravveste, di tutti i volumi<\/b> rettamente appella il nono\ncielo, perocch\u00e8 il primo che muovesi sotto dell'immobile empireo\n[detto perci\u00f2 nelle scuole il primo mobile<\/i>], e che tutti gli\notto inferiori cieli circonda e muove [Vedi Dante nel Convito<\/i>\ntratt. 2 cap. 3 e 4]  — che pi\u00f9 ferve, e pi\u00f9<\/i><\/b> ec., che nella\nvicinanza [Alito di Dio<\/i><\/b> per vicinanza a Dio<\/i> detto, credo,\ndalla comune frase con cui dicesi stare al fiato d'alcuno<\/i> per\nstargli vicino<\/i>] di Dio, e nelle consuete di lui beneficenze,\npi\u00f9 d'amore si riscalda [cagione, dice Dante medesimo, per cui\ns'aggira [Vedi 'l Convito<\/i> nel precit. capo 4 del tratt. 2 ed\nanche il can. XXVII della presente cantica v. 110, 111]] e pi\u00f9 di\nvivezza, cio\u00e8 di forza ed attivit\u00e0 riceve.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Lo real manto di tutti i volumi"],"FrammentoNota":"
manto<\/b>, sopravveste, di tutti i volumi<\/b> rettamente appella il nono cielo, perocchè il primo che muovesi sotto dell'immobile empireo [detto perciò nelle scuole il primo mobile<\/i>], e che tutti gli otto inferiori cieli circonda e muove [Vedi Dante nel Convito <\/i>tratt. 2 cap. 3 e 4]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","InfoCitazione.LuogoFonte":"II iii 5-7","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Tolomeo poi, acorgendosi che l'ottava spera si movea per più movimenti, veggendo lo cerchio suo partire dallo diritto cerchio, che volge tutto da oriente in occidente, constretto dalli principii di filosofia, che di necessitade vuole uno primo mobile semplicissimo, puose un altro cielo essere fuori dello Stellato, lo quale facesse questa revoluzione da oriente in occidente: la quale dico che si compie quasi in ventiquattro ore, cioè in ventitré ore e quattordici parti delle quindici d'un'altra, grossamente asegnando. Sì che secondo lui, secondo quello che si tiene in astrologia ed in filosofia poi che quelli movimenti furono veduti, sono nove li cieli mobili; lo sito delli quali è manifesto e diterminato, secondo che per un'arte che si chiama perspettiva, e per arismetrica e geometria sensibilemente e ragionevolemente è veduto, e per altre esperienze sensibili: sì come nello eclipsi del sole appare sensibilemente la luna essere sotto lo sole, e sì come per testimonianza d'Aristotile sapemo, che vide colli occhi (secondo che dice nel secondo Di Cielo e Mondo) la luna, essendo nuova, entrare sotto a Marte dalla parte non lucente, e Marte stare celato tanto che raparve dall'altra parte lucente della luna, ch'era verso occidente. Ed è l'ordine del sito questo: che lo primo che numerano è quello dove è la Luna; lo secondo è quello dove è Mercurio; lo terzo è quello dove è Venere; lo quarto è quello dove è lo Sole; lo quinto è quello di Marte; lo sesto è quello di Giove; lo settimo è quello di Saturno; l'ottavo è quello delle Stelle; lo nono è quello che non è sensibile se non per questo movimento che è detto di sopra, lo quale chiamano molti Cristallino, cioè diafano o vero tutto trasparente.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=19&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"112-114","from":23089.0,"to":23096.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
+{"Annotazione":"i<\/b> per li<\/i>; Dante l'usa anche altrove,\nInf. VII, 53, XVIII, 18, Parad. XIII, 26, XXIX, 4.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","Frammenti":["  I mena"],"FrammentoNota":"
i<\/b> per li<\/i>; Dante l'usa anche altrove, Inf. VII, 53 [...]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. VII, 53","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"la sconoscente vita che i fe\u0301 sozzi","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=7&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"78","from":4529.0,"to":4531.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"noi<\/b> per a noi<\/i>, come pi\u00f9 comunemente\nusasi lui<\/i> per a lui.<\/i>  Fa noi grazia<\/i> in vece di fa a noi\ngrazia<\/i> dice il poeta nostro anche nel XXXI della presente\ncantica v. 136.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  D\u00e0 noi"],"FrammentoNota":"
Fa noi grazia<\/i> in vece di fa a noi grazia<\/i> dice il poeta nostro anche nel XXXI della presente cantica v. 136.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. XXXI 136","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Per grazia fa noi grazia che disvele","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=65&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"38","from":6334.0,"to":6336.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"nostra<\/b> dice in vece di\ndivina<\/i> per l'unione e comunione che hanno tutti gli eletti con\nDio, anche nel guidicare [Cos\u00ec tutti i sacri interpreti spiegano\nquel del Vangelo detto da Ges\u00f9 Cristo a' suoi discepoli\nsedebitis et vos indicantes.<\/i> Matt. 19] — \u00e8 argomento di fede,\ne non di eretica nequizia.<\/i><\/b>  \u00c8 argomento [chiosa il Venturi], ma\nassai difficile; per\u00f2 Vellutello, e Daniello saltano il fosso: il\npovero Landino ci casca dentro con dire questo sproposito, cio\u00e8\nche tal dubbio in Dante non era velenoso, e non era tale da\nrimoverlo dalla fede; perch\u00e8 dubitandosi, che non sia giusta cosa\nquello, che tiene la nostra Fede essere giusta cosa, s'afferma la\nFede essere.  Dico dunque per mitigare l'asprezza di questa\nterzina; sant'Agostino insegna potersi senza peccare contra la\nFede, anzi per affetto lodevole derivato da questa virt\u00f9,\npotersi, dico, esaminare, mettere in dubbio e in quistione le\ncose della Fede, purch\u00e8 si faccia ad piam delectationem, retenta\niam Fide.<\/i><\/b>  Ci\u00f2 supposto, daremo un senso ragionevole al testo con\ndir cos\u00ec: il parer ingiusta la giustizia di Dio per parere\nch'egli rimeriti meno chi non per difetto di sua volont\u00e0, ma per\naltrui violenza lascia di far bene, come le due monache suddette\nper forza smonacate, e per tal parere muoversi, retenta iam\nFide<\/i>, a cercare, come s'accoppino queste due verit\u00e0 tenute come\nrivelate, e che Dio \u00e8 giusto, e che non si perde di merito senza\ndifetto di propria volont\u00e0, questo \u00e8 argomento di Fede.  Questo\npare che possa essere il senso: altrimenti essendo di fede la\ngiustizia di Dio non essere ingiusta, a chi paresse in contrario,\ne aderisse a tal parere, non potrebbe difendersi da eretica\nnequizia.  Chiama poi argomento di fede quel primo modo di s.\nAgostino lodato, perch\u00e8 dimostra l'affetto, che un porta a\nquella, dando a vedere il pio desiderio di bene intendere ci\u00f2\nch'ella propone, per essere pronto, come vuole s. Pietro, a\nrender ragione della fede.  Vi \u00e8 chi questa voce argomento<\/b> la\npiglia in significazione di motivo, e dichiara il testo cos\u00ec: \u00e8\nmotivo di credere, e non d'essere miscredente; ma pare a me\ndurissimo a persuadere, che l'apparente ingiustizia sia motivo,\nche spinga a credere esser Dio giusto, e non piuttosto tentazione\nad opposto.  Che se con ci\u00f2 voglia dirsi, che l'apparenza\ncontraria alla verit\u00e0 [come nel sacramento dell'Eucaristia\naddiviene] renda la divina giustizia obbietto materiale di Fede,\nmi comparisce una spiegazione pi\u00f9 ricercata, e men naturale, n\u00e8\nmolto conforme al presente contesto, e poco corrispondente\nall'espressione medesima del nostro poeta laddove pigliando ad\nimprestito la dottrina dell'Apostolo delle Genti, asserisce ed\nassevera: Fede \u00e8 sustanzia di cose sperate, e argomento delle\nnon parventi<\/i><\/b>; ove per argomento di Fede intende tutt'altra cosa,\ncome si pu\u00f2 vedere nel canto XXIV ver. 64 del Paradiso.  Fin qu\u00ec\n'l Venturi.\n\n\tNel tomo 4 di tutte l'opere del poeta nostro stampate in\nVenezia l'anno 1760 part. I pag. 64 viene prodotta una\ninterpretazione del presente passo fatta dall'Avvocato sig.\nGiovanni Agostino Zeviani, in questi termini = Tutti i\ncomentatori hanno fatta in questi versi una difficolt\u00e0\ninsolubile, quando non ce n'\u00e8 veruna: ecco la parafrasi per\nbrevit\u00e0 e chiarezza insieme.  Dice dunque a Dante Beatrice cos\u00ec:\nChe la giustizia nostra [cio\u00e8 la divina] sembri tal volta\ningiusta agli occhi degli uomini, egli \u00e8 argomento di dover\ncredere, e non gi\u00e0 di ereticamente dubitare; perciocch\u00e8 tanto pi\u00f9\numile deve essere l'intelletto in ossequio della Fede, quanto pi\u00f9\noscura e difficil cosa gli si propone da credere: questo bastar\ndovrebbe per acquietarti di tua domanda.  Ma perch\u00e8 il dubbio del\nqual tu cerchi \u00e8 di tal natura, che anche l'accorgimento vostro\n[cio\u00e8 l'umano] pu\u00f2 penetrare alla verit\u00e0 dello scioglimento,\nvogio farti contento della risposta =.\n\n\tCon queste spiegazioni per\u00f2, \u00f2 io non le intendo bene, \u00f2\nrimaniano tuttavia nelle tenebre della difficolt\u00e0.  Accordo al\nVenturi, che ad piam delectationem, retenta Fide<\/i>, possono\nquestionarsi cose di Fede senza peccare contra la Fede; ed\naccordo altres\u00ec al Zeviani, che tanto pi\u00f9 dee nostro intelletto\nin ossequio della Fede umiliarsi, quanto pi\u00f9 difficil cosa gli\npropone da credere: ma non vedo poi come cavisi di qu\u00ec ragione\nalcuna di ci\u00f2 che Beatrice ha detto nel vers. 27 e nel terzetto\nprecedente ripete, che il dubbio circa la divina giustizia ha\nmen veleno<\/i> dell'altro dubbio circa il Platonico stanziare delle\nanime nelle stelle, e che solamente la malizia<\/i> di questo\npotesse trar Dante fuor de' gangheri, e non di quello.  Forse che\nad piam delectationem, retenta Fide<\/i>, non si poteva ugualmente\ndiscutere s\u00ec l'uno che l'altro dubbio?  Potevasi certamente.  Che\ndifferenza adunque poneci 'l Venturi?  In ossequio poi della Fede\n[per ci\u00f2 che aspetta al Zeviani] era Dante ugualmente in obbligo\ndi umiliarsi in tutti e due i dubbi; e non facendolo sarebbesi\nper qualunque di essi scostato dalla celeste dottrina di\nBeatrice.  E perch\u00e8 dunque del solo dubbio circa la divina\ngiustizia, si dice l'impotenza ad allontanar Dante da Beatrice? e\nperch\u00e8 solo esso dicesi argomento di Fede<\/i><\/b>?\n\n\tAltra via d'uscirne tenta il sig. Bartolommeo Perazzini\nnelle sue correzioni e note sopra Dante [Stampate in Verona nel\n1775], pretendendo rilevarsi dal contesto, che parere ingiusta<\/b>\nla divina giustizia vaglia il medesimo che parere troppo\ngiusta<\/i><\/b>: e come, dice, il credere alcuno troppo giusto \u00e8\nargomento<\/i><\/b>, segno, di crederlo giusto, cos\u00ec il parere ingiusta<\/b>\nla divina giustizia \u00e8 argomento di Fede<\/b>, \u00e8 segno di crederla\ngiusta.\n\n\tIl contesto<\/i> per\u00f2, ch'\u00e8 il gastigarsi alcuno per ci\u00f2 che\ncontro al suo buon volere ha per altrui violenza operato [Vedi v.\n19 e segg. del presente canto] non acconsente, che prendasi\ningiusta<\/i><\/b> in altro senso che nel suo naturale di non giusta.<\/i><\/b>\n\n\tQuanto a me adunque, parrebbe la pi\u00f9 spedita il dire, che\nparli Dante cos\u00ec, perocch\u00e8 all'apparire delle anime nelle stelle\nfavoriva il mal inteso Platone, ed era perci\u00f2 pi\u00f9 facile\nl'aderirvi: laddove al parere ingiusta la divina giustizia in\nquelle per forza smonacate femmine niuna cosa prestava favore; e\nrettamente discorrendo altro non poteva cavarsene che\nargomento<\/b>, motivo, di Fede<\/b>, di credere cio\u00e8 che Iddio vede\npi\u00f9 di noi; e che fosse a lui palese in quelle donne difetto tale\nche non era apparso agli occhi de' mortali.  In fatti simili\napparenze mossero pure i santi Giobbe, Davide, Geremia, ed altri,\nn\u00e8 per\u00f2 trassero indi che argomento di Fede<\/b>, e non giammai\nd'eretica nequizia.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"04","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  La nostra giustizia"],"FrammentoNota":"
nostra<\/b> dice in vece di divina<\/i> per l'unione e comunione che hanno tutti gli eletti con Dio, anche nel guidicare [Così tutti i sacri interpreti spiegano quel del Vangelo detto da Gesù Cristo a' suoi discepoli sedebitis et vos iudicantes.<\/i> Matt. 19]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","InfoCitazione.LuogoFonte":"XIX 28","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Iesus autem dixit illis: “ Amen dico vobis quod vos, qui secuti estis me, in regeneratione, cum sederit Filius hominis in throno gloriae suae, sedebitis et vos <\/strong>super thronos duodecim, iudicantes<\/strong> duodecim tribus Israel. ","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#19","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"67-69","from":3399.0,"to":3402.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
+{"Annotazione":"scalpitare<\/b>, pestare, e calcar\nco' piedi in andando.  Vocab. della Cr. — perciocch\u00e8 'l vapore<\/b>\n[intendi acceso<\/i>] me'<\/i><\/b> [accorciamento di meglio<\/i><\/b>] si\nstingueva<\/b> [per estingueva<\/i>, aferesi] mentre ch'era solo<\/i><\/b>; cio\u00e8\nprima che gli si unisse dell'altro.  Il comentatore della\nNidobeatina attesta leggersi cotal fatto nella vita di\nAlessandro: chi sa da chi scritta.  Quinto Curzio certamente,\ncome avverte anche il Landino, nulla ha di ci\u00f2, come n\u00e8 Giustino,\nn\u00e8 Plutarco.  Nella lettera di Alessandro ad Aristotele\n[qualunque abbiala scritta] fassi menzione bens\u00ec delle focosa\npioggia; ma dicesi il riparo essere stato di comandare Alessandro\nai soldati di contrapporre al fuoco le loro vestimenta: iussi\nautem milites suas vestes opponere ignibus.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"14","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Perch'ei"],"FrammentoNota":"
Nella lettera di Alessandro ad Aristotele [qualunque abbiala scritta] fassi menzione bensì delle focosa pioggia; ma dicesi il riparo essere stato di comandare Alessandro ai soldati di contrapporre al fuoco le loro vestimenta: iussi autem milites suas vestes opponere ignibus.<\/i><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q54913598","InfoCitazione.LuogoFonte":"K 208","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Cadere mox in modum vellerum immensae coeperunt nives. Quarum aggerationem metuens ne castra cumularentur, calcare militem nivem iubeo, ut quam primum iniuria pedum tabesceret, proderentur et ignes aliquatenus, qui nive paene erant extincti. Vna tamen res fuit saluti, quod momento temporis hae dilapsae sunt nives imbre veniente largo. Quem protinus atra nubes secuta est visaeque nubes ardentes de caelo tamquam faces decidere, ut incendio earum totus campus arderet. Verebantur dicere ne deorum ira premeret, quod ego homo Herculis Liberique vestigia transgredi conatus essem. Iussi igitur milites scissas vestes opponere ignibus.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/digiliblt.uniupo.it\/xtf\/view?query=;brand=default;docId=dlt000542\/dlt000542.xml;","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONTRADDICE","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"34-36","from":3419.0,"to":3421.0,"NomeAutore":null,"TitoloFonte":"Epistola Alexandri Magni ad Aristotelem de miraculis Indiae"},
+{"Annotazione":"Adonare<\/i>, abbassare<\/i>, domare<\/i>, spiega\nil Vocab. della Cr., ed oltre questo ne reca in esempio\nquell'altro passo di Dante Nostra virt\u00f9, che di leggier s'adona,\nNon spermentar<\/i> [Purg. XI, 19], e quelle parole di Gio. Villani\nE cos\u00ec si adon\u00f2 la rabbia dello ingrato e superbo popolo di\nFirenze<\/i> [Cron. lib. 6 cap. 80]: ed a cotal senso di adona<\/b>\ncorrisponde ottimamente ci\u00f2 che dice Dante di quelle anime,\nch'Elle giacean per terra tutte quante<\/i><\/b> {v.37}.\n\n\tIl Venturi amerebbe d'intendere detto adona<\/i><\/b> per\naduna.<\/i>  Non sarebbe certamente la mutazione delle inusitate; ma\nbisognerebbe verificare che la greve e grandinosa pioggia\nadunasse di fatto quelle anime: che altro \u00e8 che le gettasse a\nterra, altro che le adunasse ed ammucchiasse.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"06","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Adona."],"FrammentoNota":"
Adonare<\/i>, abbassare<\/i>, domare<\/i>, spiega il Vocab. della Cr., ed oltre questo ne reca in esempio quell'altro passo di Dante Nostra virtù, che di leggier s'adona, Non spermentar<\/i> [Purg. XI, 19] <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. XI 19","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Nostra virtù che di legger s'adona<\/strong>","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=45&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"34","from":5209.0,"to":5210.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Ch' \u00e8 una in tutti<\/i>,\ncogli interni sentimenti dell'animo~; uguali in tutti gli uomini\ndel mondo~, sebbene da varie nazioni con linguaggi vari si\nesprimano — feci olocausto<\/i>, sacrificio di ringraziamento\n[Perci\u00f2 offerito da No\u00e8 a Dio dopo l' universale diluvio~,\nGenes.<\/i> 8.], per ringraziamento.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"14","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Con quella favella"],"FrammentoNota":"
feci olocausto<\/i>, sacrificio di ringraziamento [Perciò offerito da Noè a Dio dopo l' universale diluvio, Genes.<\/i> 8.], per ringraziamento.<\/i><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9184","InfoCitazione.LuogoFonte":"VIII 20","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Aedificavit autem Noe altare Domino; et tollens de cunctis pecoribus mundis et volucribus mundis obtulit holocausta super altare. ","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_genesis_lt.html","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"88-89","from":13718.0,"to":13721.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Genesi"},
+{"Annotazione":"Ched \u00e8<\/i>, leggono molti; alcuni,\nChe v'\u00e8<\/i>: mossi dal rispetto dell'elisione.  Ma gli antichi,\ncom'\u00e8 detto alla nota 69, non se ne curavano pi\u00f9 che tanto. \n— L'angue, il serpente.  Virgilio: «Latet anguis in herba.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":["  Che \u00e8 occulto."],"FrammentoNota":"
L'angue<\/strong>, il serpente.  Virgilio: «Latet anguis in herba.»<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q546203","InfoCitazione.LuogoFonte":"Eclogae III, 93","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"frigidus, O pueri, fugite hinc, latet anguis in herba.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0056%3Apoem%3D3","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"84","from":6381.0,"to":6384.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Bucoliche"},
+{"Annotazione":"Dilaccare<\/i> dovrebbe propriamente\nsignificare aprire<\/i>, spartire le lacche<\/i>, le cosce: qu\u00ec per\u00f2\nper catacresi sta semplicemente per aprire.<\/i>  Al medesimo modo\nInf. V. 27 adopera Dante l'aggettivo muto<\/i>, che significa privo\ndi loquela<\/i> per semplicemente privo<\/i>\n\n     Io venni 'n luogo d'ogni luce muto.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"28","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Mi dilacco."],"FrammentoNota":"
Dilaccare<\/i> dovrebbe propriamente significare aprire<\/i>, spartire le lacche<\/i>, le cosce: quì però per catacresi sta semplicemente per aprire.<\/i>  Al medesimo modo Inf. V 27 adopera Dante l'aggettivo muto<\/i>, che significa privo di loquela<\/i> per semplicemente privo  <\/i>     Io venni 'n luogo d'ogni luce muto.<\/i>\r\n<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. V 28","InfoCitazione.NotaFonte":"Il riferimento corretto \u00e8 al verso 28, non 27.","InfoCitazione.TestoFonte":"Io venni in loco d'ogne luce muto","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=5","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"30","from":26968.0,"to":26970.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Erant cum David septem\nchori.<\/i>  Cos\u00ec nel 2 de' Re cap. 6  — a duo miei sensi<\/b> la\nNidobeatina, e se non malamente l'altr'edizioni congiungono al\nsegnacaso a<\/b> anche l'articolo i<\/i><\/b> e leggono ai duo miei sensi.<\/i> \nImperocch\u00e8 allora soltanto questo articolo vi starebbe bene\nquando il Poeta non avesse avuti che due sensi; ma conciosiach\u00e8\navessene cinque, ed a due soli innominati, e da ricercarsi dal\nleggitore [all'occhio cio\u00e8 ed all'orecchio] cagionasse discordia\ne contesa quella elegante scoltura, che vi ha a fare l'articolo? \n— Faceva dir<\/i><\/b> [Facea dicer<\/i><\/b>, l'edizioni dalla Nidobeatina\ndiverse] l'un n\u00f2, l'altro s\u00ec canta<\/b>; ellittico parlare, che per\nl'intiera sintassi esser dovrebbe, A duo miei sensi faceva dir\nci\u00f2 che dicevano, l'uno n\u00f2<\/i>, non canta, l'altro s\u00ec canta.<\/i><\/b>  N\u00f2<\/i><\/b>\ndiceva l'orecchio, che non udiva canto; e si<\/b> diceva l'occhio,\nche gli atteggiamenti di canto osservava.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"10","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Partita in sette cori"],"FrammentoNota":"
Erant cum David septem chori.<\/i>  Così nel 2 de' Re cap. 6.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"","InfoCitazione.Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/secondo-libro-dei-re","InfoCitazione.LuogoFonte":"VI 12","InfoCitazione.NotaFonte":"Il particolare dei sette cori \u00e8 presente solo nel testo della Vulgata.","InfoCitazione.TestoFonte":"et erant cum David septem chori","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/vulsearch.sourceforge.net\/html\/2Rg.html#x6_12","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"59-60","from":9538.0,"to":9542.0,"NomeAutore":null,"TitoloFonte":null},
+{"Annotazione":"Figliare<\/i> e\nrifigliare<\/i> adopera qu\u00ec Dante per provedere<\/i> e riprovedere di\nfigliuolanza<\/i>; e parlando in modo come se i paesi stessi\nprovedessero di figliuolanza i propri padroni, incomincia a lodar\nBagnacavallo per aver lasciato terminare la linea de' suoi\ncattivi conti; poscia aggiungne che fa male Castrocaro, e peggio\nConio, che pi\u00f9 s'impiglia<\/b> [zeuma, come quel di Virgilio Hic\nillius arma, hic currus fuit<\/i><\/b> [Aeneid. I, 20] si prende briga di\nprovedere di figliuolanza tai<\/i><\/b> [tanto cattivi] conti. \nBagnacavallo<\/b>, e Castrocaro<\/b> sono terre di Romagna, aventi in\nallora i propri conti; com'era pur di Romagna, ed aveva i propri\nconti Conio<\/b> castello ora distrutto [Vedi Leandro Alberti\nDescriz. d'Italia<\/i> nel capo della Romagna<\/i>].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"14","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Ben fa Bagnacaval"],"FrammentoNota":"
che più s'impiglia<\/b> [zeuma, come quel di Virgilio Hic illius arma, hic currus fuit<\/i> [Aeneid. I, 20] <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","InfoCitazione.LuogoFonte":"I 16-17","InfoCitazione.NotaFonte":"Il rimando corretto \u00e8 Aen. I 16-17, non 20.","InfoCitazione.TestoFonte":"Hic illius arma, 
hic currus fuit","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi003.perseus-lat1:1.12-1.33","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"115-117","from":14066.0,"to":14069.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, +{"Annotazione":"Il tempio<\/i> [chiosa il Venturi]\ndi Gerusalemme, dove la santissima Vergine, ritrovato, dopo tre\ngiorni che l'avea smarrito, il suo divino Figliuolo, gli disse\nqueste parole<\/i> [Figliuol mio, perch\u00e8 hai tu ec.] registrate in\ns. Luca c. 2. Propone qu\u00ec alcuni esempi della virt\u00f9 contraria al\nvizio dell'ira: e per usar variet\u00e0 non li mette effigiati o nel\npavimento, o nella ripa, come nel primo girone, ma gli espone\ncome visti da se rapito in estasi, che sarebbe bella, se non\nimbrattasse colla seguente profanit\u00e0 la divinit\u00e0 di questo primo\nesempio.<\/i>\n\n\tCirca l'imbrattare la divinit\u00e0 con la profanit\u00e0<\/i>, s'\u00e8\ngi\u00e0 detto, credo, abbastanza sotto il verso 28 del XII della\npresente cantica. Resta qu\u00ec solo d'avvertire, che non mette il\nPoeta in questo girone effigiati gli esempi di mansuetudine nel\npavimento, o nella ripa<\/i>, non per usar variet\u00e0<\/i>, ma per\nindispensabile necessit\u00e0. Imperocch\u00e8, se non appunto per come\nestatica visione di mente veder non si potevano da chi per\ncagione del densissimo fumo non poteva adoprar gli occhi. Vedi\n'l fine del presente, ed il principio del seguente canto. —\nPi\u00f9 persone<\/b>, cio\u00e8 Ges\u00f9 Cristo, Maria Vergine, san Giuseppe, e i\ndottori, coi quali stava Ges\u00f9 Cristo disputando.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"15","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" In un tempio."],"FrammentoNota":"
Il tempio<\/i> [chiosa il Venturi] di Gerusalemme, dove la santissima Vergine, ritrovato, dopo tre  giorni che l'avea smarrito, il suo divino Figliuolo, gli disse queste parole<\/i> [Figliuol mio, perchè hai tu ec.] registrate in s. Luca c. 2.<\/i><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128538","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q39939","InfoCitazione.LuogoFonte":"II 48","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Et videntes eum admirati sunt, et dixit Mater eius ad illum: “ Fili, quid fecisti nobis sic? Ecce pater tuus et ego dolentes quaerebamus te ”.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-lucam_lt.html#2","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'CONFERMA'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"87-90","from":14934.0,"to":14937.0,"NomeAutore":"Luca","TitoloFonte":"Vangelo secondo Luca"},
+{"Annotazione":"In orbe terrarum pulcherrimum anguium genus\nest, quod in aqua vivit, hydri vocantur, nullis serpentium\ninferiores veneno<\/i>, scrive Plinio [Hist.<\/i> lib. 29 cap. 4]. \nHydrus mas, hydra femina<\/i> Roberto Stefano [Thesaur. ling.\nLat.<\/i> art. Hydrus.<\/i>].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Idre."],"FrammentoNota":"
Idre<\/strong>: in orbe terrarum pulcherrimum anguium genus est, quod in aqua vivit, hydri vocantur, nullis serpentium inferiores veneno<\/i>, scrive Plinio [Hist.<\/i> lib. 29 cap. 4]. <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q82778","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q442","InfoCitazione.LuogoFonte":"XXIX 23","InfoCitazione.NotaFonte":"La fonte \u00e8 XXIX 23, non XXIX 4.","InfoCitazione.TestoFonte":"In orbe terrarum pulcherrimum anguium genus est, quod in aqua vivit, hydri vocantur, nullis serpentium inferiores veneno.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0978.phi001.perseus-lat1:29.23","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"40","from":7962.0,"to":7963.0,"NomeAutore":"Plinio il Vecchio","TitoloFonte":"Naturalis historia"},
+{"Annotazione":"La selva erronea di questa vita<\/i> \u00e8\nun passo che non lascia, anzi, che non lasci\u00f2<\/b> mai vivo chi vi\nentr\u00f2.  \u00c8 antica infatti quanto il genere umano, e quindi quanto\nil peccato originale in cui tutti nasciamo, e che fu il\ndiverticulum totius nostrae deviationis<\/i><\/b> (Mon.<\/i>, I, xvi, 1), il\nprincipio di ogni nostro errore; e somiglia in tutto all'alto\npasso<\/i> di Ulisse, ossia a un mare che mai non vide navicar sue\nacque<\/i> — omo che di tornar sia poscia esperto<\/i> (Purg.<\/i>, I,\n131).  Non si entra in essa, se non morendo — della morte\ndell'anima che segue alla colpa — perch\u00e9 fin da quando il\ndiavolo indusse i nostri primi parenti a commettere il peccato,\nin omnes homines mors pertransiit<\/i> (S. Paolo, ad Rom.<\/i>, V, 12). \nMa anche per uscirne bisogna morire al male che rappresenta,\nossia liberarsene.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":["  lo passo"],"FrammentoNota":"
La selva erronea di questa vita<\/i> è\r\nun passo che non lascia, anzi, che non lasciò<\/b> mai vivo chi vi\r\nentrò.  È antica infatti quanto il genere umano, e quindi quanto\r\nil peccato originale in cui tutti nasciamo, e che fu il\r\ndiverticulum totius nostrae deviationis<\/i> (Mon.<\/i>, I, xvi, 1), il\r\nprincipio di ogni nostro errore;<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q134221","InfoCitazione.LuogoFonte":"I, xvi, 1","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Rationibus omnibus supra positis experientia memorabilis attestatur: status videlicet illius mortalium quem Dei Filius, in salutem hominis hominem assumpturus, vel expectavit vel cum voluit ipse disposuit. Nam si a lapsu primorum parentum, qui diverticulum fuit totius nostre deviationis, dispositiones hominum et tempora recolamus, non inveniemus nisi sub divo Augusto monarcha, existente Monarchia perfecta, mundum undique fuisse quietum.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.danteonline.it\/italiano\/opere.asp?idope=4&idlang=OR","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"ESTENDE","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"26-27","from":193.0,"to":195.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Monarchia"},
+{"Annotazione":"Meglio sarebbe stato per lui di non\nesser mai nato.<\/i>  Matt. XXVI, 24.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","Frammenti":["  Mal nata"],"FrammentoNota":"
Meglio sarebbe stato per lui di non esser mai nato.<\/i> Matt. XXVI, 24.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","InfoCitazione.LuogoFonte":"26, 24","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Filius quidem hominis vadit, sicut scriptum est de illo; vae autem homini illi, per quem Filius hominis traditur! Bonum erat ei, si natus non fuisset homo ille ”.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#26","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"7","from":4047.0,"to":4049.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
+{"Annotazione":"Minos, a cui fallir non lece<\/i>,\nInf. XXIX, 120.  Conoscitore<\/b> equivale in questo luogo al greco\n%chi%rho%iota%tau%eta%zeta\\ — chi fa il processo.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","Frammenti":["  Quel conoscitor"],"FrammentoNota":"
Minos, a cui fallir non lece<\/i>, Inf. XXIX, 120.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. XXIX, 120","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Minòs, a cui fallar non lece","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=29&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"9","from":4056.0,"to":4058.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Mor\u00ec Virgilio<\/i>\n[dice qu\u00ec 'l Castelvetro] l'anno 734 dall'edificamento di\nRoma, essendo Consoli C. Senzio, e Q. Lucrezio, secondo che\ntestimonia Eusebio, o, secondo che si trova scritto nella vita di\nDonato, Gn. Plauzio in luogo di C. Senzio<\/i> [bench\u00e8 io stimi\nerrore nella scrittura della predetta vita<\/i>] che fu l'anno\nquartodecimo, da che Augusto era succeduto a Giulio Cesare.  Ma\nse mor\u00ec nel quartodecimo anno dello 'mperio d'Augusto, come poi\nsi fa dire a lui medesimo<\/i>\n\n     Vero \u00e8 ch'altra fiata quaggi\u00f9 fui<\/i>\n        Congiurato da quella Eriton<\/i> ec. \n\npoich\u00e8 Ericto, della quale fa menzione, fu al tempo della\nbattaglia, che fu tra Cesare e Pompeo in Farsaglia, e congiurando\nrivoc\u00f2 uno spirito al corpo suo, per dar risposta al figliuolo di\nPompeo, che voleva sapere l'avvenimento della guerra, siccome\nracconta Lucano<\/i> [nel lib. 6<\/i>]  Il che fu prima che Ottaviano\nfosse Imperatore, non che morto Virgilio.<\/i>\n\n\tAl giudizio del Castelvetro si unisce anche il Venturi. \nQu\u00ec<\/i> [dice] bisogner\u00e0 ricorrere all'anacronismo, se basta;\nessendo cosa certissima, che la morte di Virgilio segu\u00ec non poco\ndopo queste guerre civili.<\/i>\n\n\tL'anacronismo<\/i> [risponde al Venturi il sig. Rosa\nMorando] non basta certamente, quando si dica che il Poeta\nintenda di quella Erittone maga di Tessaglia, che fu, secondo\nLucano, adoperata da Sesto Pompeo, figliuolo del Magno per\nintendere il fine delle guerre civili, che tra suo padre, e\nCesare ardevano; imperocch\u00e8 ci sarebbe la contraddizione,\ndicendo ora, che Virgilio era morto avanti queste guerre civili,\ne avendo prima detto, ch'egli era vissuto a Roma sotto il buono\nAugusto.  Convien dunque affermare, che Dante non intenda qu\u00ec di\nquella Erittone, che da Lucano vien nominata.  Sentasi il\nMazzoni.<\/i>  \"Io credo, ch'egli [cio\u00e8 Dante] volesse intendere\nd'un'altra donna maga, la quale egli finge che fosse dopo la\nmorte de Virgilio, e la nomina Erittone, perch\u00e9 quel nome fu\nconveniente a tutte le donne venefiche a maghe, come pu\u00f2\nchiaramente apparere in quel verso d'Ovidio [Epist. Sappho\nPhaoni<\/i>]:\n\n     Illuc mentis inops, ut quam furialis Erichtho\n        Impulit. \n\nSin qu\u00ec il Mazzoni.<\/i>\"  Veneficiis famosa fuit Thessala mulier;\ncuius \"nomen hic pro qualibet venefica ponitur\"; cos\u00ec disse a\nquesto passo d'Ovidio Daniel Crispino nel suo c\u00f2mento<\/i> [Osserv.\nsopra l'Inf.<\/i> a questo passo].\n\n\tForse sar\u00e0 cos\u00ec: ma potrebb'anche aver Dante intesa la\nstessissima maga di Lucano, senz'anacronismo, e senza\ncontraddizione veruna.  Contansi egli forse tra la guerra\nFarsalica e la morte di Virgilio pi\u00f9 che soli trent'anni [Tale\nintervallo di tempo risulta chiaramente ne' Fasti consolari,\npresso Sigonio, e Lenglet, tra il consolato di Giulio Cesare, e\ndi Publio Servilio [durante il quale, per testimonianza di esso\nCesare de bello civili<\/i> lib. 3 successe la battaglia Farsalica]\ne il consolato di Gaio Senzio, e di Quinto Lucrezio, in tempo del\nquale mor\u00ec Virgilio]?  Perch\u00e9 adunque non pot\u00e8 Dante fingere,\nche sopravvivesse a Virgilio, e che nuovi prodigi operasse colei\nche sapeva rendere vita anche ai morti?\n\n\tDico nuovi prodigi<\/i>, perocch\u00e8 certamente questo che\nDante accenna non accorda con quello che ne descrive Lucano. \nOltre che Lucano non fa valersi Erittone dell'opera di Virgilio,\nDante pone tratto dall'Inferno lo spirito di un traditore, e per\u00f2\nil fa uscire dal cerchio di Giuda, che\n\n     . . . . . \u00e8 'l pi\u00f9 basso luogo, e 'l pi\u00f9 oscuro<\/i>,\n        E 'l pi\u00f9 lontan dal ciel.<\/i>\n\nLucano all'opposto finge che Erittone non cercasse altro spirito,\nse non di quel corpo, che primo tra i molti che su 'l campo di\nbattaglia insepolti giacevano, le venisse fortuitamente alle\nmani, avente intieri gli organi della favella\n\n     . . . . . . . . . . . . . pererrat<\/i>\n     Corpora caesorum, tumulis proiecta negatis<\/i>,\n     . . . . . et gelidas letho scrutata medullas<\/i>\n     Pulmonis rigidi stantes sine vulnere fibras<\/i>\n     Invenit, et vocem defuncto in corpore quaerit<\/i> \n     [Lib. VI, 727 e segg.].\n\ned aggiunge, che non aveva ancora quello spirito passato lo Stige\n\n     Tristia non equidem Parcarum stamina, dixit<\/i>,\n     Adspexi, tacitae revocatus ab aggere ripae<\/i> \n     [Vers. 788 e segg.].\n\ntanto era lungi dal fingerlo tratto dal pi\u00f9 profondo\ndell'Inferno.  — cruda<\/b> appella Dante Erittone per Io spargere\ndell'uman sangue, che il medesimo Lucano descrive [Vers. 510 e\nsegg.] solito da costei farsi nelle sue fattucchierie.  — sui<\/b>,\nalla maniera Latina per suoi<\/i><\/b>, sincope in grazia della rima.\n\n\tLa ragione poi di finger Dante da Erittone adoprato a tal\nuopo Virgilio piu ch'altro soggetto, pu\u00f2 ripetersi o\ndall'eccellenza di Virgilio in poes\u00eca, e dallo aver egli stesso\nmagnificata la virt\u00f9 de' versi per cotali bisogni\n\n     Carmina vel caelo possunt deducere Lunam.<\/i>\n     Carminibus Circe socios mutavit Ulyssi<\/i> \n        [Eclog. 8 v. 69].\n\novvero anche dall'essersi Virgilio nella sua Eneide mostrato\nnotizioso de' luoghi infernali.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Congiurato da quella Eriton"],"FrammentoNota":"
Sentasi il Mazzoni.<\/i>  \"Io credo, ch'egli [cioè Dante] volesse intendere d'un'altra donna maga, la quale egli finge che fosse dopo la morte de Virgilio, e la nomina Erittone, perché quel nome fu conveniente a tutte le donne venefiche a maghe, come può chiaramente apparere in quel verso d'Ovidio [Epist. Sappho Phaoni<\/i>]: \r\n     Illuc mentis inops, ut quam furialis Erichtho\r\n     Impulit.  Sin quì il Mazzoni.<\/i>\"  [...]. [Rosa Morando, Osserv. sopra l'Inf.<\/i> a questo passo].Forse sarà così: ma potrebb'anche aver Dante intesa la stessissima maga di Lucano, senz'anacronismo, e senza contraddizione veruna. Contansi egli forse tra la guerra Farsalica e la morte di Virgilio più che soli trent'anni [...]? Perché adunque non potè Dante fingere, che sopravvivesse a Virgilio, e che nuovi prodigi operasse colei che sapeva rendere vita anche ai morti?<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1236672","InfoCitazione.LuogoFonte":"XV 139-140","InfoCitazione.NotaFonte":"L'ed. delle Heroides curata da H. Bornecque, 1928, legge \"illuc mentis inops, ut quam furialis Enyo \/ attigit\", non \"Illuc mentis inops, ut quam furialis Erichtho \/ Impulit\".","InfoCitazione.TestoFonte":"illuc mentis inops, ut quam furialis Enyo
attigit","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.mqdq.it\/texts\/OV|epis|015","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/filippo-rosa-morando-1751', 'Rapporto': 'ESTENDE'}, {'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/jacopo-mazzoni-1587', 'Rapporto': 'ESTENDE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"23-24","from":7833.0,"to":7845.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Eroidi"}, +{"Annotazione":"Nel qual tu se'<\/i>:\nintende le celesti sfere~; e sincero<\/i> vale puro<\/i>, senza mistura\ndi elementi — in loro essere intero<\/i>, nel compiuto loro essere.\n\n\tPone Dante<\/i> [critica il Venturi] i cieli incorruttibili\nsecondo l' opinione comune di que' tempi sprovvisti di\ncannocchiale<\/i>, e inferisce che sono incorruttibile dall'essere\ncreati<\/i>, la quale \u00e8 un illazione che ne discende assai\nzoppicando.<\/i>\n\n\tPer le scoperte col cannocchiale a questo proposito\nfatte~, non pu\u00f2 il Venturi intendere se non quelle medesime che\ndisse nel canto II. di questa cantica v. 145. dei monti<\/i>,\nvalli<\/i>, pianure<\/i>, laghi<\/i>, fiumi<\/i>, mari<\/i>, isole ec.<\/i> nella\nLuna pretesi. Fra per\u00f2 cotali scoperte~, comunque sieno~, non\nv' \u00e8 quella certamente d'essersi manifestata nella Luna~, od in\nalcun altro pianeta~, sfenditura o guasto veruno.\n\n\tL' illazione poi della incorruttibilit\u00e0 de' cieli non \u00e8\nsemplicemente dall'essere creati<\/i>, ma dall'essere immediatamente\ne compiutamente in loro essere intero<\/i> da Dio creati~: come lo\ndimostra ne' poco anzi riferiti versi~:\n\n Ci\u00f2 che da lei senza mezzo distilla<\/i>\n Non ha poi fine<\/i> [Vers. 67. e segg.~]:\n\n e ben pu\u00f2 cotale illazione validarsi col surriferito detto dell'\n Ecclesiaste~: Didici quod omnia opera~, quae fecit Deus<\/i>, perseverent in\n perpetuum<\/i> [Cap. 3.].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" E 'l paese sincero"],"FrammentoNota":"
L' illazione poi della incorruttibilità [...] ben può [...] validarsi col surriferito detto dell'Ecclesiaste: Didici quod omnia opera, quae fecit Deus<\/i>, perseverent in perpetuum<\/i> [Cap. 3.].<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q131072","InfoCitazione.LuogoFonte":"III 14","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Didici quod omnia opera, quae fecit Deus, perseverent in perpetuum; non possumus eis quidquam addere nec auferre, quae fecit Deus, ut timeatur. ","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_ecclesiastes_lt.html#3","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"130-132","from":6835.0,"to":6839.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Qoelet"},
+{"Annotazione":"Non\npure<\/i>, non solamente, perch\u00e8 disperi di trovar termini valevoli\nad esprimerlo.  — Ma per la mente<\/b> ec.: ma per cagione eziandio\ndella mente<\/b>, della memoria [La mente<\/b> presa dal Poeta nostro\nper la memoria<\/i><\/b>, vedila Inf. II, 8, ed altrove] mia stessa, che\nnon pu\u00f2 tornare a rappresentarselo qual era, se non l'aiuta\nquella grazia medesima che, sollevandola allora sopra delle sue\nforze fece, che lo si rappresentasse.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"18","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Non perch'io pur del mio parlar diffidi."],"FrammentoNota":"
La mente<\/b> presa dal Poeta nostro per la memoria<\/i>, vedila Inf. II, 8, ed altrove<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. II 8","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"o mente che scrivesti ciò ch'io vidi,","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=2","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"10-12","from":17264.0,"to":17272.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Non Alessandro Magno<\/i>\n[chiosa il Venturi], come spieg\u00f2 il Landino con altri, e\ntrasport\u00f2 ultimamente il P. d'Aquino<\/i> Pellaeus in unda aestuat\nhac iuvenis; non sembrando probabile, che il Poeta lo ponga in\ntal luogo, e con tal compagnia; ma Alessandro Fer\u00e8o tiranno della\nTessaglia, le cui tirannie descrive Giustino.<\/i>\n\n\tQuesta spiegazione contraria alla comune degli antichi\ncomentatori, misela in campo il primo il Vellutello.  Dal\nVellutello presela il Daniello; ma non prese insieme l'errore di\ncitar Giustino.  Il Venturi si ha fatto suo l'uno e l'altro.\n\n\tNon solamente Giustino non ci dice nulla di Alessandro\nFer\u00e8o [Parla, tra gli altri, di Alessandro Fer\u00e8o Diodoro di\nSicilia ne' libri 15 e 16], ma ci narra crudelt\u00e0 cos\u00ec grandi\nusate da Alessandro Magno verso de' suoi medesimi parenti ed\namici, che e per esse, e pe 'l corto, ma significantissimo\ncarattere, che fa al medesimo Lucano in quel felix praedo<\/i>\n[Pharsal.<\/i> X, 21], pote con giustizia dal poeta nostro\ncollocarsi qu\u00ec tra coloro Che dier nel sangue, e nell'aver di\npiglio<\/i> {v.105}.  Il nome che pone qu\u00ec Dante di Alessandro\nsuccintamente, senz'altro aggiunto, serve d'indizio, che vuolsi\nintendere del pi\u00f9 famoso, ch'\u00e8 certamente il Magno: e il non aver\nDante collocato Alessandro stesso tra gli spiriti magni<\/i> del\nLimbo, \u00e8 una riprova, che riserbasselo per questo luogo.\n\n\tDallo scrivere Dante nel Convito di Alessandro Macedone,\nE chi non \u00e8 ancora col cuore Alessandro per li suoi reali\nbenefici<\/i> [Tratt. IV cap. 10], l'autore della Serie d'Aneddoti\nnum. II<\/i> stampata in Verona 1786, tira conseguenza, che non\npossa Dante qu\u00ec per Alessandro<\/i> intendere il Macedone stesso.\n\n\tPremieramente i reali benefici<\/i> compartiti dal Macedone\na' commilitoni suoi non fanno contraddizione alla taccia di\npredatore<\/i>: poi, se anche contraddicessero, non sarebbe questo\nl'unico luogo dove la Commedia di Dante pugnasse col Convito. \nVedi, per cagion d'esempio, Parad. II, 58 e segg., e VIII, 34.\n\n\tDionisio fero<\/i>, Dionisio tiranno di Siracusa in Sicilia\nnotissimo nelle storie Greche.  Volpi.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Quiv'\u00e8 Alessandro."],"FrammentoNota":"
Parla, tra gli altri, di Alessandro Ferèo Diodoro di Sicilia ne' libri 15 e 16<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q171241","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q672803","InfoCitazione.LuogoFonte":"XV 95","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"\u1f10π\u1fbd \u1f04ρχοντος δ\u1fbd \u1f08θ\u03aeνησι Νικοφ\u03aeμου τ\u1f74ν \u1f51πατικ\u1f74ν \u1f00ρχ\u1f74ν \u1f10ν \u1fec\u03ceμ\u1fc3 δι\u03adλαβε Γ\u03acιος Σολπ\u03afκιος κα\u1f76 Γ\u03acιος Λικ\u03afνιος. \u1f10π\u1f76 δ\u1f72 το\u03cdτων \u1f08λ\u03adξανδρος μ\u1f72ν \u1f41 Φερ\u1ff6ν τ\u03cdραννος λ\u1fc3στρ\u03afδας να\u1fe6ς \u1f10κπ\u03adμψας \u1f10π\u1f76 τ\u1f70ς Κυκλ\u03acδας ν\u03aeσους, τιν\u1f70ς μ\u1f72ν \u1f10κπολιορκ\u03aeσας πολλ\u1ff6ν σωμ\u03acτων \u1f10κυρ\u03afευσεν, ε\u1f30ς δ\u1f72 τ\u1f74ν Πεπ\u03acρηθον \u1f00ποβιβ\u03acσας μισθοφ\u03ccρους στρατι\u03ceτας \u1f10πολι\u03ccρκει τ\u1f74ν π\u03ccλιν. [2] \u1f08θηνα\u03afων δ\u1f72 βοηθησ\u03acντων το\u1fd6ς Πεπαρηθ\u03afοις, κα\u1f76 στρατηγ\u1f78ν Λεωσθ\u03adνην \u1f00πολιπ\u03ccντων, \u1f10π\u03adθετο το\u1fd6ς \u1f08θηνα\u03afοις: \u1f10τ\u03cdγχανον δ\u1fbd ο\u1f57τοι παραφυλ\u03acττοντες το\u1f7aς \u1f10ν τ\u1ff7 Παν\u03ccρμ\u1ff3 διατρ\u03afβοντας τ\u1ff6ν \u1f08λεξ\u03acνδρου στρατιωτ\u1ff6ν. \u1f00προσδοκ\u03aeτως δ\u1f72 \u1f10πιθεμ\u03adνων τ\u1ff6ν το\u1fe6 δυν\u03acστου, παρ\u03acδοξος ε\u1f50ημερ\u03afα περ\u1f76 τ\u1f78ν \u1f08λ\u03adξανδρον \u1f10γ\u03adνετο. ο\u1f50 μ\u03ccνον γ\u1f70ρ το\u1f7aς \u1f00πεσταλμ\u03adνους \u1f10ν τ\u1ff7 Παν\u03ccρμ\u1ff3 δι\u03adσωσεν \u1f10κ τ\u1ff6ν μεγ\u03afστων κινδ\u03cdνων, \u1f00λλ\u1f70 κα\u1f76 τρι\u03aeρεις μ\u1f72ν \u1f08ττικ\u1f70ς π\u03adντε, μ\u03afαν δ\u1f72 Πεπαρηθ\u03afαν ε\u1f37λε, κα\u1f76 σωμ\u03acτων \u1f10κυρ\u03afευσεν \u1f11ξακοσ\u03afων.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:greekLit:tlg0060.tlg001.perseus-grc3:15.95","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}, {'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}, {'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONTRADDICE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"107","from":11215.0,"to":11221.0,"NomeAutore":"Diodoro Siculo","TitoloFonte":"Bibliotheca historica"},
+{"Annotazione":"Non passerebbe<\/i> [eccoti lo\nsgraziato staffile del Venturi] a tutti per buona una tale\ndiscolpa Orazio, che per questo appunto, acci\u00f2 non abbiano dopo\na tremare i poeti, avvertisce<\/i>:\n\n     Sumite materiam vestris qui scribitis aequam<\/i> \n        Viribus, et versate diu quid ferre recusent<\/i>, \n        Quid valeant humeri.<\/i>  \n\nOh veramente prodigio di avvedutezza, che condanner\u00e0 in avvenire\nper sempre questa, e quelle altre simili espressioni de' poeti\nQuis talia fando explicet?  Quis possit verbis aequare dolorem\nec.<\/i>!\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Ma chi pensasse"],"FrammentoNota":"
Non passerebbe<\/i> [eccoti lo sgraziato staffile del Venturi] a tutti per buona una tale discolpa Orazio, che per questo appunto, acciò non abbiano dopo a tremare i poeti, avvertisce<\/i>:  \r\n     Sumite materiam vestris qui scribitis aequam<\/i> \r\n        Viribus, et versate diu quid ferre recusent<\/i>, \r\n        Quid valeant humeri.<\/i> <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q6197","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q703985","InfoCitazione.LuogoFonte":"38-40","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"sumite materiam vestris, qui scribitis, aequam 
viribus et versate diu, quid ferre recusent,
quid valeant umeri. ","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0893.phi006.perseus-lat1:1-43","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"64-66","from":22756.0,"to":22759.0,"NomeAutore":"Quinto Orazio Flacco","TitoloFonte":"Ars poetica"}, +{"Annotazione":"Pareglio<\/i>, \u00e8 nome sustantivo, che si attribuisce a quella, che\ntal volta in nuvola dipinge il Sole, immagine di se stesso. Qu\u00ec\nper\u00f2 Dante adoperando pareglio<\/i> aggettivamente, dice che bens\u00ec\nDio fa l'altre cose essere pareglie<\/b> di lui; ma che niun'altra\ncosa fa esser Dio pareglio<\/i><\/b> di lei, dipinto cio\u00e8 della propria\nimmagine. L'edizione della Crusca volle in vece leggere fa di\nse pareglio all'altre cose.<\/i> Se per\u00f2 avesse Dante in questo\nverso scritto cos\u00ec, avrebbe nel seguente verso dovuto scrivere E\nnulla face a lui di se pareglio.<\/i> Imperocch\u00e8 trovando noi che\nspessissime volte accompagna Dante il dativo lui<\/i><\/b> col segno a<\/i><\/b>,\ndove anche senza di cotal segno farebbe il senso abbastanza\ncapire essere il lui<\/b> di dativo caso [Per cagion d'esempio Purg.\nXXX in quel verso 122 Mostrando gli occhi giovinetti a lui<\/i>],\nmolto pi\u00f9 si dee credere che avrebbevelo qu\u00ec aggiunto dove vi\nsarebbe abbisognato.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"26","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Che fa di se pareglie l'altre cose"],"FrammentoNota":"
lui<\/b> di dativo caso [Per cagion d'esempio Purg. XXX in quel verso 122 Mostrando gli occhi giovinetti a lui<\/i>],<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. XXX 122","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"mostrando li occhi giovanetti a lui,","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=64&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"107-108","from":26114.0,"to":26130.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Pi\u00f9 che Re<\/i>, o pe 'l\nsacerdotale vestimento ephod<\/i>, che intende il Poeta portassesi\nDavide in quel caso<\/b>, in quell'atto [come d'averlo portato ne\nassicura il sacro testo: porro David erat accinctus ephod lineo<\/i><\/b>\n[Nel precit. luogo]], ovvero per l'eroismo d'amore verso Dio, e\ndi umilt\u00e0: men che Re per la stessa umilt\u00e0 dal volgo mal intesa.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"10","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  E pi\u00f9, e men che Re"],"FrammentoNota":"
Più che Re<\/i>, o pe 'l sacerdotale vestimento ephod<\/i>, che intende il Poeta portassesi Davide in quel caso<\/b>, in quell'atto [come d'averlo portato ne assicura il sacro testo: porro David erat accinctus ephod lineo <\/i>[Nel precit. luogo]], ovvero per l'eroismo d'amore verso Dio, e di umiltà: men che Re per la stessa umiltà dal volgo mal intesa.\r\n<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q19140595","InfoCitazione.LuogoFonte":"VI 14","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"et David saltabat totis viribus ante Dominum. Porro David erat accinctus ephod lineo.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_ii-samuelis_lt.html#6","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"66","from":9588.0,"to":9594.0,"NomeAutore":null,"TitoloFonte":"Secondo libro di Samuele"},
+{"Annotazione":"Preghiera al Sole<\/i> [chiosa\nil Venturi] empia a prenderla in senso proprio.  Per ridurla a\nbuon senso, conviene intendere il Sole divino, che ha le sue\nperfezioni, e grazie per raggi.<\/i>  Anche per\u00f2 basta intendere, che\nsuppone Dante essere il lume del Sole un riverbero della stessa\ndivina luce raggiante nelle intelligenze.  Vedi ci\u00f2 ch'\u00e8 riferito\nnel IV di questa cantica v. 61  — tu ne conduci<\/b>, ottativo,\nquinc'entro<\/b> non vale n\u00e8 qu\u00ec<\/i><\/b>, n\u00e8 qua<\/i>, n\u00e8 in questo luogo<\/i>,\ncome spiegano il Volpi e 'l Venturi, ma per entro questo luogo.<\/i> \nLa particella quinci<\/i><\/b> a significare per questo luogo<\/i><\/b>\nadoperala, tra gli altri [Vedi 'l Vocabolario della Crusca],\nDante stesso in quel verso\n\n     Quinci non pass\u00f2 mai anima buona<\/i> \n     [Inf. III, 127]:\n\ned al medesimo significato richiedela qu\u00ec 'l retto senso — come\ncondur si vuol<\/b>, cio\u00e8, si dee, si conviene, bisogna.  Volpi.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"13","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  O dolce lume"],"FrammentoNota":"
Basta intendere, che suppone Dante essere il lume del Sole un riverbero della stessa divina luce raggiante nelle intelligenze.  Vedi ciò ch'è riferito  nel IV di questa cantica v. 61.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. IV 61-63","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Ond'elli a me: \"Se Castore e Poluce
fossero in compagnia di quello specchio
che sù e giù del suo lume conduce","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=38","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'ESTENDE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"16-19","from":12204.0,"to":12207.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Prendete guardia che niuno sia profano\ncome Esau, il quale per una vivanda vendetta la sua ragione di\nprimogenitura.<\/i> Ad Ebr. XII, 16.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"06","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","Frammenti":[" Profani"],"FrammentoNota":"
Prendete guardia che niuno sia profano come Esau, il quale per una vivanda vendette la sua ragione di primogenitura.<\/i>  Ad Ebr. XII, 16.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9200","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128608","InfoCitazione.LuogoFonte":"12, 16","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"ne quis fornicator aut profanus ut Esau, qui propter unam escam vendidit primogenita sua.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-hebraeos_lt.html#12","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"21","from":5117.0,"to":5118.0,"NomeAutore":"Paolo di Tarso","TitoloFonte":"Lettera agli Ebrei"},
+{"Annotazione":"Quando vi sono cose assai, esse\naccrescono la vanit\u00e0<\/i>, Eccl. VI, 11.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","Frammenti":["  Ha pi\u00f9 fame"],"FrammentoNota":"
Quando vi sono cose assai, esse accrescono la vanità<\/i>, Eccl. VI, 11<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q131072","InfoCitazione.LuogoFonte":"5, 10-11 [Nova vulgata 5, 9-10]","InfoCitazione.NotaFonte":"Il riferimento corretto non \u00e8 a Eccle 6, bens\u00ec a Eccle 5","InfoCitazione.TestoFonte":"Qui diligit pecuniam, pecunia non implebitur; et, qui amat divitias, fructum non capiet ex eis; et hoc ergo vanitas. 
Ubi multae sunt opes, multi et qui comedunt eas; et quid prodest possessori, nisi quod cernit divitias oculis suis? ","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_ecclesiastes_lt.html#5","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"99","from":722.0,"to":725.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Qoelet"}, +{"Annotazione":"Rancio<\/i>, cio\u00e8 arancio,\naranciato appella il colore di quelle cappe, per averle dette di\nfuor dorate<\/i> {v.64}, e per essere il color dell'arancia simile a\nquel dell'oro [d'onde l'arancia stessa \u00e8 dai Latini appellata\nmalum aurantium<\/i>]. Per la medesima ragione dir\u00e0 nel Purg. che\nle guance dell'Aurora per troppa etade divenivan rance<\/i> [Purg.\nII, 7 e segg.].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Le cappe rance."],"FrammentoNota":"
Rancio<\/i>, cioè arancio, aranciato appella il colore di quelle cappe, per averle dette di fuor dorate<\/i> {v.64}, e per essere il color dell'arancia simile a quel dell'oro [d'onde l'arancia stessa è dai Latini appellata malum aurantium<\/i>].  Per la medesima ragione dirà nel Purg. che le guance dell'Aurora per troppa etade divenivan rance<\/i> [Purg. II, 7 e segg.].\r\n<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. II 9","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"per troppa etate divenivan rance<\/strong>.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=36&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"100","from":22163.0,"to":22166.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Rincalzare<\/i> per mettere attorno\nsostegni; o per far largo a chi passa, tenendo indietro la turba;\nche Tibullo nella 5 elegia del I libro disse efficere viam.<\/i>  Lo\nstesso.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"21","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Chi rincalzi."],"FrammentoNota":"
Rincalzare<\/i> per mettere attorno sostegni; o per far largo a chi passa, tenendo indietro la turba; che Tibullo nella 5 elegia del I libro disse efficere viam.<\/i><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q109598","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3694159","InfoCitazione.LuogoFonte":"I v 64","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Subicietque manus efficietque viam, ","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0660.phi001.perseus-lat1:1.5","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/giovanni-antonio-volpi-1726-27', 'Rapporto': 'CONFERMA'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"130","from":21145.0,"to":21147.0,"NomeAutore":"Albio Tibullo","TitoloFonte":"Corpus Tibullianum"},
+{"Annotazione":"Sequere me<\/i>: cos\u00ec nel Vangelo di\ns. Giovanni c. 21.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Viemmi dietro."],"FrammentoNota":"
Sequere me<\/i>: così nel Vangelo di s. Giovanni c. 21.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q328804","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q36766","InfoCitazione.LuogoFonte":"XXI 19","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Hoc autem dixit significans qua morte clarificaturus esset Deum. Et hoc cum dixisset, dicit ei: “ Sequere me ”.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-ioannem_lt.html#21","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"93","from":18133.0,"to":18140.0,"NomeAutore":"Giovanni evangelista","TitoloFonte":"Vangelo secondo Giovanni"},
+{"Annotazione":"Smagare e dismagare<\/i> [verbi adoperati\ndal poeta nostro sovente [Purg. III, 11 X, 106, XIX, 20, XXVII,\n104, Par. III, 36] e da altri scrittori [Vedi 'l Vocab. della\nCrusca.]] pare che in ogni esempio ove s'incontrano significhino\nlo stesso che smarrire<\/i>, far perdere<\/i>, o simile.  Qu\u00ec,\nincominciando, animo smagato<\/b>, no pare che possa significar\naltro che animo smarrito.<\/i><\/b>  Dell'origine del verbo smagare<\/i>\nvedi, lettore, se vuoi, la terza annotazione dell'ab. Quadrio al\nCredo<\/i> del poeta nostro.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Smagato."],"FrammentoNota":"
Smagare e dismagare<\/i> [verbi adoperati dal poeta nostro sovente [Purg. III, 11 X, 106, XIX, 20, XXVII, 104, Par. III, 36] e da altri scrittori [Vedi 'l Vocab. della Crusca.]] pare che in ogni esempio ove s'incontrano significhino lo stesso che smarrire<\/i>, far perdere<\/i>, o simile.  Quì, incominciando, animo smagato<\/b>, no pare che possa significar altro che animo smarrito.<\/i><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. III 11","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"che l'onestade ad ogn'atto dismaga,","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=37&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"146","from":24688.0,"to":24689.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Venire<\/i> qu\u00ec per arrivare<\/i> —\nlo scaglion primaio<\/b>, il primo e pi\u00f9 basso gradino — Bianco\nmarmo era s\u00ec<\/b> ec.  Essendo questa la porta del Purgatorio insieme\ne del Paradiso, restando, come in progresso si pu\u00f2 vedere, sempre\ndi poi libero il varco, finge Dante perci\u00f2 trovarsi ed adoprarsi\nqu\u00ec le chiavi consegnate da Ges\u00f9 Cristo a s. Pietro, appellate da\nCristo medesimo claves regni caelorum<\/i><\/b> [Matth.<\/i> 16, 19].  Ma\ncome per cotali chiavi dichiara in seguito il Salvatore\nintendersi l'autorit\u00e0 di sciogliere e di legare nella sacramental\nconfessione, et quodcumque ligaveris super terram erit ligatum\net in caelis, et quodcumque solveris<\/i> ec., per\u00f2 per tre diversi\ngradini simboleggia il Poeta quant'\u00e8 necessario acci\u00f2 possa\nl'uomo per la sacramental confessione godere del benefizio delle\nchiavi.  Lo adunque specchiante liscio del grado primiero\nsimboleggia il riconoscimento delle proprie colpe, e 'l candore,\nla sincerit\u00e0 della confessione delle medesime, — qual'io paio<\/i><\/b>,\nquale veramente io apparisco<\/b>, diverso da quello che l'amor\nproprio mi fa ingannevolmente credere ch'io paia.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  L\u00e0 ne venimmo."],"FrammentoNota":"
Essendo questa la porta del Purgatorio insieme e del Paradiso, restando, come in progresso si può vedere, sempre di poi libero il varco, finge Dante perciò trovarsi ed adoprarsi quì le chiavi consegnate da Gesù Cristo a s. Pietro, appellate da Cristo medesimo claves regni caelorum<\/i> [Matth.<\/i> 16, 19].  Ma come per cotali chiavi dichiara in seguito il Salvatore intendersi l'autorità di sciogliere e di legare nella sacramental confessione, et quodcumque ligaveris super terram erit ligatum et in caelis, et quodcumque solveris<\/i> ec., però per tre diversi gradini simboleggia il Poeta quant'è necessario acciò possa l'uomo per la sacramental confessione godere del benefizio delle chiavi.  Lo adunque specchiante liscio del grado primiero simboleggia il riconoscimento delle proprie colpe, e 'l candore, la sincerità della confessione delle medesime.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","InfoCitazione.LuogoFonte":"XVI 19","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Tibi dabo claves regni caelorum; et quodcumque ligaveris super terram, erit ligatum in caelis, et quodcumque solveris super terram, erit solutum in caelis ”.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#16","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"94-96","from":8738.0,"to":8741.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
+{"Annotazione":"Vini usus<\/i> [attesta\nValerio Massimo [Lib. 2 cap. 1]] olim Romanis feminis ignotus\nfuit, ne scilicet in aliquod dedecus prolaberentur.<\/i>  —\nDaniello dispregi\u00f2 cibo ed<\/b> ec.  Avendo Daniello coi tre\nfanciulli compagni pregato ed ottenuto di pascersi di legumi in\nvece di regie vivande destinate loro dal Re di Babilonia\nNabucodonosor, Pueris his<\/i><\/b> [aggiunge il sacro testo [Dan.<\/i> 1 v.\n17]] dedit Deus scientiam, et disciplinam in omni libro, et\nsapientia: Danieli autem intelligentiam omnium visionum, et\nsomniorum.<\/i>  Bene adunque dice Dante che dispregiando Daniello il\nregal cibo acquistasse da Dio sapere — savere<\/i><\/b> per sapere<\/i><\/b>\nadoprato da altri autori di Lingua vedilo nel Vocabolario della\nCrusca.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"22","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Le Romane antiche"],"FrammentoNota":"
Vini usus<\/i> [attesta Valerio Massimo [Lib. 2 cap. 1]] olim Romanis feminis ignotus fuit, ne scilicet in aliquod dedecus prolaberentur.<\/i><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q379991","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3738259","InfoCitazione.LuogoFonte":"II i 5","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Vini usus olim Romanis feminis ignotus fuit, ne scilicet in aliquod dedecus prolaberentur, quia proximus a Libero patre intemperantiae gradus ad inconcessam uenerem esse consueuit.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi1038.phi001.perseus-lat1:2.1.5","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"145-147","from":22554.0,"to":22557.0,"NomeAutore":"Valerio Massimo","TitoloFonte":"Factorum et dictorum memorabilium libri IX"},
+{"Annotazione":"arsenale<\/i> fan derivare\ndal bizantino\n%alpha%rho%sigma%epsilon%nu%\u00e1lpha%lambda%eta%varsigma\\ e\ndall'arabo d\u00e2r\u00e7anah<\/i> (che vorrebbe dire casa d'industria o\nd'arti, onde la darsena<\/i> de' Genovesi, porto interno delle\ngalere).  Il Barozzi, Veneziano, crede che lez. vera, seguita da\nalcuni, sia arsen\u00e0<\/i>, che tuttavia si sente a Venezia. \nL'Arsenale di Venezia, del quale parla il Poeta, non \u00e8 l'attuale\n(che fu costrutto nel 1337 su disegni di Andrea da Pisa), sibbene\nil vecchio, eretto nel 1104, come si crede, e ingrandito nel\n1303.  Anche a non voler tenere in alcun conto l'Epistola a Guido\nNovello attribuita a Dante, in data di Venezia 30 Marzo 1314 (con\nche al Signor di Ravenna si rende conto d'una certa ambasceria, e\nnella quale s\u00ec vituperevoli cose si dicono de' Veneziani e del\nloro governo), si pu\u00f2 tenere per fermo che il Poeta vide Venezia\ne il suo arsenale, forse nel 1306 quando fu a Padova, ma certo\nnel 1321, quando ci fu pel signor di Ravenna; nel qual viaggio, a\nRavenna ritornando, contrasse, secondo alcuni, quella malattia, \nche lo men\u00f2 al sepolcro.  — L'inverno<\/b>, come stagione pi\u00f9\nacconcia alle riparazioni delle navi e meno adatta al navigare. \n— Tenace pece<\/b> (cos\u00ec anche nell'Inf.<\/i><\/b>, XXXIII, 143); tenace<\/i><\/b>, \nche invisca<\/i> (v. 18), cio\u00e8 che come vischio s'attacca.  —\nRimpalmar<\/b>, nuovamente impalmare di pece, impeciare di nuovo i\nbastimenti che soffersero de' guasti.  \u00c8 bella d'arte e vivissima\ndi appropriato colorito la comparazione, che trae dalle varie\noperazioni che si compiono simultanee nell'Arsenale; onde, in\ntutte le particolarit\u00e0, che accenna il Poeta, maggiore \u00e8 la\ngiunta che la derrata della comparazione<\/i><\/b>, nota il Castelvetro, \nperciocch\u00e8 non facendo bisogno a Dante se non della pece\ndell'arzan\u00e0, ha compreso ancora nella comparazione il fare delle\nnavi nuove, il far de' remi, il ristoppare e il battere e 'l far\nsarte e vele; le quali cose non hanno da far con la pece, se non\nche si fanno in quel luogo ed in quel tempo, dove e quando la\npece bolle.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"21","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","Frammenti":["  Quale nell'arzan\u00e0"],"FrammentoNota":"
L'Arsenale di Venezia, del quale parla il Poeta, non è l'attuale (che fu costrutto nel 1337 su disegni di Andrea da Pisa), sibbene il vecchio, eretto nel 1104, come si crede, e ingrandito nel 1303.  Anche a non voler tenere in alcun conto l'Epistola a Guido Novello attribuita a Dante, in data di Venezia 30 Marzo 1314 (con che al Signor di Ravenna si rende conto d'una certa ambasceria, e nella quale sì vituperevoli cose si dicono de' Veneziani e del loro governo), si può tenere per fermo che il Poeta vide Venezia e il suo arsenale, forse nel 1306 quando fu a Padova, ma certo nel 1321, quando ci fu pel signor di Ravenna; nel qual viaggio, a Ravenna ritornando, contrasse, secondo alcuni, quella malattia, che lo menò al sepolcro. <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3730666","InfoCitazione.LuogoFonte":"","InfoCitazione.NotaFonte":"L'epistola cui Poletto allude \u00e8 qualificata come incerta per attribuzione nel volume che solitamente il commentatore consulta per le opere latine del poeta: cfr. \"Le opere latine di Dante Allighieri\", a cura di G. Giuliani, vol. II, Firenze, Le Monnier, 1882, pp. 72-73. ","InfoCitazione.TestoFonte":"","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/books.google.it\/books?id=CWhrGTxFMEgC&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"7-9","from":19380.0,"to":19399.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Epistole"},
+{"Annotazione":"che\nec.  Prava<\/i> appella l' Italica terra<\/i>, l'Italia~, per ci\u00f2 che\ndisse Purg. VI. 124.  e segg.\n\n     Che le terre d'Italia tutte piene\n      Son di tiranni<\/i>, ed un Marcel diventa\n      Ogni villan<\/i>, che parteggiando viene<\/i>:\n\ne per la parte d'Italia<\/i>, che siede<\/i>, che stendesi intra\nRialto<\/i> [principale contrada di Venezia per la citt\u00e0 stessa~],\ne le fontane di Brenta<\/i>, e di Piava<\/i> [due fiumi che scendono\ndalle alpi dividenti l'Italia dalla Germania~, e mettono nel\ngolfo di Venezia~], tutta intende quella lista di terra~, che tra\nessi divisati termini si estende~: e male il Venturi al canto\ndell'Inf. XX. 65.  intendendo~, che con gl'indicati termini\nvoglia Dante segnare la situazione del solo castello di Romano\nBassanese~, patria del tiranno Ezzelino~, passa quindi a\nsentenziare~, che proceda il Poeta nostro per termini distanti\nassai<\/i>, e con istile geog rafico poco scrupoloso.<\/i>  Potrebbe il\nVenturi giustificarsi quando non avesse Dante detto altro se\nnon~, intra Rialto e le fontane di Brenta<\/i>, e di Piava si leva\nun colle ec.<\/i>: ma premettendo In quella parte della terra\nItalica<\/i>, fa conoscere che i termini~, che aggiunge~,\nappartengono a segnare~, non Romano precisamente~, ma tutta la\nestensione di terreno ch'era sotto la giurisdizione di Romano.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Quella parte della terra prava Italica"],"FrammentoNota":"
Prava<\/i> appella l' Italica terra<\/i>, l'Italia, per ciò che disse Purg. VI. 124.  e segg.\r\n     Che le terre d'Italia tutte piene\r\n      Son di tiranni<\/i>, ed un Marcel diventa\r\n      Ogni villan<\/i>, che parteggiando viene<\/i>:<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. VI 124-126","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Ché le città d'Italia tutte piene
son di tiranni, e un Marcel diventa
ogne villan che parteggiando viene.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=40","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"25-27","from":8191.0,"to":8211.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"che di\u00e8 Cristo<\/i>, intendono gli\nespositori comunemente quello che di\u00e8 Cristo al giovanetto~, Si\nvis perfectus esse<\/i>, vade<\/i>, vende quae habes<\/i>, et da\npauperibus~ [Matth.<\/i> 19.]. E manifestossi in s. Domenico il\nprimo amore<\/i> a cotale divino consiglio~, perciocch\u00e8<\/i> [dice il\nLandino] essendo ancor giovanetto a studio<\/i>, vend\u00e8 i libri e\nci\u00f2 che avea<\/i>, et in gran carestia distribu\u00ec ai poveri. Il\nche intendendo il Vescovo lo fece Canonico Regolare.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Primo consiglio"],"FrammentoNota":"
che diè Cristo<\/i>, intendono gli espositori comunemente quello che diè Cristo al giovanetto, Si vis perfectus esse<\/i>, vade<\/i>, vende quae habes<\/i>, et da pauperibus [Matth.<\/i> 19.]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","InfoCitazione.LuogoFonte":"XIX 21","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Ait illi Iesus: “ Si vis perfectus esse, vade, vende, quae habes, et da pauperibus, et habebis thesaurum in caelo; et veni, sequere me ”. ","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#19","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': '', 'Rapporto': 'CONFERMA'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"75","from":11611.0,"to":11613.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
+{"Annotazione":"che ec.<\/i>\nManifesta Dante l' intendimento suo~, che l' Osanna<\/i> catato da\nquesti spiriti [come avvis\u00f2 nel precedente canto v. 29.] cantato\nfosse da loro insieme coi Serafini.  Fuochi pii<\/i> appella i\nSerafini dall'etimologia del nome~; imperocch\u00e8 seraph<\/i>, come\nspiega Suida [Citato dal Laurenti nell' Amalthea Onomastica<\/i>\nalla voce Seraphim.<\/i>~], significa urens.<\/i>  Aggiunge farsi i\nmedesimi cucculla<\/i> [veste monacale per veste ampia<\/i>] di sei\nali<\/i>, per la descrizione che d' medesimi Serafini fa il profeta\nIsaia [Cap. 6.].  Cocolla<\/i>, e non cuculla<\/i>, avvisa 'l Venturi~,\nscrive la Crusca<\/i>: ma se non era diversa la Crusca ai tempi del\nVenturi dalla odierna~, scrive questa l' uno e l'altro.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Col canto di que' fuochi pii"],"FrammentoNota":"
Manifesta Dante l' intendimento suo, che l' Osanna<\/i> catato da questi spiriti [come avvisò nel precedente canto v. 29.] cantato fosse da loro insieme coi Serafini. <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Par. VIII 29","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"sonava \"Osanna\" sì, che unque poi","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=75&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"77-78","from":8561.0,"to":8575.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"che vuole ec.\nVirt\u00f9<\/i>, che vuole<\/i> appella Dante la volont\u00e0 anche Purg. XXI.\nv. 105.  e segg.\n\n        Ma non pu\u00f2 tutto la virt\u00f9 che vuole<\/i>:\n     Che riso e pianto son tanto seguaci\n        Alla passion<\/i>, da che ciascun si spicca<\/i>,\n        Che men seguon voler ne' pi\u00f9 veraci.<\/i>\n\nMancando di questo avviso tutti gl'interpreti da me veduti\nintralciano qu\u00ec 'l senso chiosando~, che la virt\u00f9 voglia a suo\nprode freno<\/i>: spiegazione in cui non si sa con che connettersi il\nverbo soffrire.  L' appetito<\/i> [dice il Volpi in corto quant'\naltri pi\u00f9 diffusamente dicono~], il quale ricerca d'esser\nfrenato per sua utilit\u00e0<\/i>, viena da Dante chiamato<\/i> Virt\u00f9 che\nvuole freno a suo prode.\n\n\tEcco dunque come brevemente io spieo.  Quell'uom che non\nnacque<\/i> [Adamo~, perciocch\u00e8 creato da Dio immediatamente] per\nnon soffrire alla virt\u00f9 che vuole<\/i> [alla volont\u00e0] freno<\/i>\n[posto~, intendi~, da Dio col comando di non mangiare del\nfrutto~, che disubbidientemente mangi\u00f2] a suo prode<\/i> [a pro\ndell'uomo stesso~: perocch\u00e8 per quella leggiera obbedienza\nvoleva Iddio confermarlo nella sua grazia~, esso con tutta sua\ndiscendenza~, rendendolo esente da morte e da ogni altro male\nqu\u00ec 'n terra~, e della eterna gloria assicurandolo in cielo~],\nDannando se dann\u00f2 tutta sua prole.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Per non soffrire alla virt\u00f9"],"FrammentoNota":"
Virtù<\/i>, che vuole<\/i> appella Dante la volontà anche Purg. XXI v. 105.  e segg.\r\n        Ma non può tutto la virtù che vuole<\/i>:\r\n     Che riso e pianto son tanto seguaci\r\n        Alla passion<\/i>, da che ciascun si spicca<\/i>,\r\n        Che men seguon voler ne' più veraci.<\/i><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. XXI 105-108","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"ma non può tutto la virtù che vuole;
ché riso e pianto son tanto seguaci
a la passion di che ciascun si spicca,
che men seguon voler ne' più veraci.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=55","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/giovanni-antonio-volpi-1726-27', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"25-27","from":6093.0,"to":6116.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"chiamata ec.<\/i>: la Vergine Maria\ninvocata da mia madre ne' dolori del parto. Cos\u00ec [dice il\nVenturi] era il pio costume di quei tempi~, e per\u00f2 nella cantica\ndel Purgatorio al canto XX. v. 19.\n\n E per ventura ud\u00ec<\/i>, dolce Maria<\/i>,\n Dinanzi a noi chiamar cos\u00ec nel pianto<\/i>,\n Come fa donna che 'n partorir sia.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"15","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Maria mi di\u00e8"],"FrammentoNota":"
Così [dice il Venturi] era il pio costume di quei tempi, e però nella cantica del Purgatorio al canto XX.  v. 19.\r\n     E per ventura udì<\/i>, dolce Maria<\/i>,\r\n        Dinanzi a noi chiamar così nel pianto<\/i>,\r\n        Come fa donna che 'n partorir sia.<\/i><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. XX 19-21","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"e per ventura udi' \"Dolce Maria!\"
dinanzi a noi chiamar così nel pianto
come fa donna che in parturir sia;","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=54&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'CONFERMA'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"133","from":15012.0,"to":15015.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"corruttibile ancora ad immortale\nsecolo<\/i>, qu\u00ec: nel paradiso. — Io conosco un uomo in Cristo, il\nquale<\/i> — — f\u00f9 rapito<\/i> — — fino al terzo cielo. E so che\nquel tal uomo<\/i> — — f\u00f9 rapito in paradiso, e ud\u00ec parole\nineffabili.<\/i> II ai Cor. XII, 2-4. — Lo vas d'Elezione<\/b>,\nl'Apostolo san Paolo, del quale il Signore disse: costui mi \u00e8 un\nvaso eletto (Vas electionis); Act. IX, 15.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","Frammenti":[" Andovvi"],"FrammentoNota":"
Io conosco un uomo in Cristo, il quale<\/i> — — fù rapito<\/i> — — fino al terzo cielo.  E so che\r\nquel tal uomo<\/i> — — fù rapito in paradiso, e udì parole ineffabili.<\/i>  II ai Cor. XII, 2-4<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9200","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q123808","InfoCitazione.LuogoFonte":"12, 2-4","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Scio hominem in Christo ante annos quattuordecim — sive in corpore nescio, sive extra corpus nescio, Deus scit — raptum eiusmodi usque ad tertium caelum. 
Et scio huiusmodi hominem — sive in corpore sive extra corpus nescio, Deus scit —
quoniam raptus est in paradisum et audivit arcana verba, quae non licet homini loqui.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-ii-corinthios_lt.html","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"28","from":1192.0,"to":1193.0,"NomeAutore":"Paolo di Tarso","TitoloFonte":"Seconda lettera ai Corinzi"}, +{"Annotazione":"di caro ec.<\/i> Costruz.~, fermi<\/i>,\nmi fero~, mi fecero~, certificato di caro<\/i>, di grazioso~,\nassenso al mio dis\u00eco<\/i>, come pria<\/i>, come cio\u00e8 quando alla\nmedesima Beatrice chiese licenza di parlare a Carlo Martello~,\nnel canto precedente [Vers. 40. e segg.].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Come pria"],"FrammentoNota":"
come pria<\/i>, come cioè quando alla medesima Beatrice chiese licenza di parlare a Carlo Martello, nel canto precedente [Vers. 40.  e segg.].<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Par. VIII 40-42","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Poscia che li occhi miei si fuoro offerti
a la mia donna reverenti, ed essa
fatti li avea di sé contenti e certi,","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=75&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"17-18","from":8135.0,"to":8137.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"e lucemi da lato<\/i>; cos\u00ec la\nNidob. e pi\u00f9 di una trentina di testi veduti dagli Accademici\ndella Cr.~, ove tutte~, quanto veggo~, l'altre edizioni leggono\nRaban \u00e8 quivi<\/i>, e lucemi dal lato.<\/i> Per Rabano<\/i> intendo col\nVenturi Rabano Mauro Tedesco~, rinomato scrittore del nono\nsecolo~, e non col Landino ed altri~, certo Rabano Inglese<\/i>,\nfratello del venerabile Beda~ — lucemi da lato.<\/i> Avendo s.\nBonaventura nell'ordinatamente nomare que' suoi beati compagni\nincominciato da uno che gli era a lato~, doveva l'ultimo~,\nGiovacchino<\/i>, essergli parimente da lato. Calavrese<\/i> appella\nl'Abate Gioacchino~, perocch\u00e8 Calavra<\/i> in vece di Calabria\nscrivevano gli antichi Toscani [Vedi~, tra gli altri Gio.\nVillani Cron.<\/i> lib. 3. cap. 4.~], ed egli era di Calabria~:\nIoachim<\/i> [scrive di lui Natale Alessandro] Florensis monasterii\nin Calabria<\/i>, unde oriundus erat<\/i>, abbas ordinis\nCisterciensis<\/i>, vir pius<\/i>, et vaticiniis etiam suis prophetae\nfamam quodam modo assecutus~ [Hist. Eccles. saec.<\/i> XIII. cap.\n3. art. 3.].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Rabano \u00e8 qu\u00ec"],"FrammentoNota":"
Calavra <\/strong><\/em>in vece di Calabria scrivevano gli antichi Toscani [Vedi, tra gli altri Gio. Villani Cron.<\/i>  lib. 3.  cap. 4], ed egli era di Calabria<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","InfoCitazione.LuogoFonte":"IV 4","InfoCitazione.NotaFonte":"Cfr. la Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 65 (III 4).","InfoCitazione.TestoFonte":"E in questo tempo i Saracini passaro in Italia, e guastaron Puglia e Calavra,","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"139-141","from":12050.0,"to":12064.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
+{"Annotazione":"e pi\u00f9 ec.<\/i>  Costruzione.\nLa pianta<\/i>, che prima avea le ramora s\u00ec sole<\/i>, dispogliate\nd'ogni fiore e fronda~, s' innov\u00f2<\/i>, aprendo<\/i>, mettendo fuori~,\ncolore<\/i> [per fiori<\/i>, metonimia] men che di rose<\/i>, e pi\u00f9 che\ndi viole.<\/i>  Figurando Dante nell'appressarsi del misterioso\ngrifone all'albero~, e nel legare il carro~, o sia la Pontificia\ncattedra~, ad esso~, l'impiantameto della Chiesa di Ges\u00f9 Cristo\nnell'universale Romano Impero~, e riputandosi misticamente la\nChiesa uscita dall'apertura fatta con lancia nel costato del\nmorto Redentore [Vedi tra gli altri s.  Gio.  Grisost.  Hom.<\/i>\n84.~], dee perci\u00f2 il Poeta nel determinare il colore a questi\nper cotal cagione dall'albero prodotti fiori aver appresa norma\nda quel parlare attribuito a s.  Bernardo [D' altro pio autore\ncredele Mabillon~, note a s.  Bernardo.] Inspice lateris\naperturam<\/i>, quia nec illa caret rosa<\/i>, quamvis ipsa subrubea\nsit propter mixturam aquae<\/i> [Lib. I. di Pass.  Domini<\/i> cap.\n41.~]; e dee voler dire~, che il colore de' fiori prodotti da\nquell'albero fosse un rosso [all'intendimento del color rosso ne\ndeterminano bastantemente le parole men che di rose<\/i>] meno\nvivace di quello della rosa~, e pi\u00f9 vivace di quello che\nmischiasi all'azzurro nella viola mammola — Ramora<\/i> per rami<\/i>\ndetto pure da altri antichi Toscani vedilo nel Vocabolario della\nCrusca [Alla voce Ramo.<\/i>].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"32","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Men che di rose"],"FrammentoNota":"
riputandosi misticamente la Chiesa uscita dall'apertura fatta con lancia nel costato del morto Redentore [Vedi tra gli altri s.  Gio.  Grisost.  Hom. <\/i>84]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43706","InfoCitazione.Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/quales-ducendae-sint-uxores","InfoCitazione.LuogoFonte":"3","InfoCitazione.NotaFonte":"PG 51 col. 229","InfoCitazione.TestoFonte":"Postquam enim Christus in crucem sublatus et affixus exspiravit, “Accedens unus militum pupugit latus illius, et exiit inde sanguis et aqua” (Io., 19 54): et ex illa aqua et sanguine tota constat Ecclesia","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/books.google.it\/books?id=CgwRAAAAYAAJ&pg=RA1-PA229&dq=Postquam+enim+Christus+in+crucem+sublatus+et+affixus+exspiravit&hl=it&newbks=1&newbks_redir=0&sa=X&ved=2ahUKEwiFwtPcy8P3AhVtSvEDHZmTBooQ6AF6BAgEEAI#v=onepage&q=Postquam%20enim%20Christus%20in%20crucem%20sublatus%20et%20affixus%20exspiravit&f=false","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"58-60","from":32317.0,"to":32321.0,"NomeAutore":"Giovanni Crisostomo","TitoloFonte":null},
+{"Annotazione":"e transumanare<\/i> [spiega il\nVocabolario della Crusca], passare dall'umanit\u00e0 a grado di\nnatura pi\u00f9 alto.<\/i>  Costruzione.  Non si por\u00eca<\/b>, non si potrebbe\n[Vedi 'l Prospetto di verbi Tosc.<\/i><\/b> sotto il verbo potere<\/i> n. 9]\nper verba<\/i><\/b>, per parole, significare<\/b>, dar a capire,\ntrasumanare<\/b> [lasciato l'articolo] il trasumanare.  Per verba\nsono voci Latine<\/i><\/b>, chiosa il Volpi, e parole Latine prette<\/i>\nchiosa il Venturi.  Trovando noi per\u00f2 verbo<\/i> e verbi<\/i> per\nparola<\/i> e parole<\/i> essersi anticamente in versi ed in prosa\nadoprato [Vedi 'l Voc. della Cr.], e trovando in oltre scritto da\nFra Iacopone\n\n     O mia vita maladetta<\/i>,\n         . . . . . . . . . . . . . .\n        Che sprezz\u00f2 leggi e statuti<\/i>,\n        E di Dio le sante verba<\/i>!\n         [Cit. nel Voc. della Crusca alla voce verbo<\/i>]\n\ncredo io perci\u00f2 che verbi<\/i><\/b> e verba<\/i><\/b> italianamente si dicessero,\ncome si dicono peccati<\/i> e peccata<\/i>, corni<\/i> e corna<\/i>, sacchi<\/i>\ne sacca<\/i> ec.; ed ho per questo motivo tolto il carattere\ncorsivo, col quale l'edizioni moderne hanno voluto che le parole\nper verba<\/b>, come Latine, dalle altre si distinguessero.  —\nper\u00f2 l'esempio<\/b> ec. ellissi il di cui pieno sarebbe: per\u00f2 basti\nper ora l'esempio di Glauco; che la sola esperienza, a chi la\ndivina grazia concederalla, potr\u00e0 farlo chiaramente capire.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Trasumanar"],"FrammentoNota":"
Trovando noi però verbo<\/i> e verbi<\/i> per parola<\/i> e parole<\/i> essersi anticamente in versi ed in prosa adoprato [Vedi 'l Voc. della Cr.], e trovando in oltre scritto da Fra Iacopone\r\n     O mia vita maladetta<\/i>,\r\n         . . . . . . . . . . . . . .\r\n        Che sprezzò leggi e statuti<\/i>,\r\n        E di Dio le sante verba<\/i>!\r\n         [Cit. nel Voc. della Crusca alla voce verbo<\/i>]\r\ncredo io perciò che verbi<\/i> e verba<\/b> italianamente si dicessero<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q317267","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3827677","InfoCitazione.LuogoFonte":"XXVIII 31-33","InfoCitazione.NotaFonte":"Lombardi cita dal Vocabolario della Crusca. Cfr. http:\/\/www.lessicografia.it\/Controller?lemma=VERBO","InfoCitazione.TestoFonte":"O vita mea emmaledetta villana engrata soperba!Sprezzanno la vita celesta a dDeo stata so' sempre acerba,rompenno leg'e statute, le so santisseme verba<\/strong>","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000640","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"70-72","from":482.0,"to":483.0,"NomeAutore":"Jacopone da Todi","TitoloFonte":"Laude"},
+{"Annotazione":"ed a voler quetarsi.<\/i>  Non\npotendo qu\u00ec tra noi ottenersi che molti uomini~, insieme\nmoventisi~, tutti nello stesso punto di tempo si fermino~, se non\nper riguardare ciscuno di essi ad un capo regolatore~, e seguire\nla volont\u00e0 di quello~; vuole Dante inteso che~, diversmente tra\nquelli spiriti accadendo~, tutti in un punto si fermassero per\npropria armonica volont\u00e0~: e questo vuol dire insieme a punto\ned a voler<\/i>, insieme cio\u00e8 e quanto al tempo~, e quanto alla\nvolont\u00e0.  Per maggiore chiarezza preferisco di leggere con\nalcune edizioni [Vedi~, tra le altre~, l'edizioni di Venezia\n1568. 1578.] a punto<\/i>, piuttosto che appunto<\/i> con altre [L'\nedizione degli Accademici della Crusca~, ed altre prima e dopo di\nquella.].  Quetarsi<\/i> poi leggo colla Nidob.  ed altre ediz.~, e\nno quietarsi<\/i> colla edizione della Crusca~, perocch\u00e8 veggo che\nquesta stessa altrove legge sempre quetare<\/i>, e non 6quietare~\n[Vedi per cagion d' esempio Inf. XXXIII. 64.~, Purg. v. 48.~,\nPar. XXX. 52.].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Insieme a punto"],"FrammentoNota":"
Quetarsi<\/i> poi leggo colla Nidob.  ed altre ediz., e no quietarsi<\/i> colla edizione della Crusca, perocchè veggo che questa stessa altrove legge sempre quetare<\/i>, e non 6quietare~ [Vedi per cagion d' esempio Inf. XXXIII. 64., Purg. v. 48., Par. XXX. 52.].<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. XXXIII 64","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Queta'mi allor per non farli più tristi;","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=63&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"25","from":11251.0,"to":11254.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"ed hai ec.<\/i>  Costruzione.  Tu\ndubbi<\/i>, ed hai voler<\/i>, brama~, che lo dicer mio<\/i>, il mio\nparlare~, ove<\/i>, l\u00e0 dove~, dinanzi dissi<\/i>, u' ben s'im pingua<\/i>\n[sottointendi il rimanente di quel verso cio\u00e8 se non si\nvaneggia<\/i> [Cant.  preced.  v. 96.]~], e l\u00e0 u' dissi<\/i>, non\nsurse il secondo<\/i> [sottintendi 'l rimanente anche di questo\nverso~, cio\u00e8 a veder tanto<\/i> [Cant.  precedente v. 114.]~], si\nricerna<\/i>, si rischiari~, in lingua s\u00ec aparta e s\u00ec distesa<\/i>,\nche si sterna<\/i>, s' appiani~, s'adatti~, al tuo sentire<\/i>, al tuo\nintendimento.  Cernere<\/i> e ricernere<\/i>, vagliono propriamente\npurgare<\/i> e ripurgare<\/i>, e diconsi del grano~; ma qu\u00ec\ntraslativamente ponesi ricernere<\/i> per rischiarare.<\/i>  Il primo\ndubbio rischiarerallo in questo canto medesimo dal v. 122.  fino\nall' ultimo~: ed il secondo dubbio rischiarerallo nel cato XIII.\ndal vers. 34.  al 111.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"11","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Tu dubbi"],"FrammentoNota":"
dinanzi dissi<\/i>, u' ben s'im pingua <\/i>[sottointendi il rimanente di quel verso cioè se non si vaneggia<\/i> [Cant.  preced.  v. 96.]]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Par. X 96","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":" u' ben s'impingua se non si vaneggia.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=77&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"22-26","from":10263.0,"to":10265.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"gi\u00f9 pur pensando<\/i> (Inf.<\/i>, \nXXXIII, 6), cio\u00e8 anche alla sola ricordanza (Inf.<\/i>, III, 132;\nXVI, 12).  — Rispetto all'allegoria, la selva oscura<\/i> {v.2}\nrappresenta la varia condizione brutale alla quale giunge l'uomo, \nche si discosta, dalla divina legge e dalla ragione, sommettendo\nla ragione<\/i> al talento<\/i> (Inf.<\/i>, V, 39), seguendo come bestia\nl'appetito<\/i> (Purg.<\/i>, XXVI, 84), ovvero piacendosi di vita\nbestiale e non umana<\/i> (Inf.<\/i>, XXIV, 124).  — Saviamente il\nGiuliani si richiama al seguente tratto di Boezio, autore\ndilettissimo a Dante, e che tanta parte rischiara dello spirito\nvitale che informa il sacro Poema (Consol. Philos.<\/i>, lib. IV, \npar. 3, trad. del Varchi): «Tutto quello che manca del bene, \nmanca ancora dell'essere, del che avviene che i rei lasciano di\nesser quello che erano.  Ma loro essere stati uomini mostra la\nforma del corpo umano, che ancora ritengono; laonde, essendosi in\nmalizia convertiti, hanno ancora la natura umana perduto.  Ma\nconciossiacosach\u00e8 sola la bont\u00e0 possa far gli uomini pi\u00f9 che\nuomini, di necessit\u00e0 \u00e8, che la malvagit\u00e0 faccia meno che uomini\ntutti coloro che ella dalla umana condizione ha tolti e\navvallati.  Avviene dunque che, cui tu vedi trasformato da vizi, \nnon possa uomo riputarlo.  Uno che toglie per forza l'altrui\nricchezze, tutto caldo di avarizia, si pu\u00f2 dire che sia simile a\nun lupo.  Uno uomo feroce e inquieto, che piatisce e litiga\nsempre, potrai agguagliare a un cane.  Un altro che si diletti di\nporre agguati, e pigli piacere d'involare l'altrui con inganni e\nfrode, si pu\u00f2 adeguare alle volpi.  Chi, non possente a raffrenar\nl'ira, rugge e fremisce per la stizza, si crede aver animo di\nlione.  Alcuno pauroso e fugace, il quale dotti eziandio le cose\nche non sono da temere, sia a' cervi tenuto simile.  Alcuno altro\ninfingardo e balordo sta come se fosse tutto d'un pezzo e\nintormentito? dicasi che visse la vita degli asini.  Chi essendo\nleggero ed incostante, muta voglia e pensieri a ogn'ora, non \u00e8 in\nnulla dagli uccelli differente.  Colui, il quale nelle sporche e\nsozze lussurie s'attuffa, piglia quei medesimi brutti piaceri che\ni porci pigliano.  E cos\u00ec avviene di chi abbandona la virt\u00f9, \nlascia d'esser uomo, e non potendo egli divenire Dio, si trasmuta\nin bestia.»  Su di che cf. Conv.<\/i>, II, 8, e IV, 7.  Ora leggasi\nil Purg.<\/i>, XIV, 20 e segg., dove il Poeta descrive i tralignati\nToscani.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","Frammenti":["  Che nel pensier"],"FrammentoNota":"
giù pur pensando<\/i> (Inf.<\/i>, XXXIII, 6), cioè anche alla sola ricordanza (Inf.<\/i>, III, 132; XVI, 12). <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. XXXIII, 6","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"già pur pensando, pria ch'io ne favelli","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=33","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"6","from":35.0,"to":38.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"il mondo non ha conosciuto Iddio\nper la sapienza.<\/i>  I Cor. 1, 21.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","Frammenti":["  Non conoscesti"],"FrammentoNota":"
il mondo non ha conosciuto Iddio per la sapienza.<\/i>  I Cor. 1, 21.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9200","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q80355","InfoCitazione.LuogoFonte":"1, 21","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Nam quia in Dei sapientia non cognovit mundus per sapientiam Deum, placuit Deo per stultitiam praedicationis salvos facere credentes.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-i-corinthios_lt.html","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"131","from":951.0,"to":953.0,"NomeAutore":"Paolo di Tarso","TitoloFonte":"Prima lettera ai Corinzi"},
+{"Annotazione":"il perso \u00e8 un colore misto di purpureo e\ndi nero, ma vince il nero, e da lui si denomina.<\/i>  Conv. t. IV,\nc. 20.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","Frammenti":["  Perso"],"FrammentoNota":"
il perso è un colore misto di purpureo e di nero, ma vince il nero, e da lui si denomina.<\/i>  Conv. t. IV, c. 20.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","InfoCitazione.LuogoFonte":"IV, xx, 2","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Lo perso e\u0300 uno colore misto di purpureo e di nero, ma vince lo nero, e da lui si dinomina  ","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=70&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"89","from":4610.0,"to":4611.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
+{"Annotazione":"l'occhio suo non \u00e8 giammai sazio\ndi ricchezze<\/i>, Eccl. IV, 8.  Chi ama l'argento non \u00e8 saziato con\nl'argento<\/i>, Ibid. V, 10.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","Frammenti":["  Mai non empie"],"FrammentoNota":"
l'occhio suo non è giammai sazio di ricchezze<\/i>, Eccl. IV, 8<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q131072","InfoCitazione.LuogoFonte":"4, 8","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"unus est et secundum non habet, non filium, non fratrem, et tamen laborare non cessat, nec satiantur oculi eius divitiis, nec recogitat dicens: “Cui laboro et fraudo animam meam bonis?”. In hoc quoque vanitas est et occupatio pessima.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_ecclesiastes_lt.html#4","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"98","from":712.0,"to":715.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Qoelet"},
+{"Annotazione":"le sue statue di getto sono una\nfalsit\u00e0<\/i>, — son vanit\u00e0, lavoro d'inganni.<\/i>  Gerem. X, 14, 15.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","Frammenti":["  Falsi e bugiardi"],"FrammentoNota":"
le sue statue di getto sono una falsità<\/i>, — son vanità, lavoro d'inganni.<\/i>  Gerem. X, 14, 15<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q158825","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q131590","InfoCitazione.LuogoFonte":"10, 14-15","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Stultus factus est omnis homo absque scientia;
confusus est omnis artifex in sculptili,
quoniam falsum est, quod conflavit,
et non est spiritus in eis.
Vana sunt et opus risu dignum;
in tempore visitationis suae peribunt.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_ieremiae_lt.html#10","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"72","from":524.0,"to":527.0,"NomeAutore":"Geremia","TitoloFonte":"Libro di Geremia"}, +{"Annotazione":"per me si va nella citt\u00e0 dolente<\/i>,\nInf. III, 1.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"06","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","Frammenti":[" Dolente loco"],"FrammentoNota":"
per me si va nella città dolente<\/i>, Inf. III, 1<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. III, 1-3","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Per me si va ne la citta\u0300 dolente,
per me si va ne l'etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=3&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"46","from":5298.0,"to":5300.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"per valle di terreno\narenoso, com'era la settima bolgia dell'Inferno.<\/i> Cos\u00ec chiosa il\nVolpi, ed in somigliante modo anche il Venturi. Ma dove\nprimieramente trovan essi, che faccia Dante questa bolgia\narenosa<\/i>? Dic'egli bens\u00ec esistere in questa pi\u00f9 serpi, che non\nvanti l'arenosa Libia [Cant. preced. v. 85 e segg.]; ma non dice\nper\u00f2, che qu\u00ec similmente sia della rena. Poi, se questa sola\nbolgia era arenosa, come bene all'appellazione di zavorra<\/b>\naggiungerebbesi quella di settima<\/b>? Sarebb'egli forse da\ntollerarsi se, come bulicame<\/i><\/b> appell\u00f2 Dante la prima delle tre\nfosse de' violenti [Inf. XII, 128], per esser piena di bollente\nsangue, avessela appellata primo bulicame<\/i>, quantunque\nnell'altre due fosse sangue non ponesse n\u00e8 altro bollente fluido?\n\n\tCome questi due moderni spositori convengono tra di loro\nnella riferita spiegazione, cos\u00ec i vecchi, Landino, Vellutello, e\nDaniello s'accordano in un'altra. Chiama settima zavorra<\/i>\n[degli altri pi\u00f9 chiaramente e pienamente cos\u00ec favella il\nVellutello] questa settima bolgia, avvegnach\u00e8 zavorra\npropriamente sia quella rena, o ghiara, che si mette nella\nsentina della nave acci\u00f2 che per lo poco peso non vada\nvacillando. Intese adunque la zavorra per sentina, la quale per\nesser sempre piena di fetore, e puzza assomiglia a questa bolgia,\nperch\u00e8 era piena d'abbominevole vizio. E dice averla veduta\nmutare, cio\u00e8, che essa zavorra aveva mutato, intendendola per\nagente, e non per paziente, ch'ella fosse mutata; ma rispetto a\nBuoso, che d'umano spirito vide mutar in serpente, e<\/i> trasmutare,\ncio\u00e8 un altra volta mutare, rispetto al serpente, che vide mutar\nin spirito; il quale, perch\u00e8 dice<\/i>, io v\u00f2 che Buoso corra come ho\nfatt'io, intese essere stato un'altra volta mutato di spirito in\nserpente.<\/i>\n\n\tIo per\u00f2, diversamente da tutti, direi che zavorra appelli\nDante per disprezzo non la bolgia o bolge, ma la gente stessa\ndelle bolge, per occupar questa, a guisa appunto di fecciosa\nzavorra, il fondo di quelle; come cio\u00e8 se detto avesse, la gen\u00eca\no feccia d'uomini posta in fondo della settima bolgia.<\/i> In\nquesto senso pe 'l mutare e trasmutare<\/i><\/b> non sarebbe pi\u00f9 d'uopo\ndi fare agente<\/i><\/b> la bolgia, perocch\u00e8 sarebbelo la gente stessa.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Settima zavorra"],"FrammentoNota":"
Settima zavorra <\/strong>per valle di terreno arenoso, com'era la settima bolgia dell'Inferno.<\/i>  Così chiosa il Volpi, ed in somigliante modo anche il Venturi.  Ma dove primieramente trovan essi, che faccia Dante questa bolgia arenosa<\/i>?  Dic'egli bensì esistere in questa più serpi, che non vanti l'arenosa Libia [Cant. preced. v. 85 e segg.]; ma non dice però, che quì similmente sia della rena.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"XXIV 85","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Più non si vanti Libia con sua rena;","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=24&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/giovanni-antonio-volpi-1726-27', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}, {'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"142-143","from":24660.0,"to":24662.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"ritornaro alla ec.<\/i>  Nell'atto che i\ntre nominati discepoli godevano della trasfigurazione del\nRedentore~, e degli apparsi con esso lui Mois\u00e8 ed El\u00eca~, narra\nil Vangelo [Matth.<\/i> 17.] che udendo quelle voci hic est filius\nmeus dilectus ipsum audite<\/i>, caddero tutti e tre intronati per\nterra~; e che poi al comando del medesimo Redentore surgite<\/i>,\net nolite timere<\/i>, rialzandosi~, pi\u00f9 non vedessero n\u00e8 il\nRedentore in quella luce di volto e di vestimenti in cui prima\nvedevanlo~, n\u00e8 pi\u00f9 con esso lui i due profeti.  Vinti<\/i>\nadunque~, cio\u00e8 intronati ed abbattuti~, ritornaro<\/i> si\nriscossero i tre discepoli~, alla parola<\/i>, al comando del\nRedentore.  Dalla qual furon maggior sonni rotti<\/i>: accenna\nquelle espressioni che fece Ges\u00f9 Cristo della morta figlia dell'\nArcisinagogo~, e del morto Lazaro parlando~, non est mortua\npuella<\/i>, sed dormit<\/i> [Matth.<\/i> 9.]: Lazarus amicus noster\ndormit<\/i>; vado ut a sommo excitem eum<\/i> [Ioan.<\/i> II.~]: e per\u00f2 in\nvece di dire dal comando di Ges\u00f9 Cristo rotti<\/i>, dissipati~,\nmaggiori tramortimenti~, cio\u00e8 vere morti~, dice rotti maggiori\nsonni<\/i> — loro scuola<\/i>, loro compagnia~, perch\u00e8 di sei ch'erano\nprima rimasero solamete quattro~, partiti che si furono Mois\u00e8 ed\nElia~: Daniello — cangiata stola<\/i>, metonimia~, per cangiato\ncolore della stola<\/i>, della veste [Stola<\/i> per veste<\/i> ad\nimitazione de' Greci e de' Latini adopera Dante anche Inf. XXIII.\n90.  e Par. XXX. 129.~]; sparito cio\u00e8 quel niveo splendidissimo\ncolore poc' anzi apparso nelle vestimenta di Ges\u00f9 Cristo.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"32","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  E vinti"],"FrammentoNota":"
Nell'atto che i tre nominati discepoli godevano della trasfigurazione del Redentore, e degli apparsi con esso lui Moisè ed Elìa~, narra il Vangelo [Matth.<\/i> 17.] che udendo quelle voci hic est filius meus dilectus ipsum audite<\/i>, caddero tutti e tre intronati per terra; e che poi al comando del medesimo Redentore surgite<\/i>, et nolite timere<\/i>, rialzandosi, più non vedessero nè il Redentore in quella luce di volto e di vestimenti in cui prima vedevanlo, nè più con esso lui i due profeti. <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","InfoCitazione.LuogoFonte":"XVII 1-8","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"1 Et post dies sex assumit Iesus Petrum et Iacobum et Ioannem fratrem eius et ducit illos in montem excelsum seorsum.
2 Et transfiguratus est ante eos; et resplenduit facies eius sicut sol, vestimenta autem eius facta sunt alba sicut lux.
3 Et ecce apparuit illis Moyses et Elias cum eo loquentes.
4 Respondens autem Petrus dixit ad Iesum: “ Domine, bonum est nos hic esse. Si vis, faciam hic tria tabernacula: tibi unum et Moysi unum et Eliae unum ”.
5 Adhuc eo loquente, ecce nubes lucida obumbravit eos; et ecce vox de nube dicens: “ Hic est Filius meus dilectus, in quo mihi bene complacui; ipsum audite ”.
6 Et audientes discipuli ceciderunt in faciem suam et timuerunt valde.
7 Et accessit Iesus et tetigit eos dixitque eis: “ Surgite et nolite timere ”.
8 Levantes autem oculos suos, neminem viderunt nisi solum Iesum.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#17","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"77-81","from":32452.0,"to":32454.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"}, +{"Annotazione":"smarrisco<\/i>, perdo<\/i>, faccio perire. \nVedi la nota al v. 146 del canto XXV dell'Inf., ed agli altri\npassi ch'ivi s'allegano.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Dismago"],"FrammentoNota":"
Dismago <\/strong>smarrisco<\/i>, perdo<\/i>, faccio perire. Vedi la nota al v. 146 del canto XXV dell'Inf., ed agli altri passi ch'ivi s'allegano.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. XXV 146","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"fossero alquanto e l'animo smagato,","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=25&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"20","from":18635.0,"to":18636.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"tutto vano<\/i> {v.103}... tutta\nmorta<\/b>: povera ragione umana!  Scientia destruetur<\/i><\/b> (S. Paolo,\nAd Cor.<\/i>, I, xiii, 8).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"10","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":["  tutta morta"],"FrammentoNota":"
tutta morta<\/b>: povera ragione umana!  Scientia destruetur<\/i> (S. Paolo, Ad Cor.<\/i>, I, xiii, 8).<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9200","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q80355","InfoCitazione.LuogoFonte":"13, 8","InfoCitazione.NotaFonte":"A rigore, la scomparsa della conoscenza profetizzata da Paolo va collocata alla fine dei tempi: \u00abEx parte enim cognoscimus et ex parte prophetamus; | cum autem venerit, quod perfectum est, evacuabitur, quod ex parte est\u00bb (13, 9-10).","InfoCitazione.TestoFonte":"[8]<\/strong> Caritas numquam excidit. Sive prophetiae, evacuabuntur; sive linguae, cessabunt; sive scientia, destruetur.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-i-corinthios_lt.html#13","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"ESTENDE","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"106","from":9389.0,"to":9391.0,"NomeAutore":"Paolo di Tarso","TitoloFonte":"Prima lettera ai Corinzi"},
+{"Annotazione":"voi dicete Troni.<\/i>  Questo \u00e8\nil terzo ordine degli angeli~, pe' quali Iddio manda ad\nesecuzione tutti i suoi giudizi.  Adunque~, perch\u00e8 in quelli~,\ncome in specchi~, rilucono i giudizi del grande e magno Iddio~,\nnoi guardando in quelli gli veggiamo.  Landino.  Per fondamento\ndi cotale supposto ministerio dell'angelico ordine appellato\nTroni<\/i> tiene il Daniello quel detto del Salmo~: Sedisti super\nthronum qui iudicas aequitatem [Psalm.<\/i> 9.].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Su sono specchi"],"FrammentoNota":"
Per fondamento di cotale supposto ministerio dell'angelico ordine appellato Troni<\/i> tiene il Daniello quel detto del Salmo: Sedisti super thronum qui iudicas aequitatem [Psalm. 9.].<\/i><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q41064","InfoCitazione.LuogoFonte":"IX 5","InfoCitazione.NotaFonte":"Nella Vulgata (Salmi IX 5) si legge iustitiam, non aequitatem.","InfoCitazione.TestoFonte":"sedisti super thronum, qui iudicas iustitiam","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_psalmorum_lt.html#LIBER%20I%20(Psalmi%201-41)","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Rapporto': 'CONFERMA'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"61-62","from":8442.0,"to":8454.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro dei Salmi"},
+{"Annotazione":"?  Chi le osserva, e le\nmette in pratica?  Venturi.  — Perocch\u00e8 'l pastor<\/b> ec.  Passa\nqu\u00ec 'l Poeta a sferzare il troppo attaccamento a' temporali beni\nche dimostravano gli spirituali pastori de' di lui tempi; e dal\nloro cattivo esempio ripete la ragione della generale infezione\ndi tutto l'ovile: e come, cercando gl'interpreti delle Scritture\nsacre il mistico significato del comando fatto da Dio agli Ebrei,\ndi non mangiar carne se non di animale che rumini, ed abbia\nl'unghia fessa [Levit.<\/i> 11], chiosano che generalmente fissa\nungula ad mores, ruminatio ad sapientiam pertinet<\/i> [Salmeron\nProlegom. 19 de sensu spirit. Scripturae.<\/i>]; traendo il Poeta a\nmaggiore particolarit\u00e0 la significazione dell'unghia fessa<\/i><\/b>, a\nsignificare cio\u00e8 l'aperta liberal mano [come all'opposto per la\nchiusa mano, o sia pe 'l pugno chiuso<\/i><\/b> volle gi\u00e0 indicata\nl'avarizia [Inf. VII, 57]; invece di dire, che potevano bens\u00ec i\nprelati de' suoi tempi predicar dottamente il distacco dai beni\ntemporali, ma non movere altrui col proprio esempio, dice che\nbens\u00ec rugumar<\/b> potevano, ma che non avevano l'unghie fesse.<\/b> \nRugumar<\/b> oltre la Nidobeatina leggono altri testi veduti dagli\nAccademici della Crusca ed istessamente legge anche il Buti\ncitato nel Vocabolario.  Ruminar<\/i> leggono altre edizioni.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"16","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Chi pon mano ad esse"],"FrammentoNota":"
cercando gl'interpreti delle Scritture sacre il mistico significato del comando fatto da Dio agli Ebrei, di non mangiar carne se non di animale che rumini, ed abbia l'unghia fessa [Levit.<\/i> 11], chiosano che generalmente fissa ungula ad mores, ruminatio ad sapientiam pertinet<\/i><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q41490","InfoCitazione.LuogoFonte":"XI 1-7","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"1 Locutus est Dominus ad Moysen et Aaron dicens: 
2 “ Dicite filiis Israel: Haec sunt animalia, quae comedere debetis de cunctis animantibus terrae.
3 Omne, quod habet plene divisam ungulam et ruminat in pecoribus, comedetis.
4 Haec autem non comedetis ex ruminantibus vel dividentibus ungulam: camelum, quia ruminat quidem, sed non dividit ungulam, inter immunda reputabis;
5 hyracem, qui ruminat ungulamque non dividit, immundus est;
6 leporem quoque, nam et ipse ruminat, sed ungulam non dividit;
7 et suem, qui, cum ungulam plene dividat, non ruminat.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_leviticus_lt.html#11","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"97-99","from":16064.0,"to":16069.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Levitico"}, +{"Annotazione":"A differenza di quella «Che fa\nl'uom di perdon talvolta degno» (Purg., V, 21).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"24","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":[" Trista vergogna."],"FrammentoNota":"trista vergogna<\/strong>. A differenza di quella «Che fa l'uom di perdon talvolta degno» (Purg., V, 21).","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. V, 21","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"che fa l'uom di perdon talvolta degno.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=39","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONTRADDICE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"132","from":23476.0,"to":23478.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"A piena intelligenza di\nquesti due versi bastano le seguenti righe della Cronica di\nPaolino Pieri: Nel mille dugento sessantasei, in calen di luglio\nfurono fatte due podest\u00e0 in Firenze per sei mesi, ad unora, e\nfuron di Bologna due Frati Godenti, l'uno ebbe nome messer\nLoderingo degli Andal\u00f2, e l'altro messer Napoleone Catalani<\/i> [An.\nMCCLXV]. Loderingo scrive Gio. Vill. che fu cominciatore di\nquello ordine<\/i> [Cron.<\/i> lib. 7 c. 13]\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Io Catalano"],"FrammentoNota":"
A piena intelligenza di questi due versi bastano le seguenti righe della Cronica di Paolino Pieri: Nel mille dugento sessantasei, in calen di luglio furono fatte due podestà in Firenze per sei mesi, ad unora, e furon di Bologna due Frati Godenti, l'uno ebbe nome messer Loderingo degli Andalò, e l'altro messer Napoleone Catalani<\/i> [An. MCCLXV].<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q23829585","InfoCitazione.Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/croniche-della-citta-di-firenze","InfoCitazione.LuogoFonte":"MCCLXV","InfoCitazione.NotaFonte":"Cfr. Andrea Bego, Paolino Pieri, Croniche di Firenze, edizione critica. 2016, p. 46 (http:\/\/tesi.cab.unipd.it\/52790\/ )","InfoCitazione.TestoFonte":"Nel mille dugento sessantasei, in calen di luglio furon fatte due podestà in Firenze per sei mesi ad un'ora, e furon di Bologna due Frati Godenti, l'uno ebbe nome messer Loderingo degli Andalò di Bologna, e l'altro messer Nepoleone Catalani.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/archive.org\/details\/bub_gb_4VYTQ3dxAVEC\/page\/n59\/mode\/1up?q=","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"104-105","from":22185.0,"to":22187.0,"NomeAutore":"Paolino Pieri","TitoloFonte":null},
+{"Annotazione":"A quel passo\nlento e posato, che fanno le nostre processioni, appellate\nlitanie<\/i>, dice il Magri [Notizia de' vocaboli eccles.<\/i>], dalla\nvoce Greca %lambda%iota%tau%alpha%nu%epsilon%iota%alpha\\, che\nsignifica supplicazione<\/i>, per le preghiere che nelle processioni\nsi fanno.  — letane<\/b> in vece di litanie<\/i><\/b> adopera anche Gio.\nVillani [Cron. lib. 2 cap. 13].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Al passo che fanno le letane"],"FrammentoNota":"
letane<\/b> in vece di litanie<\/i> adopera anche Gio. Villani [Cron. lib. 2 cap. 13].<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","InfoCitazione.LuogoFonte":"III 15","InfoCitazione.NotaFonte":"Lombardi cita dalla Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 55 (II 13): \"letane\". La citazione \u00e8 mediata dal Voc. della Crusca: cfr. http:\/\/www.lessicografia.it\/Controller?lemma=letane","InfoCitazione.TestoFonte":"presono papa Leone terzo che allora regnava, andando alla processione delle Letanie","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"8-9","from":18482.0,"to":18488.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
+{"Annotazione":"A quelle parole di Farinata\n(vv. 79-81) che gli minacciavano l'esilio e il vano desiderio del\nritorno.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"10","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":["  A quel parlar"],"FrammentoNota":"
A quelle parole di Farinata (vv. 79-81) che gli minacciavano l'esilio e il vano desiderio del ritorno.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. X, 79-81","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Ma non cinquanta volte fia raccesa
la faccia de la donna che qui regge,
che tu saprai quanto quell'arte pesa","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=10","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"123","from":9508.0,"to":9511.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"A questo passo chi\ndegli espositori ci dice di pi\u00f9 e chi di meno, ma tutti in fine\nci lasciano al buio. Il Venturi se la sbriga dicendo, che forse\nil Poeta per i due gioghi intende la filosofia e teologia.<\/i> \nStendesi alquanto pi\u00f9 il Daniello; ma solo a provare, che ha il\nmonte Parnaso due sommit\u00e0.<\/i> Pi\u00f9 di tutti esteso \u00e8 il comento del\nLandino, seguito appuntino dal Vellutello, Parnaso<\/i> [dice] \u00e8\nmonte in Beozia, ovvero in Focide, il quale \u00e8 altissimo, ed ha\ndue gioghi, l'uno dedicato ad Apolline, e l'altro a Bacco, il\nquale similmente gli antichi volevano esser Iddio de' poeti; onde\nsi coronavano ancora di edera, la quale \u00e8 dedicata a Bacco<\/i>....\nquesti due gioghi afferma Servio essere nominati Helicone e\nCiterone<\/i>...... E pare che ponga<\/i> [Dante] il giogo Citerone\nconsacrato a Bacco per le scienze inferiori<\/i>..... ed Helicone\nponga per la teologia.<\/i>\n\n\tMa qu\u00ec, dich'io, non lascia a noi il Poeta la briga di\ncercare quale cosa per amendue i gioghi intenda: facendoci egli\nstesso bastantemente chiaro capire, che pe 'l secondo giogo, che\nabbisognagli per la presente cantica, intende il di fresco\ninvocato Apolline; e pe 'l primo, non Bacco, che mai non ha egli\ninvocato, ma le Muse.\n\n Ma qu\u00ec la morta poesia risurga<\/i>\n O sante Muse, poich\u00e8 vostro sono<\/i>,\n E qu\u00ec Calliopea alquanto surga<\/i>\n [Purg. I, 7 e segg.]\n\n\tSolo tocca a noi d'investigare su di qual fondamento\nsepari Dante le Muse da Apolline, e pongale su 'l giogo dedicato\na Bacco.\n\n\tCompir\u00e0 adunque l'intelligenza del presente passo ci\u00f2 che\nscrive Probo al libro terzo della Georgica di Virgilio v. 43\nCithaeron mons est Beotiae. Ibi arcana Liberi patris sacra\ncelebrantur tertio quoque anno, quae trieterica dicuntur. \nExistimatur autem Liber esse cum Musis; et ideo ex hedera fronde\neus corona poetis datur.<\/i>\n\n\tRitiene poi [v'aggiunteremo per ultimo] l'aiuto gi\u00e0 in\naddietro invocato delle Muse, per essere queste credute l'anima,\ne l'armonia delle celesti sfere, alle quali \u00e8 ora per passare; e\nchiede in oltre l'aiuto d'Apolline, perch\u00e8 presidente delle Muse,\ne moderatore universale di tutti i lumi celesti [Vedi, tra gli\naltri, Macrobio In somn. Sip.<\/i> lib. 2 cap. 3 e Natal Conti\nMyth.<\/i> lib. 7 cap. 15].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Infino a qu\u00ec l'un giogo"],"FrammentoNota":"
Ma quì, dich'io, non lascia a noi il Poeta la briga di cercare quale cosa per amendue i gioghi intenda: facendoci egli stesso bastantemente chiaro capire, che [...] pe 'l primo, non Bacco, che mai non ha egli invocato, ma le Muse.              Ma quì la morta poesia risurga<\/i>\r\n        O sante Muse, poichè vostro sono<\/i>,\r\n        E quì Calliopea alquanto surga<\/i>\r\n         [Purg. I, 7 e segg.]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. I 7-8","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Ma qui la morta poesì resurga,
o sante Muse, poi che vostro sono;","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=35","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Rapporto': 'ESTENDE'}, {'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Rapporto': 'ESTENDE'}, {'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Rapporto': 'ESTENDE'}, {'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"16-18","from":103.0,"to":126.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"A tale somiglianza erano\ngli argini dell'infernale ruscello: solo che l'artefice, chiunque\nsi fosse, non feceli n\u00e8 s\u00ec alti, n\u00e8 s\u00ec grossi, come quelli de'\nFiamminghi contra 'l mare, o de' Padovani contro la Brenta: ma\npi\u00f9 bassi e pi\u00f9 piccioli, proponzionati alla picciolezza del\nruscello. Dicendo qual che si fosse lo maestro<\/b>, cio\u00e8 il\nfabbricatore, mostra di dubitare, se, come alla terra creata da\nDio hanno gli uomini aggiunte delle opere, cos\u00ec all'Inferno pur\nfatto dalla divina potestate<\/i> [Inf. III, 5] abbiano i Demoni\naggiunto alcuna cosa.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"15","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" A tale immagine"],"FrammentoNota":"
A tale somiglianza erano gli argini dell'infernale ruscello: solo che l'artefice, chiunque si fosse, non feceli nè sì alti, nè sì grossi, come quelli de' Fiamminghi contra 'l mare, o de' Padovani contro la Brenta: ma più bassi e più piccioli, proponzionati alla picciolezza del ruscello.  Dicendo qual che si fosse lo maestro<\/b>, cioè il fabbricatore, mostra di dubitare, se, come alla terra creata da Dio hanno gli uomini aggiunte delle opere, così all'Inferno pur fatto dalla divina potestate<\/i> [Inf. III, 5] abbiano i Demoni aggiunto alcuna cosa.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. III 5","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"fecemi la divina podestate","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=3","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"10-12","from":13643.0,"to":13664.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"A varcar la soglia\ndell'Inferno, a dannarsi, non v'\u00e8 alcuna difficolt\u00e0.  C. V, 20:\n«Non t'inganni l'ampiezza dell'entrare.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"14","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":["  Lo cui sogliare"],"FrammentoNota":"
A varcar la soglia dell'Inferno, a dannarsi, non v'è alcuna difficoltà.  C. V, 20: «Non t'inganni l'ampiezza dell'entrare.»<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. V, 20","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"non t'inganni l'ampiezza de l'intrare!","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=5","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"87","from":13156.0,"to":13159.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Abbastanza chiaramente\ncon questi versi dichiara il Poeta che al Purgatorio, dove si\ntrovava, era notte.  Solo rimane ad indagare cosa per cotai\npassi<\/b> s'abbia a intendere; se, com'alcuni pensano, le ore,\ndelle quali dodici ne contava la notte in quel tempo d'equinozio;\no se, com'altri dicono, le quattro vigilie, le quattro uguali\nparti, nelle quali soleva dagli antichi la notte di qualunque\nstagione dividersi [Di tale sentimento sono tra gli altri il\nVellutello, e il Rosa Morando].  Il contesto per\u00f2 per due\nriguardi onninamente ne costringe ad intendere le vigilie, e non\nl'ore.  Primieramente pe 'l detto imbiancamento dell'aurora al\nbalzo<\/i> {v.2}, o sia all'estremit\u00e0, orientale di quell'emisfero. \nImperocch\u00e8 intesi pe' i passi della notte le ore, dovremmo\nintendere che non fosse al Purgatorio per anche compiuta la\nterz'ora della notte: e se al Purgatorio, su 'l colmo\ndell'emisfero, non era compiuta l'ora terza della notte, non\npoteva alla estremit\u00e0 orientale del medesimo emisfero [in\ndistanza di gradi 90] essere compiuta l'ora nona di notte.  Or in\ntempo d'equinozio, com'era quello, tanto \u00e8 il dire non compiuta\nl'ora nona della notte, quanto \u00e8 il dire che mancassero a venir\ngiorno pi\u00f9 di tre ore; e pi\u00f9 di tre ore avanti 'l giorno non pu\u00f2\nmai all'oriente di un luogo antipodo a Gerusalemme [com'era il\nmonte del Purgatorio [Purg. IV, 67 e segg.]] biancheggiare\nl'aurora.  Questo \u00e8 il primo riguardo.  L'altro \u00e8 che cerchiando\nla notte [come Dante concepisce [Purg. II, 4]] opposta al Sole,\npresto \u00e8 inteso che la medesima notte colle due prime vigilie\nsalga, e che colla terza e quarta vigilia scenda; e presto\nconseguentemente si capisce ch'elegantemente dica il Poeta E la\nnotte de' passi, con che sale, fatti avea due, e 'l terzo gi\u00e0\nchinava in giuso l'ale<\/i><\/b>, in vece di dire che fatto aveva la notte\nle due vigilie, colle quali nel suo giro sale, e gi\u00e0 la terza\nvigilia incominciava a fare scendendo.  All'opposto poi,\nintendendosi pe' i passi della notte le ore, come verificarassi\nche una notte equinoziale, cio\u00e8 d'ore 12, colle due prime ore\nsalga, e colla terza discenda?\n\n\tDi quel verso dell'Ariosto Del palafreno il cacciator\ngi\u00f9 sale<\/i><\/b> [Fur.<\/i> VIII, 6] ha il Vocabolario della Crusca formato\nun esempio per istabilire che il verbo salire<\/i> non significhi\nsolamente ascendere<\/i>, ma anche discendere<\/i>; e su del medesimo\nfondamento vuole il summentovato sig. Rosa Morando, che le\npresenti parole del poeta nostro con che sale<\/b> debbansi riferire\nanche al terzo passo<\/b>, che scende; perch\u00e8, dice, salire<\/i><\/b> ha\ndoppio significato, e val discendere<\/i> non men che ascendere.<\/i>\n\n\tA me per\u00f2 sembra dall'esempio dell'Ariosto dedursi, non\nche il verbo salire<\/i> assolutamente, com'\u00e8 nei versi nostri,\nadoprato significhi ascendere<\/i> e discendere<\/i>, ma che preso al\nmodo che adopranlo alcuna fiata i Latini, per saltare<\/i>, possa\nindifferentemente unirsi e colla particella gi\u00f9<\/i> a significare\ndiscesa, e colla particella su<\/i> a significare ascensione.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  E la notte de' passi"],"FrammentoNota":"
in tempo d'equinozio, com'era quello, tanto è il dire non compiuta l'ora nona della notte, quanto è il dire che mancassero a venir giorno più di tre ore; e più di tre ore avanti 'l giorno non può mai all'oriente di un luogo antipodo a Gerusalemme [com'era il monte del Purgatorio [Purg. IV, 67 e segg.]] biancheggiare l'aurora. <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. IV 67-71","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Come ciò sia, se 'l vuoi poter pensare,
dentro raccolto, imagina Sïòn
con questo monte in su la terra stare
sì, ch'amendue hanno un solo orizzòn
e diversi emisperi","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=38&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Rapporto': 'CONFERMA'}, {'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/filippo-rosa-morando-1751', 'Rapporto': 'CONFERMA'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"7-9","from":8105.0,"to":8110.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Accenna Dante\nche la situazione sua fosse alla sinistra del trionfale carro, e\nche perci\u00f2 Beatrice per parlargli pi\u00f9 da vicino si mettesse su\nla sponda del carro sinistra.<\/b> La cagione poi di cotale\nsinistra situazione per la parte di Dante dovrebbe essere a\ndinotarsi ancor soggetto a riprensione di peccato; di quello\ncio\u00e8 per cui nel finale Giudizio staranno i reprobi alla\nsinistra del divin tribunale. Vedi anche ci\u00f2 ch'\u00e8 detto Purg.\nXXVIII, 26.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"30","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" In su la sponda del carro sinistra."],"FrammentoNota":"
La cagione poi di cotale sinistra situazione per la parte di Dante dovrebbe essere a dinotarsi ancor soggetto a riprensione di peccato; di quello cioè per cui nel finale Giudizio staranno i reprobi alla sinistra del divin tribunale.  Vedi anche ciò ch'è detto Purg. XXVIII, 26.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. XXVIII 26","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"che 'nver' sinistra con sue picciole onde","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=62&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"61","from":30310.0,"to":30317.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Accenna che i beati\nin quella croce cantassero senza ch'egli intender potesse ci\u00f2\nche si cantassero~; e paragona il piacere che nondimeno esso\ncanto recavagli~, al piacere che ha tal uno sentendo toccare\ninsieme molte corde di musicali ben accordati instrumenti~,\nquantunque non capisca distintamente~, ma sol in confuso~, le\nnote.  Giga<\/i> ed arpa<\/i>, instrumenti da corde [Vedi 'l Vocab.\ndella Crusca.] — apparinno<\/i> per apparirono<\/i> [Vedi 'l Prosp.\nde verbi Tosc.<\/i> sotto il verbo apparire<\/i> num. 12.] — melode<\/i>\nper melodia [dal basso Latino melos melodis<\/i> [Vedi il Glossario\ndel Dufresne art.  melos.<\/i>]] adoprato dal Poeta anche fuor di\nrima [Paradiso XXIV. 114.  e XXVIII. 119.].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"14","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  E come giga ed arpa ec."],"FrammentoNota":"
melode <\/i>per melodia [...] adoprato dal Poeta anche fuor di rima [Paradiso XXIV. 114.  e XXVIII. 119.]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Par. XXIV 114","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"ne la melode che là sù si canta.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=91&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"118-123","from":13922.0,"to":13966.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Accenna con\nquest'altro aggiunto ch'erano nel Limbo l'anime de' gentili\nadulti dalle anime de' fanciulli separate — le tre sante\nvirt\u00f9<\/b>, le tre virt\u00f9 che riguardano immediatamente Dio, e che\nperci\u00f2 teologali s'appellano, fede, speranza, e carit\u00e0.  N\u00e8\ncontraddice questo a ci\u00f2 che disse di sopra v. 8, di aver egli\nperduto il cielo per non aver f\u00e8<\/i>; imperocch\u00e8 tanto \u00e8 il dire di\nnon aver fede, quanto \u00e8 il dire di non avere nissuna delle tre\nprefate virt\u00f9 — e senza vizio conobber<\/i><\/b> ec.  Costruzione.  E\nconobber l'altre virt\u00f9, e tutte quante seguiro, senza vizio<\/b>,\nsenza alcun peccato contro di esse.  Bene qu\u00ec 'l Venturi, dopo di\navere avvisato che tal esercizio costante per tutta la vita di\ntutte le virt\u00f9 morali, senza verun atto delle virt\u00f9 teologali, \u00e8\nuna chimera<\/i><\/b>; e dopo di aver riferito quanto delle pi\u00f9 lodate\nazioni degl'infedeli scrive s. Agostino de spir. et lit.<\/i> c. 27. \nSi discutiantur quo fine fiant, vix inveniuntur quae iustitiae\ndebitam laudem, defensionemve mereantur: per\u00f2<\/i>, termina,\nconvien soggiungere che ancora un infedele pu\u00f2 fare nelle\noccasioni almeno pi\u00f9 facili, qualche azione interamente onesta di\nmera onest\u00e0 morale, eziandio senz'aiuto di grazia soprannaturale,\nsecondo la pi\u00f9 comune, e pi\u00f9 probabile interpretazione di\nquell'oracolo<\/i>: Gentes, quae legem non habent, naturaliter ea,\nquae legis sunt, faciunt.  Rom. 2.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Quivi sto io con quei che"],"FrammentoNota":"
dopo di aver riferito quanto delle più lodate azioni degl'infedeli scrive s. Agostino de spir. et lit.<\/i> c. 27.  Si discutiantur quo fine fiant, vix inveniuntur quae iustitiae debitam laudem, defensionemve mereantur<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q8018","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q11862247","InfoCitazione.LuogoFonte":"XXVII 48","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Si autem hi, qui naturaliter quae legis sunt faciunt, nondum sunt habendi in numero eorum, quos Christi iustificat gratia, sed in eorum potius, quorum etiam impiorum nec Deum verum veraciter iusteque colentium quaedam tamen facta vel legimus vel novimus vel audivimus, quae secundum iustitiae regulam non solum vituperare non possumus, verum etiam merito recteque laudamus quamquam si discutiatur, quo fine fiant, vix inveniuntur quae iustitiae debitam laudem defensionemve mereantur.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.augustinus.it\/latino\/spirito_lettera\/index.htm","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'CONFERMA'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"34-36","from":6303.0,"to":6309.0,"NomeAutore":"Agostino d'Ippona","TitoloFonte":"De spiritu et littera"},
+{"Annotazione":"Accenna d'essersi delle\ncose, che \u00e8 per dire, sognato circa il nascere dell'aurora; nel\nqual tempo, secondo sul'antica superstizione, avevansi i sogni\nper veritieri.  Namque sub aurora<\/i> [scrive Ovidio] iam\ndormitante lucerna; Tempore quo cerni somnia vera solent<\/i> [Ep.\n5].  Somnium post somnum<\/i> [ch'\u00e8 appunto presso al mattino<\/i>]\nefficax est, atque eveniet, sive bonum sit, sive malum<\/i>, scrive\nanche Suida [Art. %o%nu%epsilon%iota%rho%o%nu\\].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"26","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Se presso al mattin"],"FrammentoNota":"
Accenna d'essersi delle cose, che è per dire, sognato circa il nascere dell'aurora; nel qual tempo, secondo sul'antica superstizione, avevansi i sogni per veritieri.  Namque sub aurora<\/i> [scrive Ovidio] iam dormitante lucerna; Tempore quo cerni somnia vera solent<\/i> [Ep. 5].<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1236672","InfoCitazione.LuogoFonte":"XIX 195-196","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Namque sub aurora, iam dormitante lucerna,       
Somnia quo cerni tempore uera solent","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.mqdq.it\/texts\/OV|epis|019","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"7","from":24769.0,"to":24773.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Eroidi"}, +{"Annotazione":"Accenna e succintamente\ntraduce quei versi dell'egloga 4 dove Virgilio dice venuto il\ntempo d'adempiersi la profezia della Sibilla Cumana\n\n Magnus ab integro saeclorum nascitur ordo.<\/i>\n Iam redit et virgo, redeunt Saturnia regna<\/i>:\n Iam nova progenies caelo demittitur alto<\/i> \n [Vers. 4 e segg.]\n\nVirgilio, giusta la chiosa dell'antico e celebre di lui\ncomentator Servio, applic\u00f2 cotale vaticinio al nato Salonio\nfiglio di Asinio Pollione: alcuni per\u00f2 cristiani scrittori [Vedi\nNat. Aless. Hist. eccl. saecul.<\/i> 1 diss.<\/i> 1] l'intendono\ndell'incarnazione del divin Verbo; ed istessamente finge Dante\nche l'intendesse anche Stazio.\n\n\tSecol si rinnuova<\/i>, traduce Dante cos\u00ec il primo de' tre\nVirgiliani versi Magnus ab integro saeclorum nascitur ordo<\/i><\/b> —\nTorna giustizia, e primo tempo umano<\/b>, traduce l'altro Iam\nredit et virgo<\/i> [Astrea, Dea della giustizia] redeunt Saturnia\nregna<\/i> — E progenie scende dal ciel nuova<\/i><\/b>, esprime l'ultimo\nIam nova progenies caelo demittitur alto<\/i><\/b> — Per l'autorit\u00e0 di\nsoli sei mss. contro il grandissimo numero degli altri da essi\nveduti, e contro il leggere di tutte l'edizioni, hanno voluto gli\nAccademici della Crusca inserire progenie discende<\/i> in vece di\nprogenie scende<\/b>, minorando la grazia del verso senza veruna\nnecessit\u00e0.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"22","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Quando dicesti"],"FrammentoNota":"
Accenna e succintamente traduce quei versi dell'egloga 4 dove Virgilio dice venuto il tempo d'adempiersi la profezia della Sibilla Cumana\r\n     Magnus ab integro saeclorum nascitur ordo.<\/i>\r\n     Iam redit et virgo, redeunt Saturnia regna<\/i>:\r\n     Iam nova progenies caelo demittitur alto<\/i> \r\n      [Vers. 4 e segg.]\r\n[...].\r\n\tSecol si rinnuova<\/i>, traduce Dante così il primo de' tre Virgiliani versi Magnus ab integro saeclorum nascitur ordo<\/i>  —  Torna giustizia, e primo tempo umano<\/b>, traduce l'altro Iam redit et virgo<\/i> [Astrea, Dea della giustizia] redeunt Saturnia regna<\/i>  — E progenie scende dal ciel nuova<\/b>, esprime l'ultimo Iam nova progenies caelo demittitur alto.<\/i><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","InfoCitazione.Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/eclogae","InfoCitazione.LuogoFonte":"IV 5-7","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"magnus ab integro saeclorum nascitur ordo:
iam redit et Virgo, redeunt Saturnia regna;
iam nova progenies caelo demittitur alto.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi001.perseus-lat1:4","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"70-72","from":22051.0,"to":22053.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":null}, +{"Annotazione":"Accenna il\ncostume ch'era de' frati minori di cantare in coro la vita di s.\nFrancesco [Vaddingo Annal. Min.<\/i> an. 1244. num. XIII. e\nsbaglia di largo il Daniello dicendo, che al tempo del Poeta non\nera s. Francesco ancor canonizzato; quando che, come attesta\ns. Bonaventura nella di lui vita, fu egli canonizzato del\n1228, e Dante nacque nel 1265.]; e vuole inteso che i frati la\ncantassero bens\u00ec, ma non intendessero cos\u00ec perfettamete il\nsublime pregio delle serafiche di lui virt\u00f9, come inteso\nl'avrebbero i serafini del cielo ove colass\u00f9 cantata fosse.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"11","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" La cui miribil vita meglio ec."],"FrammentoNota":"
Sbaglia di largo il Daniello dicendo, che al tempo del Poeta non era s.  Francesco ancor canonizzato; quando che, come attesta s.  Bonaventura nella di lui vita, fu egli canonizzato del 1228, e Dante nacque nel 1265<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43746","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q377357","InfoCitazione.LuogoFonte":"XV vii 4","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Veniens itaque personaliter ad civitatem Assisii anno dominicae Incarnationis millesimo ducentesimo vigesimo octavo, decimo septimo kalendas Augusti, die dominico, cum maximis quae longum foret enarrare solemniis, beatum Patrem catalogo Sanctorum adscripsit.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.documentacatholicaomnia.eu\/04z\/z_1221-1274__Bonaventura__Legenda_Major_Sancti_Francisci__LT.pdf.html","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"95-96","from":10770.0,"to":10784.0,"NomeAutore":"Bonaventura da Bagnoregio","TitoloFonte":"Leggenda maggiore"},
+{"Annotazione":"Accenna il fatto\nmedesimo, che ode qu\u00ec<\/b> da Marco, del traviamento cio\u00e8 degli\nuomini, aver gi\u00e0 altrove<\/b> udito, cio\u00e8 da Guido del Duca nel\npassato balzo [Purg. XIV, 29 e segg.]: e conciossiach\u00e8 quanto pi\u00f9\nrendesi certa l'esistenza di un effetto maraviglioso, tanto\nmaggiormente s'accresca nell'uom filosofo la brama di saperne la\ncagione, perci\u00f2 aggiunge che, essendogli la certezza del fatto\nresa del doppio maggiore, del doppio maggiore sia anche in lui\ndivenuto il dubbio, che a cotal fatto gli si accoppia, o sia\nl'ansiet\u00e0, che lo stesso dubbio eccita, di saper la ragione onde\nci\u00f2 avvenisse.  Dell'aggettivo scempio<\/b> al senso di semplice<\/i>\nvedi 'l Vocabolario della Crusca.  \n\n\tIntende il Venturi: che ripeta Dante il raddoppiamento\ndel suo dubbio dall'udire da Marco stesa a tutto il mondo quella\ncorruttela che aveva Guido affermata d'alcun paese solamente.  Ma\ncome poi v'aggiusterem noi quel che mi fa certo qu\u00ec ed altrove<\/i><\/b>?\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"16","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Prima era scemio, ed ora"],"FrammentoNota":"
Accenna il fatto medesimo, che ode quì<\/b> da Marco, del traviamento cioè degli uomini, aver già altrove<\/b> udito, cioè da Guido del Duca nel passato balzo [Purg. XIV, 29 e segg.]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. XIV 29-42","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"\"Non so; ma degno
ben è che 'l nome di tal valle pèra;
ché dal principio suo, ov'è sì pregno
l'alpestro monte ond'è tronco Peloro,
che 'n pochi luoghi passa oltra quel segno,
infin là 've si rende per ristoro
di quel che 'l ciel de la marina asciuga,
ond'hanno i fiumi ciò che va con loro,
vertù così per nimica si fuga
da tutti come biscia, o per sventura
del luogo, o per mal uso che li fruga:
ond'hanno sì mutata lor natura
li abitator de la misera valle,
che par che Circe li avesse in pastura.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=48&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"55-57","from":15754.0,"to":15778.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Accenna il favoloso\ntragico avvenimento dei due Babilonesi giovani amanti Piramo, e\nTisbe, raccontatoci da Ovidio [Metam.<\/i> IV, 55 e segg.]; e fu,\nche datosi questi due amanti l'appuntamento di ritrovarsi soli\nfuor di citt\u00e0, ad un cert'arbore di gelso, vi pervenne Tisbe la\nprima. Ma vedendo venire verso di se una lionessa, fugg\u00ec ella\ncon tanta fretta, che lasci\u00f2 a pi\u00e8 del gelso il proprio velo. \nQuesto la fiera trovando, e stracciando, e del fresco sangue,\nond'era intrisa di straziati animali imbrattando, se ne and\u00f2. \nGiunse intanto Piramo al pattuito luogo, ed osservate avendo\nprima nel polveroso suolo le recenti pedate della partita fiera,\nindi vedendo que' pezzi insanguinati del velo, che ben conobbe\ndella sua amata, credendola dalla fiera divorata, disperatamente\ncol proprio pugnale si trafisse il petto. Mentre giaceva\nmoribondo per terra, e gi\u00e0 la morte gli chiudeva gli occhi,\nsopravvenne Tisbe, e tra le alte acerbe strida se stessa\nnominando, riapr\u00ec Priamo i moribondi occhi a riguardarla: ma di\nnuovo e per ultimo colla morte chiudendoli, la disperata Tisbe\ncol pugnale medesimo del suo amante si uccise: ed il sangue ivi\nsparso de' due amanti f\u00e8 s\u00ec, che il gelso, il quale per lo\ninnanzi produceva i suoi frutti bianchi, producesseli di poi\nvermigli — Gelso<\/b> al medesimo significato di gelsa<\/i><\/b>, o mora<\/i>\npon qu\u00ec Dante.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"27","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Come al nome di Tisbe"],"FrammentoNota":"
Accenna il favoloso tragico avvenimento dei due Babilonesi giovani amanti Piramo, e Tisbe, raccontatoci da Ovidio [Metam.<\/i> IV, 55 e segg.]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","InfoCitazione.LuogoFonte":"IV 55-166","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"“Pyramus et Thisbe, iuvenum pulcherrimus alter,
altera, quas oriens habuit, praelata puellis,
contiguas tenuere domos, ubi dicitur altam
coctilibus muris cinxisse Semiramis urbem.
Notitiam primosque gradus vicinia fecit:
tempore crevit amor. Taedae quoque iure coissent:
sed vetuere patres. Quod non potuere vetare,
ex aequo captis ardebant mentibus ambo.
Conscius omnis abest: nutu signisque loquuntur,
quoque magis tegitur, tectus magis aestuat ignis.
Fissus erat tenui rima, quam duxerat olim,
cum fieret paries domui communis utrique.
Id vitium nulli per saecula longa notatum
(quid non sentit amor?) primi vidistis amantes,
et vocis fecistis iter; tutaeque per illud
murmure blanditiae minimo transire solebant.
Saepe, ubi constiterant hinc Thisbe, Pyramus illinc,
inque vices fuerat captatus anhelitus oris,
“invide” dicebant “paries, quid amantibus obstas?
quantum erat, ut sineres toto nos corpore iungi,
aut hoc si nimium est, vel ad oscula danda pateres?
Nec sumus ingrati: tibi nos debere fatemur,
quod datus est verbis ad amicas transitus aures.”
Talia diversa nequiquam sede locuti
sub noctem dixere ”vale” partique dedere
oscula quisque suae non pervenientia contra.
Postera nocturnos aurora removerat ignes,
solque pruinosas radiis siccaverat herbas:
ad solitum coiere locum. Tum murmure parvo
multa prius questi, statuunt, ut nocte silenti
fallere custodes foribusque excedere temptent,
cumque domo exierint, urbis quoque tecta relinquant;
neve sit errandum lato spatiantibus arvo,
conveniant ad busta Nini lateantque sub umbra
arboris. Arbor ibi, niveis uberrima pomis
ardua morus, erat, gelido contermina fonti.
Pacta placent. Et lux, tarde discedere visa,
praecipitatur aquis, et aquis nox exit ab isdem.
Callida per tenebras versato cardine Thisbe
egreditur fallitque suos, adopertaque vultum
pervenit ad tumulum, dictaque sub arbore sedit.
Audacem faciebat amor. Venit ecce recenti
caede leaena boum spumantes oblita rictus,
depositura sitim vicini fontis in unda.
Quam procul ad lunae radios Babylonia Thisbe
vidit et obscurum timido pede fugit in antrum,
dumque fugit, tergo velamina lapsa reliquit.
Ut lea saeva sitim multa conpescuit unda,
dum redit in silvas, inventos forte sine ipsa
ore cruentato tenues laniavit amictus.
Serius egressus vestigia vidit in alto
pulvere certa ferae totoque expalluit ore
Pyramus: ut vero vestem quoque sanguine tinctam
repperit, “una duos” inquit “nox perdet amantes.
E quibus illa fuit longa dignissima vita,
nostra nocens anima est: ego te, miseranda, peremi,
in loca plena metus qui iussi nocte venires,
nec prior huc veni. Nostrum divellite corpus,
et scelerata fero consumite viscera morsu,
o quicumque sub hac habitatis rupe, leones.
Sed timidi est optare necem.” Velamina Thisbes
tollit et ad pactae secum fert arboris umbram;
utque dedit notae lacrimas, dedit oscula vesti,
“accipe nunc” inquit “nostri quoque sanguinis haustus!”
quoque erat accinctus, demisit in ilia ferrum,
nec mora, ferventi moriens e vulnere traxit.
Ut iacuit resupinus humo: cruor emicat alte,
non aliter quam cum vitiato fistula plumbo
scinditur et tenui stridente foramine longas
eiaculatur aquas atque ictibus aera rumpit.
Arborei fetus adspergine caedis in atram
vertuntur faciem, madefactaque sanguine radix
purpureo tingit pendentia mora colore.
Ecce metu nondum posito, ne fallat amantem,
illa redit iuvenemque oculis animoque requirit,
quantaque vitarit narrare pericula gestit.
Utque locum et visa cognoscit in arbore formam,
sic facit incertam pomi color: haeret, an haec sit.
Dum dubitat, tremebunda videt pulsare cruentum
membra solum, retroque pedem tulit, oraque buxo
pallidiora gerens exhorruit aequoris instar,
quod tremit, exigua cum summum stringitur aura.
Sed postquam remorata suos cognovit amores,
percutit indignos claro plangore lacertos,
et laniata comas amplexaque corpus amatum
vulnera supplevit lacrimis fletumque cruori
miscuit et gelidis in vultibus oscula figens
“Pyrame” clamavit “quis te mihi casus ademit?
Pyrame, responde: tua te carissima Thisbe
nominat: exaudi vultusque attolle iacentes!”
Ad nomen Thisbes oculos iam morte gravatos
Pyramus erexit, visaque recondidit illa.
Quae postquam vestemque suam cognovit et ense
vidit ebur vacuum, “tua te manus” inquit “amorque
perdidit, infelix. Est et mihi fortis in unum
hoc manus, est et amor: dabit hic in vulnera vires.
Persequar exstinctum letique miserrima dicar
causa comesque tui; quique a me morte revelli
heu sola poteras, poteris nec morte revelli.
Hoc tamen amborum verbis estote rogati,
o multum miseri meus illiusque parentes,
ut quos certus amor, quos hora novissima iunxit,
conponi tumulo non invideatis eodem.
At tu quae ramis arbor miserabile corpus
nunc tegis unius, mox es tectura duorum,
signa tene caedis pullosque et luctibus aptos
semper habe fetus, gemini monimenta cruoris.”
Dixit, et aptato pectus mucrone sub imum
incubuit ferro, quod adhuc a caede tepebat.
Vota tamen tetigere deos, tetigere parentes:
nam color in pomo est, ubi permaturuit, ater,
quodque rogis superest, una requiescit in urna.”","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0959.phi006.perseus-lat1:4.55-4.166","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"37-39","from":27021.0,"to":27026.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, +{"Annotazione":"Accenna il racconto di\nVirgilio [Aeneid.<\/i> III, 73 e segg.], che Delo, isola\ndell'Arcipelago, tremasse una volta continuamente, e\ntrasportassesi qua e l\u00e0 per lo mare; e che cotali fenomeni vi\ncessassero allor che Latona partor\u00ec in quell'isola i gemelli\nApollo e Diana; che, per credersi Apollo il Sole, e Diana la\nLuna, giudiziosamente appella Dante li due occhi del cielo<\/b>;\ncome con non minore giudizio dal nido che forman gli uccelli per\ndeporvi i suoi parti, dice che Latona facesse in Delo il nido, in\nvece di dire, che vi alloggiasse per partorire.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Non si scotea"],"FrammentoNota":"
Accenna il racconto di Virgilio [Aeneid.<\/i> III, 73 e segg.]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","InfoCitazione.LuogoFonte":"III 73-77","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Sacra mari colitur medio gratissima tellus
Nereidum matri et Neptuno Aegaeo,
quam pius arquitenens oras et litora circum
errantem Mycono e celsa Gyaroque revinxit,
immotamque coli dedit et contemnere ventos.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi003.perseus-lat1:3.69-3.83","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"130-132","from":20439.0,"to":20461.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, +{"Annotazione":"Accenna l'opinione\nrimproverata agli uomini da Marco Lombardo nel XVI di questa\ncantica v. 67 e segg.\n\n Voi, che vivete, ogni cagion recate<\/i>\n Pur suso a cielo, si come se tutto<\/i>\n Movesse seco di necessitate.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" O ciel nel cui girar"],"FrammentoNota":"
Accenna l'opinione rimproverata agli uomini da Marco Lombardo nel XVI di questa cantica v. 67 e segg.\r\n     Voi, che vivete, ogni cagion recate<\/i>\r\n        Pur suso a cielo, si come se tutto<\/i>\r\n        Movesse seco di necessitate.<\/i>\r\n<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. XVI 67-69","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Voi che vivete ogne cagion recate
pur suso al cielo, pur come se tutto
movesse seco di necessitate.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=50","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"13-14","from":19624.0,"to":19629.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Accenna la preghiera\nfatta da principio a Virgilio\n\n . . . . . . . . . . i' ti richieggio<\/i>\n Per quello Dio, che tu non conoscesti<\/i>,\n Acciocch'io fugga questo male e peggio<\/i>,\n Che tu mi meni<\/i> ec. \n [Inf. I, 130 e segg.]\n\n\tDel verbo die'<\/i> apostrofato invece di diede<\/i> vedi 'l\nProspetto di verbi Toscani<\/i> sotto il verbo dare<\/i> n. 6.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"30","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" A cui per mia salute diemi."],"FrammentoNota":"
Accenna la preghiera fatta da principio a Virgilio\r\n     . . . . . . . . . . i' ti richieggio<\/i>\r\n        Per quello Dio, che tu non conoscesti<\/i>,\r\n        Acciocch'io fugga questo male e peggio<\/i>,\r\n     Che tu mi meni<\/i> ec. \r\n     [Inf. I, 130 e segg.]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. I 130-136","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"E io a lui: \"Poeta, io ti richeggio
per quello Dio che tu non conoscesti,
acciò ch'io fugga questo male e peggio,
che tu mi meni là dov'or dicesti,
sì ch'io veggia la porta di san Pietro
e color cui tu fai cotanto mesti\".","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=1&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"51","from":30240.0,"to":30248.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Accenna la teologica\nmassima, che opera ad extra sunt totius Trinitatis<\/i>: e per la\ndivina potestate<\/b> intende l'eterno Padre; per la somma\nsapienza<\/b>, il divin Verbo; pe 'l primo amore<\/b> lo Spirito santo. \nPatri<\/i><\/b> [dice s. Tommaso [P. I q. 55 art. 6]] attribuitur et\nappropriatur potentia .... Filio autem appropriatur sapientia\n.... Spiritui autem sancto appropriatur bonitas.<\/i> Vedi anche,\nse vuoi, Dante medesimo nel Convito [Tratt. 2 cap. 6].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Fecemi la divina"],"FrammentoNota":"
Accenna la teologica massima, che opera ad extra sunt totius Trinitatis<\/i>: e per la divina potestate<\/b> intende l'eterno Padre; per la somma sapienza<\/b>, il divin Verbo; pe 'l primo amore<\/b> lo Spirito santo.  Patri<\/i> [dice s. Tommaso [P. I q. 55 art. 6]] attribuitur et appropriatur potentia ....  Filio autem appropriatur sapientia ....  Spiritui autem sancto appropriatur bonitas.<\/i><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9438","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q653871","InfoCitazione.LuogoFonte":"I\u00aa q. 45 a. 6 ad 2 ","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"patri appropriatur potentia, quae maxime manifestatur in creatione, et ideo attribuitur patri creatorem esse. Filio autem appropriatur sapientia, per quam agens per intellectum operatur, et ideo dicitur de filio, per quem omnia facta sunt. Spiritui sancto autem appropriatur bonitas, ad quam pertinet gubernatio deducens res in debitos fines, et vivificatio, nam vita in interiori quodam motu consistit, primum autem movens est finis et bonitas.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.corpusthomisticum.org\/sth1044.html","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"5-6","from":2058.0,"to":2061.0,"NomeAutore":"Tommaso d'Aquino","TitoloFonte":"Summa Theologiae"},
+{"Annotazione":"Accenna qu\u00ec\nDante quel giustificante pentimento, che le purganti anime, dopo\nle sofferte pene, giunte al fiume Lete, prima d'esservi immerse,\nsentono in se stesse eccitarsi: siccome il Poeta attesta di se\nmedesimo col\u00e0 giunto:\n\n     Di penter s\u00ec mi punge ivi l'ort\u00ecca<\/i>,\n        Che di tutt'altre cose, qual mi torse<\/i>\n        Pi\u00f9 nel suo amor, pi\u00f9 mi si f\u00e8 nimica.<\/i>\n     Tanta riconoscenza il cuor mi morse<\/i>,\n        Che<\/i> ec.\n         [Purg. XXXI, 85 e segg.]\n\nPentuta<\/b>, da pentere<\/i><\/b>, addiettivo adoperato dal Boccaccio pure\ne dal Villani.  Vedi 'l Vocab. della Cr.\n\n\tSi trova, dice il Venturi, in qualche codice pentuta ha\nrimossa<\/i>, e allora pentuta<\/i><\/b> sarebbe nome sostantivo, come\npentimento<\/i><\/b>, rendendo questo senso: la penitenza ha tolto via\nogni vestigio di colpa.<\/i>  E vi \u00e8 chi giura aver ritrovata in\naltri scrittori classici tal voce antica in questo medesimo\nsignificato.\n\n\tNon vi \u00e8 qu\u00ec bisogno della voce pentuta<\/b> a questo senso;\nquando per\u00f2 vi fosse, l'esempio l'avremmo lampante dalla Cronica\ndi Donato Velluti prodottoci nel Vocabol. della Cr. sconfitti\ndue volte, come sono stati, ed essere sotto tiranno; di che\nn'hanno centomila pentute.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"14","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Quando la colpa pentuta \u00e8 rimossa."],"FrammentoNota":"
Accenna quì Dante quel giustificante pentimento, che le purganti anime, dopo le sofferte pene, giunte al fiume Lete, prima d'esservi immerse, sentono in se stesse eccitarsi: siccome il Poeta attesta di se medesimo colà giunto:  Di penter sì mi punge ivi l'ortìca<\/i>, \/ Che di tutt'altre cose, qual mi torse \/ <\/i> Più nel suo amor, più mi si fè nimica. \/<\/i>  Tanta riconoscenza il cuor mi morse<\/i>, \/ Che<\/i> ec.  [Purg. XXXI, 85 e segg.]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. XXXI 85-88","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Di penter sì mi punse ivi l'ortica,
che di tutte altre cose qual mi torse
più nel suo amor, più mi si fé nemica.
Tanta riconoscenza il cor mi morse,","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=65&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"138","from":13539.0,"to":13545.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Accenna qu\u00ec Dante ci\u00f2 che di\nNiccola III scrive Gio. Villani. Ancora imprese tenza<\/i>\n[tenzone, contrasto] col Re Carlo, per cagione, che il detto\nPapa fece richiedere lo Re Carlo d'imparentarsi con lui, volendo\ndare una sua nepote a uno nepote del Re, il quale parentado lo Re\nCarlo non volle assentire, dicendo: perch'egli abbia il\ncalzamento rosso, suo lignaggio non \u00e8 degno di mischiarsi col\nnostro; e che sua signor\u00eca non era retaggio. Per la qual cosa il\nPapa contro a lui indegnato, non fu poi suo amico; ma in tutte\ncose al segreto gli fu contrario; e del palese gli fece rifiutare\nil Sanato di Roma, e 'l vicariato di Toscana<\/i> ec. [Lib. 7 cap.\n54]. Gli espositori dicono in vece che Niccola III richiedesse\nal Re Carlo una figliuola per un suo nipote: ed il Volpi, e 'l\nVenturi danno al nominato Re Carlo il luogo di secondo<\/i>\nmalamente; imperocch\u00e8 mor\u00ec Carlo I del 1284 [Gio. Villani nel\ncit. lib. 7 cap. 94], quattro buoni anni dopo Niccola III.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Ch'esser ti fece"],"FrammentoNota":"
Accenna quì Dante ciò che di Niccola III scrive Gio. Villani.  <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","InfoCitazione.LuogoFonte":"VIII 54","InfoCitazione.NotaFonte":"Lombardi cita dalla Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 225 (VII 54).","InfoCitazione.TestoFonte":"prese tenza col re Carlo per cagione che 'l detto papa fece richiedere lo re Carlo d'imparentarsi co·llui, volendo dare una sua nipote per moglie a uno nipote del re, il quale parentado il re non volle asentire, dicendo: «Perch'egli abbia il calzamento rosso, suo lignaggio nonn–è degno di mischiarsi col nostro, e sua signoria nonn–era retaggio»; per la qual cosa il papa contro a·llui isdegnato, e poi non fu suo amico, ma in tutte cose al sagreto gli fu contrario, e del palese gli fece rifiutare il sanato di Roma e il vicariato dello imperio","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"99","from":18176.0,"to":18180.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
+{"Annotazione":"Accumula tanti aggettivi\n— gli stessi che user\u00e0 a descrivere l'inferno (Inf.<\/i>, XII, 92;\nPurg.<\/i>, II, 65) — non parendogli di poter adeguare a parole\nl'orrore della selva, selvaggia<\/b>, ossia incolta, non segnata da\nnessun sentiero, aspra<\/b>, di pruni, e forte<\/b>, difficile a\nsuperare.  In selva selvaggia<\/b> si nota una di quelle ripetizioni\ndi cui i nostri antichi si compiacevano come di un ornamento, che\npoi non manca di efficacia rappresentativa.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":["  selvaggia e aspra e forte"],"FrammentoNota":"
Accumula tanti aggettivi\r\n— gli stessi che userà a descrivere l'inferno (Inf.<\/i>, XII, 92;\r\nPurg.<\/i>, II, 65) — non parendogli di poter adeguare a parole\r\nl'orrore della selva, selvaggia<\/b>, ossia incolta, non segnata da\r\nnessun sentiero, aspra<\/b>, di pruni, e forte<\/b>, difficile a\r\nsuperare.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. XII, 91-93; Purg. II, 64-66","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Ma per quella virtù per cu’ io movo
li passi miei per sì selvaggia strada,
danne un de’ tuoi, a cui noi siamo a provo

[...] Dianzi venimmo, innanzi a voi un poco,
per altra via, che fu sì aspra e forte,
che lo salire omai ne parrà gioco».","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=12&start=1&L=0 ; https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=36&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"ESTENDE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"5","from":30.0,"to":35.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Ad esprimere che l'anima di\nAdamo [detta primaia<\/b> perch\u00e8 la prima, che Iddio creasse] gli\nmostr\u00f2 il genio di compiacerlo per lo stesso mezzo, gi\u00e0 dalle\naltre beate anime praticato [Vedi per esempio, Par. XXIV, 10 e\nsegg.], di far pi\u00f9 risplendente il lume in cui si nascondeva,\nreca la similitudine di un animale coperto con un panno, che\nbrogliando<\/b>, agitandosi, fa per l'invoglia<\/b> per la copertura,\nconoscere ci\u00f2 che brama. Un cane esempigrazia cos\u00ec per trastullo\ncoperto, fa per la copertura conoscere la brama di accostarsi se\nsi chiama, o di fuggire se si minaccia. Le migliaia di miglia si\ndiscostano da quest'ovvio senso tutti gl'interpreti; intendendo\nalcuni che animal coverto<\/i><\/b> vaglia coperto della propria pelle<\/i>,\naltri che coverto<\/b> vaglia covertamente<\/i><\/b>, e che covertamente\nbrogliare<\/i> vaglia manifestare sua voglia senza esprimersi con\nparole, come l'uomo fa. Mancano cio\u00e8 d'avvertire che, oltre\nl'insufficienza delle parole a cotali sensi, operando sempre\nl'animale ne' divisati modi, ridicolo si renderebbe l'aggiunto\ntal volta<\/i><\/b> — ven\u00eca gaia<\/b>, diveniva allegra.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"26","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Tal volta"],"FrammentoNota":"
Ad esprimere che l'anima di Adamo [...] gli mostrò il genio di compiacerlo per lo stesso mezzo, già dalle altre beate anime praticato [Vedi per esempio, Par. XXIV, 10 e segg.], di far più risplendente il lume in cui si nascondeva, reca la similitudine di un animale coperto con un panno<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Par. XXIV 10-12","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Così Beatrice; e quelle anime liete
si fero spere sopra fissi poli,
fiammando, volte, a guisa di comete.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=91&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"97-102","from":26048.0,"to":26087.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Ad imitazione de' verbi intanarsi<\/i>,\ningolfarsi<\/i>, incorporarsi ec.<\/i>, significanti entrare in tana<\/i>,\nin golfo<\/i>, in corpo ec.<\/i>, ha il poeta nostro~, in grazia\nmassime della rima~, formato inluiarsi<\/i> qu\u00ec per entrare in\nlui<\/i>, e nel v. 81. di questo medesimo canto intuarsi<\/i> ed\nimmiarsi<\/i> per entrare in te<\/i> e in me<\/i>, e finalmente Parad.\nXXII. 127. inleirasi<\/i> per entrare in lei.<\/i> A proposito di che\nsovvenga a chi mai schizzinosetto fosse il ricordo del Davanzati\ndi sopra commemorato [Al verso 40.~], che tutti i grandi formano\nnomi delle cose<\/i>; e che Quintiliano<\/i>, e tutti i gramatici\nl'approvano<\/i>, quando calzino. Illuia<\/i> in vece d' inluia<\/i>\nleggono qui l'edizioni diverse dalla Nidob.~, le quali per\u00f2\ntutte poi nel XXII. 127. di questa cantica leggono come la\nNidob. inlei<\/i> e non illei.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" S' inluia."],"FrammentoNota":"
Parad. XXII. 127.  inleiarsi<\/i> per entrare in lei.<\/i><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Par. XXII 127","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"e però, prima che tu più t'inlei,","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=89&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"73","from":8530.0,"to":8538.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Aderendo il Poeta, com'\u00e8 detto\nInf. III, 133, a ci\u00f2 che gli Stoici pensano, eos anhelitus\nterrae, qui frigidi sint, cum fluere coeperint, ventos esse<\/i>, dee\nadditar qu\u00ec cagionarsi tale flusso, tale scorrimento, per azione\ndel contrario calore.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Impetuoso per"],"FrammentoNota":"
Aderendo il Poeta, com'è detto Inf. III, 133, a ciò che gli Stoici pensano, eos anhelitus terrae, qui frigidi sint, cum fluere coeperint, ventos esse<\/i>, dee additar quì cagionarsi tale flusso, tale scorrimento, per azione del contrario calore.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1541","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q2416205","InfoCitazione.LuogoFonte":"II 44","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Placet enim Stoicis eos anhelitus terrae, qui frigidi sint, cum fluere coeperint, ventos esse; cum autem se in nubem induerint eiusque tenuissimam quamque partem coeperint dividere atque disrumpere idque crebrius facere et vehementius, tum et fulgores et tonitrua existere; si autem nubium conflictu ardor expressus se emiserit, id esse fulmen.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0474.phi053.perseus-lat1:2.44","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"68","from":8159.0,"to":8161.0,"NomeAutore":"Marco Tullio Cicerone","TitoloFonte":"De divinatione"},
+{"Annotazione":"Agli averi, per chi le soddisfaccia del\nproprio; alla salute, per tutti.  Ecclesiastico, XXXVII, 34:\n«Propter crapulam multi obiere.»  E un proverbio toscano: «Ne\nammazza pi\u00f9 la gola che la spada.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"06","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":["  Dannosa."],"FrammentoNota":"
Agli averi, per chi le soddisfaccia del proprio; alla salute, per tutti.  Ecclesiastico, XXXVII, 34: «Propter crapulam multi obiere.»<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q155980","InfoCitazione.LuogoFonte":"Siracide XXXVII, 34","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Propter crapulam multi obierunt<\/strong>;
qui autem abstinens est, adiciet vitam.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_ecclesiasticus_lt.html#37","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"53","from":5348.0,"to":5349.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Siracide"}, +{"Annotazione":"Al modo di chi nuota. \nNel C. innanzi: «Venir notando una figura in suso.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"17","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":[" L'aere a s\u00e8 raccolse."],"FrammentoNota":"l'aere a sè raccolse<\/strong>.  Al modo di chi nuota. Nel C. innanzi: «Venir notando una figura in suso.»","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. XVI, 131","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"venir notando una figura in suso","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=16","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"105","from":16222.0,"to":16231.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Alessandro Magno scrisse\nal suo maestro Aristotile, aver veduto in India cadere dal cielo\nfalde di fuoco, le quali neppure in terra si disfacevano (infino\na terra salde<\/b>); e Dante suppone, o Dio sa dove avea letto,\nch'egli le avesse fatte scalpitare alle sue milizie, perch\u00e8 il\nfoco pi\u00f9 facilmente spegnevasi (il vapore Me' si stingueva<\/b>)\nprima che ne sopraccadesse dell'altro (mentre ch'era solo<\/b>).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"14","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":[" Quali Alessandro"],"FrammentoNota":"Alessandro Magno scrisse al suo maestro Aristotile, aver veduto in India cadere dal cielo falde di fuoco, le quali neppure in terra si disfacevano (infino a terra salde<\/b>); e Dante suppone, o Dio sa dove avea letto, ch'egli le avesse fatte scalpitare alle sue milizie, perchè il foco più facilmente spegnevasi (il vapore Me' si stingueva<\/b>) prima che ne sopraccadesse dell'altro (mentre ch'era solo<\/b>).","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60059","InfoCitazione.Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/meteora","InfoCitazione.LuogoFonte":"Meteora I, iv, 8","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Admirabilem autem impressionem scribit Alexander ad Aristotelem in epistola de mirabilibus Indiae, dicens: \"Quemadmodum nivis nubes ignitae de aere cadebant, quas ipse militibus calcare praecepit\": et hoc fuit ideo, quia sub Cancro est terra ubi calor solis vaporem aquaeum exurit, et grossum terrestrem elevat, et statim exurit antequam ad aestum elevetur, et tunc a frigido loci expellitur, et cadit ad modum nivis","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/albertusmagnus.uwaterloo.ca\/PDFs\/Borgnet-volumen%2004.pdf","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"31-36","from":12745.0,"to":12747.0,"NomeAutore":"Alberto Magno","TitoloFonte":null}, +{"Annotazione":"Alfonso Re di Spagna, a'\ntempi di Dante, uomo di costumi effeminati. Volpi — quel di\nBuemme, che mai<\/b> ec. dee intendere quel medesimo Venceslao Re di\nBoemia, che di lussuria e d'ozio riprende nel VII del Purg. V,\n102 Buemme<\/b> per Boemia<\/i>, scrive anche Gio. Villani [Vedi, tra\ngli altri luoghi, Cron. lib. 9 cap. 66], ed \u00e8 forse maniera presa\ndal Francese Boheme.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Quel di Spagna"],"FrammentoNota":"
quel di Buemme, che mai<\/b> ec. dee intendere quel medesimo Venceslao Re di Boemia, che di lussuria e d'ozio riprende nel VII del Purg. v. 102<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. VII 101-102","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"fu meglio assai che Vincislao suo figlio
barbuto, cui lussuria e ozio pasce.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=41","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"125-126","from":19025.0,"to":19028.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Alla\ninterrogazione di Dante risponde Francesca, ed acquistando\nbenivolenza da lui, mostra, che quantunque penoso le sia il\nricordarsi del tempo passato, nientedimeno far\u00e0 quel che dimanda. \nDice adunque Dante: fatta per me la interrogazione sopraddetta, e\nquella, Francesca, disse a me: Nessuno \u00e8 maggior dolore che\nessendo nella miseria ricordarsi del passato tempo felice, e ci\u00f2\nsa il tuo dottore Virgilio. Questo dice, perocch\u00e8 Virgilio, nel\nII libro dell'Eneide<\/i>, introdusse Enea usare a Dido simil parola\nove disse: «Infandum, Regina, jubes renovare dolorem». E poco di\nsotto disse: «Quanquam animus meminisse horret, luctuque refugit,\nIncipiam, etc.». Continuiamo il parlar di Francesca: nessuno \u00e8\nmaggior dolore, che ricordarsi del tempo felice, qual posso dir\nch'era il tempo del mio innamoramento, quando prendeva piacer\nsensuale, per rispetto del tempo presente, nel qual, essendo in\ntormenti, sono ancora privata di quei diletti, nei quali io\nfaceva stima, che consistesse la mia beatitudine. Or, quantunque\nnessuno mi sia maggior dolore, che ricordarmi di questo, pur, se\ntu hai cotanto affetto, cotanto desiderio a conoscer la prima\nradice del nostro male, io, a tua requisizione, far\u00f2 come colui\nche piange e dice: viene a dire, io piangendo ti dir\u00f2 quel che\nvuoi sapere, e comincialo a dire.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"Guiniforto delli Bargigi 1440","Frammenti":[" E quella a me: nessun maggior dolore"],"FrammentoNota":"
Dice adunque Dante: fatta per me la interrogazione sopraddetta, e\r\nquella, Francesca, disse a me: Nessuno è maggior dolore che\r\nessendo nella miseria ricordarsi del passato tempo felice, e ciò\r\nsa il tuo dottore Virgilio.  Questo dice, perocchè Virgilio, nel\r\nII libro dell'Eneide<\/i>, introdusse Enea usare a Dido simil parola\r\nove disse: «Infandum, Regina, jubes renovare dolorem».  E poco di\r\nsotto disse: «Quanquam animus meminisse horret, luctuque refugit,\r\nIncipiam, etc.».<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","InfoCitazione.LuogoFonte":"II, 1-13","InfoCitazione.NotaFonte":"Ma i commenti novecenteschi (cfr. ad es. Anna Maria Chiavacci Leonardi, ad loc.) indicano Boezio, Cons. II 4, 2 come fonte pi\u00f9 prossima al passo dantesco: \"in omni adversitate fortunae infelicissimum est genus infortunii fuisse felicem\".","InfoCitazione.TestoFonte":"Conticuere omnes, intentique ora tenebant.
Inde toro pater Aeneas sic orsus ab alto:
Infandum, regina, iubes renovare dolorem,
Troianas ut opes et lamentabile regnum
eruerint Danai; quaeque ipse miserrima vidi,
et quorum pars magna fui. Quis talia fando
Myrmidonum Dolopumve aut duri miles Ulixi
temperet a lacrimis? Et iam nox umida caelo
praecipitat, suadentque cadentia sidera somnos.
Sed si tantus amor casus cognoscere nostros
et breviter Troiae supremum audire laborem,
quamquam animus meminisse horret, luctuque refugit,
incipiam.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055%3Abook%3D2%3Acard%3D1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"121-126","from":4824.0,"to":4831.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, +{"Annotazione":"Alla proposizione — canter\u00f2 la grerra s\u00ec\ndel cammino e s\u00ec della pietate<\/i> {v.5} — fa seguire subito\nl'invocazione alle muse, perch\u00e9 a narrare il viaggio per\nl'inferno l'ispirazione di queste gli \u00e8 sufficiente. Nel\nParadiso<\/i> si richieder\u00e0 anche quella di Apollo. — o alto\ningegno<\/b>: Sa d'aver ingegno adeguato all'altezza della materia\npresa a cantare, e lo dice chiaro (cfr. Inf.<\/i><\/b>, IV, 100 e segg.;\nPurg.<\/i>, XXX, 109 e segg.; Par.<\/i>, XXII, 112 e segg.), non per\niattanza, ma per obbedir alla virt\u00f9 della verit\u00e0<\/i>, la quale,\nsecondo gl'insegnava Aristotile, Modera noi dal vantare noi\noltre che siamo e da lo diminuire noi oltre che siamo, in nostro\nsermone<\/i> (Conv.<\/i>, IV, xvii, 6).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":[" O Muse"],"FrammentoNota":"
Sa d'aver ingegno adeguato all'altezza della materia\r\npresa a cantare, e lo dice chiaro (cfr. Inf.<\/i>, IV, 100 e segg.;\r\nPurg.<\/i>, XXX, 109 e segg.; Par.<\/i>, XXII, 112 e segg.), non per\r\niattanza, ma per obbedir alla virtù della verità<\/i>, la quale,\r\nsecondo gl'insegnava Aristotile, Modera noi dal vantare noi\r\noltre che siamo e da lo diminuire noi oltre che siamo, in nostro\r\nsermone<\/i> (Conv.<\/i>, IV, xvii, 6).<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","InfoCitazione.LuogoFonte":"IV, xvii, 6","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"La nona si è chiamata Veritade, la quale modera noi dal vantare noi oltre che siamo e dallo diminuire noi oltre che siamo, in nostro sermone.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=67&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"ESTENDE","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"7","from":1038.0,"to":1040.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
+{"Annotazione":"Allegoric., vaneggiante in morale\ne in politica.  Purg., XVIII, 87: «Stava com'uom che sonnolento\nvana.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":["  Pien di sonno."],"FrammentoNota":"
Allegoric., vaneggiante in morale e in politica.  Purg., XVIII, 87: «Stava com'uom che sonnolento\r\nvana.»<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. XVIII, 87","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"stava com’om che sonnolento vana.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=52&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"11","from":79.0,"to":82.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Allude Dante al detto di\nVirgilio\n\n     . . . . . . facilis descensus Averni<\/i>:\n        Sed revocare gradum, superasque evadere ad auras<\/i>\n        Hoc opus, hic labor est<\/i> \n         [Aeneid.<\/i> VI, 126 e segg.]\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"34","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Attienti ben, che"],"FrammentoNota":"
Allude Dante al detto di Virgilio\r\n     . . . . . . facilis descensus Averni<\/i>:\r\n        Sed revocare gradum, superasque evadere ad auras<\/i>\r\n        Hoc opus, hic labor est<\/i> \r\n         [Aeneid.<\/i> VI, 126 e segg.]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","InfoCitazione.LuogoFonte":"VI 126-129","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"facilis descensus Averno;
noctes atque dies patet atri ianua Ditis;
sed revocare gradum superasque evadere ad auras,
hoc opus, hic labor est.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi003.perseus-lat1:6.124-6.155","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"82-84","from":33691.0,"to":33709.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, +{"Annotazione":"Allude al facilis descensus\nAverni; sed revocare gradum, superasque evadere ad auras, hoc\nopus, hic labor est.<\/i> Aen. 6. Venturi. Ma forse ancora\nall'avviso di Ges\u00f9 Cristo Lata porta, et spatiosa via est quae\nducit ad perditionem<\/i> [Matt.<\/i> 7 v. 13].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Non t'inganni"],"FrammentoNota":"
Allude al facilis descensus Averni [...]; sed revocare gradum, superasque evadere ad auras, \/  hoc opus, hic labor est.<\/i>.  Venturi<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","InfoCitazione.LuogoFonte":"VI 126, 128-129.","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"facilis descensus Averno […]; 
sed revocare gradum, superasque evadere ad auras,
hoc opus, hic labor est.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Verg.+A.+6.128&fromdoc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'CONFERMA'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"20","from":4132.0,"to":4135.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, +{"Annotazione":"Allude il Poeta a quello:\nNon omnis, qui dicit mihi Domine Domine, intrabit in Regnum\ncaelorum<\/i> [Matth.<\/i> 7]. Venturi — prope<\/b>, appresso, voce\nLatina. Dell'uso di spargere i poeti, ed anche i prosatori\nItaliani voci Latine nei loro componimenti, vedi Infern. I, 65.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Molti gridan"],"FrammentoNota":"
Allude il Poeta a quello: Non omnis, qui dicit mihi Domine Domine, intrabit in Regnum caelorum<\/i> [Matth.<\/i> 7].  Venturi <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","InfoCitazione.LuogoFonte":"VII 21","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Non omnis, qui dicit mihi: “Domine, Domine”, intrabit in regnum caelorum, sed qui facit voluntatem Patris mei, qui in caelis est. ","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#7","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'CONFERMA'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"106-108","from":18892.0,"to":18894.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
+{"Annotazione":"Allusivamente al detto di s. Pietro Spiritu sancto inspirati\nlocuti sunt sancti Dei homines<\/i> [Ep. 2 cap. I], e, ad essere lo\nSpirito santo apparso in forma di colomba, vuol dire che non\ninspira a costoro le parole lo Spirito santo, ma il diavolo; e\nche questo nero uccellaccio, non la bianca colomba, s'annida in\nquel becchetto attorcigliato a guisa di nido intorno al collo od\nal capo, come di sopra ci ha il Varchi descritto.  Se questa\ndescrizione stata fosse al Venturi nota, avrebb'egli risparmiato\ndi dolersi, che per becchetto<\/i> gli espositori spieghino fascia\ndi cappuccio<\/i>, e di pretendere che debba piuttosto significare\nla punta del cappuccio<\/i>, qual pi\u00f9 atta ad immaginarsi come un\nnido.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Ma tale uccel nel becchetto s'annida."],"FrammentoNota":"
Allusivamente al detto di s. Pietro Spiritu sancto inspirati locuti sunt sancti Dei homines<\/i> [Ep. 2 cap. I], e, ad essere lo Spirito santo apparso in forma di colomba, vuol dire che non inspira a costoro le parole lo Spirito santo, ma il diavolo<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q33923","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q131178","InfoCitazione.LuogoFonte":"I 21","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"non enim voluntate humana prolata est prophetia aliquando, sed a Spiritu Sancto ducti locuti sunt a Deo homines.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-ii-petri_lt.html#1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"ESTENDE","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"118","from":29149.0,"to":29156.0,"NomeAutore":"Pietro","TitoloFonte":"Seconda lettera di Pietro"},
+{"Annotazione":"Allusivamente al favoleggiar de' poeti, che il Sole sia Apolline,\ne che armato sia Apolline d'arco e di saette, dice che il Sole\nsaettava il giorno<\/b>, in vece di dire, che irradiavalo, rendevalo\nilluminato.  Ed aggiunge da tutte parti<\/b>: non cio\u00e8 solamente\ndalla parte d'oriente, come quando sta il Sole per alzarsi; ma\nper ogni dove, come quello che gi\u00e0 cacciato aveva di mezzo 'l\nciel il Capricorno<\/b>, segno del zodiaco discosto da Ariete [in cui\ntrovavasi allora il Sole [Vedi al v. 5]] una quarta parte di\ncircolo: il quale perci\u00f2 non pu\u00f2 esser cacciato di mezzo 'l\ncielo<\/b>, se non sia Ariete totalmente dall'orizzonte uscito —\nsaette conte<\/b> colla medesima allusione gi\u00e0 detta appella i\nsolari raggi: e l'aggettivo conto<\/i>, che altrove fa valere per\nchiaro all'intelletto<\/i> [Vedi a cagione d'esempio Inf. III, 76],\nnon pu\u00f2 qu\u00ec significare che chiaro<\/i>, rilucente all'occhio.<\/i> \nLucida tela diei<\/i> nota il Volpi appellati i medesimi solari\nraggi da Lucrezio pure.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"02","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Da tutte parti saettava il giorno"],"FrammentoNota":"
saette conte<\/b> [...] appella i solari raggi: e l'aggettivo conto<\/i>, che altrove fa valere per chiaro all'intelletto<\/i> [Vedi a cagione d'esempio Inf. III, 76], non può quì significare che chiaro<\/i>, rilucente all'occhio.<\/i><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. III 76","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Ed elli a me: Le cose ti fier conte","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=3&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"55-57","from":1356.0,"to":1362.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Allusivamente al parlar\ndi s. Paolo: Sancti per Fidem vicerunt regna<\/i>.... fortes facti\nsunt in bello<\/i> ec. [Hebr.<\/i> II], appella Dante pugnare<\/b> il\npredicare che fecero gli Apostoli per accendere<\/i><\/b>, per eccitare\nne' cuori umani la fede Cristiana; e dice che per tale\ncombattimento fecero eglino scudi e lance del Vangelo, cio\u00e8 non\nd'altri mezzi si valsero che del Vangelo.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  S\u00ec, ch'a pugnar"],"FrammentoNota":"
Allusivamente al parlar di s. Paolo: Sancti per Fidem vicerunt regna<\/i>.... fortes facti sunt in bello<\/i> ec. [Hebr.<\/i> II], appella Dante pugnare<\/b> il predicare che fecero gli Apostoli per accendere<\/i>, per eccitare ne' cuori umani la fede Cristiana<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9200","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128608","InfoCitazione.LuogoFonte":"XI 33-34","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"33 qui per fidem devicerunt regna, operati sunt iustitiam, adepti sunt repromissiones, obturaverunt ora leonum,
34 exstinxerunt impetum ignis, effugerunt aciem gladii, convaluerunt de infirmitate, fortes facti sunt in bello, castra verterunt exterorum; ","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-hebraeos_lt.html#11","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"113-114","from":29110.0,"to":29114.0,"NomeAutore":"Paolo di Tarso","TitoloFonte":"Lettera agli Ebrei"}, +{"Annotazione":"Allusivamente, credo, al\ncingersi di corda de' frati Minori ed altri penitenti: e quasi a\ndire, che la di lui corda non era, come quella di questi, un\ncomposto di canapa, ma un composto d'ogni valore<\/b>, d'ogni virt\u00f9,\nimitando cos\u00ec quell'accinxit fortitudine lumbos tuos<\/i>, che della\ndonna forte scrisse Salomone [Parab. 31], e quell'altro che di\nGes\u00f9 Cristo predisse Isaia: erit iustitia cingulum lumborum\neius, et fides cinctorium renum eius<\/i> [Cap. II]\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" D'ogni valor port\u00f2"],"FrammentoNota":"
Allusivamente, credo, al cingersi di corda de' frati Minori ed altri penitenti: e quasi a dire, che la di lui corda non era, come quella di questi, un composto di canapa, ma un composto d'ogni valore<\/b>, d'ogni virtù, imitando così quell'accinxit fortitudine lumbos tuos<\/i>, che della donna forte scrisse Salomone [Parab. 31]. <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4579","InfoCitazione.LuogoFonte":"XXXI 17","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Accinxit fortitudine lumbos suos","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_proverbiorum_lt.html#31","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"114","from":6882.0,"to":6889.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro dei Proverbi"},
+{"Annotazione":"Altra ciconscrizione\ndell'ora medesima suddetta prende dalla geomanz\u00eca, arte\ndivinatoria, cos\u00ec detta dal Greco %gamma%eta\\, che vuol dir\nterra<\/i>; perocch\u00e8 trae cotal arte le pazze sue predizioni\ndall'osservazione di figure in terrestri corpi [Vedi, tra gli\naltri, Passavanti nel capitolo della terza scienza diabolica<\/i>]. \nTra i vari nomi, che davano i geomanti a varie combinazioni di\npunteggiature, ch'essi alla cieca, con punta di verga facevano in\nsu l'arena, appellavano [insegnano il Landino, ed altri\nspositori] maggior fortuna<\/b> [fortuna maior] quella disposizione\ndi punteggiature, che riusciva somigliante alla disposizione\ndelle stelle componenti il fine del celeste segno dell'Aquario,\ned il principio dei Pesci.  Il Poeta adunque in vece di dire\nch'era quella l'ora in cui, essendo il Sole in Ariete [Vedi la\nnota Inf. I, 38], erano gi\u00e0 sopra l'orizzonte alzati tutto\nAquario, e parte de' Pesci [che, per essere questi segni\nimmediatamente precedenti Ariete, sarebbe stato il medesimo che\ndire poco avanti il nascer<\/i><\/b> del Sole] dice ch'era l'ora quando i\ngeomanti veggiono la loro maggior fortuna surgere in oriente\ninnanzi all'alba per via<\/i><\/b>, per quella strada, che<\/b> pe 'l presto\nvenirle il Sole in seguito, poco le<\/b> [alla medesima maggior\nfortuna<\/b>] sta bruna<\/b>, rimane oscura.\n\n\tPremette poi il Poeta essere stata questa l'ora del\nsogno, che adesso \u00e8 per raccontare, allusivamente a ci\u00f2 che nel\ncanto IX di questa cantica disse, che la mente nostra in cotale\nora\n\n     Alle sue vision quasi \u00e8 divina<\/i> \n     [Verso 18].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Quando i geomanti"],"FrammentoNota":"
Altra ciconscrizione dell'ora medesima suddetta prende dalla geomanzìa, arte divinatoria, così detta dal Greco γ\u1fc6, che vuol dir terra<\/i>; perocchè trae cotal arte le pazze sue predizioni dall'osservazione di figure in terrestri corpi [Vedi, tra gli altri, Passavanti nel capitolo della terza scienza diabolica<\/i>].<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3805918","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q19141302","InfoCitazione.LuogoFonte":"278-279","InfoCitazione.NotaFonte":"Lombardi cita da Lo specchio della vera penitenza di Fr. Jacopo PASSAVANTI fiorentino dell\u2019Ordine de\u2019 Predicatori dato in luce dagli Accademici della Crusca, Firenze, Tartini e Franchi, 1725.","InfoCitazione.TestoFonte":"Alcuna volta manifesta il diavolo certe cose occulte per certe figure e segni che appaiono in alcuni corpi insensibili : le quali se appariscono in alcun corpo terrestre, come s'è ferro, vetro, pietra pulita, specchio o unghia, si è geomanzia [...]. L'altra maniera d' indovinamento senza spressa invocazione del dimenio, si é quando si considerano certe cose che intervengono per alcune cose fatte dagli uomini studiosamente e in pruova , per sapere alcune cose occulte : come sarebbe protrarre punti o linee o figure, che si appartiene a geomanzia.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/books.google.it\/books?id=LJ9bAAAAcAAJ&pg=RA3-PA16&dq=Lo+specchio+di+vera+penitenza.+A+miglior+lezione+ridotto+geomanzia&hl=it&newbks=1&newbks_redir=0&sa=X&ved=2ahUKEwi1wqz0iOv2AhV3h_0HHQ8-Ar4Q6AF6BAgJEAI#v=onepage&q=Lo%20specchio%20di%20vera%20penitenza.%20A%20miglior%20lezione%20ridotto%20geomanzia&f=false","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"4-6","from":18513.0,"to":18516.0,"NomeAutore":"Jacopo Passavanti","TitoloFonte":"Specchio di vera penitenza"},
+{"Annotazione":"Altra voce di rimprovero\nagl'invidiosi — Aglauro<\/b>, figliuola d'Eritteo Re d'Atene. \nCostei portando estrema invidia alla sorella Erse amata da\nMercurio, e opponendosi con ogni sua possa a' piaceri di quel\nnume, fu da lui convertita in sasso.  Vedi Ovidio nel 2 delle\nTrasformazioni.  Volpi.  E la non disdicevole cagione di unir\nfavole alla sacra storia vedila nel canto XII di questa cantica\nsotto il v. 28.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"14","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Io sono Aglauro."],"FrammentoNota":"
Aglauro<\/b>, figliuola d'Eritteo Re d'Atene.  Costei portando estrema invidia alla sorella Erse amata da Mercurio, e opponendosi con ogni sua possa a' piaceri di quel nume, fu da lui convertita in sasso.  Vedi Ovidio nel 2 delle Trasformazioni.  Volpi.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","InfoCitazione.LuogoFonte":"II 708-832","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Hinc se sustulerat paribus caducifer alis,
Munychiosque volans agros gratamque Minervae
despectabat humum cultique arbusta Lycei.
Illa forte die castae de more puellae
vertice supposito festas in Palladis arces
pura coronatis portabant sacra canistris.
Inde revertentes deus adspicit ales iterque
non agit in rectum, sed in orbem curvat eundem.
Ut volucris visis rapidissima miluus extis,
dum timet et densi circumstant sacra ministri,
flectitur in gyrum nec longius audet abire
spemque suam motis avidus circumvolat alis,
sic super Actaeas agilis Cyllenius arces
inclinat cursus et easdem circinat auras.
Quanto splendidior quam cetera sidera fulget
Lucifer, et quanto quam Lucifer aurea Phoebe,
tanto virginibus praestantior omnibus Herse
ibat, eratque decus pompae comitumque suarum.
Obstipuit forma Iove natus, et aethere pendens
non secus exarsit, quam cum Balearica plumbum
funda iacit: volat illud et incandescit eundo
et quos non habuit, sub nubibus invenit ignes.
Vertit iter caeloque petit terrena relicto
nec se dissimulat: tanta est fiducia formae.
Quae quamquam iusta est, cura tamen adiuvat illam
permulcetque comas chlamydemque, ut pendeat apte,
collocat, ut limbus totumque appareat aurum,
ut teres in dextra, qua somnos ducit et arcet,
virga sit, ut tersis niteant talaria plantis.
Pars secreta domus ebore et testudine cultos
tres habuit thalamos: quorum tu, Pandrose, dextrum,
Aglauros laevum, medium possederat Herse.
Quae tenuit laevum, venientem prima notavit
Mercurium nomenque dei scitarier ausa est
et causam adventus. Cui sic respondit Atlantis
Pleionesque nepos: “Ego sum, qui iussa per auras
verba patris porto: pater est mihi Iuppiter ipse.
Nec fingam causas; tu tantum fida sorori
esse velis prolisque meae matertera dici.
Herse causa viae. Faveas oramus amanti.”
Adspicit hunc oculis isdem, quibus abdita nuper
viderat Aglauros flavae secreta Minervae,
proque ministerio magni sibi ponderis aurum
postulat: interea tectis excedere cogit.
Vertit ad hanc torvi dea bellica luminis orbem
et tanto penitus traxit suspiria motu,
ut pariter pectus positamque in pectore forti
aegida concuteret. Subit, hanc arcana profana
detexisse manu tum cum sine matre creatam
Lemnicolae stirpem contra data foedera vidit,
et gratamque deo fore iam gratamque sorori
et ditem sumpto, quod avara poposcerat, auro.
Protinus Invidiae nigro squalentia tabo
tecta petit. Domus est imis in vallibus huius
abdita, sole carens, non ulli pervia vento,
tristis et ignavi plenissima frigoris, et quae
igne vacet semper, caligine semper abundet.
Huc ubi pervenit belli metuenda virago,
constitit ante domum (neque enim succedere tectis
fas habet) et postes extrema cuspide pulsat.
Concussae patuere fores. Videt intus edentem
vipereas carnes, vitiorum alimenta suorum,
Invidiam, visaque oculos avertit. At illa
surgit humo pigre semesarumque relinquit
corpora serpentum passuque incedit inerti;
utque deam vidit formaque armisque decoram,
ingemuit vultumque ima ad suspiria duxit.
Pallor in ore sedet, macies in corpore toto,
nusquam recta acies, livent rubigine dentes,
pectora felle virent, lingua est suffusa veneno.
Risus abest, nisi quem visi movere dolores.
Nec fruitur somno, vigilacibus excita curis,
sed videt ingratos intabescitque videndo
successus hominum, carpitque et carpitur una,
suppliciumque suum est. Quamvis tamen oderat illam,
talibus adfata est breviter Tritonia dictis:
“Infice tabe tua natarum Cecropis unam.
Sic opus est. Aglauros ea est.” Haud plura locuta
fugit et impressa tellurem reppulit hasta.
Illa deam obliquo fugientem lumine cernens
murmura parva dedit, successurumque Minervae
indoluit, baculumque capit, quod spinea totum
vincula cingebant, adopertaque nubibus atris,
quacumque ingreditur, florentia proterit arva
exuritque herbas et summa cacumina carpit,
adflatuque suo populos urbesque domosque
polluit. Et tandem Tritonida conspicit arcem
ingeniis opibusque et festa pace virentem,
vixque tenet lacrimas, quia nil lacrimabile cernit.
Sed postquam thalamos intravit Cecrope natae,
iussa facit pectusque manu ferrugine tincta
tangit et hamatis praecordia sentibus implet,
inspiratque nocens virus, piceumque per ossa
dissipat et medio spargit pulmone venenum.
Neve mali causae spatium per latius errent,
germanam ante oculos fortunatumque sororis
coniugium pulchraque deum sub imagine ponit,
cunctaque magna facit. Quibus inritata dolore
Cecropis occulto mordetur et anxia nocte,
anxia luce gemit, lentaque miserrima tabe
liquitur ut glacies incerto saucia sole.
Felicisque bonis non lenius uritur Herses,
quam cum spinosis ignis supponitur herbis,
quae neque dant flammas lenique tepore cremantur.
Saepe mori voluit, ne quicquam tale videret,
saepe velut crimen rigido narrare parenti;
denique in adverso venientem limine sedit
exclusura deum. Cui blandimenta precesque
verbaque iactanti mitissima “desine” dixit:
“hinc ego me non sum nisi te motura repulso.”
“Stemus” ait “pacto” velox Cyllenius “isto”:
caelestique fores virga patefecit. At illi
surgere conanti partes, quascumque sedendo
flectimus, ignava nequeunt gravitate moveri.
Illa quidem pugnat recto se attollere trunco,
sed genuum iunctura riget, frigusque per inguen
labitur, et callent amisso sanguine venae.
Utque malum late solet inmedicabile cancer
serpere et inlaesas vitiatis addere partes,
sic letalis hiems paulatim in pectora venit
vitalesque vias et respiramina clausit.
Nec conata loqui est, nec, si conata fuisset,
vocis habebat iter: saxum iam colla tenebat,
oraque duruerant, signumque exsangue sedebat.
Nec lapis albus erat: sua mens infecerat illam.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0959.phi006.perseus-lat1:2.708-2.832","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/giovanni-antonio-volpi-1726-27', 'Rapporto': 'CONFERMA'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"139","from":14225.0,"to":14228.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, +{"Annotazione":"Altro Centauro de' pi\u00f9 iracondi e risoluti:\nun di quelli che, al dir di Ovidio nelle Metam., tentarono il\nratto d'Ippodamia.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"12","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":[" Folo."],"FrammentoNota":"
Altro Centauro de' più iracondi e risoluti: un di quelli che, al dir di Ovidio nelle Metam., tentarono il ratto d'Ippodamia.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","InfoCitazione.LuogoFonte":"Metamorphoseon libri XII, 306","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"et Pholus<\/strong> et Melaneus et Abas praedator aprorum","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0029%3Abook%3D12%3Acard%3D210","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"72","from":10953.0,"to":10954.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"},
+{"Annotazione":"Altro indovino, nativo di Tebe.  Dicevan\nle favole ch'egli, avendo con una verga percosso due serpi\namorosamente congiunti, divenne femmina: dopo sett'anni,\nritrovati i medesimi serpi, e ripercossili, torn\u00f2 maschio. \nSorta un di questione tra Giove e la moglie, del chi fosse pi\u00f9\ncaldo, se l'uomo o la donna, piacque interrogarne Tiresia: il\nquale rispose, che la donna.  Giunone, piccata, gli tolse la\nvista: Giove in compenso lo fece indovino, «pro lumine adempto\nScire futura dedit.» (Ovid. Met. III.)\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"20","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":["  Tiresia."],"FrammentoNota":"Tiresia<\/strong>. Altro indovino, nativo di Tebe. Dicevan le favole ch'egli, avendo con una verga percosso due serpi amorosamente congiunti, divenne femmina: dopo sett'anni, ritrovati i medesimi serpi, e ripercossili, tornò maschio. Sorta un di questione tra Giove e la moglie, del chi fosse più caldo, se l'uomo o la donna, piacque interrogarne Tiresia: il quale rispose, che la donna. Giunone, piccata, gli tolse la vista: Giove in compenso lo fece indovino, «pro lumine adempto Scire futura dedit.» (Ovid. Met. III.)","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","InfoCitazione.LuogoFonte":"Metamorphoseon libri III, 334-336","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"At pater omnipotens (neque enim licet inrita cuiquam
facta dei fecisse deo) pro lumine adempto
scire futura dedit, poenamque levavit honore.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0029%3Abook%3D3%3Acard%3D314","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"40","from":18705.0,"to":18706.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, +{"Annotazione":"Anania Safira la moglie, che\nritennero, contra il voto fatto [o che venivano per fare [Vedi,\ntra gli altri, Tirino al cap. 5 degli atti degli Apostoli]] di\npovert\u00e0 [o sia di vita comune] parte del prezzo delle vendute\npossessioni, e caddero morti alla riprensione di s. Pietro Act.<\/i>\n5 Venturi.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Col marito"],"FrammentoNota":"
Col marito<\/strong> Anania Safira la moglie, che ritennero, contra il voto fatto [o che venivano per fare [Vedi, tra gli altri, Tirino al cap. 5 degli atti degli Apostoli]] di povertà [o sia di vita comune] parte del prezzo delle vendute possessioni, e caddero morti alla riprensione di s. Pietro Act. <\/i>5 Venturi.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128538","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40309","InfoCitazione.LuogoFonte":"V 1-11","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"1 Vir autem quidam nomine Ananias cum Sapphira uxore sua vendidit agrum 
2 et subtraxit de pretio, conscia quoque uxore, et afferens partem quandam ad pedes apostolorum posuit. 
3 Dixit autem Petrus: “ Anania, cur implevit Satanas cor tuum mentiri te Spiritui Sancto et subtrahere de pretio agri? 
4 Nonne manens tibi manebat et venumdatum in tua erat potestate? Quare posuisti in corde tuo hanc rem? Non es mentitus hominibus sed Deo! ”. 
5 Audiens autem Ananias haec verba cecidit et exspiravit; et factus est timor magnus in omnes audientes. 
6 Surgentes autem iuvenes involverunt eum et efferentes sepelierunt.
7 Factum est autem quasi horarum trium spatium, et uxor ipsius nesciens, quod factum fuerat, introivit. 
8 Respondit autem ei Petrus: “ Dic mihi, si tanti agrum vendidistis? ”. At illa dixit: “ Etiam, tanti ”. 
9 Petrus autem ad eam: “ Quid est quod convenit vobis tentare Spiritum Domini? Ecce pedes eorum, qui sepelierunt virum tuum, ad ostium, et efferent te ”. 
10 Confestim cecidit ante pedes eius et exspiravit; intrantes autem iuvenes invenerunt illam mortuam et efferentes sepelierunt ad virum suum. 
11 Et factus est timor magnus super universam ecclesiam et in omnes, qui audierunt haec.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_actus-apostolorum_lt.html#5","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'CONFERMA'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"112","from":20313.0,"to":20315.0,"NomeAutore":"Luca","TitoloFonte":"Atti degli Apostoli"}, +{"Annotazione":"Anche Francesca, ma in\nsuono pi\u00f9 conveniente a donna innamorata: «Far\u00f2 come colui che\npiange e dice.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"33","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":[" Parlare e lagrimar"],"FrammentoNota":"Parlare e lagrimar<\/b> ec. Anche Francesca, ma in suono più conveniente a donna innamorata: «Farò come colui che piange e dice.»","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. V, 126","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"dirò come colui che piange e dice.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=5","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"9","from":31997.0,"to":32000.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Anche Ugolino, nel c.\nXXXIII: «Fiorentino Mi sembri veramente quand'i' t'odo.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"10","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":[" La tua loquela"],"FrammentoNota":"
Anche Ugolino, nel c. XXXIII: «Fiorentino Mi sembri veramente quand'i' t'odo.»\r\n<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. XXXIII, 11-12","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"venuto se' qua giù; ma fiorentino
mi sembri veramente quand'io t'odo","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=33","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"25","from":8803.0,"to":8806.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Anche Virgilio, Georg., II:\n«Silvae, Quas animosi Euri assidue franguntque feruntque.» Ma\ncontro la lezione e porta i fiori<\/i>, sostenuta pur essa da\nautorevolissimi uomini, pi\u00f9 che il virgiliano feruntque<\/i> e che\nla ragion della gradazione, la quale non comporta che dopo i rami\nsi parli de' fiori, mi ha determinato l'osservare il proprio\nprocedimento di questa comparazione di Dante; secondo la quale il\nvento investe la selva, e volendo questa rattenerlo, egli ne\nschianta ed abbatte i rami, e seco portandoli prorompe vittorioso\nfuori di essa selva nell'opposta campagna, per la quale poi,\npreceduto da un nembo di polvere e di frantumi, prosegue sua\ncorsa. Dove mi par chiaro che il trasporto dei rami fuori<\/i>\ndella selva faccia parte integrale.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":[" E porta fuori."],"FrammentoNota":"
Anche Virgilio, Georg., II: «Silvae, Quas animosi Euri assidue franguntque feruntque.» <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q674439","InfoCitazione.LuogoFonte":"Georgica II, 440-441","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Ipsae Caucasio steriles in vertice silvae,
quas animosi Euri adsidue franguntque feruntque,","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0059%3Abook%3D2%3Acard%3D426","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"70","from":8172.0,"to":8179.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Georgiche"}, +{"Annotazione":"Anche queste parole\ndebbono intendersi cantate dagli angeli, come di quell'altre\nBeati pauperes<\/i> dicemmo nel canto XII, 110 di questa cantica: e\nsono pur esse parole di Ges\u00f9 Cristo, nel capo 5 di s. Matteo,\nencomianti l'amore del prossimo, virt\u00f9 contraria all'invidia nel\npoco anzi passato girone purgata. Qui miseretur<\/i>, dice s.\nAmbrogio, largitur de suo. Qui suum donat non quaerit alienum<\/i>\n[Lib. 5 in cap. 6 Lucae<\/i>], come l'invidioso fa. — godi tu che\nvinci<\/b>, corrisponde alle parole pur di Ges\u00f9 Cristo, nel citato\ncapo di s. Matteo, Gaudete exsultate, quoniam merces vestra\ncopiosa est in caelis.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"15","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Beati misericordes."],"FrammentoNota":"
Anche queste parole debbono intendersi cantate dagli angeli, come di quell'altre Beati pauperes<\/i> dicemmo nel canto XII, 110 di questa cantica<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. XII 110","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"\"Beati pauperes spiritu!\" voci","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=46&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"38-39","from":14596.0,"to":14598.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Anna, che oltre a essere suocero di\nCaifas, era pontefice nell'anno della morte di Ges\u00f9 (Giov.,\nXVIII, 13).  — si stenta<\/b>: si martira, spiegano i pi\u00f9. \nPreferirei interpretare col Tommaseo: si stende, o meglio: si\nsente stirar i muscoli sotto i piedi che gl'incappati uno dietro\nl'altro gli piantano sul corpo.  Lacte domum referent distenta\ncapellae ubera<\/i> (Virg., Ecl.<\/i>, IV, 21).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":["  il socero"],"FrammentoNota":"
si stenta<\/b>: si martira, spiegano i più. \r\nPreferirei interpretare col Tommaseo: si stende, o meglio: si\r\nsente stirar i muscoli sotto i piedi che gl'incappati uno dietro\r\nl'altro gli piantano sul corpo.  Lacte domum referent distenta<\/i>capellae ubera<\/i> (Virg., Ecl.<\/i>, IV, 21).<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","InfoCitazione.Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/eclogae","InfoCitazione.LuogoFonte":"IV, 21-22","InfoCitazione.NotaFonte":"Il testo latino non sembra aver nulla a che fare col verso commentato; l'unico legame pu\u00f2 risiedere nel richiamo ritmico \"distenta : si stenta\", l\u00ec dove i versi virgiliani hanno per\u00f2 significato completamente diverso (\u00abLe capre all'ovile riporteranno da sole le mammelle gonfie di latte\u00bb).","InfoCitazione.TestoFonte":"Ipsae lacte domum referent distenta capellae
Vbera, nec magnos metuent armenta leones;","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=VERG%7Ceclo%7C004","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=18375', 'Rapporto': 'CONFERMA'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONTRADDICE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"121","from":22307.0,"to":22309.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":null}, +{"Annotazione":"Anzi questo picciol lume di\nconoscenza, datomi dalla voce dell'ombra, rese intiera la\nconoscenza mia anche alla<\/b> [per circa la<\/i> [Vedi Cinon.\nPartic.<\/i> cap. 2 n. 2]] cambiata labbia<\/i><\/b>, sformata faccia:\nfacendomi cio\u00e8 riconoscere in lei quei caratteri, che ancora\nv'erano residui, e ch'io da prima non riconbbi. Di labbia<\/b> per\nfaccia<\/i><\/b> vedi 'l Vocab. della Cr. — Forese.<\/i><\/b> Sbagliano qu\u00ec di\ngrosso, quanto veggo, tutti gli espositori, dicendo costui\nfratello di Francesco Accursio il giurisconsulto mentovato Inf.\nXV, 110. Era costui, come dal canto seguente v. 13 apparisce,\nfratello di Piccarda, e perci\u00f2 fratello di M. Corso Donati, e non\ndi Francesco Accursio. Vedi Cionacci storia della beata Umiliana\n[Parte 4 cap. 1].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Questa favilla"],"FrammentoNota":"
 Forese.<\/b>  Sbagliano quì di grosso, quanto veggo, tutti gli espositori, dicendo costui fratello di Francesco Accursio il giurisconsulto mentovato Inf. XV, 110.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. XV 110","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":" e Francesco d'Accorso anche; e vedervi,","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=15","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': '', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONTRADDICE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"46-48","from":22934.0,"to":22936.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Anzi, siccome dal fummo si\nargomenta il fuoco, cos\u00ec dallo averti l'attuffamento nel Let\u00e8o\nfiume [che la ricordanza delle colpe scancella [Purgatorio\nXXVIII, 128]] fatto dimentico di essere stata tua voglia altrove\nattenta<\/b>, attaccata altrove, ad altri oggetti, argomentasi che in\nvoglia cotale fosse colpa.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  E, se dal fummo"],"FrammentoNota":"
Anzi, siccome dal fummo si argomenta il fuoco, così dallo averti l'attuffamento nel Letèo fiume [che la ricordanza delle colpe scancella [Purgatorio XXVIII, 128]] fatto dimentico di essere stata tua voglia altrove attenta<\/b>, attaccata altrove, ad altri oggetti, argomentasi che in voglia cotale fosse colpa.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. XXVIII 128","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"che toglie altrui memoria del peccato;","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=62","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"97-99","from":33718.0,"to":33722.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Appartiene questo esempio\nnon ad altro che a far capire il simultaneo moversi e fermarsi di\nquelli spiriti~, — che i muove<\/i>, vale in questo luogo pure la\ni<\/i> per li<\/i>, o gli<\/i>, come in quell' altro verso\n\n     La sconoscente vita<\/i>, che i fe' sozzi<\/i> [Inf. VII. 53.~,\n     vedi 'l Voc. della Cr. sotto la lettera I {paragraph}. 5.].\n\nChiudere e levarsi<\/i> dice~, come per zeuma~, in vece di\nchiudersi e levarsi<\/i>, al modo che direbbesi in Latino oportet\nclaudere et aperire se<\/i>, in vece di claudere se<\/i>, et aperire\nse.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  come gli occhi ec."],"FrammentoNota":"
che i muove<\/i>, vale in questo luogo pure la i<\/i> per li<\/i>, o gli<\/i>, come in quell' altro verso\r\n     La sconoscente vita<\/i>, che i fe' sozzi<\/i> [Inf. VII. 53]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. VII 53","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"la sconoscente vita che i fé sozzi,","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=7&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"26-27","from":11258.0,"to":11273.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Appella metaforicamente gli occhi\ndi Beatrice smeraldi<\/b>, per essere lo smeraldo gioia che, dice\nPlinio [Hist. nat.<\/i> lib. 37 cap. 5], ha un colore pi\u00f9 giocondo\nd'ogn'altra, e nel mirare la quale l'occhio mai non si sazia<\/i>;\nper\u00f2 attissima al caso.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"31","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Agli smeraldi."],"FrammentoNota":"
Appella metaforicamente gli occhi di Beatrice smeraldi<\/b>, per essere lo smeraldo gioia che, dice  Plinio [Hist. nat.<\/i> lib. 37 cap. 5], ha un colore più giocondo d'ogn'altra, e nel mirare la quale l'occhio mai non si sazia<\/i>; però attissima al caso.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q82778","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q442","InfoCitazione.LuogoFonte":"XXXVII 20","InfoCitazione.NotaFonte":"Il riferimento corretto \u00e8 Hist. Nat., XXXVII 20","InfoCitazione.TestoFonte":"Tertia auctoritas smaragdis perhibetur pluribus de causis, quippe nullius coloris aspectus iucundior est [...]. praeterea soli gemmarum contuitu inplent oculos nec satiant.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0978.phi001.perseus-lat1:37.20","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"116","from":31715.0,"to":31722.0,"NomeAutore":"Plinio il Vecchio","TitoloFonte":"Naturalis historia"},
+{"Annotazione":"Atamante, re di Tebe, fu da\nGiunone accecato di tanto furiosa pazzia, che incontrando nella\nreggia Ino sua moglie con in braccio i suoi due figlioletti\nLearco e Melicerta, la credette una leonessa con due leoncelli, e\ngrid\u00f2: Tendiam le reti ec.  Ovidio, Metam., IV: «Media\nfuribundus in aula Clamat: Io, comites! his retia pandite silvis:\nHic modo cum gemina visa est mihi prole leaena.»  — Mano<\/b> per\nbraccio<\/i>; la parte pel tutto.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"30","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":["  Atamante divenne"],"FrammentoNota":"Atamante divenne<\/b> ec. Atamante, re di Tebe, fu da Giunone accecato di tanto furiosa pazzia, che incontrando nella reggia Ino sua moglie con in braccio i suoi due figlioletti Learco e Melicerta, la credette una leonessa con due leoncelli, e gridò: Tendiam le reti ec. Ovidio, Metam., IV: «Media furibundus in aula Clamat: Io, comites! his retia pandite silvis: Hic modo cum gemina visa est mihi prole leaena.»","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","InfoCitazione.LuogoFonte":"Metamorphoseon libri IV, 513-514","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"clamat “io, comites, his retia tendite silvis!
hic modo cum gemina visa est mihi prole leaena:”","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0029%3Abook%3D4%3Acard%3D481","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"4-8","from":28799.0,"to":28801.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, +{"Annotazione":"Ateniese, poeta tragico\neccellentissimo. Anacreonte<\/b>, nato in Teo, citt\u00e0 dell'antica\nIonia [Teos Anacreontis patria teste Strabone, licet alii Teium\nillius patriam scribant.<\/i> Ferrar Lexic. geogr.<\/i> art Teos.<\/i>],\npoeta lirico leggiadrissimo. Simonide<\/i><\/b>, nato in Cea, isola del\nmare Egeo, uno de' nove lirici Greci famosi. Agatone<\/b>, poeta\nGreco antico, d'una favola del quale intitolata l'Anto<\/i><\/b>, o il\nFiore<\/i>, fa menzione Aristotele nella sua poetica. Volpi —\npi\u00f9e<\/i><\/b> per pi\u00f9<\/i><\/b>, paragoge.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"22","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Euripide"],"FrammentoNota":"
Agatone<\/b>, poeta Greco antico, d'una favola del quale intitolata l'Anto<\/i>, o il Fiore<\/i>, fa menzione Aristotele nella sua poetica.  Volpi<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q868","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q264714","InfoCitazione.LuogoFonte":"1451b","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"\u1f22 δ\u03cdο τ\u1ff6ν γνωρ\u03afμων \u1f10στ\u1f76ν \u1f40νομ\u03acτων, τ\u1f70 δ\u1f72 \u1f04λλα πεποιημ\u03adνα, \u1f10ν \u1f10ν\u03afαις δ\u1f72 ο\u1f50θ\u03adν, ο\u1f37ον \u1f10ν τ\u1ff7 \u1f08γ\u03acθωνος \u1f08νθε\u1fd6: <\/strong>","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:greekLit:tlg0086.tlg034.perseus-grc1:1451b","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/giovanni-antonio-volpi-1726-27', 'Rapporto': 'CONFERMA'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"106-107","from":22288.0,"to":22289.0,"NomeAutore":"Aristotele","TitoloFonte":"Poetica"},
+{"Annotazione":"Atto farsi in altrui spregio, con\nmettere il dito grosso tra l'indice e il medio.  I Fiorentini nel\n1228 presero e disfecero la rocca di Carmignano, in su la quale\n«avea una torre alta 70 braccia, e aveavi suso due braccia di\nmarmo, le mani delle quali faceano le fiche a Firenze.» Gio.\nVillani, VI, 5.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":["  Le fiche."],"FrammentoNota":"le fiche<\/strong>. Atto farsi in altrui spregio, con mettere il dito grosso tra l'indice e il medio. I Fiorentini nel 1228 presero e disfecero la rocca di Carmignano, in su la quale «avea una torre alta 70 braccia, e aveavi suso due braccia di marmo, le mani delle quali faceano le fiche a Firenze.» Gio. Villani, VI, 5.","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","InfoCitazione.LuogoFonte":"Nova Cronica VII, 5","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"E nota che in su la rocca di Carmignano avea una torre alta LXX braccia, e ivi su due braccia di marmo, che faceano le mani le fiche a Firenze<\/strong>, onde per rimproccio usavano gli artefici di Firenze quando era loro mostrata moneta o altra cosa, diceano: «No·lla veggo, però che m’è dinanzi la rocca di Carmignano»; e per questa cagione feciono i Pistolesi le comandamenta de’ Fiorentini, sì come seppono divisare i Fiorentini, e feciono disfare la detta rocca di Carmignano.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.letteraturaitaliana.net\/pdf\/Volume_2\/t48.pdf","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"2","from":23629.0,"to":23631.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
+{"Annotazione":"Austriaco padre dell'Imperatore\nAlberto.  Vedi v. 97 e 103 e segg. del canto precedente.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Ridolfo Imperatore"],"FrammentoNota":"
Austriaco padre dell'Imperatore Alberto.  Vedi v. 97 e 103 e segg. del canto precedente.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. VI 97","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"O Alberto tedesco ch'abbandoni","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=40&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"94","from":6736.0,"to":6741.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Avendo gi\u00e0 detto,\nche intorno al circolare prefato lume erano soglie<\/i> {v.113}, o\nsieno gradi, pi\u00f9 di mille, d'onde l'anime beate in quel lume si\nspecchiavano, ci ha fatto capire, che intorno al medesimo lume si\nalzasse una circolare scala, come d'anfiteatro.  Siccome adunque\ni gradi di circolare scala quanto pi\u00f9 alti sono tanto pi\u00f9 in\nlargo stendono la loro circonferenza, bene perci\u00f2 pretende il\nPoeta, che dalla larghezza dell'infimo grado, tanta che sarebbe\nal Sole troppo larga cintura<\/i>, argomentare si debba quanta\ndoveva essere la larghezza degli estremi pi\u00f9 alti gradi.  Ma,\nsiccome la struttura di quella celeste scala imitava, come\nespressamente dir\u00e0 poi [Canto seg. nel principio], la struttura\ndi una rosa, in cui dal giallo intermedio verso l'estremit\u00e0 si\nvanno appunto le foglie di mano in mano una sopra dell'altra\ninnalzando, per\u00f2 in vece di dire quant'\u00e8 la larghezza di questa\nscala negli estremi gradi<\/i>, dice quant'\u00e8 la larghezza Di questa\nrosa nell'estreme foglie.<\/b>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"30","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  E, se l'infimo grado"],"FrammentoNota":"
la struttura di quella celeste scala imitava, come espressamente dirà poi [Canto seg. nel principio], la struttura di una rosa<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Par. XXXI 1","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"In forma dunque di candida rosa","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=98&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"115-117","from":30142.0,"to":30147.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Avendo il Poeta nel terminare\ndella prossima passata notte detto, che nella notte precedente a\nquella fu la Luna tonda<\/i> [Cant. IX v. 107], dicendo ora, che la\nLuna gli era sotto i piedi, viene a dinotare, ch'era mezzo giorno\npassato: siccome all'opposto, quando due notti dopo il\nplenilunio, abbiamo la Luna sopra il capo, gi\u00e0 \u00e8 passata la mezza\nnotte.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  E gi\u00e0 la Luna"],"FrammentoNota":"
Avendo il Poeta nel terminare della prossima passata notte detto, che nella notte precedente a quella fu la Luna tonda<\/i> [Cant. IX v. 107], dicendo ora, che la Luna gli era sotto i piedi, viene a dinotare, ch'era mezzo giorno passato<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. XX 127","InfoCitazione.NotaFonte":"Il riferimento corretto \u00e8 Inf. XX 127, non IX 107.","InfoCitazione.TestoFonte":"e già iernotte fu la luna tonda:","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=20","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"10","from":27831.0,"to":27835.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Averroe comentator\nd'Aristotele, di cui parlando Scoto, Commentator<\/i>, dice, 3 de\nanima ponit intellectum possibilem esse substantiam separatam<\/i>\n[In<\/i> 4 dist.<\/i> 45 qu.<\/i><\/b> 2].  Possibile intelletto<\/b> significava\nappo i Scolastici la facolt\u00e0 d'intendere; imperocch\u00e8,\nall'intelletto ch'essi nomavano agente<\/i>, cotale facolt\u00e0 non\nattribuivano: Nullus intellectus intelligit<\/i> [dice il medesimo\nScoto [Ivi qu.<\/i> I]] nisi intellectus possibilis, quia agens non\nintelligit<\/i>: altro cio\u00e8 non era l'officio dell'intelletto\nagente<\/i>, che di formare traendo dalle materiali le spirituali\nspecie, colle quali movesse l'intelletto possibile\nall'intendimento: e per questo ricevere di cotali specie credo\nche possibile<\/i><\/b>, o passibile<\/i><\/b> [Passibile<\/i> in vece di\npossibile<\/b> legge il Vellutello], o passivo<\/i><\/b> [Possibilis est\npassivus<\/i> dice Scoto nel precit. luogo] lo appellassero.  Il\nDaniello, dopo di aver riferito la cagione d'Averroe di ammettere\ndisgiunto dall'anima il possibile intelletto<\/i>, perocch\u00e8, vuole,\nche nell'uomo non sia proprio e particolare intelletto, ma che\nsia un intelletto universale estrinseco, il quale s'infonda in\ntutti gli uomini, non altrimenti che faccia il Sole per tutte le\nparti del mondo<\/i>, passa a dichiarare che chiamasi questo\nintelletto<\/i> possibile, per essere in potenza d'infondersi in\ntutte le nature diverse degli uomini, ed operare in essi la virt\u00f9\nsua.<\/i>  Ma ci\u00f2 potrebbe accordarsi quando solo Averroe, ch'era in\ncotale falsa credenza, cos\u00ec appellato lo avesse, e non tutti\nunitamente gli Scolastici, anche i pi\u00f9 savi.  — Perch\u00e8 da lui\nnon vide organo assunto<\/i><\/b>: perch\u00e8 non vide che l'intelletto per\nintendere si adoprasse verun organo corporeo, siccome fa l'anima\nsensitiva, che per vedere, esempigrazia, adopera l'occhio, per\nudire l'orecchio ec.  Assunto<\/b> adunque val quanto assunto\nall'operazione sua.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Pi\u00f9 savio di te"],"FrammentoNota":"
Più savio di te.<\/strong> Averroe comentator d'Aristotele, di cui parlando Scoto, Commentator<\/i>, dice, 3 de anima ponit intellectum possibilem esse substantiam separatam <\/i>[In<\/i> 4 dist.<\/i> 45 qu.<\/i> 2]. <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q190089","InfoCitazione.Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/quaestiones-in-quartum-librum-sententiarum","InfoCitazione.LuogoFonte":"In IV dist. 45 qu. 2","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Et sic Commentator loquitur III de anima<\/em> quia ponit intellectum possibilem esse substantiam separatam","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/archive.org\/details\/operaomnia20duns\/page\/281\/mode\/1up","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"63-66","from":25163.0,"to":25167.0,"NomeAutore":"Duns Scoto","TitoloFonte":null},
+{"Annotazione":"Averroe, filosofo arabo del\nXII secolo, nato a Cordova, morto a Marrocco, tradusse e\ncoment\u00f2 tutte le opere di Aristotile; molte delle quali per gran\ntempo non furono in Europa conosciute altrimenti che per le\ntraduzioni latine fattene sulle arabe di lui.  I suoi comenti\ngodevano di autorit\u00e0 quasi eguale a quella del testo; e ne fu\nchiamato per antonomasia il Comentatore (Conv., IV, 13).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"04","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":["  Averrois, che"],"FrammentoNota":"
Averroe, filosofo arabo del XII secolo, nato a Cordova, morto a Marrocco, tradusse e comentò tutte le opere di Aristotile; molte delle quali per gran tempo non furono in Europa conosciute altrimenti che per le traduzioni latine fattene sulle arabe di lui.  I suoi comenti godevano di autorità quasi eguale a quella del testo; e ne fu chiamato per antonomasia il Comentatore (Conv., IV, 13). <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","InfoCitazione.LuogoFonte":"Convivio IV, xiii, 8","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"E chi intende lo Comentatore <\/strong>nel terzo dell'Anima, questo intende da lui.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=63&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"144","from":3941.0,"to":3947.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
+{"Annotazione":"Aveva costui menata vita\nepicurea; e per regnare, aveva data morte al proprio padre\nFederico II ed al fratello Corradino, ed era stato nemico e\npersecutore di santa chiesa [Vedi tra gli altri Gio. Villani lib.\n6 cap. 42, 44, 89, e lib. 7, cap. 9].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"03","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Orribil furon"],"FrammentoNota":"
Aveva costui menata vita epicurea; e per regnare, aveva data morte al proprio padre Federico I [Vedi tra gli altri Gio. Villani lib.  6 cap. 42 (...)]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","InfoCitazione.LuogoFonte":"VII 41","InfoCitazione.NotaFonte":"Lombardi cita dalla Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, pp. 150-151 (VI 42)","InfoCitazione.TestoFonte":"Nel detto anno MCCL, essendo Federigo imperadore in Puglia nella città di Fiorenzuola a l'uscita d'Abruzzi, si amalò forte, e già del suo aguro non si seppe guardare, che trovava che dovea morire in Firenze, e come dicemmo adietro, per la detta cagione mai non volle entrare in Firenze, né in Faenza; ma male seppe interpetrare la parola mendace del dimonio, che gli disse si guardasse che morrebbe in Firenze, e elli non si guardò di Fiorenzuola. Avenne che agravando de la detta malatia, essendo co·llui uno suo figliuolo bastardo ch'avea nome Manfredi, disiderando d'avere il tesoro di
Federigo suo padre, e la signoria del Regno e di Cicilia, e temendo che Federigo di quella malatia non iscampasse o facesse testamento, concordandosi col suo segreto ciamberlano, promettendoli molti doni e signoria, con uno pimaccio che a Federigo puose il detto Manfredi in su la bocca, sì·ll'afogò; e per lo detto modo morì il detto Federigo disposto dello 'mperio e scomunicato da santa Chiesa, sanza penitenzia, o nullo sagramento di santa Chiesa. E per questo potemo notare la parola che Cristo disse nel Vangelio: “Voi morrete nelle peccata vostre”; che così avenne a Federigo, il
quale fu così nimico di santa Chiesa, ch'egli fece morire la moglie e Arrigo re suo figliuolo, e... e videsi sconfitto e preso Enzo suo figliuolo, e egli dal suo figliuolo Manfredi vilmente morto e sanza penitenza; e ciò fu il dì di santa Lucia di dicembre, gli anni detti MCCL.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"121","from":2748.0,"to":2750.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"}, +{"Annotazione":"Azzone III. da Este suddetto. \nEsti<\/b> invece d'Este<\/i> scrive pur Gio. Villani [Vedi a cagion\nd'esempio Cron.<\/i> lib. 9 cap. 88] — il fe far<\/i><\/b>, fece commettere\nnella persona mia cotale assassinio — che<\/b>, val perciocch\u00e8.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"05","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Quel da Esti"],"FrammentoNota":"
Esti<\/b> invece d'Este<\/i> scrive pur Gio. Villani [Vedi a cagion d'esempio Cron.<\/i> lib. 9 cap. 88]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","InfoCitazione.LuogoFonte":"X 89","InfoCitazione.NotaFonte":"Lombardi cita dalla Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 421 (IX 88)","InfoCitazione.TestoFonte":"Nel detto anno, del mese di dicembre, il detto messer Cane con suo isforzo venne a oste sopra i Padovani, e prese Monselici ed Esti<\/strong>, e gran parte di loro castella","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"77","from":4515.0,"to":4518.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
+{"Annotazione":"Barbariccia, capo della decina\n(XXI, 120).  Decurio<\/b> per decurione<\/i>; come Sermo<\/i>, Plato<\/i>,\nec.  Ved. nota 138 al C. XIII.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"22","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":["  Il decurio loro"],"FrammentoNota":"il decurio loro<\/strong>, Barbariccia, capo della decina (XXI, 120).","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. XXI, 120","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"e Barbariccia guidi la decina.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=21","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"74","from":20859.0,"to":20867.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Beatrice — che pria<\/b>, mentre nel mondo\nviveva, d'amor mi scald\u00f2 'l petto<\/b> [Vedi la nota al canto II\ndell'Infer. v. 70].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"03","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Quel Sol"],"FrammentoNota":"
che pria<\/b>, mentre nel mondo viveva, d'amor mi scaldò 'l petto<\/b> [Vedi la nota al canto II dell'Infer. v. 70].<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. II 70","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"I' son Beatrice che ti faccio andare;","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=2&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"1","from":2005.0,"to":2007.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Benvenuto da Imola [dice il Venturi]\nspiega poledre<\/i>, o giovenchelle<\/i>, che sono delle gi\u00e0 domate\nbestie pi\u00f9 paurose, e pi\u00f9 facilmente si adombrano: Landino,\nVellutello, Daniello, e Volpi [pongasi a capo di tutti il Buti,\ncitato a questo passo dal Vocabolario della Crusca, ed aggiungasi\nil Vocabolario stesso] spiegano pigre<\/i>, sonnacchiose<\/i>,\npoltrone.<\/i>\n\n\tL'Ariosto [dico io] per non far torto a nissuno adopera\npoltro<\/i> in ambedue i significati: nel primo in que' versi del\nFurioso\n\n     La bestia ch'era spaventosa e poltra<\/i>,\n     Senza guardarsi i pi\u00e8, corse a traverso<\/i>\n       [Cant. XXII, 51, 90]:\n\nnell'altro in que' della Satira IV\n\n     E pi\u00f9 mi piace di posar le poltre<\/i>\n        Membra, che di vantarle, ch'agli Sciti<\/i>\n         Sien state, agl'Indi, agli Etiopi, et oltre.<\/i>\n\n\tMa se non abbiamo negli antichi buoni scrittori Italiani\naltro esempio dell'aggettivo poltro<\/i> fuor che il presente di\nDante, e ne rimane per tal difetto dubbioso il di lui\nsignificato, abbiamo per\u00f2 ne' medesimi atichi buoni scrittori\nvari esempi del diminutivo poltruccio<\/i>, e tali, che non ci\nlasciano punto dubitare del vero unico di lui significato di\npoledruccio.<\/i>  Nell'antica vita di Ges\u00f9 Cristo leggiamo, che\ncomand\u00f2 il medesimo a' discepoli, che gli menassono l'asina, e\n'l poltruccio, ch'erano legati<\/i> ec. [veggasi questo ed altri\nesempi nel Vocabolario della Crusca alla voce poltruccio<\/i>]. \nPuossi egli dubitare, che l'asina e 'l poltruccio<\/i> non\ncorrispondano all'asinam et pullum<\/i> del vangelo di s. Matteo\n[Cap. 21].  E se poltruccio<\/i><\/b> vale poledruccio<\/i>, dubitarem noi,\nche poltre<\/b> non vaglia lo stesso che poledre<\/i><\/b>; massime vedendo\nnoi il buon accordo, che in questo senso fa con spaventate<\/i><\/b>?\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Poltre"],"FrammentoNota":"
Nell'antica vita di Gesù Cristo leggiamo, che comandò il medesimo a' discepoli, che gli menassono l'asina, e 'l poltruccio, ch'erano legati<\/i> ec.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"","InfoCitazione.Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/vita-di-gesu-cristo","InfoCitazione.LuogoFonte":"","InfoCitazione.NotaFonte":"Informazioni sulla fonte citata attraverso il Vocabolario della Crusca: http:\/\/www.lessicografia.it\/refview.jsp?key=2617\r\n- Si veda inoltre il successivo rimando al Vangelo di Matteo.","InfoCitazione.TestoFonte":"Che egli menassono l'asina, e 'l poltruccio<\/strong>, ch'erano legati, in alcun luogo pubblico.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.lessicografia.it\/Controller?lemma=poltruccio","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=13755', 'Rapporto': 'CONFERMA'}, {'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=13855', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}, {'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}, {'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}, {'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}, {'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/giovanni-antonio-volpi-1726-27', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"135","from":24568.0,"to":24569.0,"NomeAutore":null,"TitoloFonte":null},
+{"Annotazione":"Bertran de Born, signore del\ncastello di Hautefort in Guascogna, fu uno dei pi\u00f9 grandi poeti\nprovenzali, e Dante lo ricorda nel Conv.<\/i> (IV, xi, 14) per la\nsua liberalit\u00e0, nel De Vulg. eloq.<\/i>, come cantore delle armi\n(II, ii, 9).  Visse nella seconda met\u00e0 del sec. XII, e fu da'\nsuoi biografi accusato di aver seminata discordia tra Enrico II,\nre d'Inghilterra, e il figliuolo primogenito, anch'esso di nome\nEnrico, chiamato il re giovane.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"28","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":["  Bertram dal Bornio"],"FrammentoNota":"
Bertran de Born, signore del\r\ncastello di Hautefort in Guascogna, fu uno dei più grandi poeti\r\nprovenzali, e Dante lo ricorda nel Conv.<\/i> (IV, xi, 14) per la\r\nsua liberalità, <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","InfoCitazione.LuogoFonte":"IV, xi, 13-14","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Certo nuova mercatantia è questa dell'altre, che, credendo comperare uno uomo per lo beneficio, mille e mille ne sono comperati. E cui non è ancora nel cuore Alessandro per li suoi reali beneficî? Cui non è ancora lo buono re di Castella o il Saladino o il buono Marchese di Monferrato o il buono Conte di Tolosa o Beltramo dal Bornio o Galasso di Montefeltro? Quando delle loro messioni si fa menzione, certo non solamente quelli che ciò farebbero volentieri, ma quelli che prima morire vorrebbero che ciò fare, amore hanno alla memoria di costoro.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=61&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"ESTENDE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"134","from":27707.0,"to":27710.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
+{"Annotazione":"Bonifazio Papa.  — Nuovi\nFarisei.<\/b>  Cos\u00ec chiama i romani Prelati, de' quali crede potersi\ndire quel medesimo che de' Farisei disse Cristo: «Qualunque cosa\na voi diranno, osservatela e fatela; ma non vogliate gi\u00e0 operare\nsecondo le opere loro.» Matth., XXIII, 3.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"27","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":["  Lo principe"],"FrammentoNota":"
Nuovi Farisei.<\/b>  Così chiama i romani Prelati, de' quali crede potersi dire quel medesimo che de' Farisei disse Cristo: «Qualunque cosa a voi diranno, osservatela e fatela; ma non vogliate già operare secondo le opere loro.» Matth., XXIII, 3.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","InfoCitazione.LuogoFonte":"Matteo XXIII, 3","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Omnia ergo, quaecumque dixerint vobis, facite et servate; secundum opera vero eorum nolite facere: dicunt enim et non faciunt.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#23","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"85","from":26389.0,"to":26391.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
+{"Annotazione":"C. I, vv. 61 e segg.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"24","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":["  A pi\u00e8 del monte"],"FrammentoNota":"a pié del monte<\/strong>. C. I, vv. 61 e segg.","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. I, 61-66","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Mentre ch'i' rovinava in basso loco,
dinanzi a li occhi mi si fu offerto
chi per lungo silenzio parea fioco.
Quando vidi costui nel gran diserto,
Miserere<\/i> di me”, gridai a lui,
“qual che tu sii, od ombra od omo certo!”","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=1","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"21","from":22663.0,"to":22667.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Caifasso intende, il\nquale consigliando la morte di Cristo profetizz\u00f2, senza\naccorgersene, il vantaggio che avrebb'essa recato al mondo,\nexpedit ut unus moriatur homo pro populo<\/i> [Ioan.<\/i> II v. 50]. \nFarisei<\/b>, una setta de' pi\u00f9 antichi e considerabili tra i\nGiudei. Veramente il micidiale consiglio non fu da Caifasso dato\nai soli Farisei, ma ad un concilio, dice ivi il sacro testo,\nadunato da' sacerdoti e Farisei. Come per\u00f2 in quell'adunamento\ndovette il maggior numero essere de' Faisei, pone perci\u00f2 Dante\nessi per tutti.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Consigli\u00f2 i Farisei"],"FrammentoNota":"
Caifasso intende, il quale consigliando la morte di Cristo profetizzò, senza accorgersene, il vantaggio che avrebb'essa recato al mondo, expedit ut unus moriatur homo pro populo<\/i> [Ioan.<\/i> II v. 50].<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q328804","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q36766","InfoCitazione.LuogoFonte":"XI 50","InfoCitazione.NotaFonte":"Il riferimento corretto \u00e8 Giovanni XI 50, non II 50.","InfoCitazione.TestoFonte":"nec cogitatis quia expedit vobis, ut unus moriatur homo pro populo, et non tota gens pereat!","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-ioannem_lt.html#11","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"116-117","from":22270.0,"to":22273.0,"NomeAutore":"Giovanni evangelista","TitoloFonte":"Vangelo secondo Giovanni"},
+{"Annotazione":"Cancellieri, nobile Pistoiese, il\nquale mozz\u00f2 una mano ad suo cugino, ed uccise un suo zio; d'onde\nnacquero in Pistoia le fazioni de' Bianchi e Neri.  Vedi 'l\nVillani [Giovanni] nel lib. 8 cap. 37, 38.  Venturi.  — non\nquesti, che m'ingombra col capo s\u00ec<\/b>, mi sta col capo innanzi agli\nocchi talmente — ch'io non veggio<\/b> [cos\u00ec la Nidobeatina: ch'i'\nnon veggi'<\/i> l'altr'edizioni] oltre pi\u00f9.<\/i><\/b>  Con aggiungere che pe\n'l costui capo non vegga pi\u00f9 oltre, ne fa capire che i\nprenominati soggetti vedesseli in isbieco guardando a destra ed a\nsinistra; e che per dritto mirando altro non vedesse che quel\ncapo  — Sassol Mascheroni<\/b>, Fiorentino uccisore d'un suo zio. \nVolpi.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"32","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Focaccia"],"FrammentoNota":"
Cancellieri, nobile Pistoiese, il quale mozzò una mano ad suo cugino, ed uccise un suo zio; d'onde nacquero in Pistoia le fazioni de' Bianchi e Neri.  Vedi 'l Villani [Giovanni] nel lib. 8 cap. 37, 38.  Venturi.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","InfoCitazione.LuogoFonte":"IX 38","InfoCitazione.NotaFonte":"Cfr. la Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 312 (VIII 37)","InfoCitazione.TestoFonte":"In questi tempi essendo la città di Pistoia in felice e grande e buono stato secondo il suo essere, e intra gli altri cittadini v'avea uno lignaggio di nobili e possenti che si chiamavano i Cancellieri, non però di grande antichità, nati d'uno ser Cancelliere, il quale fu mercatante e guadagnò moneta assai, e di due mogli ebbe più figliuoli, i quali per la loro ricchezza tutti furono cavalieri, e uomini di valore e da bene; e di loro nacquero molti figliuoli e nipoti, sì che in questo tempo erano più di C uomini d'arme, ricchi e possenti e di grande affare, sicché non solamente i
maggiori di Pistoia, ma de' più possenti legnaggi di Toscana. Nacque tra·lloro per la soperchia grassezza, e per susidio del diavolo, isdegno e nimistà tra 'l lato di quelli ch'erano nati d'una donna a quelli dell'altra; e l'una parte si puosono nome i Cancellieri neri, e l'altra i bianchi. E crebbe tanto che si fedirono insieme, non però di cosa innorma, e fedito uno di que' del lato de' cancellieri bianchi, que' del lato de' Cancellieri neri per avere pace e concordia co·lloro mandarono quegli ch'avea fatta l'offesa a la misericordia di coloro che·ll'aveano ricevuta, che ne prendessono l'amenda e vendetta a·lloro volontà; i quali del lato de' Cancellieri bianchi ingrati e superbi, non avendo in
loro pietà né carità, la mano dal braccio tagliaro in su una mangiatoia a quegli ch'era venuto a la misericordia. Per lo quale cominciamento e peccato non solamente si divise la casa de' Cancellieri, ma più micidi ne nacquero tra·lloro, e tutta la città di Pistoia se ne divise, che l'uno tenea coll'una
parte e l'altro coll'altra, e chiamavansi parte bianca e nera, dimenticata tra·lloro parte guelfa e ghibellina; e più battaglie cittadine, con molti pericoli e micidi, ne nacquero e furono in Pistoia; e non solamente in Pistoia, ma poi la città di Firenze e tutta Italia contaminaro le dette parti, come innanzi potrete intendere e sapere.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'CONFERMA'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"63-65","from":31374.0,"to":31375.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"}, +{"Annotazione":"Capaneo che nell'assedio di Tebe\nsalito sulle mura della citt\u00e0, mentre sfidava ed insultava Giove,\nfu da esso fulminato e dalle mura precipitato, come Stazio\nracconta [Theb.<\/i> lib. 10 v. 927 e seg.], o ammazzato e\nprecipato dai Tebani stessi, come crede Vegezio, che pone esso\nCapaneo l'inventore dello scalare l'assediate mura: qui scalis\nnituntur frequenter periculum sustinent: exemplo Capanei, a quo\nprimum haec scalarum oppugnatio perhibetur inventa: qu\u00ec tanta vi\noccisus est a Thebanis, ut extinctus fulmine diceretur<\/i> [De re\nmilit.<\/i> lib. 4 cap. 21]. Di Capaneo si \u00e8 detto anche nel canto\nXIV.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Non quel"],"FrammentoNota":"
Capaneo che nell'assedio di Tebe salito sulle mura della città, mentre sfidava ed insultava Giove, fu da esso fulminato e dalle mura precipitato, come Stazio racconta [Theb.<\/i> lib. 10 v. 927 e seg.]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q243203","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q2708117","InfoCitazione.LuogoFonte":"X 927-931","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"talia dicentem toto Iove fulmen adactum 
corripuit: primae fugere in nubila cristae,
et clipei niger umbo cadit, iamque omnia lucent
membra viri. cedunt acies, et terror utrimque,
quo ruat, ardenti feriat quas corpore turmas, ","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Stat.+Theb.+10&fromdoc=Perseus%3Atext%3A2008.01.0498","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"15","from":23721.0,"to":23723.0,"NomeAutore":"Publio Papinio Stazio","TitoloFonte":"Tebaide"}, +{"Annotazione":"Carlo Duca d'Angi\u00f2\nsummentovato, fratello di s. Luigi, venne in Italia ad\nimpossessarsi del regno di Sicilia e di Puglia discacciandone non\nsolamente l'iniquo possessore Manfredi, che colla morte di\nCurrado se n'era reso padrone; ma privandone eziandio della\ngiusta eredit\u00e0 e della vita Curradino figlio di Currado [Vedi\nGio. Villani lib. 6 cap. 44 e segg.] — Vittimi f\u00e8<\/b>, quasi dica\nsacrificollo alla propria cupidigia<\/i> — Ripinse al ciel\nTommaso<\/i><\/b>, quasi di nuovo pinse l'anima di Tommaso al cielo, onde\nfu data<\/i><\/b>; imitando la frase dell'Ecclesiaste Revertatur pulvis\nin terram suam, et spiritus redeat ad Deum, qui dedit illum<\/i>\n[Cap. 12 v. 7]. Del medesimo intendimento sono anche il\nDaniello, ed il Venturi. Ripignere<\/i> per\u00f2 e ripingere<\/i> avvisa\nil Vocabolario della Crusca adoprarsi talvolta per semplicemente\npignere<\/i>; n\u00e8 vi ha ripugnanza che sia questo un de' luoghi ove a\ncotal senso ristringasi. Quanto poi all'istoria appartiene, \u00e8\nfama, dice il Venturi, e lo scrisse il Villani [Gio. Villani lib.\n9 cap. 218], che questo Carlo per opera d'un suo medico facesse\navvelenar s. Tommaso d'Aquino, mentre era in cammino per andare\nal concilio di Lione; temendo che gli dovesse esser contrario.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Carlo venne in Italia"],"FrammentoNota":"
Carlo Duca d'Angiò summentovato, fratello di s. Luigi, venne in Italia ad impossessarsi del regno di Sicilia e di Puglia discacciandone non solamente l'iniquo possessore Manfredi, che colla morte di Currado se n'era reso padrone; ma privandone eziandio della giusta eredità e della vita Curradino figlio di Currado [Vedi Gio. Villani lib. 6 cap. 44 e segg.]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","InfoCitazione.LuogoFonte":"VII 44","InfoCitazione.NotaFonte":"Lombardi cita dalla Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, pp. 152-253 (VI 44). Si vedano anche le pp. successive.","InfoCitazione.TestoFonte":"Come il re Currado d'Alamagna seppe la morte dello 'mperadore Federigo suo padre, s'aparecchiò con grande compagnia per passare in Puglia e in Cicilia, per possedere il detto Regno, del quale Manfredi suo fratello bastardo s'era fatto vicario generale e signoreggiava tutto, salvo la città di Napoli e di Capova, i quali s'erano rubellati per la morte di Federigo, e tornati a l'ubbidenza della Chiesa. E per cagione della morte del detto Federigo molte cittadi di Lombardia e di Toscana aveano fatta mutazione, e tornate all'obedienza della Chiesa. Non si volle il detto Currado mettere a passare per terra, ma lui arrivato nella Marca di Trevigi, fece co' Viniziani apparecchiare grande navilio, e di là per mare con tutta sua gente arrivò in Puglia gli anni di Cristo MCCLI. E con tutto che Manfredi fosse cruccioso della sua venuta, perché intendea a esser signore del detto Regno, a Currado suo fratello fece grande accoglienza, rendendogli molto onore e reverenza. E come fue in Puglia, sì fece oste sopra la città di Napoli, la quale prima da Manfredi prenze di Salerno per V volte era stata osteggiata e assediata, e no·ll'avea potuta vincere, ma Currado con sua grande oste per lungo assedio ebbe la cittade, salvi le persone e la terra. Ma Currado non attenne loro i patti, ma come fu in Napoli sì fece disfare le mura e tutte le fortezze di Napoli; e simigliantemente fece a la città di Capova che s'era rubellata, e in poco di tempo tutto il Regno recò sotto la sua signoria, abbattendo ogni ribello, o che fosse amico o seguace di santa Chiesa; e non solamente i laici, ma i religiosi e le sacre persone, fece morire per tormenti, rubando le chiese, e abbattendo chi non era della sua obbedienza, e promovendo i benefici, come fosse papa, sì che se Federigo suo padre fue persecutore di santa Chiesa, questo Currado, se fosse vivuto lungamente, sarebbe stato peggiore. Ma come piacque a Dio, poco appresso infermò di grande malatia, ma non però mortale, e faccendosi curare a medici fisiziani, Manfredi suo fratello, per rimanere signore, il fece a' detti medici per moneta e gran promesse avelenare in uno cristeo, e per tale sentenzia di Dio, per opera del fratello, di tale morte morìo sanza penitenzia e scomunicato gli anni di Cristo MCCLII. E di lui rimase in Alamagna uno picciolo figliuolo ch'ebbe nome Curradino, nato per madre della figlia del duca di Baviera.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"67-69","from":19989.0,"to":19993.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
+{"Annotazione":"Catalano dei Catalani, della nobile\nfamiglia dei Malavolti, di parte guelfa, nato verso il 1210, fu\nuno dei fondatori dell'Ordine dei Godenti; ebbe l'ufficio di\npodest\u00e0 in Milano e in altre citt\u00e0 d'Italia: si trov\u00f2 alla\nbattaglia di Fossalta nel 1249 contro il re Enzo, e nel 1266 fu\nchiamato a Firenze con il suo compagno di pena, perch\u00e9 vi\nconservassero la pace.  — Loderingo<\/b> degli Andal\u00f2, di parte\nghibellina, nato anch'esso verso il 1210, dopo aver esercitato\nl'ufficio di podest\u00e0 in parecchie citt\u00e0 italiane e retto nel 1265\nil comune di Bologna, fu, insieme con Catalano, a Firenze nel\n1266.  La cortesia avrebbe voluto che prima parlasse del compagno\ne poi di s\u00e9; ma Catalano \u00e8 di quegli ipocriti che «amano i primi\nposti nei banchetti e i primi seggi nelle sinagoghe» (Matt.,\nXXIII, 6).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":["  Catalano"],"FrammentoNota":"
Loderingo<\/b> degli Andalò, di parte\r\nghibellina, nato anch'esso verso il 1210, dopo aver esercitato\r\nl'ufficio di podestà in parecchie città italiane e retto nel 1265\r\nil comune di Bologna, fu, insieme con Catalano, a Firenze nel\r\n1266.  La cortesia avrebbe voluto che prima parlasse del compagno\r\ne poi di sé; ma Catalano è di quegli ipocriti che «amano i primi\r\nposti nei banchetti e i primi seggi nelle sinagoghe» (Matt.,\r\nXXIII, 6).<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","InfoCitazione.LuogoFonte":"23, 5-7","InfoCitazione.NotaFonte":"Per comprendere a pieno il riferimento, si ricordi che pochi versetti prima Iesus indica l'ipocrisia degli scribi e dei farisei nel fatto che \u00abdicunt enim et non faciunt\u00bb (Matteo 23, 3).","InfoCitazione.TestoFonte":"[5]<\/strong> Omnia vero opera sua faciunt, ut videantur ab hominibus: dilatant enim phylacteria sua et magnificant fimbrias, | [6]<\/strong> amant autem primum recubitum in cenis et primas cathedras in synagogis | [7]<\/strong> et salutationes in foro et vocari ab hominibus Rabbi.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#23","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"104","from":22186.0,"to":22187.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
+{"Annotazione":"Che l'aurora del Sole, la quale\n[esclusa quella della Luna] sola resta a intendersi, dovesse\nallora, ovunque la fosse, adornarsi<\/i> la fronte di gemme poste\n'n figura del freddo animale, che con la coda percuote la gente<\/b>,\ncio\u00e8 delle stelle del celeste Scorpione, intender\u00e0 chi\nrifletter\u00e0, che non \u00e8 l'aurora se non un passaggio de' raggi\nsolari per l'atmosfera, e che perci\u00f2 il suo pi\u00f9 basso limite dee\nsempre collineare al punto di cielo diametralmente opposto a\nquello in cui il Sole esiste.  Posto ci\u00f2, diviene chiaro\nch'essendo, mentre faceva Dante questo suo viaggio, avvanzato il\nSole verso gli ultimi gradi di Ariete [Vedi il computo fatto\nsecondo le Tavole Pruteniche dagli Accademici della Cr., e posto\nda essi in fine della divina commedia], doveva l'aurora avere il\nsuo pi\u00f9 basso confine verso gli ultimi gradi della Libra, e per\nprimo intero segno occuparne lo Scorpione.\n\n\tMa perch\u00e8<\/i><\/b> [addimanda qu\u00ec 'l Rosa Morando] lo Scorpione\nsi dir\u00e0<\/i> freddo?  Non<\/i> freddo per la natura dell'animale,\nch'anzi nemico del freddo intorpidisce nel verno, e col\nringiovenire della stagione ringiovenisce e riprende forza<\/i> ....\nNon<\/i> freddo per la natura del segno; ch'\u00e8 domicilio e casa di\nMarte, pianeta ardente e focoso: e non<\/i> freddo finalmente\nriguardo la stagione ch'abbiamo quando v'entra il Sole; lo che\nsuccede in ottobre, placido e temperato mese.  In fatti<\/i> ardente,\nnon<\/i> freddo, lo chiam\u00f2 Virgilio, ove disse nella Georgica<\/i>\n[lib. 1 v. 34]\n\n     . . . ipse tibi iam brachia contrahit ardens<\/i>\n     Sorpius.<\/i>\n\n\tAnzi, rispondo io, che un animale intorpidisca nel verno,\nci\u00f2 appunto \u00e8 segno che goda egli meno calore: e bene in noi\nstessi lo proviamo, che tra le parti del corpo nostro quelle pi\u00f9\nfacilmente delle altre al freddo interrizziscono, alle quali in\nminor copia il natural calore si diffonde.  Ed ove bastasse lo\nintorpidire dello Scorpione nel verno per non potersi dir freddo\nanimale<\/i><\/b>, bisognerebbe correggere eziandio Virgilio in que' versi\nFrigidus, o pueri fugite hinc, latet anguis in herba<\/i><\/b> [Eclog.\nIII, 93]; Frigidus in pratis cantando rumpitur anguis<\/i> [Eclog.\nVIII, 71]; imperocch\u00e8 la biscia pure nel verno intorpidisce.  N\u00e8\nfinalmente osta, che Virgilio stesso appelli il segno dello\nScorpione ardente, ardens Scorpius<\/i>; perocch\u00e8, come avverte a\nquel passo Servio, ardens ad illud refertur quia Martis est\ndomicilium: nam Scorpii tempus frigidum est, quippe cuius\nnovember mensis est<\/i>: entra cio\u00e8 il Sole nello Scorpione verso il\nfine d'ottobre, e vi si trattiene fin verso il termine di\nnovembre, mese nebbioso e freddo, anzi che placido e temperato.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Di gemme"],"FrammentoNota":"
Ma perchè<\/i> [addimanda quì 'l Rosa Morando] lo Scorpione si dirà<\/i> freddo?  Non<\/i> freddo per la natura dell'animale, ch'anzi nemico del freddo intorpidisce nel verno, e col ringiovenire della stagione ringiovenisce e riprende forza<\/i> .... [...].Anzi, rispondo io, che un animale intorpidisca nel verno, ciò appunto è segno che goda egli meno calore: e bene in noi stessi lo proviamo, che tra le parti del corpo nostro quelle più facilmente delle altre al freddo interrizziscono, alle quali in minor copia il natural calore si diffonde.  Ed ove bastasse lo intorpidire dello Scorpione nel verno per non potersi dir freddo animale<\/b>, bisognerebbe correggere eziandio Virgilio in que' versi Frigidus, o pueri fugite hinc, latet anguis in herba<\/i> [Eclog. III, 93]; Frigidus in pratis cantando rumpitur anguis<\/i> [Eclog. VIII, 71]; imperocchè la biscia pure nel verno intorpidisce.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","InfoCitazione.Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/eclogae","InfoCitazione.LuogoFonte":"III 93","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"frigidus, O pueri, fugite hinc, latet anguis in herba.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi001.perseus-lat1:3","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/filippo-rosa-morando-1751', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"4-6","from":8085.0,"to":8087.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":null},
+{"Annotazione":"Che non solo l'arche, nelle\nquali si rinchiudevano i miscredenti, ma anche le torri, intese\ndal Buti per le meschite<\/i> {v.70}, roventi fossero, apparisce dal\ncanto seguente v. 36:\n\n     Ver l'alta torre alla cima rovente.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Vermiglie, come"],"FrammentoNota":"
Che non solo l'arche, nelle quali si rinchiudevano i miscredenti, ma anche le torri, intese dal Buti per le meschite<\/i> {v.70}, roventi fossero, apparisce dal canto seguente v. 36:\r\n     Ver l'alta torre alla cima rovente.<\/i><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. IX 36","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"ver' l'alta torre a la cima rovente,","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=9","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=13855', 'Rapporto': 'CONFERMA'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"72","from":7243.0,"to":7245.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Che sempre oscur\u00f2 il nome di\nchi vi si trattenne.  Della medesima vita alla rinomanza\nintendendo dir\u00e0 de' poltroni nel canto III, 64\n\n      Questi sciaurati, che mai non fur vivi.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Che non lasci\u00f2"],"FrammentoNota":"
Che sempre oscurò il nome di chi vi si trattenne.  Della medesima vita alla rinomanza intendendo dirà de' poltroni nel canto III, 64, Questi sciaurati, che mai non fur vivi.<\/i>\r\n<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. III 64","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Questi sciaurati, che mai non fur vivi.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=3&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"27","from":195.0,"to":198.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Che sola si piange,\npurgandosi i delitti per suo amore commessi, ne' tre gironi del\nPurgatorio, che ci restano sopra a vedere; ove si tormentano gli\navari, i golosi, e i lussuriosi.  Venturi.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Che sola sovra noi"],"FrammentoNota":"
Che sola si piange, purgandosi i delitti per suo amore commessi, ne' tre gironi del Purgatorio, che ci restano sopra a vedere; ove si tormentano gli avari, i golosi, e i lussuriosi.  Venturi.\r\n<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. XXIII 61-75","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Ed elli a me: \"De l'etterno consiglio
cade vertù ne l'acqua e ne la pianta
rimasa dietro, ond'io sì m'assottiglio.
Tutta esta gente che piangendo canta
per seguitar la gola oltra misura,
in fame e 'n sete qui si rifà santa.
Di bere e di mangiar n'accende cura
l'odor ch'esce del pomo e de lo sprazzo
che si distende su per sua verdura.
E non pur una volta, questo spazzo
girando, si rinfresca nostra pena:
io dico pena, e dovrìa dir sollazzo,
ché quella voglia a li alberi ci mena
che menò Cristo lieto a dire \"Elì\",
quando ne liberò con la sua vena\".","InfoCitazione.UrlFonte":" https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=57","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'CONFERMA'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"59","from":18906.0,"to":18914.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Che \u00e8 il nono ed ultimo de'\ncieli corporei, sicch\u00e8 per confine all'ins\u00f9 non ha altro che\nl'empireo, cielo di tutt'altra sorta, e consistente in amore, e\nluce di conoscimento, siccome sede propria de i beati. Cos\u00ec pure\nha detto nel canto XXVII v. 112 Luce ed amor d'un cerchio lui\ncomprende.<\/i> Venturi.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"28","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Che solo amore"],"FrammentoNota":"
Così pure ha detto nel canto XXVII v. 112 Luce ed amor d'un cerchio lui comprende.<\/i><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Par. XXVII 112","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Luce e amor d'un cerchio lui comprende,","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=94&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'CONFERMA'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"54","from":27772.0,"to":27775.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Chi intende la stella<\/b>\nVenere: cos\u00ec il Volpi: chi il Sole, per esser detta in questa\nforma assolutamente: cos\u00ec il Daniello, il Landino, e il\nVellutello: e vi \u00e8 qualche ragionevol motivo per l'una e per\nl'altra interpretazione.  Venturi.  Dante per\u00f2 medesimo nel suo\nConvito<\/i> nella canzone 2 che incomincia Amor, che nella mente\nmi ragiona<\/i>, nell'ultima strofa dice\n\n     Ma li nostr'occhi per cagioni assai<\/i>\n     Chiaman la stella talor tenebrosa<\/i>:\n\ne poscia comenta in guisa, che ben rende chiaro di non avere per\nstella<\/i><\/b> inteso n\u00e8 Venere, n\u00e8 il Sole, ma le stelle<\/i><\/b>\ngeneralmente, e di avere adoprato il singolare pe 'l plurale; a\nquel modo che comunemente diciamo avere alcuno l'occhio fiero, o\nvago, invece di dire, ch'ha gli occhi fieri, o vaghi.  Per\nessere<\/i>, dice, lo viso debilitato<\/i> .... puote anche la stella\nparere turbata: e io fui esperto di questo<\/i> .... che per\naffaticare lo viso molto a studio di leggere, in tanto debilitai\ngli spiriti visivi, che le stelle mi pareano tutte d'alcuno\nalbore ombrate<\/i> [Trat. 3 cap. 9].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Pi\u00f9 che la stella."],"FrammentoNota":"
Chi intende la stella <\/b>Venere: così il Volpi: chi il Sole, per esser detta in questa forma assolutamente: così il Daniello, il Landino, e il Vellutello: e vi è qualche ragionevol motivo per l'una e per l'altra interpretazione.  Venturi.  Dante però medesimo nel suo Convito<\/i> nella canzone 2 che incomincia Amor, che nella mente mi ragiona<\/i>, nell'ultima strofa dice \r\n     Ma li nostr'occhi per cagioni assai<\/i>\r\n     Chiaman la stella talor tenebrosa<\/i>:\r\ne poscia comenta in guisa, che ben rende chiaro di non avere per stella<\/b> inteso nè Venere, nè il Sole, ma le stelle <\/i>generalmente, e di avere adoprato il singolare pe 'l plurale; a quel modo che comunemente diciamo avere alcuno l'occhio fiero, o vago, invece di dire, ch'ha gli occhi fieri, o vaghi. Per essere<\/i>, dice, lo viso debilitato<\/i> .... puote anche la stella parere turbata: e io fui esperto di questo<\/i> .... che per affaticare lo viso molto a studio di leggere, in tanto debilitai gli spiriti visivi, che le stelle mi pareano tutte d'alcuno albore ombrate<\/i> [Trat. 3 cap. 9].\r\n<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","InfoCitazione.LuogoFonte":"III ix 14-16","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Per essere lo viso debilitato, incontra in esso alcuna disgregazione di spirito, sì che le cose non paiono unite ma disgregate, quasi a guisa che fa la nostra lettera in sulla carta umida: e questo è quello per che molti, quando vogliono leggere, si dilungano le scritture dalli occhi, perché la imagine loro vegna dentro più lievemente e più sottile; e in ciò più rimane la lettera discreta nella vista; e però puote anche la stella parere turbata. E io fui esperto di questo l'anno medesimo che nacque questa canzone, che per affaticare lo viso molto a studio di leggere, in tanto debilitai li spiriti visivi che le<\/strong> stelle <\/strong>mi pareano tutte d'alcuno albore ombrate. E per lunga riposanza in luoghi oscuri e freddi, e con affreddare lo corpo dell'occhio coll'acqua chiara, riuni' sì la vertù disgregata che tornai nel primo buono stato della vista. E così appaiono molte cagioni, per le ragioni notate, per che la stella puote parere non com'ella è.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_CV&pb=42","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}, {'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}, {'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}, {'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"55","from":1392.0,"to":1396.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
+{"Annotazione":"Chi siano questi due giusti, qu\u00ec\nnon si dice, Guido Frate Carmelitano [Nel comento<\/i> [dice\nLandino] ch'ei fece sopru ventisette capitoli di questo libro.<\/i>]\nasserisce essere stato Dante istesso, e Guido Cavalcanti: altri\nessere stato pi\u00f9 tosto Barduccio, e Giovanni da Vespignano, de'\nquali parla Giovanni Villani, e ne riporta l'intero capitolo il\nVellutello: ed altri, ma con poca felicit\u00e0 di ripiego, la legge\ndivina ed umana intendono.  Venturi.  — e non vi son intesi<\/b>,\nnon vi sono ascoltati.  Giusti son duo, ma non vi sono 'ntesi<\/i><\/b>\nleggono diversamente dalla Nidob. altre ediz.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"06","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Giusti son due."],"FrammentoNota":"
Altri essere stato più tosto Barduccio, e Giovanni da Vespignano, de' quali parla Giovanni Villani, e ne riporta l'intero capitolo il Vellutello: ed altri, ma con poca felicità di ripiego, la legge divina ed umana intendono.  Venturi. <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","InfoCitazione.LuogoFonte":"XI 176","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Di certi miracoli che furono in Firenze.<\/strong>
L'anno MCCCXXXI morirono in Firenze due buoni e giusti uomini e di santa vita e conversazione e di grandi limosine, tutto che fossono laici. L'uno ebbe nome Barduccio, e soppellìsi in Santo Spirito a·luogo de' frati romitani; e l'altro ebbe nome Giovanni [...], e soppellìsi a San Piero Maggiore.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Rapporto': 'CONFERMA'}, {'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'CONFERMA'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"73","from":5491.0,"to":5494.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"}, +{"Annotazione":"Chiama conversi dell'ultima\nchiostra gli abitatori della decima bolgia, per ironia; essendo\nle infernali bolge tutt'altro che chiostri abitati da devoti\nfraticelli. Onde si vede questa menzione del chiostro, non che\nessere a biasimo, tornare anzi in lode. Che che pensasse de'\nfrati del suo tempo, Dante circa gli Ordini loro non aveva certo\nle idee del tempo nostro; egli, che lo stesso Paradiso non dubita\nchiamare «il chiostro Nel quale \u00e8 Cristo abate.» Purg. XXVI,\n128.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"29","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":[" I suoi conversi."],"FrammentoNota":"I suoi conversi.<\/b> Chiama conversi dell'ultima chiostra gli abitatori della decima bolgia, per ironia; essendo le infernali bolge tutt'altro che chiostri abitati da devoti fraticelli. Onde si vede questa menzione del chiostro, non che essere a biasimo, tornare anzi in lode. Che che pensasse de' frati del suo tempo, Dante circa gli Ordini loro non aveva certo le idee del tempo nostro; egli, che lo stesso Paradiso non dubita chiamare «il chiostro Nel quale è Cristo abate.» Purg. XXVI, 128.","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. XXVI, 128-129","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"che licito ti sia l'andare al chiostro
nel quale è Cristo abate del collegio","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=60","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"41","from":28067.0,"to":28070.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Chiara la dice o perch\u00e8\ngli aveva (secondo il Tommas\u00e8o) con quel nome delle Salse\nridestate le memorie della patria; o fors'anche perch\u00e8 pi\u00f9\nspiccata di quella delle Ombre, le quali, a dir di Virgilio,\nhanno vocem exiguam.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"18","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":[" La tua chiara favella."],"FrammentoNota":"
Chiara la dice o perchè gli aveva (secondo il Tommasèo) con quel nome delle Salse ridestate le memorie della patria; o fors'anche perchè più spiccata di quella delle Ombre, le quali, a dir di Virgilio, hanno vocem exiguam.<\/i><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","InfoCitazione.LuogoFonte":"Aeneis VI, 492-493","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"ceu quondam petiere rates; pars tollere vocem<\/strong>
exiguam<\/strong>, inceptus clamor frustratur hiantes.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055%3Abook%3D6%3Acard%3D477","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"53","from":16833.0,"to":16837.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, +{"Annotazione":"Chiosa e\ncritica questo passo il Castelvetro. Tale dice, fu il canto\ndelle Muse, quando tenzonarono con le Piche, che esse Piche non\ngiudicar trovare perdono del loro ardire d'aver voluto tenzonare\ndi canto con le Muse. Se non vi fosse stata molta differenza,\nquantunque fossero state superate, potevano sperare, che la gente\navesse perdonato loro quel fallo, poich\u00e8 avevano onde porsi a\ntenzone.<\/i> Fin qu\u00ec la chiosa. Siegue ora la critica. Ma \u00e8 da\npor mente che Ovidio nelle Metamorfosi, nel fine del quinto\nlibro, dice il contrario: perciocch\u00e8 esse non riconobbero il\ncanto delle Ninfe, e dissero villania alle Muse. Perch\u00e8 sdegnate\nle Muse le convertirono in gazze.<\/i>\n\n\tDal racconto per\u00f2 di Ovidio abbiamo bens\u00ec che non\nconfessassero le Piche la loro inferiorit\u00e0, ma non gi\u00e0 che non la\nconoscessero. Chi non sa essere vizio frequente, massimamente\ndella donnesca alterigia, quello di negare la verit\u00e0 conosciuta?\n\n\tPoi: se potevano le Piche sperare che la gente avesse\nperdonato loro questo fallo<\/i> fin che la cosa stette in parole;\nnon per\u00f2 quando in effetto provarono il maggior valore delle\nMuse, vedendosi trasformate in gazze, e costrette a portare\nperpetuamente in faccia al mondo la pena della loro tracotanza. \nOr come assicuraci 'l Castelvetro, che appunto questa medesima\ntrasformazione non sia il colpo<\/b> di che Dante favella?\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Lo colpo tal, che disperar perdono."],"FrammentoNota":"
Dal racconto però di Ovidio abbiamo bensì che non confessassero le Piche la loro inferiorità, ma non già che non la conoscessero [...].Poi: se potevano le Piche sperare che la gente avesse perdonato loro questo fallo<\/i> fin che la cosa stette in parole; non però quando in effetto provarono il maggior valore delle Muse, vedendosi trasformate in gazze, e costrette a portare perpetuamente in faccia al mondo la pena della loro tracotanza.  Or come assicuraci 'l Castelvetro, che appunto questa medesima trasformazione non sia il colpo<\/b> di che Dante favella?<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","InfoCitazione.LuogoFonte":"V 662-678","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Finierat doctos e nobis maxima cantus.
At nymphae vicisse deas Helicona colentes
concordi dixere sono. Convicia victae
cum iacerent, “quoniam” dixit “certamine vobis
supplicium meruisse parum est maledictaque culpae
additis et non est patientia libera nobis,
ibimus in poenas et, qua vocat ira, sequemur.”
Rident Emathides spernuntque minantia verba:
conataeque loqui et magno clamore protervas
intentare manus, pennas exire per ungues
adspexere suos, operiri bracchia plumis;
alteraque alterius rigido concrescere rostro
ora videt volucresque novas accedere silvis.
Dumque volunt plangi, per bracchia mota levatae
aere pendebant, nemorum convicia, picae.
Nunc quoque in alitibus facundia prisca remansit
raucaque garrulitas studiumque inmane loquendi.”","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0959.phi006.perseus-lat1:5.572","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15705', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"12","from":71.0,"to":77.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, +{"Annotazione":"Chiosa il Venturi. Ma tu, o Papa\nBonifazio VIII.<\/i> Parlando per\u00f2 Dante ad un Papa vivente\nmentr'egli queste gi\u00e0 vedute cose scriveva, ed avendo accennato\naltrove [Inf. XIX, 82 e segg.] tinto della mala prefata pece\nClemente V creato nel 1305, a questo piuttosto che a Bonifazio\ndirei doversi intendere cotal parlare diretto — sol per\ncancellare scrivi<\/b>, scrivi le censure non per correggere e\ngastigare, ma per venderne poi le rivocazioni e la\nriconciliazione colla Chiesa cassandole. Venturi.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"18","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Ma tu."],"FrammentoNota":"
Parlando però Dante ad un Papa vivente mentr'egli queste già vedute cose scriveva, ed avendo accennato altrove [Inf. XIX, 82 e segg.] tinto della mala prefata pece Clemente V creato nel 1305, a questo piuttosto che a Bonifazio direi doversi intendere cotal parlare diretto<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. XIX 82-84","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"ché dopo lui verrà di più laida opra,
di ver' ponente, un pastor sanza legge,
tal che convien che lui e me ricuopra.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=19&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"130","from":18099.0,"to":18101.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Chiosando gl'interpreti [quelli\ni quali pe 'l veltro<\/i> {v.101} intendono giustamente Can Grande\nsignor di Verona] che per sua nazione<\/b> debbasi capire\nprecisamente Verona o 'l Veronese, e pe' due Feltri<\/b> i precisi\nluoghi di Feltro<\/i><\/b>, o Feltre<\/i>, nella Marca Trivigiana, e di\nMonte Feltro in Romagna [In Romagna dice bene il Vellutello\nessere Monte Feltro; ed errano il Daniello, e 'l Volpi, che lo\ndicono nella Marca Anconitana. Termina la Marca Anconitana al\nfiume Foglia, alias Isauro [vedi Magini Italia<\/i>, nella\nprefazione, e nella tav. 46], e Monte Feltro n'\u00e8 di l\u00e0 alquante\nmiglia: e Dante stesso al conte di Monte Feltro [nel XXVII di\nquesta cantica v. 37] Romagna tua<\/i> dice lui.] su 'l fondamento\ndi cotale chiosa passa il Venturi nel XX della presente cantica\nv. 65 ad allegare questo con altro mal inteso luogo [Par. IX\n25 e segg. Vedi quella nota.] in prova, che circonscriva Dante\ncon termini troppo lontani, e con istile geografico pochissimo\nscrupoloso.<\/i>\n\n\tSe per\u00f2 il Venturi avesse nelle sue chiose adoprato\nquello scrupolo che desidera in Dante, avrebbe trovato, che\nVerona riponesi da' Geografi nella Lombardia [Vedi tra gli altri\nil citato Magini nella prefazione, e Baudrand art, Verona.<\/i>]:\nche Dante stesso in Lombardia riconoscela, e perci\u00f2 appella gran\nLombardo<\/i> il medesimo Can Grande [Par. XVII, 71]: e che tra le\nItaliane provincie era la Lombardia quella nella quale trovavasi\nil maggior nerbo de' Ghibellini [Corio Istor. di Milano part.\n3], da i quali sperava Dante rimedio a' suoi guai. Ed avrebbe\nquindi potuto persuadersi, che per la nazione<\/i><\/b> di Cane non la\nsola Verona o 'l Veronese, ma la Lombardia tutta pot\u00e8 Dante\nintendere; e che pe' due Feltri<\/b> [quantunque dall'intiera\nLombardia non cos\u00ec svariatamente discosti, come da Verona] pot\u00e8\nsensatamente intendere, per una parte tutta la Marca Trivigiana,\nin cui \u00e8 Feltre nobile di lei porzione, e per l'altra parte\nRomagna tutta, nella quale \u00e8 Monte Feltro; sede allora de' Conti\nsignori di molti luoghi di Romagna. Sarebbe con questo\nintendimento ogni difficolt\u00e0 svanita; imperocch\u00e8 sono la Marca\nTrivigiana, e la Romagna provincie affatto contigue agli opposti\nlati della Lombardia.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" E sua nazion"],"FrammentoNota":"
In Romagna dice bene il Vellutello essere Monte Feltro; ed errano il Daniello, e 'l Volpi, che lo dicono nella Marca Anconitana.  Termina la Marca Anconitana al fiume Foglia, alias Isauro [vedi Magini Italia<\/i>, nella prefazione, e nella tav. 46], e Monte Feltro n'è di là alquante miglia: e Dante stesso al conte di Monte Feltro [nel XXVII di questa cantica v. 37] Romagna tua<\/i> dice lui. <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. XXVII 37","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Romagna tua non è, e non fu mai","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=27","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Rapporto': 'CONFERMA'}, {'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}, {'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/giovanni-antonio-volpi-1726-27', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"105","from":761.0,"to":764.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Chiosano qu\u00ec\ntutti gli espositori che voglia Dante esprimere la velocit\u00e0 della\nluce incomparabilmente maggiore di quella del cadere di una\npietra.  Ma se ci\u00f2 avesse voluto Dante esprimerne, a che, domin,\naggiunto ci avrebbe quell'in igual tratta<\/b>?  Pu\u00f2 egli forse in\nqualche diversit\u00e0 di tratta<\/b> agguagliarsi il moto della pietra\nal moto della luce?\n\n\tQuantunque non dissimilmente dagli altri spositori\nspieghi il Landino essere sentimento di Dante, che se una pietra\nin pari tempo scendesse dal Sole, che scende il raggio; molto pi\u00f9\ntardi giugnerebbe la pietra che il raggio<\/i>: inserisce egli per\u00f2\nnella sua chiosa una notizia, che ne apre la via ad intendere\nquesto passo di Dante in un senso affatto diverso dal finora\npreteso, ed assai pi\u00f9 aggiustato.  Il caso<\/i>, dice, della\npietra, secondo Alberto, nel libro della propriet\u00e0 degli\nelementi, \u00e8 detta per certa traslazione una linea indotta a\npiombo.  Laonde vuole nel medesimo libro, che gli Etiopi che\nabitan tra il Tropico estivo e l'equinoziale, abbino due\nardentissime stati, perch\u00e8 il Sole passa due volte il caso della\npietra sopra i lor capi.<\/i>\n\n\tLa convenienza di cotale appellazione alla linea\nperpendicolare, per la perpendicolare che sempre la pietra\nliberamente sul suolo cadendo descrive: l'essere Alberto Magno e\nDante contemporaneamente vissuti: e per terzo, il non potersene\nin altro modo da questo passo trarre buon senso, sono tre motivi\nche mi determinano a credere, che pe 'l cader della pietra<\/i><\/b> non\nintenda il Poeta qu\u00ec se non la perpendicolare medesima.\n\n\tQuant'io adunque capisco vuole qu\u00ec Dante con l'ellittico\nsuo famigliare linguaggio accennate due uguaglianze, che serbano\ntra di loro nel cadere e riflettere dall'acqua o dallo specchio i\nraggi.  La prima di modificazione, o sia di tessitura [quella\ncio\u00e8, senza della quale non avremmo certamente immagine n\u00e8\ndall'acqua, n\u00e8 dallo specchio, n\u00e8 da verun corpo lucido], ed\nesprime questa con dire, che\n\n        Salta lo raggio all'opposita parte<\/i><\/b>\n        Salendo su, per lo modo parecchio<\/i>\n     A quel che scende.<\/i>\n\nL'altra uguaglianza \u00e8 quella degli angoli d'incidenza e di\nriflessione, cosa pure certissima, ed esprimela con aggiungere,\nche lo stesso riflettente raggio in igual tratta<\/b>, in lughezza\nuguale a quella del raggio diretto, si diparte dal cader della\npietra<\/b>, dalla perpendicolare, tanto<\/b> [intendi valer tanto\nquanto<\/i><\/b> [Lo stesso cio\u00e8 che il solo quanto<\/i> alcuna fiata vale. \nVedi Cinon. Partic.<\/i> 211, 4]] lo stesso diretto raggio si\ndiparte.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"15","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  E tanto si diparte dal cader"],"FrammentoNota":"
Quantunque non dissimilmente dagli altri spositori spieghi il Landino essere sentimento di Dante, che se una pietra in pari tempo scendesse dal Sole, che scende il raggio; molto più tardi giugnerebbe la pietra che il raggio<\/i>: inserisce egli però nella sua chiosa una notizia, che ne apre la via ad intendere questo passo di Dante in un senso affatto diverso dal finora preteso, ed assai più aggiustato.  Il caso<\/i>, dice, della pietra, secondo Alberto, nel libro della proprietà degli elementi, è detta per certa traslazione una linea indotta a piombo.  Laonde vuole nel medesimo libro, che gli Etiopi che abitan tra il Tropico estivo e l'equinoziale, abbino due ardentissime stati, perchè il Sole passa due volte il caso della pietra sopra i lor capi. <\/i>\r\nLa convenienza di cotale appellazione alla linea perpendicolare, per la perpendicolare che sempre la pietra liberamente sul suolo cadendo descrive: l'essere Alberto Magno e Dante contemporaneamente vissuti: e per terzo, il non potersene in altro modo da questo passo trarre buon senso, sono tre motivi  che mi determinano a credere, che pe 'l cader della pietra<\/b> non intenda il Poeta quì se non la perpendicolare medesima.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60059","InfoCitazione.Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/De_causis_proprietatum_elementorum(Alberto_Magno)","InfoCitazione.LuogoFonte":"I i 5","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Sol [...] bis pertransit casus lapidis super capita eorum, hoc est, lineam perpendiculariter ductam a centro solis super capita eorum : hoc enim vocatur casus lapidis : eo quod lapis et quodlibet simpliciter grave, cadit inferius perpendiculariter.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/watarts.uwaterloo.ca\/cgi-bin\/cgiwrap\/albertus\/webAlbertus.cgi?browse=%3B+Lib.I%3B+tract.1%3B+cap.4%3B+p.595&chosenTexts=11&normalized=0&exclude=0&language=0&word=liber%7Ccaput&newstart=1&quantity=10&scope=&format=browseFmt","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Rapporto': 'ESTENDE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"19-20","from":14461.0,"to":14467.0,"NomeAutore":"Alberto Magno","TitoloFonte":null},
+{"Annotazione":"Ch\u00e8 tutti lo conoscon bene e sanno\nche il pi\u00f9 malizioso fra loro \u00e8 Malacoda; perci\u00f2, come accade\nsempre nelle folle, lo scelgono per acclamazione lor\nrappresentante.  — Malacoda<\/b>: e infatti, che fosse diavolo di\nmalizia assai raffinata, lo dice anche il nome, nella cui\nformazione non per nulla entra come elemento principale la coda,\nche ferisce di nascosto ed \u00e8 la parte pi\u00f9 terribile di Gerione\n(Inferno<\/i>, XVII, 84).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"21","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":["  Tutti gridaron"],"FrammentoNota":"
Malacoda<\/b>: e infatti, che fosse diavolo di\r\nmalizia assai raffinata, lo dice anche il nome, nella cui\r\nformazione non per nulla entra come elemento principale la coda,\r\nche ferisce di nascosto ed è la parte più terribile di Gerione\r\n(Inferno<\/i>, XVII, 84).<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inferno XVII, 82-84","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Omai si scende per sì fatte scale;
monta dinanzi, ch'i' voglio esser mezzo,
sì che la coda non possa far male\".","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=17&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"76","from":19889.0,"to":19891.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Cio\u00e8 il padre di\nSilvio, che fu Enea, essendo in corpo, and\u00f2 in Inferno, e dicelo\nVergilio nel VI dello Eneidos.<\/i> Questo dice perch\u00e8 Dio, ch'\u00e8\naversario d'ogni male, li li [per]misse e non sanza cagione, per\u00f2\nche di lui doveano scendere li fondatori del Romano Imperio,\nuniversale monarchia e principato del mondo. La quale fu ottima\ncagione, per\u00f2 che in Inferno ud\u00eco e vide quello perch'elli\nristette in Italia; come \u00e8 scritto nel sesto dello Eneidos.<\/i> \nL'altra quistione: Enea gener\u00f2 di Lavina, figliuola del Re\nLatino, Silvio; Silvio gener\u00f2 Enea e Bruto; Enea gener\u00f2 Latino;\ndi Latino nacque Silvio [e] Alba; di Silvio, Egiptio; di Egiptio,\nCarpento; di Carpento, Teverino; di Teverino, Agrippa; di\nAgrippa, Aremo; di Aremo, Aventino; di Aventino, Proco, Numitore\ned Amulio; di Numitore, Rea Silvia, o vero Ilia, della quale\nnacque Romolo e Remolo.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"L'Ottimo Commento 1333","Frammenti":[" Tu dici, che di Silvio"],"FrammentoNota":"
Cioè il padre di\r\nSilvio, che fu Enea, essendo in corpo, andò in Inferno, e dicelo\r\nVergilio nel VI dello Eneidos.<\/i>  Questo dice perchè Dio, ch'è\r\naversario d'ogni male, li li [per]misse e non sanza cagione, però\r\nche di lui doveano scendere li fondatori del Romano Imperio,\r\nuniversale monarchia e principato del mondo.  La quale fu ottima\r\ncagione, però che in Inferno udìo e vide quello perch'elli\r\nristette in Italia; come è scritto nel sesto dello Eneidos.<\/i> <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","InfoCitazione.LuogoFonte":"VI, 760-787","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Ille, uides, pura iuuenis qui nititur hasta,
Proxima sorte tenet lucis loca, primus ad auras
Aetherias Italo commixtus sanguine surget,
Siluius, Albanum nomen, tua postuma proles,
Quem tibi longaeuo serum Lauinia coniunx
Educet siluis regem regumque parentem,
Vnde genus Longa nostrum dominabitur Alba.
Proximus ille Procas, Troianae gloria gentis,
Et Capys et Numitor et qui te nomine reddet
Siluius Aeneas, pariter pietate uel armis
Egregius, si umquam regnandam acceperit Albam.
Qui iuuenes! quantas ostentant, aspice, uiris
Atque umbrata gerunt ciuili tempora quercu!
Hi tibi Nomentum et Gabios urbemque Fidenam,
Hi Collatinas imponent montibus arces,
Pometios Castrumque Inui Bolamque Coramque.
Haec tum nomina erunt, nunc sunt sine nomine terrae.
Quin et auo comitem sese Mauortius addet
Romulus, Assaraci quem sanguinis Ilia mater
Educet. uiden, ut geminae stant uertice cristae
Et; pater ipse suo superum iam signat honore?
En huius, nate, auspiciis illa incluta Roma
Imperium terris, animos aequabit Olympo,
Septemque una sibi muro circumdabit arces,
Felix prole uirum: qualis Berecyntia mater
Inuehitur curru Phrygias turrita per urbes
Laeta deum partu, centum complexa nepotes,
Omnis caelicolas, omnis supera alta tenentis.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=VERG%7Caene%7C006","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"13-19","from":1083.0,"to":1088.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, +{"Annotazione":"Cio\u00e8 quando esso carro fu\ndagl'infuocati cavalli tratto assai in alto — levorsi<\/b>, sincope\ndi levoronsi.<\/i> Questa stessa sincope adopera Dante anche nel\ncanto XXXIII v. 60 della presente cantica; e quanto all'intiero\nlevorono<\/i> in vece di levarono<\/i>, veggasi l'uso, che dice il\nCinonio [Tratt. de' verbi c. 22] essere in Firenze di cos\u00ec\nterminare le terze persone del preterito plurale di simili verbi.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"26","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Quando i cavalli"],"FrammentoNota":"
levorsi<\/b>, sincope di levoronsi.<\/i>  Questa stessa sincope adopera Dante anche nel canto XXXIII v. 60 della presente cantica<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. XXXIII 60","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"di manicar, di sùbito levorsi","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=33","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"36","from":24995.0,"to":24998.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Cio\u00e8 s'indugia, spiegano tutti; senza\npor mente che queste anime, per quel che ne dice Dante stesso\nne' vv. 74 e 124-126, di troppa fretta potrebbero peccare, non\ngi\u00e0 mai di lentezza.  Intendi adunque che Caronte batteva\nqualunque, situandosi punto a suo agio nella barca, ne\ningombrasse pi\u00f9 dello stretto necessario.  N\u00e8 so come lo stesso\nTommas\u00e8o non abbia dedotta questa interpretazione dal luogo,\nch'egli pur cita, di Virgilio: «Alias animas, quae per juga\nlonga SEDEBANT, Deturbat.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":["  S'adagia."],"FrammentoNota":"
Cioè s'indugia, spiegano tutti; senza por mente che queste anime, per quel che ne dice Dante stesso ne' vv. 74<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. III, 74","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"le fa di trapassar parer sì pronte","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=3","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"111","from":2806.0,"to":2808.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Cio\u00e8, a mensa.  — Il corpo\nsuo l'\u00e8 tolto<\/b> ec.  Ingegnosa invenzione, per cui vengono ad\nesser dichiarati demonii in carne umana i traditori di quelli che\nin loro si fidano; fondata sopra varie sentenze delle sacre\ncarte, come: «Nomen habes quod vivas, et mortuus es» (Apoc.,\nIII, 1; «Introivit in Judam Satanas» (Jon. XIII, 27); «Descendant\nin infernum viventes» (Psal., LIV, 15); e simiglianti.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"33","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":["  Come fec'io."],"FrammentoNota":"
Il corpo suo l'è tolto<\/b> ec.  Ingegnosa invenzione, per cui vengono ad esser dichiarati demonii in carne umana i traditori di quelli che in loro si fidano; fondata sopra varie sentenze delle sacre carte, come: «Nomen habes quod vivas, et mortuus es» (Apoc., III, 1; «Introivit in Judam Satanas» (Jon. XIII, 27); «Descendant in infernum viventes» (Psal., LIV, 15)<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q42040","InfoCitazione.LuogoFonte":"Apocalisse III, 1","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Et angelo ecclesiae, quae est Sardis, scribe: Haec dicit, qui habet septem spiritus Dei et septem stellas: Scio opera tua, quia nomen habes quod vivas, et mortuus es<\/strong>.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_apocalypsis-ioannis_lt.html#3","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"130-131","from":32888.0,"to":32891.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Apocalisse di Giovanni"},
+{"Annotazione":"Cio\u00e8, secondo le colpe\ndelle quali tu stesso (C. V, 7-8) hai dovuto accusarti a Minosse.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"28","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":["  In su le tue accuse."],"FrammentoNota":"In su le tue accuse.<\/b> Cioè, secondo le colpe delle quali tu stesso (C. V, 7-8) hai dovuto accusarti a Minosse.","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. V, 7-8","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Dico che quando l'anima mal nata
li vien dinanzi, tutta si confessa","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=5&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"45","from":27069.0,"to":27074.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Cio\u00e8, succedette a Nino nella\nfinta qualit\u00e0 di figliuolo di quello, mentre che n'era stata la\nmoglie. Perocch\u00e8 si legge<\/i> in Giustino e in altri, che non\nvolendo Semiramide dopo la morte del marito commetter l'impero\nalle deboli mani del figlio Ninia, n\u00e8 osando prenderlo\napertamente per s\u00e8, si vesti da uomo, e fattasi credere il\nfigliuolo, a cui somigliava moltissimo, resse in tal modo infino\na quando, fermatasi in sul trono, pot\u00e8 svelar la finzione ed\nimperar davvero. — Della nuova lezione sugger dette a Nino<\/i>,\nche alcuni vorrebbero intrudere, io non veggo il fondamento n\u00e8\nla necessit\u00e0.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":[" Succedette"],"FrammentoNota":"
Perocchè si legge<\/i> in Giustino e in altri, che non volendo Semiramide dopo la morte del marito commetter l'impero alle deboli mani del figlio Ninia, nè osando prenderlo apertamente per sè, si vesti da uomo, e fattasi credere il figliuolo, a cui somigliava moltissimo, resse in tal modo infino a quando, fermatasi in sul trono, potè svelar la finzione ed imperar davvero. <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q210853","InfoCitazione.Fonte":"","InfoCitazione.LuogoFonte":"Epitoma Historiarum Philippicarum Pompei Trogi I, 2","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Haec neque inmaturo puero ausa tradere imperium nec ipsa palam tractare, tot ac tantis gentibus vix patienter Nino viro, nedum feminae parituris, simulat se pro uxore Nini filium, pro femina puerum. Nam et statura utrique mediocris et vox pariter gracilis et liniamentorum qualitas matri ac filio similis. igitur bracchia et crura calciamentis, caput tiara tegit; et ne novo habitu aliquid occultare videretur, eodem ornatu et populum vestiri iubet, quem morem vestis exinde gens universa tenet. Sic primis initiis sexum mentita puer esse credita est. Magnas deinde res gessit; quarum amplitudine ubi invidiam superatam putat, quae sit fatetur quemve simulasset. Nec hoc illi dignitatem regni ademit, sed auxit, quod mulier non feminas modo virtute, sed etiam viros anteiret","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.thelatinlibrary.com\/justin\/1.html","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"59","from":4397.0,"to":4398.0,"NomeAutore":"Marco Giuniano Giustino","TitoloFonte":null},
+{"Annotazione":"Circoscrive l'ultima ora della\nnotte dalla freddezza che regolarmente suol avere maggiore sopra\nle ore precedenti, e tocca nel tempo stesso la cagione per cui\nci\u00f2 avviene; cio\u00e8 perch\u00e8 in quell'ora il calor diurno<\/b>, il caldo\nrimasto nella terra e nell'atmosfera dal Sole del precedente\ngiorno, vinto<\/b>, estinto, da terra<\/b>, dal natural freddo della\nterra, non pu\u00f2 pi\u00f9 intiepidare<\/b>, render minore, il freddo della\nLuna<\/b>, della notte.  V'aggiunge anche vinto talor da Saturno<\/b>\n[quando cio\u00e8 trovasi nell'emisferio notturno] per l'opinione che\nvi era che questo pianeta apportasse freddo: e riferisce perci\u00f2\nil Landino ci\u00f2 che di Saturno scrive Alano astrologo\n\n     Hic algore suo furatur gaudia veris<\/i>,\n     Furaturque decus pratis, et sidera florum.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Nell'ora"],"FrammentoNota":"
V'aggiunge anche vinto talor da Saturno <\/b>[quando cioè trovasi nell'emisferio notturno] per l'opinione che vi era che questo pianeta apportasse freddo: e riferisce perciò il Landino ciò che di Saturno scrive Alano astrologo    Hic algore suo furatur gaudia veris<\/i>, \r\nFuraturque decus pratis, et sidera florum.<\/i>\r\n<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4313","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q71475113","InfoCitazione.LuogoFonte":"IV viii 474-475","InfoCitazione.NotaFonte":"L'ed. moderna legge \"praedatur gaudia\"","InfoCitazione.TestoFonte":"Hic algore suo praedatur gaudia veris,
Furaturque decus pratis, et sidera florum,","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.mlat.uzh.ch\/browser?path=6705\/11754&text=11754:8.8","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Rapporto': 'CONFERMA'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"1-3","from":18490.0,"to":18513.0,"NomeAutore":"Alano di Lilla","TitoloFonte":"Anticlaudianus"}, +{"Annotazione":"Coerentemente alla legge di\nquel luogo, detta nel settimo di questa cantica v. 52 e segg.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Come 'l d\u00ec fu chiaro."],"FrammentoNota":"
Coerentemente alla legge di quel luogo, detta nel settimo di questa cantica v. 52 e segg.\r\n<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. VII 52-60","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"E 'l buon Sordello in terra fregò 'l dito,
dicendo: \"Vedi? sola questa riga
non varcheresti dopo 'l sol partito:
non però ch'altra cosa desse briga,
che la notturna tenebra, ad ir suso;
quella col nonpoder la voglia intriga.
Ben si poria con lei tornare in giuso
e passeggiar la costa intorno errando,
mentre che l'orizzonte il dì tien chiuso\".","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=41","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"59","from":8479.0,"to":8484.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Col nome di Poeta, il quale\npi\u00f9 dura, che d'altro scrittore; e pi\u00f9 onora chi \u00e8 insignito\nveramente di tale titolo. Onde Lucano O sacer, et magnus vatum\nlabor: omnia fato Eripis, et donas populis mortalibus aevum.<\/i> \nLandino.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"21","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Col nome, che pi\u00f9"],"FrammentoNota":"Onde Lucano O sacer, et magnus vatum labor: omnia fato <\/em>eripis, et donas populis mortalibus aevum.<\/em>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q188646","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q678375","InfoCitazione.LuogoFonte":"IX 980-981","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"O sacer et magnus vatum labor, omnia fato
Eripis, et populis donas mortalibus aevum.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0917.phi001.perseus-lat1:9.938","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Rapporto': 'CONFERMA'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"85","from":21198.0,"to":21202.0,"NomeAutore":"Marco Anneo Lucano","TitoloFonte":"Pharsalia"}, +{"Annotazione":"Coll'esempio degli\nuccelli prosiegue Beatrice a far conoscere la foll\u00eca di un uomo\ndi formato giudizio, che dopo provati gli aspri colpi de' mondani\npiaceri, non si diparta da essi. Solamente, dice, il novello\nsciocco augelletto, dopo il primo colpo d'insidie aspetta due o\ntre<\/b>, non isfugge il secondo o terzo colpo. Ma agli uccelli\npennuti<\/b> vecchi, provato che abbiano una volta l'insidia tramata\nloro sotto lusinga di richiamo o d'esca, indarno poscia si\ntendono reti [allusivamente a quel de' Proverbi Frustra iacitur\nrete ante oculos pennatorum<\/i> [Cap. 1]], o si scagliano saette. \nNota che ai tempi di Dante non era ancor trovato l'archibuso.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"31","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Nuovo augelletto"],"FrammentoNota":"
Ma agli uccelli pennuti<\/b> vecchi, provato che abbiano una volta l'insidia tramata loro sotto lusinga di richiamo o d'esca, indarno poscia si tendono reti [allusivamente a quel de' Proverbi  Frustra iacitur rete ante oculos pennatorum<\/i> [Cap. 1]], o si scagliano saette.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4579","InfoCitazione.LuogoFonte":"I 17","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Frustra autem iacitur rete ante oculos pinnatorum.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_proverbiorum_lt.html#1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"61-63","from":31332.0,"to":31352.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro dei Proverbi"},
+{"Annotazione":"Come Fetonte [colui che essendo\nstato da Giove fulminato per avere malamente esercitato l'impiego\ndal padre Apollo con preghiere ottenuto di guidare il carro del\nSole, fa col proprio esempio avvertiti li genitori ad essere\nscarsi nel concedere licenze a' figliuoli] venne a Climen\u00e8<\/b>,\nalla madre sua<\/i>, per accertarsi di ci\u00f2, ch'aveva incontro a se\nudito<\/i><\/b>, per sapere se gli aveva Epafo con verit\u00e0 negato, che\nfoss'egli, quale per testimonianza di Climen\u00e8 si credeva di\nessere, figlio d'Apollo [Ovid. Met.<\/i><\/b> lib. I v. 754 e segg.]. \nClimen\u00e8<\/b> coll'accento acuto sull'ultima e<\/i> rettamente scrivono\nle moderne edizioni, richiedendo il verso che pronunzisi questo\nnome, qual da' Greci e Latini pronunziossi, colla media sillaba\nbreve, e coll'ultima lunga.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"17","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Qual venne"],"FrammentoNota":"
Come Fetonte [...] venne a Climenè<\/b>, alla madre sua<\/i>, per accertarsi di ciò, ch'aveva incontro a se udito<\/b>, per sapere se gli aveva Epafo con verità negato, che  foss'egli, quale per testimonianza di Climenè si credeva di essere, figlio d'Apollo [Ovid. Met.<\/i> lib. I v. 754 e segg.].<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","InfoCitazione.LuogoFonte":"I 754-779","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Nunc dea linigera colitur celeberrima turba,
nunc Epaphus magni genitus de semine tandem
creditur esse Iovis, perque urbes iuncta parenti
templa tenet. Fuit huic animis aequalis et annis
Sole satus Phaethon. Quem quondam magna loquentem
nec sibi cedentem Phoeboque parente superbum
non tulit Inachides, “matri” que ait “omnia demens
credis et es tumidus genitoris imagine falsi.”
Erubuit Phaethon iramque pudore repressit
et tulit ad Clymenen Epaphi convicia matrem;
“quo” que “magis doleas genetrix,” ait “ille ego liber,
ille ferox tacui. Pudet haec opprobria nobis
et dici potuisse et non potuisse refelli.
At tu, si modo sum caelesti stirpe creatus,
ede notam tanti generis meque adsere caelo.”
Dixit et inplicuit materno bracchia collo
perque suum Meropisque caput taedasque sororum
traderet oravit veri sibi signa parentis.
Ambiguum, Clymene, precibus Phaethontis an ira
mota magis dicti sibi criminis utraque caelo
bracchia porrexit spectansque ad lumina solis
“per iubar hoc” inquit “radiis insigne coruscis,
nate, tibi iuro, quod nos auditque videtque,
hoc te, quem spectas, hoc te, qui temperat orbem,
Sole satum. Si ficta loquor, neget ipse videndum
se mihi, sitque oculis lux ista novissima nostris.
Nec longus patrios labor est tibi nosse penates:
unde oritur, domus est terrae contermina nostrae.
Si modo fert animus, gradere et scitabere ab ipso.”
Emicat extemplo laetus post talia matris
dicta suae Phaethon et concipit aethera mente,
Aethiopasque suos positosque sub ignibus Indos
sidereis transit patriosque adit inpiger ortus.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0959.phi006.perseus-lat1:1.746","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"1-3","from":16192.0,"to":16194.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, +{"Annotazione":"Come annota il Boccaccio, gora <\u00e8\nuna parte d'acqua tratta per forza dal vero corso d'alcun fiume e\nmenata ad alcun mulino o altro servigio, il quale fornito si\nritorna nel fiume onde era stata tratta»; qui vale semplicemente:\nquel fosso d'acqua stagnante. «All'uscita della citt\u00e0 (Firenze),\nove i detti acquidocci, ovvero gora<\/b>, si scoprivano e\nrientravano in Arno, si vedea tutta l'acqua rossa come sangue»\n(G. Villani, loc. cit.<\/i>).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":[" la morta gora"],"FrammentoNota":"
Come annota il Boccaccio, gora <è\r\nuna parte d'acqua tratta per forza dal vero corso d'alcun fiume e\r\nmenata ad alcun mulino o altro servigio, il quale fornito si\r\nritorna nel fiume onde era stata tratta»; qui vale semplicemente:\r\nquel fosso d'acqua stagnante.  «All'uscita della città (Firenze),\r\nove i detti acquidocci, ovvero gora<\/b>, si scoprivano e\r\nrientravano in Arno, si vedea tutta l'acqua rossa come sangue»\r\n(G. Villani, loc. cit.<\/i>).<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","InfoCitazione.Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/istorie-fiorentine","InfoCitazione.LuogoFonte":"II, 1","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"E così ne fece morire grande quantità, che nulla se ne sentia per la città, se non che all'uscita della città, ove i detti acquidocci ovvero gora si scoprivano e rientravano in Arno, si vedea tutta l'acqua rossa come sangue.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/books.google.it\/books?id=9f0ybLOkQyIC&pg=PA93&lpg=PA93&dq=All%27uscita+della+citt%C3%A0+(Firenze),+ove+i+detti+acquidocci,+ovvero+gora,+si+scoprivano+e+rientravano+in+Arno,+si+vedea+tutta+l%27acqua+rossa+come+sangue&source=bl&ots=AdygRpDa4p&sig=ACfU3U3AB90Ak7ejf2sVYExhHpD2_rH4Ag&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwiR8s3qqO72AhXDRfEDHct1Cq0Q6AF6BAgLEAM#v=onepage&q=All'uscita%20della%20citt%C3%A0%20(Firenze)%2C%20ove%20i%20detti%20acquidocci%2C%20ovvero%20gora%2C%20si%20scoprivano%20e%20rientravano%20in%20Arno%2C%20si%20vedea%20tutta%20l'acqua%20rossa%20come%20sangue&f=false","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=13735', 'Rapporto': 'CONFERMA'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"31","from":6956.0,"to":6959.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":null},
+{"Annotazione":"Come delle sette piaghe\n[aperte in fronte a Dante dall'angelo nell'ingresso del\nPurgatorio [Canto IX verso 112], sono gi\u00e0 spente<\/b>, guarite, due,\ncio\u00e8 superbia ed invidia [purgate ne' due passati balzi], cos\u00ec\nprocura che spente ne vengano l'altre cinque, cio\u00e8 ira, accidia,\navarizia, gola, e lussuria.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"15","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Procaccia pur"],"FrammentoNota":"
Come delle sette piaghe [aperte in fronte a Dante dall'angelo nell'ingresso del Purgatorio [Canto IX verso 112], sono già spente<\/b>, guarite, due, cioè superbia ed invidia [purgate ne' due passati balzi], così procura che spente ne vengano l'altre cinque, cioè ira, accidia, avarizia, gola, e lussuria.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. IX 112","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Sette P ne la fronte mi descrisse","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=43","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"79-80","from":14879.0,"to":14881.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Come gi\u00e0 Commed\u00eca<\/i> (C. XVI 128), alla\ngreca.  E chiama tragedia l'Eneida per le ragioni contrarie a\nquella che gli fecero chiamar commedia il proprio poema, cio\u00e8\npel tristo fine dell'Eneide terminante con la morte di Turno, e\nper la nobile lingua usata da Virgilio.  Vero \u00e8 che la morte di\nTurno fu lietissimo fine a' travagli del protagonista Enea, e che\nil latino a tempo di Virgilio non era meno la lingua delle latine\nfemminette<\/i>, che il toscano poi delle toscane: ma con Dante, in\ncos\u00ec fatta materia, non \u00e8 da guardar troppo pel sottile. \nNell'epistola allo Scaligero egli annovera tra le narrazioni\npoetiche<\/i> la tragedia, la commedia, il carme buccolico, l'elegia,\nla satira, e la sentenza votiva, cio\u00e8 tutto fuorch\u00e8 le\nnarrazioni.  Tanto \u00e8 vero, che i grandi Poeti non li fa l'Arte\nPoetica.  — In alcun loco.<\/b>  Si fa menzione di Euripilo nel\nlib. II, v. 114 dell'Eneide.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"20","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":["  Traged\u00eca."],"FrammentoNota":"Tragedìa<\/strong>. Come già Commedìa<\/i> (C. XVI 128), alla greca. E chiama tragedia l'Eneida per le ragioni contrarie a quella che gli fecero chiamar commedia il proprio poema, cioè pel tristo fine dell'Eneide terminante con la morte di Turno, e per la nobile lingua usata da Virgilio. Vero è che la morte di Turno fu lietissimo fine a' travagli del protagonista Enea, e che il latino a tempo di Virgilio non era meno la lingua delle latine femminette<\/i>, che il toscano poi delle toscane: ma con Dante, in così fatta materia, non è da guardar troppo pel sottile. Nell'epistola allo Scaligero egli annovera tra le narrazioni poetiche<\/i> la tragedia, la commedia, il carme buccolico, l'elegia, la satira, e la sentenza votiva, cioè tutto fuorchè le narrazioni. Tanto è vero, che i grandi Poeti non li fa l'Arte Poetica. ","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. XVI, 128","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"di questa comedìa, lettor, ti giuro","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=16","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"113","from":19219.0,"to":19220.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Come la detta costellazione\nde' Gemini<\/i> \u00e8 pi\u00f9 vicina all'Orse [due costellazioni al polo\nnostro artico contigue] di quello sia Ariete, certa cosa \u00e8 che,\nove il Sole, in vece d'essere, com'era allora, in Ariete [Vedi la\nnota al canto I dell'Inf. v. 38], stato fosse in Gemini,\nsarebbesi veduto e il Sole, e la porzione del zodiaco dal Sole\ntocca e fatta rubecchia<\/b>, rosseggiante, rotare pi\u00f9 stretto<\/b>,\naggirarsi pi\u00f9 vicino, all'Orse.<\/b>  Di necessit\u00e0 dee pe 'l\nzodiaco rubecchio<\/b> intendersi la sola porzione del zodiaco dal\nSole tocca e fatta rosseggiante; imperocch\u00e8 l'intiero zodiaco non\ncangia mai, n\u00e8 sembra cangiare rapporto al rimanente del cielo.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"04","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Tu vedresti"],"FrammentoNota":"
Certa cosa è che, ove il Sole, in vece d'essere, com'era allora, in Ariete [Vedi la nota al canto I dell'Inf. v. 38], stato fosse in Gemini, sarebbesi veduto e il Sole, e la porzione del zodiaco dal Sole tocca e fatta rubecchia<\/b>, rosseggiante, rotare più stretto<\/b>,  aggirarsi più vicino, all'Orse.<\/b><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. I 38","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"e 'l sol montava 'n sù con quelle stelle","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=1&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"ESTENDE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"64-65","from":3391.0,"to":3393.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Come ora sono.  Dante vuol sapere se\ndopo il giudizio universale i tormenti dei dannati si\naumenteranno, o se diminueranno, oppure se resteranno i medesimi.\nVirgilio gli risponde che essi diverranno maggiori, poich\u00e8 la\ndannazione sar\u00e0 perfetta dopo la risurrezione; le gioje del\nparadiso saranno medesimamente perfette, Cfr. Parad. XIV, 43.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"06","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","Frammenti":["  S\u00ec cocenti"],"FrammentoNota":"
Dante vuol sapere se dopo il giudizio universale i tormenti dei dannati si aumenteranno, o se diminueranno, oppure se resteranno i medesimi. Virgilio gli risponde che essi diverranno maggiori, poichè la dannazione sarà perfetta dopo la risurrezione; le gioje del paradiso saranno medesimamente perfette, Cfr. Parad. XIV, 43<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Par. XIV, 43-51","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Come la carne glorïosa e santa
fia rivestita, la nostra persona
più grata fia per esser tutta quanta;
per che s'accrescerà ciò che ne dona
di gratüito lume il sommo bene,
lume ch'a lui veder ne condiziona;
onde la visïon crescer convene,
crescer l'ardor che di quella s'accende,
crescer lo raggio che da esso vene.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=81&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"105","from":5735.0,"to":5737.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Come part\u00ec Ipolito da Atene\nforzatamente, per non voler piegarsi al furioso amore della\nmatrigna Fedra; cos\u00ec partirai tu, costretto a ci\u00f2 fare, per non\nvoler tu consentire alle inique voglie de' cittadini perversi, e\ndella patria divenuta tua matrigna. Venturi.\n\n\tProsiegue poi il medesimo Venturi e ripete qu\u00ec nuovamente\nla taccia di smemoraggine gi\u00e0 Inf. X, 130 data al Poeta per\nessersi ivi fatto da Farinata perdire\n\n Quando sarai dinanzi al dolce raggio<\/i>\n Di quella, il cui bell'occhio tutto vede<\/i>,\n Da lei soprai di tua vita il viaggio<\/i>:\n\ne facendo qu\u00ec poi tale promessa adempiersi, non per Beatrice\nstessa, ma per Cacciaguida.\n\n\tRipeterem perci\u00f2 noi ancora quant'ivi per autorit\u00e0 del\nCinonio e del Vocabolario della Crusca avvisammo che da lei<\/i> pu\u00f2\ne dee in quel passo valere il medesimo che appresso da lei<\/i>, in\ncompagnia di lei.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"17","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Qual si part\u00ec"],"FrammentoNota":"
Prosiegue poi il medesimo Venturi e ripete quì nuovamente la taccia di smemoraggine già Inf. X, 130 data al Poeta per essersi ivi fatto da Farinata predire\r\n     Quando sarai dinanzi al dolce raggio<\/i>\r\n        Di quella, il cui bell'occhio tutto vede<\/i>,\r\n        Da lei soprai di tua vita il viaggio<\/i>:\r\ne facendo quì poi tale promessa adempiersi, non per Beatrice stessa, ma per Cacciaguida.  \tRipeterem perciò noi ancora quant'ivi per autorità del Cinonio e del Vocabolario della Crusca avvisammo che da lei<\/i> può e dee in quel passo valere il medesimo che appresso da lei<\/i>, in compagnia di lei.<\/i><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. X 130-132","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"\"quando sarai dinanzi al dolce raggio
di quella il cui bell'occhio tutto vede,
da lei saprai di tua vita il vïaggio\".","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=10&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"46-48","from":16505.0,"to":16523.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Comprendono questi primi\nquattro terzetti non altro che una digressione~, colla quale\ncompiange il Poeta la cecit\u00e0 de' mondani che si trovavano in\ncrucciose occupazioni circa le cose della terra~, mentr' egli\ngodeva delle delizie celesti. Ed allegoricamente insinuar vuole\nil contento~, che anche quaggi\u00f9 in terra gode un'anima unita a\nDio~, e tutta dedita alla contemplazione delle celesti cose — O\ninsensata cura de' mortali.<\/i> Pare che Dante si approfittasse\nqu\u00ec di Lucrezio al 2. Suave mari magno ec.<\/i>, che in fine\nconclude la sua amplificazione esclamando O miseras hominum\nmentes<\/i>, et pectora caeca<\/i>, Qualibus in tenebris vitae ec.<\/i>\nVenturi. — Quanto son difettivi ec.<\/i>, quanto sono corte e\nmancanti le ragioni che vi piegan gli animi a questi bassi\noggetti~? — Chi dietro a iura ec.<\/i> Di questo e de' seguenti\notto versi dee essere la costruzione~, quando<\/i>, allor che in\nquel tempo che [Vedi Cinon. Partic.<\/i> 110. 1] io<\/i>, sciolto da\ntutte queste cose<\/i>, terrene~, m' era<\/i>, mi stava~, con Beatrice\naccolto<\/i>, ricevuto~, suso in cielo cotanto gloriosamente<\/i>,\nchi<\/i>, parte degli altri uomini~, sen giva dietro a' iura<\/i>\n[plurale di iure<\/i>, che in vece di ius<\/i> scrisse pure il\nDavanzati [Scisma d'Inghilt. 13.]] cio\u00e8 al ius civile~,\ncriminale~, e canonico~, e chi ad aforismi<\/i>, agli aforismi\nd'Ippocrate~, cio\u00e8 all'arte medica~, e chi seguendo\nsacerdozio<\/i>, intendi~, con fine mondano di ottenere ricchezze ed\nonori~, e chi regnar<\/i>, intendi~, procurava~, per forza<\/i>, e per\nsofismi<\/i>, per via d'imposture~, d'inganni~, e chi rubare<\/i>, e chi\ndi usurprsi l'atrui~, e chi civil negozio<\/i>; intendi~,\nesercitare~, chi<\/i>, nel diletto della carne involto<\/i>,\ns'affaticava<\/i>, intendi~, per venire a capo de' pravi suoi\ndesideri~, e chi si dava all'ozio.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"11","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" O insensata ec."],"FrammentoNota":"
O insensata cura de' mortali.<\/i>  Pare che Dante si approfittasse quì di Lucrezio al 2.  Suave mari magno ec.<\/i>, che in fine conclude la sua amplificazione esclamando O miseras hominum mentes<\/i>, et pectora caeca<\/i>, Qualibus in tenebris vitae ec. <\/i>Venturi.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q47154","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q861986","InfoCitazione.LuogoFonte":"II 14-19","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"o miseras hominum mentes, o pectora caeca! 
qualibus in tenebris vitae quantisque periclis
degitur hoc aevi quod cumquest! nonne videre
nihil aliud sibi naturam latrare, nisi ut qui
corpore seiunctus dolor absit, mente fruatur
iucundo sensu cura semota metuque?","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0550.phi001.perseus-lat1:2.1-2.61","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'CONFERMA'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"1-12","from":10128.0,"to":10207.0,"NomeAutore":"Tito Lucrezio Caro","TitoloFonte":"De rerum natura"}, +{"Annotazione":"Con questa\nesclamazione in lode della divina grazia ne fa capire, che\npres'egli il predetto ardire; non confidato nelle proprie forze,\nma nell'aiuto di essa divina grazia — per la luce eterna<\/b>, vale\nnella luce eterna<\/i> [Della particella per<\/i><\/b> a senso d'in<\/i><\/b> o\nnel<\/i> vedi Cinonio Partic.<\/i> 195, 15] — la veduta vi consunsi<\/b>,\nla visione vi compii: come Inf. II, 41 disse consumai la\n'mpresa<\/i><\/b>, per compii l'impresa. Questo consunsi<\/i><\/b> gli altri\nspositori intendono chi per logorai inutilmente<\/i>, chi per\nimpiegai.<\/i> Che per\u00f2 compisse il Poeta la bramata visione, ne lo\nfa capire e con quanto ha di gi\u00e0 detto, e con quanto siegue a\ndire. Il consumare<\/i> poi per impiegare<\/i> vuole dirsi di cosa che\ncoll'impiegarla si perde.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" O abbondante grazia"],"FrammentoNota":"
la veduta vi consunsi<\/b>, la visione vi compii: come Inf. II, 41 disse consumai la 'mpresa<\/i>, per compii l'impresa.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. II 41","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"perché, pensando, consumai la 'mpresa","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=2","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"82-84","from":32933.0,"to":32952.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Conciossiach\u00e8 quella\nvoglia e quel desiderio ne mena all'albero, che men\u00f2 Cristo lieto\na dire, Eli, lammasabacthani<\/i>, cio\u00e8 Dio mio perch\u00e8 m'hai\nabbandonato<\/i>? quando col prezioso sangue suo ci liber\u00f2 dal\ndemonio infernale: perch\u00e8 ancora che Cristo, quanto all'umanit\u00e0,\ntemesse la morte, pur per redimere l'umana generazione,\nvolontieri e lietamente vi si condusse.  Cos\u00ec quest'anime avegna\nche temano rinovar la fame e la sete per ritornare a\nquell'arbore, pur per pi\u00f9 tosto purgarsi, et usar di quella pena,\nvi ritornano volontieri.  Daniello.  — all'albero<\/b> legge la\nNidobeatina, ed all'arbore<\/i><\/b> l'altre edizioni.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Che quella voglia"],"FrammentoNota":"
Conciossiachè quella voglia e quel desiderio ne mena all'albero, che menò Cristo lieto  a dire, Eli, lammasabacthani<\/i>, cioè Dio mio perchè m'hai abbandonato<\/i>? quando col prezioso sangue suo ci liberò dal demonio infernale: perchè ancora che Cristo, quanto all'umanità, temesse la morte, pur per redimere l'umana generazione, volontieri e lietamente vi si condusse.  Così quest'anime avegna che temano rinovar la fame e la sete per ritornare a quell'arbore, pur per più tosto purgarsi, et usar di quella pena, vi ritornano volontieri.  Daniello.  <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","InfoCitazione.LuogoFonte":"XXVII 46","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Et circa horam nonam clamavit Iesus voce magna dicens: “ Eli, Eli, lema sabacthani? ”, hoc est: “ Deus meus, Deus meus, ut quid dereliquisti me? ”. ","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#27","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Rapporto': 'CONFERMA'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"73-75","from":23134.0,"to":23156.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
+{"Annotazione":"Conforme alla comune opinione della\nuniversal dottrina di Virgilio.  Nel c. VII: «Quel savio gentil\nche tutto seppe.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"04","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":["  Che onori"],"FrammentoNota":"
Conforme alla comune opinione della universal dottrina di Virgilio.  Nel c. VII: «Quel savio gentil che tutto seppe.»<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. VII, 3","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"e quel savio gentil, che tutto seppe","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=7","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"73","from":3476.0,"to":3483.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Construzione.  Ora,\nper lo remunerar, ch'\u00e8 altrettanto<\/b>, per la rimunerazione, che\ncorrisponde al merito, conosce in quanto affetto fu del suo\nconsiglio<\/b> ec. [imita la frase Latina in amore esse<\/i> per\namari<\/i>] conosce quanto dal suo consiglio<\/i><\/b> [dal suo\nconsigliatore lo Spirito santo, appellato Spiritus consilii<\/i><\/b>\n[Isai.<\/i> II]] gradita fu la meritevole azione del suo comporre e\ncantar Salmi.  Consiglio<\/b> per consigliatore<\/i><\/b> \u00e8 metonimia non\npunto dissimile dalla comunemente adoprata d'amore<\/i> per\namante<\/i>, aiuto<\/i> per aiutante<\/i> ec.\n\n\tAltre interpretazioni del verso In quanto affetto fu del\nsuo consiglio<\/i><\/b> ci danno que' pochi spositori che sopra vi si\nfermano, e no 'l saltano, come il Landino, tra gli altri, fa.  Il\nVellutello vuole che del suo consiglio<\/b> vaglia del suo secreto\npensiero.<\/i><\/b>  Il Daniello leggendo effetto<\/i> in luogo d'affetto<\/i><\/b>\n[ed istessamente legge la Nidobeatina], chiosa: In quanto esso\ncanto fu effetto del consiglio suo, dello Spirito santo, dal qual\na cantar fu spirato.<\/i><\/b>  Il Venturi finalmente criticando la\nlezione ed esposizione del Daniello, altro poi egli non fa che\nconfondere il merito del canto col merito, cui Dante non tocca,\ndella traslazion dell'Arca.  In quanto<\/i> [dice] non fu gi\u00e0 un\ncantar per genio di musica, ma in quanto fu un cantare tutto\nanimato dall'affetto derivato dalla sua santa determinazione di\nfare quella religiosissima traslazione dell'Arca.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Ora conosce il merto"],"FrammentoNota":"
dal suo consiglio<\/b> [dal suo consigliatore lo Spirito santo, appellato Spiritus consilii <\/i>[Isai.<\/i> II]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q131458","InfoCitazione.LuogoFonte":"XI 2","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"spiritus consilii et fortitudinis,","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_isaiae_lt.html#11","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}, {'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}, {'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}, {'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"40-42","from":19462.0,"to":19466.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro di Isaia"},
+{"Annotazione":"Consuona col v. 74 del c. VI:\n«Superbia, invidia ed avarizia sono Le tre faville ec.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"15","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":["  Gente avara"],"FrammentoNota":"
Consuona col v. 74 del c. VI: «Superbia, invidia ed avarizia sono Le tre faville ec.»<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. VI, 74-75","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"superbia, invidia e avarizia sono
le tre faville c'hanno i cuori accesi","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=6","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"68","from":14056.0,"to":14062.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Corrisponde questa a\nquella petizione et ne nos inducas in tentationem<\/i>, —\ns'adona<\/b>, resta abbattuta [D'adonare<\/i><\/b> per abbassare<\/i> ed\nabbattere<\/i> vedi altri esempi recati dal Vocabol. della Cr.], —\nnon spermentar<\/i><\/b> ec. non permetti che sia tentata da Satanasso. \nSpermentare<\/b> sincope di sperimentare<\/i><\/b>, molto adoprata. Vedi 'l\nVocabol. della Cr. — da lui<\/i><\/b>, \u00e8 questa la petizione libera\nnos a malo<\/i> intesa con s. Gio. Grisostomo [In Matth.<\/i> c. 6]\nvaler quanto libera nos a diabolo<\/i><\/b> — Che s\u00ec la sprona<\/b>, la\ninstiga, intendi, al male.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"11","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Nostra virt\u00f9, che"],"FrammentoNota":"
Corrisponde questa a quella petizione et ne nos inducas in tentationem<\/i><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","InfoCitazione.LuogoFonte":"VI 13","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":" et ne inducas nos in tentationem","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#6","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"19-21","from":10241.0,"to":10244.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
+{"Annotazione":"Corrisponde questo plurale numero\nnon alla voce mal seme<\/b>, ma alla moltitudine che per quella vien\nsignificata: come dice Virgilio Pars gladios stringunt<\/i>\n[Aeneid.<\/i> XII, 158], e come ne' sacri Salmi Attendite popule\nmeus<\/i> [Psalm<\/i> 77, I].  Sintesi<\/i> vien questa figura dai\ngrammatici appellata [Gerard. Voss. Gramm. De contruct.\nfigurata.<\/i>].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Gittansi."],"FrammentoNota":"
Gittansi<\/strong>. Corrisponde questo plurale numero non alla voce mal seme<\/b>, ma alla moltitudine che per quella vien significata: come dice Virgilio Pars gladios stringunt <\/i>[Aeneid.<\/i> XII, 158]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","InfoCitazione.LuogoFonte":"XII 278","InfoCitazione.NotaFonte":"Il riferimento corretto \u00e8 Aen. XII 278, non 158.","InfoCitazione.TestoFonte":"pars, gladios stringunt manibus, pars missile ferrum","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Verg.+A.+12.278&fromdoc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"115-116","from":2839.0,"to":2840.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"},
+{"Annotazione":"Costruzione E lungh'esso<\/b>,\nvicino ad esso Pietro siede quei<\/b> [sincope di quegli<\/i>, sinonimo\ndi colui<\/i> [Vedi Cinon. Partic.<\/i> 214, 7]] siede colui, quel s.\nGiovanni Evangelista, che pria che morisse vide<\/i><\/b>,\nnell'Apocalisse predicendoli, tutt'i tempi gravi<\/b>, tutte le\ncalamit\u00e0, della bella sposa<\/b>, della Chiesa, che s'acquist\u00f2<\/b>,\nche fu acquistata [intendi da Ges\u00f9 Cristo] con la lancia, e co'\nchiavi<\/b>, e con li chiodi [Chiavo<\/i><\/b> per chiodo<\/i><\/b> anticamente da\naltri Toscani scrittori anche in prosa adoprato vedilo nel\nVocabolario della Crusca].  Allusivamente al dire s. Paolo\nEcclesiam Dei, quam acquisivit sanguine suo<\/i> [Act.<\/i> 20] — e\nlungo l'altro<\/b> ec. ed accanto di quell'altro<\/b> [cio\u00e8 di Adamo,\ngi\u00e0 detto da sinistra<\/i><\/b> {v.121} di Maria Vergine] siede Mois\u00e8,\nquel capitano sotto la cui condotta visse nel deserto di\nprodigiosa manna l'ingrata, mobile, e ritrosa Ebrea gente.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"32","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  E quei, che"],"FrammentoNota":"
Allusivamente al dire s. Paolo Ecclesiam Dei, quam acquisivit sanguine suo<\/i> [Act.<\/i> 20]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128538","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40309","InfoCitazione.LuogoFonte":"XX 28","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Attendite vobis et universo gregi, in quo vos Spiritus Sanctus posuit episcopos, pascere ecclesiam Dei, quam acquisivit sanguine suo.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_actus-apostolorum_lt.html#20","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"127-132","from":32202.0,"to":32205.0,"NomeAutore":"Luca","TitoloFonte":"Atti degli Apostoli"},
+{"Annotazione":"Costruzione E tra 'l Po e 'l\nmonte e la marina e 'l Reno<\/b> [cio\u00e8 nella provincia di Romagna]\nnon pur<\/b> [non solamente] lo sangue suo<\/b> [la discendenza di\nRinieri] \u00e8 fatto brullo<\/b> [spogliato ignudo [Brullo<\/b> a cotal\nsenso adopera Dante anche Inf. XXXIV, 60 ed altri esempi puoi\nvedere nel Vocab. della Cr.]] del ben richiesto al vero ed al\ntrastullo.<\/b>  Il vero<\/b> \u00e8 l'obbietto cui siegue l'intelletto; e il\ntrastullo<\/b>, o sia il diletto, \u00e8 l'obbietto cui siegue la\nvolont\u00e0.  Pone il Poeta, per sineddoche cotali obbietti per\nl'operare delle stesse due potenze, ed in vece di dire, ch'erano\ni discendenti di Rinieri sprovveduti di ci\u00f2 che si richiede per\nben pensare e volere, di scienza cio\u00e8, e di costumatezza, diceli\nbrulli del ben richiesto al vero, ed al trastullo.<\/b>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"14","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  E non pur lo"],"FrammentoNota":"
è fatto brullo<\/b> [spogliato ignudo [Brullo<\/b> a cotal senso adopera Dante anche Inf. XXXIV, 60 ed altri esempi puoi vedere nel Vocab. della Cr.]] <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. XXXIV 60","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"rimanea de la pelle tutta brulla.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=34&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"91-93","from":13896.0,"to":13900.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Costruzione Quella da'<\/b> [per a'<\/i>\n[Vedi Cinonio Partic.<\/i> 70, 2]] piedi suoi<\/i><\/b>, ai piedi cio\u00e8 di\nMaria Vergine, nel grado secondo, ch'\u00e8 tanto bella, \u00e8 colei che\naperse e punse La piaga che Maria richiuse ed unse<\/b>: \u00e8 colei la\nprima donna la quale disubbidendo essa a Dio apr\u00ec, e rendendo\nseco disubbidiente Adamo inaspr\u00ec quella ferita fatta all'uman\ngenere, che Maria Vergine, col darne dalle castissime sue viscere\nil Redentore, serr\u00f2 e medic\u00f2.  Illa percussit, ista sanavit<\/i><\/b>,\ndice anche s. Agostino [Serm. 18 de Sanctis<\/i>].  Giustamente poi\nfinge Eva bellissima, perocch\u00e8, fatta da Dio stesso\nimmediatamente, non poteva nel di lei corpo aver luogo veruna\nsproporzione.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"32","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  La piaga"],"FrammentoNota":"
Illa percussit, ista sanavit<\/i>, dice anche s. Agostino [Serm. 18 de Sanctis<\/i>]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7254397","InfoCitazione.Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/sermoni","InfoCitazione.LuogoFonte":"CCVIII 4","InfoCitazione.NotaFonte":"Cfr. Sermo CCVIII in Festo Assumptionis B. Mariae, olim de Sanctis 35 (PL 39 col. 2131)","InfoCitazione.TestoFonte":"Auctrix peccati Eva; auctrix meriti Maria. Eva occidendo obfuit; Maria vivificando profuit. Illa percussit; ista sanavit.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.mlat.uzh.ch\/browser?path=\/&text=7337:21.4","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"4-6","from":31372.0,"to":31374.0,"NomeAutore":"Pseudo-Agostino","TitoloFonte":null},
+{"Annotazione":"Costruzione. \nIncominciommi<\/b> [intendi a dire<\/i>], Or si vuole<\/i><\/b>, dei tu ora,\nriguardar fisamente in me la parte, che nelle aguglie mortali<\/b>,\nnell'aquile terrene, vede e pate<\/b>, e soffre, il Sole<\/b>; cio\u00e8\nl'occhio.  Di questa propriet\u00e0 dell'occhio aquilino di affissarsi\nnel Sole senza abbagliarsi vedi quanto si \u00e8 da sant'Agostino\nriferito al primo di questa cantica, a quei versi\n\n     Quando Beatrice in sul sinistro fianco<\/i><\/b>\n        Vidi rivolta, e riguardar nel Sole<\/i>:\n        Aquila s\u00ec non gli s'affisse unquanco<\/i>\n        [Par. I, 46 e segg.].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  La parte in me"],"FrammentoNota":"
Di questa proprietà dell'occhio aquilino di affissarsi nel Sole senza abbagliarsi vedi quanto si è da sant'Agostino riferito al primo di questa cantica, a quei versi\r\n     Quando Beatrice in sul sinistro fianco<\/i>\r\n        Vidi rivolta, e riguardar nel Sole<\/i>:\r\n        Aquila sì non gli s'affisse unquanco<\/i>\r\n        [Par. I, 46 e segg.].\r\n<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q8018","InfoCitazione.Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/in-evangelium-ioannis-tractatus","InfoCitazione.LuogoFonte":"XXXVI 5","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Dicuntur enim et pulli aquilarum a parentibus sic probari, patris scilicet ungue suspendi, et radiis solis opponi: qui firme contemplatus fuerit, filius agnoscitur; si acie palpitaverit, tamquam adulterinus ab ungue dimittitur.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.augustinus.it\/latino\/commento_vsg\/index2.htm","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"31-33","from":19397.0,"to":19401.0,"NomeAutore":"Agostino d'Ippona","TitoloFonte":null},
+{"Annotazione":"Costruzione. \nL'alta corte santa<\/b>, la sublime santa adunanza per le spere<\/b>,\nper le anzidette [Verso 11 del presente canto] spere ripartita,\nnella melode<\/b>, con [Della particella in<\/i> per con<\/i> vedi il\nVocabolario della Crusca sotto di essa particella in<\/i>\n{paragraph.} 2] la melodia, con la soavit\u00e0 e dolcezza, che<\/i><\/b>,\ncolla quale [Della che<\/b> a cotal senso vedi Cinonio partic.<\/i><\/b> 44,\n5] si canta lass\u00f9, rison\u00f2, un Dio lodiamo<\/i><\/b>, inton\u00f2 l'inno Te\nDeum laudamus<\/i>: e ci\u00f2 dee intendersi in ringraziamento a Dio per\nla fede vera in Dante manifestatasi.  Di melode<\/b> per melodia<\/i><\/b>\nvedi detto Par. XIV, 122.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  L'altra corte santa"],"FrammentoNota":"
Di melode<\/b> per melodia <\/i>vedi detto Par. XIV, 122.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Par. XIV 122","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"s'accogliea per la croce una melode","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=81&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"112-114","from":24065.0,"to":24086.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Costruzione. \nQuest'uno, che tu povero e digiuno<\/b>, e famelico, cio\u00e8 in\nributtante figura, entrasti in campo a seminar la buona pianta<\/b>,\nuscisti nel mondo a seminar la fede di Ges\u00f9 Cristo, che fu gi\u00e0\nvite, ed ora \u00e8 fatta pruno<\/b>, che dolci uve un tempo produsse, ed\nora pungenti spine [accenna la santit\u00e0 de'primi tempi cristiani,\ne la corruttela de' tempi suoi], \u00e8 tal che gli altri non sono 'l\ncentesmo<\/b>, diviene un miracolo tale, che i miracoli registrati\nnel Vangelo, negli atti Apostolici, e nell'ecclesiastica Storia\nnon vagliono la centesima parte di esso.  \u00c8 questo il famoso\nargomento di s. Agostino nel libro ultimo De Civ. Dei<\/i> cap. 5\nSi per Apostolos Christi, ut eis crederetur resurrectionem atque\nascensionem praedicantibus Christi, etiam ista miracula esse\nfacta non credunt, hoc nobis unum grande miraculum sufficit, quod\nea terrarum orbis sine ullis miraculis credidit.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Quest'uno \u00c8 tal"],"FrammentoNota":"
È questo il famoso argomento di s. Agostino nel libro ultimo De Civ. Dei<\/i> cap. 5 Si per Apostolos Christi, ut eis crederetur resurrectionem atque ascensionem praedicantibus Christi, etiam ista miracula esse facta non credunt, hoc nobis unum grande miraculum sufficit, quod ea terrarum orbis sine ullis miraculis credidit.<\/i><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q8018","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q212318","InfoCitazione.LuogoFonte":"XXII 5","InfoCitazione.NotaFonte":"Cfr. PL 41 coll. 756-57","InfoCitazione.TestoFonte":"Si vero per Apostolos Christi, ut eis crederetur resurrectionem atque ascensionem praedicantibus Christi, etiam ista miracula facta esse non credunt, hoc nobis unum grande miraculum sufficit, quod eam terrarum orbis sine ullis miraculis credidit.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.augustinus.it\/latino\/cdd\/index2.htm","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"107-111","from":24032.0,"to":24036.0,"NomeAutore":"Agostino d'Ippona","TitoloFonte":"La citt\u00e0 di Dio"},
+{"Annotazione":"Costruzione.  Accorte di mio\nvivere traean<\/b>, mostravano, per le fosse degli occhi<\/b> [invece di\nper gli occhi<\/i>; allusivamente alla descrizione di quest'anime\nfatta nel canto preced. v. 22 e segg.] ammirazione di me.<\/i><\/b> \nOvvero accorte per le fosse degli occhi di mio vivere, traean\nammirazione di me<\/b> — tra\u00e8n<\/i><\/b> in vece di traean<\/i><\/b> leggono\nl'edizioni diverse dall Nidobeatina.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Per le fosse"],"FrammentoNota":"
Per le fosse degli occhi<\/b> [invece di per gli occhi<\/i>; allusivamente alla descrizione di quest'anime fatta nel canto preced. v. 22 e segg.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. XXIII 22-24","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Ne li occhi era ciascuna oscura e cava,
palida ne la faccia, e tanto scema
che da l'ossa la pelle s'informava.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=57&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"5-6","from":23607.0,"to":23610.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Costruzione. Adunque quel\ncinghio<\/b>, quella fascia di terreno, che rimane tra 'l pozzo, e\n'l pi\u00e8 dell'alta ripa dura<\/b> [cio\u00e8 della stagliata rocca<\/i> detta\nnel canto prec. v. 134] \u00e8 tondo.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"18","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Quel cinghio"],"FrammentoNota":"
Adunque quel cinghio<\/b>, quella fascia di terreno, che rimane tra 'l pozzo, e 'l piè dell'alta ripa dura<\/b> [cioè della stagliata rocca<\/i> detta nel canto prec. v. 134] è tondo.<\/b><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. XVII 134","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"al piè al piè de la stagliata rocca,","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=17","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"7-8","from":16496.0,"to":16498.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Costruzione.  Andavam oltre\nristretti dal<\/b> [per al<\/i> [Cinon. Partic.<\/i> 72, 2]] lato, che si\nleva<\/i><\/b>, al lato della strada, che risguardava il centro del monte,\ne dove il monte alzandosi faceva sponda.  Supponendo essere\nquell'albero impiantato nel mezzo della strada, ed avendo\nricevuto comando di non gli si far presso, conveniva ai tre poeti\ndi camminare in una delle due estremit\u00e0 della strada; e per\nevitare il pericolo di troppo accostarsi all'estremit\u00e0, che\nguardava fuor del monte, perocch\u00e8 senza sponda, elessero perci\u00f2\nla estremit\u00e0 opposta; siccome fecero Dante e Virgilio nel girone\nprecedente<\/b>, a cagione del troppo accostarsi che facevano le\nprostese anime degli avari alla parte in fuor<\/i> [Purg. 9]. \nDell'attenersi in camminando i tre poeti a cotal lato, che si\nleva<\/i><\/b>, tra gli espositori, quanto veggo, il solo Landino\ncercandone ragione, non sa trovarne che una troppo mistica, cio\u00e8\nche il lato che si leva significa le virt\u00f9.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Ristretti"],"FrammentoNota":"
Supponendo essere quell'albero impiantato nel mezzo della strada, ed avendo ricevuto comando di non gli si far presso, conveniva ai tre poeti di camminare in una delle due estremità della strada; e per evitare il pericolo di troppo accostarsi all'estremità, che guardava fuor del monte, perocchè senza sponda, elessero perciò la estremità opposta; siccome fecero Dante e Virgilio nel girone precedente, a cagione del troppo accostarsi che facevano le prostese anime degli avari alla parte in fuor<\/i> [Purg. 9].<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. XX 4-9","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Mossimi; e 'l duca mio si mosse per li
luoghi spediti pur lungo la roccia,
come si va per muro stretto a' merli;
ché la gente che fonde a goccia a goccia
per li occhi il mal che tutto 'l mondo occupa,
da l'altra parte in fuor troppo s'approccia.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=54","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"119-120","from":24467.0,"to":24468.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Costruzione. Appresso<\/b>, in\nseguito, della luce profonda<\/b>, della [val dalla<\/i> [Vedi Cinonio\nPartic.<\/i> 81, 12]] profondit\u00e0 della luce, che l\u00ec splendeva,\nusc\u00ec<\/i><\/b> [intendi, il parlar seguente<\/i><\/b>]: questa cara gioia<\/b>,\npreziosa gemma, della fede, sovra la quale ogni virt\u00f9 si fonda<\/b>\n[perocch\u00e8, come insegna l'Apostolo in seguito alla riferita\ndefinizione della fede, sine fide impossibile est placere Deo<\/i>],\nonde<\/i><\/b>, da qual parte, ti venne? Ed io<\/b>, risposi: la larga\nploia<\/b> [Di ploia<\/i><\/b> per pioggia<\/i><\/b> vedi ci\u00f2 ch'\u00e8 detto Par. XIV,\n27], l'abbondante pioggia, cio\u00e8 grazia, dello Spirito santo,\nch'\u00e8 diffusa in su le vecchie, e 'n su le nuove cuoia<\/b>, ch'\u00e8\nsparsa in su le pergamene [Essendo la pergamena, pelle di pecora,\ned appellata perci\u00f2 con altro vocabolo cartapecora<\/i>, giustamente\nappella Dante cuoia<\/i><\/b> le pegamene, le sole carte che un tempo\nadopravansi] de' sacri libri del vecchio e nuovo Testamento, \u00e8\nsillogismo<\/i><\/b>, e l'argomento, la ragione, che la mi ha conchiusa<\/b>\ndimostrata s\u00ec acutamente<\/b>, s\u00ec convincentemente, che 'n verso<\/b>,\ncontra, o in confronto [Vedi Cinonio Partic.<\/i> 142, 1 e 5]\nd'ella<\/i><\/b>, o della stessa infusa fede, o della infondente detta\ngrazia dello Spirito santo, ogni dimostrazion mi pare ottusa<\/b>,\ninconvincente.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Appresso usc\u00ec"],"FrammentoNota":"
sovra la quale ogni virtù si fonda <\/b>[perocchè, come insegna l'Apostolo in seguito alla riferita definizione della fede, sine fide impossibile est placere Deo<\/i><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9200","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128608","InfoCitazione.LuogoFonte":"XI 6","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Sine fide autem impossibile placere","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-hebraeos_lt.html#11","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"88-96","from":23896.0,"to":23898.0,"NomeAutore":"Paolo di Tarso","TitoloFonte":"Lettera agli Ebrei"},
+{"Annotazione":"Costruzione.  Che la fronda\nPenea<\/b> [patronimico in vece di Dafnea<\/i>, per essere Dafne, la\nconvertita in alloro, stata figlia del fiume Peneo [Vedi i\nmitologi]] quando asseta<\/i><\/b>, invoglia, alcuno di se<\/b>, stessa,\ndovria<\/b> cotale avvenimento per la sua rarezza partorire<\/b>,\ncagionare, letizia in su<\/b>, alla [In su<\/b> al senso d'allo<\/i><\/b>\nadopera Dante nel Purgatorio XX in quel verso 144 Tornate gi\u00e0\nin su l'usato pianto<\/i>; ed altri simili esempi d'altri scrittori\nne arrecano a cotal preposizione il Cinonio e 'l Vocabolario\ndella Crusca] lieta<\/i><\/b>, beata, Delfica deit\u00e0<\/b>, intendi d'Apollo,\nperocch\u00e8 in Delfo specialmente venerato.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Che partorir"],"FrammentoNota":"
In su<\/b> al senso d'allo <\/i>adopera Dante nel Purgatorio XX in quel verso 144 Tornate già in su l'usato pianto<\/i><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. XX 144","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"tornate già in su l'usato pianto.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=54","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"31-33","from":207.0,"to":225.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Costruzione.  Chi, non\nsapendo como<\/b> [come<\/i> cio\u00e8 si pu\u00f2 far magro, La dove l'uopo di\nnutrir non tocca<\/i> [Cos\u00ec viene a spiegare questo como<\/i><\/b> il Poeta\nmedesimo nel XXV del Purg. v. 20 e seg.], per non esservi che\nanime dai corpi gi\u00e0 separate] crederebbe che l'odor d'un pomo, e\nquel d'un'acqua, generando brama, s\u00ec governasse<\/b>, s\u00ec malamente\nconciasse, intendi, quelle anime<\/i><\/b>  — Sappiendo<\/i> in luogo di\nsapendo<\/i><\/b> leggono l'edizioni diverse dalla Nidob.  — como<\/b> per\ncome in rima<\/i><\/b>, dice il Volpi; ma adoprato molto anche fuor di\nrima vedilo nel Vocabol. della Cr.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Chi crederebbe"],"FrammentoNota":"
Chi, non sapendo como<\/b> [come<\/i> cioè si può far magro, La dove l'uopo di nutrir non tocca<\/i> [Così viene a spiegare questo como<\/b> il Poeta medesimo nel XXV del Purg. v. 20 e seg.]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. XXV 20-21","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"\"Come si può far magro
là dove l'uopo di nodrir non tocca?\".","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=59&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"34-36","from":22844.0,"to":22846.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Costruzione. Com'\u00e8\nscritto nel Sol, che raggia tutto nostro stuolo<\/b>, come apparisce\nin Dio, che illumina tutti noi [Vedi il canto XXIII, 28 e segg.],\nnon ha la militante chiesa alcun figliuolo con pi\u00f9 speranza<\/b>,\nfornito di maggiore speranza di costui.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" La Chiesa militante"],"FrammentoNota":"
Com'è scritto nel Sol, che raggia tutto nostro stuolo<\/b>, come apparisce in Dio, che illumina tutti noi [Vedi il canto XXIII, 28 e segg.]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Par. XXIII 28-30","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"vid'i' sopra migliaia di lucerne
un sol che tutte quante l'accendea,
come fa 'l nostro le viste superne;","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=90","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"52-54","from":24735.0,"to":24738.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Costruzione. Come\nl'augello, che la notte<\/b>, nella notte [Della particella la<\/i> ed\nil<\/i> per nella<\/i> e nello<\/i> vedi 'l Vocab. della Cr. art. il<\/i>\n{paragraph.} 3] che le cose ci nasconde, posato<\/i><\/b> [intendi\navendo<\/i><\/b>] intra l'amate fronde al nido de' suoi dolci nati<\/i>, de'\nsuoi pulcini, pur che nasca l'alba<\/b>, sol che l'alba spunti, in\nsu l'aperta frasca<\/b>, in cima alle frondi [intendi portandosi<\/i><\/b>],\npreviene il tempo<\/i><\/b>, il tempo cio\u00e8 del nascere del Sole, e fiso\nguardando aspetta con ardente affetto il Sole per<\/b>, col di lui\nlume, vedere gli desiati aspetti<\/b> de' pulcini suoi, e per\ntrovar lo cibo onde gli pasca; in che<\/b>, nel trovar il quale,\ngravi labori gli son grati<\/b>, gravi fatiche gli sono gradevoli. \nCos\u00ec legge la Nidobeatina meglio che non leggano l'altre edizioni\nIn che i gravi labor gli sono aggrati<\/i>, introducendo l'aggettivo\naggrato<\/i>, del quale non se ne rinviene altro esempio. Come la\nNidob. leggono anche due mss. della biblioteca Vaticana [Segnati\n263, 266].\n\n\tIl Venturi, non so qual costruzione facendo, chiosa che\nla particella pur<\/i><\/b> sia qu\u00ec riempitiva: Dee egli forse avere\ninteso, ch'esca l'uccello in su l'aperta frasca<\/b> a guardare se\nnasce l'alba; che muovasi cio\u00e8 dal suo nido prima ancor\ndell'alba; ci\u00f2 che l'uccello non fa mai.\n\n\tDella parola labori<\/b>, per fatiche<\/i><\/b>, vedi ci\u00f2 ch'\u00e8 detto\nPurg. XXII, 8.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Come l'augello intra"],"FrammentoNota":"
Della parola labori<\/b>, per fatiche<\/i>, vedi ciò ch'è detto Purg. XXII, 8.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. XXII 8","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":" m'andava, sì che sanz'alcun labore<\/strong>","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=56&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"1-9","from":22335.0,"to":22339.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Costruzione.  Come suso per\nlo papiro innanzi dall'ardore procede un color bruno, che il\nbianco muore, e non \u00e8 ancor nero<\/b> — che<\/b> sta qu\u00ec in cambio di\nperciocch\u00e8<\/i>, o conciosiach\u00e8<\/i> — papiro.<\/i><\/b>  Il papiro<\/i><\/b> [scrive\nPier Crescenzio] si dice quasi nutrimento del fuoco; imperocch\u00e8\nseccato \u00e8 molto acconcio a nutrimento del fuoco nelle lucerne, e\nnelle lampane, ed \u00e8 un'erba, la quale \u00e8 dalla parte di fuori\nmolto piana; ed ha la sua midolla molto bianca, spugnosa, e\nporosa, la qual suga molto l'umidit\u00e0, e nasce in luoghi acquosi,\ne dicesi volgarmente giunco appo noi.  Seccasi e scorticasi in\nmodo, che rimane un po' di corteccia dall'un lato, acciocch\u00e8 la\nmidolla si sostenga; e quanto ha meno della corteccia, tanto arde\nmeglio, e pi\u00f9 chiaro nella lampana, e pi\u00f9 agevolmente s'accende<\/i>\n[Agricolt.<\/i> lib. 6 cap. 95].  Pier Crescenzio visse a Dante\ncontemporaneo [Basta por mente, ch'egli dedica la sua opera a\nCarlo II Re di Sicilia, e che mor\u00ec questo Re, come tra gli altri\nafferma Petavio [Rat. temp.<\/i> lib. 9 cap. 5], nell'anno 1309];\ne per\u00f2, parlando di cotal papiro come di materia solita ad\nardersi nelle lucerne e lampade in vece della bambagia, come\nafferma Landino pure che una volta si usasse, non pu\u00f2 meglio\nDante qu\u00ec intedersi d'altro papiro, che del medesimo: e malamente\nil Venturi se la prende contro del Landino e del Vellutello, che\nappunto cos\u00ec spiegano; e vuole in vece intesa la carta, la quale,\noltrech\u00e8 non avrebbe altro esempio di essere da Italiano\nscrittore appellata papiro<\/b> [almen certo nel Vocabolario della\nCrusca non se ne reca altro] non \u00e8 poi essa sempre bianca, come\nqu\u00ec Dante suppone essere il papiro; e non ardendo sotto gli occhi\ndi tutti cos\u00ec comunemente, come accenna Crecenzio che il papiro\nardesse, verrebbe a far scemare di pregio il paragone poco meno,\nche se in luogo del papiro avesse Dante posta la tela; che pure,\nquando \u00e8 bianca, abbrucciando opera lo stesso cangiamento di\ncolore — Innanzi dall'ardore procede un color bruno.<\/b>  La\nparticella dal<\/b> sta qu\u00ec in vece di al<\/i><\/b>, come trovasi da<\/i>\nadoperata per a.<\/i>  Vedi 'l Cinonio [Partic.<\/i> 70, 2]: ed \u00e8 il\nsenso, che le parti del papiro vicine alla fiamma, prima di\nanch'esse accendersi, diventan brune di mano in mano.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Come procede"],"FrammentoNota":"
P<\/strong>apiro.<\/b>  Il papiro<\/i> [scrive Pier Crescenzio] si dice quasi nutrimento del fuoco; imperocchè seccato è molto acconcio a nutrimento del fuoco nelle lucerne, e nelle lampane, ed è un'erba, la quale è dalla parte di fuori molto piana; ed ha la sua midolla molto bianca, spugnosa, e porosa, la qual suga molto l'umidità, e nasce in luoghi acquosi, e dicesi volgarmente giunco appo noi.  Seccasi e scorticasi in modo, che rimane un po' di corteccia dall'un lato, acciocchè la midolla si sostenga; e quanto ha meno della corteccia, tanto arde meglio, e più chiaro nella lampana, e più agevolmente s'accende    <\/i>Agricolt.<\/i> lib. 6 cap. 95].  Pier Crescenzio visse a Dante contemporaneo [...]; e però, parlando di cotal papiro come di materia solita ad ardersi nelle lucerne e lampade in vece della bambagia, come afferma Landino pure che una volta si usasse, non può meglio Dante quì intedersi d'altro papiro, che del medesimo.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1933377","InfoCitazione.Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/trattato-della-agricoltura","InfoCitazione.LuogoFonte":"VI 95","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Il papiro si dice quasi nutrimento del fuoco, imperocchè seccato, è molto acconcio a nutrimento del fuoco nelle lucerne, e nelle lampane, ed è un'erba, la quale è dalla parte di fuori molto piana; ed ha la sua midolla molto bianca, spugnosa, e porosa, la qual suga molto l'umidità, e nasce in luoghi acquosi, e dicesi volgarmente giunco appo noi. Seccasi e scorticasi in modo, che rimane un po' di corteccia dall'un lato, acciocchè la midolla si sostenga; e quanto ha meno della corteccia, tanto arde meglio, e più chiaro nella lampana, e più agevolmente s'accende.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/archive.org\/details\/bub_gb_wqGNggskO2EC\/page\/n102\/mode\/1up","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Rapporto': 'CONFERMA'}, {'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Rapporto': 'CONFERMA'}, {'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"64-66","from":24083.0,"to":24085.0,"NomeAutore":"Pietro de' Crescenzi","TitoloFonte":null},
+{"Annotazione":"Costruzione.  Cos\u00ec\nvid'io farsi adorno l'etera<\/b>, il cielo, e fioccar in su<\/b>,\nmandare all'ins\u00f9 [al contrario cio\u00e8 di quello mandi il freddo\naere nostro la neve] vapori trionfanti<\/b> [cos\u00ec, coerentemente al\nverbo fioccare<\/i>, nomina gli spiriti medesimi che prima, mentre\nvideli venire, appell\u00f2 turba trionfante<\/i> [Parad. XXII, 132]],\nche fatto avean quivi soggiorno con noi<\/i><\/b>, che partendosi Ges\u00f9\nCristo e Maria Vergine rimaser l\u00ec nel mio cospetto<\/i><\/b> [Vedi Parad.\nXXIII, 127, ed osserva che nissuno di que' lumi si \u00e8 mai di qu\u00ec\nfinora dipartito] — Etera<\/b> [di cui etra<\/i>, il pi\u00f9 comunemente\nadoprato, \u00e8 sincope] legge la Nidob. e qualch'altra edizione\n[Quella, tra l'altre, Veneta dell'anno 1578], se non con altro\nvantaggio, con quello certamente dell'uniformit\u00e0 al Parad. XXII,\n132 ove leggon etera<\/i><\/b> anche l'edizioni che qu\u00ec leggon etere.<\/i><\/b> \nN\u00e8 par ragione che volesse Dante dir venuti quegli spiriti per\nl'etera<\/b>, e tornati per l'etere.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"27","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  In su vid'io cos\u00ec"],"FrammentoNota":"
vapori trionfanti<\/b> [così, coerentemente al verbo fioccare<\/i>, nomina gli spiriti medesimi che prima, mentre videli venire, appellò turba trionfante<\/i> [Parad. XXII, 132] <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Par. XXII 132","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"s'appresenti a la turba trïunfante<\/strong>","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=89&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"70-72","from":26833.0,"to":26854.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Costruzione.  Cos\u00ec tutta la\ngente, ch'era l\u00ec, leggiera, e per magrezza, e per voler<\/b> [per\ndesiderio di purgarsi [Vedi nel canto precedente v. 73 e segg.]],\nvolgendo il viso<\/b> [voltando altrove la faccia] raffrett\u00f2 suo\npasso<\/b>, ripigli\u00f2 il frettoloso camminar che faceva prima di\nabbattersi in me, che col mio vivere le cagionai ammirazione e\nrallentamento nel camminare [Vedi v. 5 e segg. del presente\ncanto].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Cos\u00ec tutta"],"FrammentoNota":"
Per voler<\/b> [per desiderio di purgarsi [Vedi nel canto precedente v. 73 e segg.]],<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. XXIII 73-75","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"ché quella voglia a li alberi ci mena
che menò Cristo lieto a dire \"Elì\",
quando ne liberò con la sua vena\".","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=57&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"67-69","from":24070.0,"to":24072.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Costruzione. Dalla destra\nruota<\/b>, dalla destra parte del carro, venien tre donne danzando\nin giro<\/b>, intende le tre virt\u00f9 teologali fede, speranza, e carit\u00e0\n— l'una tanto rossa<\/b> [la carit\u00e0] che appena<\/b> ec., che se fosse\nnel fuoco, appena [a guisa di rovente ferro in mezzo agli accesi\ncarboni] dal fuoco discernerebbesi. L'altra<\/b>, la speranza —\ndi smeraldo<\/b>, pietra di color verde bellissimo, in virt\u00f9 del\nqual verde colore, alla speranza solito attribuirsi, disse il\nPoeta anche nel terzo canto di questa cantica, mentre che la\nsperanza ha fior del verde<\/i> [Verso 135] — La terza<\/i><\/b> [la fede]\nparea neve test\u00e8 mossa<\/b>: era bianca come neve appena caduta dal\nCielo; o appena rimossa dal mucchio, la quale suol presentare una\nsuperficie molto pi\u00f9 candida di quella di tutto il mucchio. \nDinota cotal candore l'illibatezza della fede, perocch\u00e8 quella\nche vince ogni errore<\/i><\/b> [Infer. IV, 48].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Tre donne"],"FrammentoNota":"
L'altra<\/b>, la speranza — di smeraldo<\/b>, pietra di color verde bellissimo, in virtù del qual verde colore, alla speranza solito attribuirsi, disse il Poeta anche nel terzo canto di questa cantica, mentre che la speranza ha fior del verde<\/i> [Verso 135]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. III 135","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"mentre che la speranza ha fior del verde.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=37&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"121-126","from":29669.0,"to":29671.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Costruzione.  E sentirei<\/b>\n[intendi ora<\/i>] le giostre grame<\/i><\/b>, gli scontri penosi,\nvoltando<\/b> [intendi pesi per forza di poppa<\/i><\/b>, pena de' prodighi\ne degli avari nell'Inferno [Cant. VII, 22 e segg.]], se non\nfosse, che drizzai mia cura<\/i><\/b>, mia condotta, quando intesi l\u00e0<\/b>,\nnella tua Eneide, dove tu quasi crucciato, chiame<\/b> [antitesi per\nchiami esclami<\/i>] all'umana natura, a che non reggi<\/i><\/b>, non\ntrasporti, l'appetito de' mortali o sacra<\/b>, o esecranda, fame\ndell'oro<\/b>!  Accenna l'esclamazione di Virgilio Quid non mortalia\npectora cogis auri sacra fames<\/i><\/b>? [Aeneid.<\/i> III, 56]\n\n\tA que non reggi<\/i> ec. ha la Nidobeatina ove tutte l'altre\nedizioni hanno perch\u00e8 non reggi<\/i>: ma scrivendo essa Nidobeatina\nque<\/i> in vece di che<\/i><\/b> anche altrove [come, per cagion d'esempio,\nInf. V, 111, VI, 60], ho io perci\u00f2 l'a que<\/i><\/b> volto a che.<\/b>\n\n\tAl chiaro di questa lezione risparmiato avrebbero ed il\nVenturi il nero dubbio, che ingannato Dante da quell'epiteto<\/i>\nsacra, intendesse a traverso tutta la sentenza, prendendo la<\/i>\nsacra fames per una virt\u00f9, di cui fosse uffizio il regolare\nl'appetito delle ricchezze<\/i>; ed il Rosa Morando la, per altro\nlodevolissima, cura di trarre al buono la particella perch\u00e8<\/i>,\ncon ispartire il per<\/i><\/b> dal che<\/i><\/b>, e d'interpretare, per che\ndistorte vie, per che malvagit\u00e0, per<\/i> quae non reggi<\/i> ec.\n\n\tPer poi intendere in qual modo la detta riprensione, che\nVirgilio fa alla fame dell'oro, appartenga a far conoscere\ncattiva anche la prodigalit\u00e0, basta riflettere, che tanto l'avaro\nche il prodigo hanno mala fame del danaro.  L'avaro ne ha fame\nper contemplarlo; ed il prodigo ne ha fame per ottenersi con\nquello smoderate soddisfazioni.  Aggiungasi ci\u00f2 che dice\nAristotele, che lo spendere assai non si pu\u00f2 fare agevolmente,\nconciossia che le facult\u00e0 manchino; per\u00f2 son costretti tali\nuomini a togliere l'altrui roba<\/i> [Etica lib. 4, cap. 1. \nTraduzione del Segni, riferita dal Rosa Morando].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"22","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  E se non fosse"],"FrammentoNota":"
Voltando<\/b> [intendi pesi per forza di poppa<\/i>, pena de' prodighi e degli avari nell'Inferno [Cant. VII, 22 e segg.]]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. VII 22-27","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Come fa l'onda là sovra Cariddi,
che si frange con quella in cui s'intoppa,
così convien che qui la gente riddi.
Qui vid'i' gente più ch'altrove troppa,
e d'una parte e d'altra, con grand'urli,
voltando pesi per forza di poppa.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=7","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"37-42","from":21819.0,"to":21823.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Costruzione. Fisso alle\ncose terrene, non s'aderse<\/b> [ non si erse, non si sollev\u00f2] in\nalto.<\/b> Merita d'esser qu\u00ec riferita la solenne scorbacchiatura,\nche fa al Venturi il Rosa Morando. Non s'aderse<\/b> [chiosa il\nVenturi] non ader\u00ec alle cose del cielo. Pare che la regolar\ncostruzione richiederebbe, che quell'<\/i> aderse con istroppiatura\nmaggiore da<\/i> addrizzare venisse, non da<\/i> aderire; ma perch\u00e8\nquesto<\/i> aderse lo passa affatto sotto silenzio la Crusca, n\u00e8\naltri v'\u00e8, che in questo ci faccia lume, non so a che risolvermi,\ne qu\u00ec mi fermo.<\/i>\n\n\tOh difficolt\u00e0 insuperabile [esclama il Rosa] di questo\naderse<\/i><\/b>! oh infernale oscurit\u00e0! oh tenebre impenetrabili! \nDisperanti del successo tacciono gli spositori; non ne fa parola\nla Crusca; e il povero comentatore non ha chi gli faccia lume, e\nnon sa a che risolversi.<\/i><\/b> Avrebbe mai il licenzioso<\/i> Dante\nfatto aderse<\/b> dal verbo aderire<\/i><\/b>, bench\u00e8 faccia nel passato\nader\u00ec<\/i>; o dal verbo addrizzare<\/i>, bench\u00e8 faccia addrizz\u00f2<\/i> nel\npassato? La stroppiatura sarebbe grande, non per\u00f2 maravigliosa\nin costui, che ricus\u00f2 ogni freno di grammatica, e fu s\u00ec solenne\nstroppiator<\/i> di vocaboli. Ma Dio immortale, \u00e8 egli possibile\nche il comentatore non si sia ricordato del verbo adergere<\/i>? \u00c8\negli possibile che da un comentatore di Dante<\/i>, che gli fa\ntalora del critico e del maestro, non si sia saputo ridur\nl'aderse<\/i><\/b> alla sua radice? Adergere<\/i><\/b> nella Crusca a lettere\nmaiuscole vien registrato, e autorizzato con questo verso\nstessissimo, e con un passo d'Albertano da Brescia; adergere<\/i>\nvien registrato nell'Indice<\/i> del sig. Volpi, e si spone\nsollevare<\/i> e drizzare.<\/i> Questo verbo \u00e8 fatto come presso i\nLatini adamare<\/i>, aderrare<\/i>, e simili. Nello stesso modo\nadimare<\/i> nel verso 100 di questo canto medesimo\n\n Intra Siestri e Chiaveri s'adima.<\/i>\n\nO superbissimo ingegno umano, che stendi talora s\u00ec audaci voli,\na che miserabili errori se' tu soggetto!\n\n\tCortese leggitor mio, se l'invettiva ti sembra contro del\nVenturi troppa, dividila tu, e fanne parte a quelli che in\nFirenze parecchi anni dopo stampate le dottissime osservazioni\ndel Rosa Morando, hanno ristampata la divina commedia colle\nchiose del Venturi, senza veruno avvertimento.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Non s'aderse"],"FrammentoNota":"
Adergere<\/i> nella Crusca a lettere maiuscole vien registrato, e autorizzato con questo verso stessissimo, e con un passo d'Albertano da Brescia<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q2831705","InfoCitazione.Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/trattati","InfoCitazione.LuogoFonte":"I 11","InfoCitazione.NotaFonte":"La citazione \u00e8 mediata dalla Crusca: cfr. http:\/\/www.lessicografia.it\/Controller?lemma=ADERGERE&rewrite=1","InfoCitazione.TestoFonte":"Non ricevono gli stolti gastigamento, ma alla lor via s'adergono.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/archive.org\/details\/bub_gb_yzWFrBX7_ygC\/page\/n45\/mode\/1up","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}, {'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/filippo-rosa-morando-1751', 'Rapporto': 'CONFERMA'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"118-119","from":19345.0,"to":19348.0,"NomeAutore":"Albertano da Brescia","TitoloFonte":null},
+{"Annotazione":"Costruzione.  L'anima prima<\/b>,\nl'anima di Adamo, per morder quella<\/b>, per aver mangiato il\nfrutto di quella pianta, bram\u00f2 in pena ed in disio cinque\nmill'anni e pi\u00f9 colui<\/b>, Ges\u00f9 Cristo, che 'l morso in se pun\u00eco<\/b>,\nche colla propria morte soddisfece pe 'l peccato di lui.\n\n\tChiosando il Venturi sopra il numero di questi anni\nquanti<\/i>, dice, Dante ne contava da Adamo alla morte del\nRedentore.<\/i>  Ma, perch\u00e8 quanti Dante ne contava<\/i>, e non\npiuttosto quanti comunemente se ne contano<\/i> da tutta la Chiesa?\n[Vedi, tra gli altri Baronio nella nota al d\u00ec 25 Dicembre nel\nMartirologio Romano].  Io dubito ch'abbia il Venturi malamente\ninteso, che contasse Dante solamente gli anni che dopo morto\naspett\u00f2 Adamo nel Limbo la Redenzione, e non insieme anche quei\nnovecento trent'anni che l'aspett\u00f2 mentre visse.  Dante li\ncomprende tutti: anzi perci\u00f2 disse avere Adamo per cotal numero\nd'anni bramato Cristo in pena, ed in disio<\/i><\/b>, riferendo la pena<\/b>\nai novecento trent'anni che visse nel mondo, ed il disio<\/b> al\nrimanente che aspett\u00f2 nel Limbo; ove certamente il santi padri\nnon ebbero pena.  E come ai santi padri assegnar Dante pena nel\nLimbo, se dai gentili medesimi fa in quel luogo dire\n\n     . . . . . . . . . sol di tanto offesi<\/i><\/b>\n     Che senza speme vivemo in disio<\/i>\n      [Inf. IV, 41, 42]?\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Per morder"],"FrammentoNota":"
Io dubito ch'abbia il Venturi malamente inteso, che contasse Dante solamente gli anni che dopo morto aspettò Adamo nel Limbo la Redenzione, e non insieme anche quei novecento trent'anni che l'aspettò mentre visse.  Dante li comprende tutti: anzi perciò disse avere Adamo per cotal numero d'anni bramato Cristo in pena, ed in disio<\/b>, riferendo la pena <\/b>ai novecento trent'anni che visse nel mondo, ed il disio<\/b> al rimanente che aspettò nel Limbo; ove certamente il santi padri  non ebbero pena.  E come ai santi padri assegnar Dante pena nel  Limbo, se dai gentili medesimi fa in quel luogo dire \r\n     . . . . . . . . . sol di tanto offesi<\/i>\r\n     Che senza speme vivemo in disio<\/i>\r\n      [Inf. IV, 41, 42]?\r\n<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. IV 41-42","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"semo perduti, e sol di tanto offesi
che sanza speme vivemo in disio\".","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=4","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"61-63","from":33470.0,"to":33472.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Costruzione. La meretrice<\/b>\n[l'invidia], morte comune<\/b> [allusivamente al detto della\nSapienza invidia Diaboli mors introivit in orbem terrarum<\/i>\n[Sap.<\/i> 2, 24]] e vizio delle corti<\/i> [per de' cortigiani<\/i><\/b>]\nche mai torse<\/i><\/b> [volt\u00f2 via] gli occhi putti<\/b> [puttaneschi,\nmaliziosi, maligni: allo stesso significato adopera Dante questo\naddiettivo nell'undecimo del Purg. v. 114] dall'ospizio di\nCesare<\/b>, dall'Imperiale palagio.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"13","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" La meretrice"],"FrammentoNota":"
La meretrice <\/b>[l'invidia], morte comune<\/b> [allusivamente al detto della Sapienza invidia Diaboli mors introivit in orbem terrarum <\/i>[Sap.<\/i> 2, 24]]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q202135","InfoCitazione.LuogoFonte":"II 24","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Invidia Diaboli mors introivit in orbem terrarum","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_sapientiae_lt.html#2","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"64-66","from":11917.0,"to":11919.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro della Sapienza"},
+{"Annotazione":"Costruzione.  Ma\nconveniasi che Fiorenza nella postrema sua pace<\/b> [perocch\u00e8 dopo\ndi quell'avvenimento fu Fiorenza sempre in disturbi] fesse<\/b>,\nfacesse, vittima<\/b>, sacrificio, a quella pietra scema, che 'l\nponte guarda<\/b>, a quella base della statua di Marte priva di essa\nstatua, che il Ponte Vecchio conserva.  Ci\u00f2 dice perocch\u00e8 a pi\u00e8\ndi quella base appunto fu Buondelmonte ucciso [Vedi Gio. Vill.\nnel cit. lib. 5 cap. 38], quasi in augurio di quella, che\nd'allora incominciava perpetua guerra, di cui Marte n'\u00e8 'l Dio.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"16","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Ma conveniasi"],"FrammentoNota":"
Ciò dice perocchè a piè di quella base appunto fu Buondelmonte ucciso [Vedi Gio. Vill. nel cit. lib. 5 cap. 38], quasi in augurio di quella, che d'allora incominciava perpetua guerra, di cui Marte n'è 'l Dio.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","InfoCitazione.LuogoFonte":"VI 38","InfoCitazione.NotaFonte":"Cfr. la Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 120 (V 38).","InfoCitazione.TestoFonte":"la mattina di Pasqua di Risurresso si raunaro in casa gli Amidei da Santo Stefano, e vegnendo d'Oltrarno il detto messere Bondelmonte vestito nobilemente di nuovo di roba tutta bianca, e in su uno palafreno bianco, giugnendo a piè del ponte Vecchio dal lato di qua, apunto a piè del pilastro ov'era la 'nsegna di Mars, il detto messer Bondelmonte fue atterrato del cavallo per lo Schiatta degli Uberti, e per lo Mosca Lamberti e Lambertuccio degli Amidei assalito e fedito, e per Oderigo Fifanti gli furono segate le vene e tratto a·ffine; e ebbevi co·lloro uno de' conti da Gangalandi.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"145-147","from":16124.0,"to":16143.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
+{"Annotazione":"Costruzione.  Ma ricevieno\nle prime ore con piena letizia, cantando intra le foglie.<\/b>  Il\nDaniello per le prime ore<\/b>, intende le prime ore del giorno<\/i>;\ned il Venturi i primi raggi.<\/i>  Io per\u00f2 ho qualche dubbio che non\nadoperi Dante ore<\/i><\/b> per aure<\/i><\/b>, come adopralo il Petrarca nel\nsonetto 143\n\n     Parmi d'udirla, udendo i rami, e l'ore<\/i>,\n        E le frondi, e gli augei lagnarsi<\/i> ec.\n\nMa o il vento, o il tempo, che per l'ore<\/b> s'intenda, torna\nsempre meglio che intendere col Landino e col Vellutello, che le\nore<\/b> sieno soggetto del canto, e non del ricevimento, chiosando\nche gli uccelli cantassero le prime ore; a similitudine<\/i><\/b>\n[v'aggiunge particolarmente il Vellutello] che fa la Chiesa, la\nqual a tal ora canta prima, terza, e sesta.<\/i>  — Ricevieno<\/i><\/b>\nlegge la Nidob., ed altre antiche ediz., riceveano<\/i><\/b> l'ediz.\ndella Crusca, e tutte le moderne seguaci: ma s'accordano poi le\nultime colle prime a legger parrieno<\/i> in questo medesimo canto\nv. 29, e movieno<\/i> nel canto seguente v. 59.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"28","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Ma con piena"],"FrammentoNota":"
Ricevieno <\/b>legge la Nidob., ed altre antiche ediz., riceveano<\/i> l'ediz. della Crusca, e tutte le moderne seguaci: ma s'accordano poi le ultime colle prime a legger parrieno<\/i> in questo medesimo canto v. 29, e movieno<\/i> nel canto seguente v. 59.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. XXIX 59","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"che si movieno incontr'a noi sì tardi,","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=63","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"16-17","from":27890.0,"to":27893.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Costruzione.  Non s'usa\npure<\/b> [ancora, tuttavia] nel mondo un linguaggio<\/b>, intendi,\ncom'era prima dell'attentato di Nembrotto, che erat terra labii\nunius<\/i>, dice il sacro testo [Gen.<\/i> II v. 1].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"31","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Pur un linguaggio"],"FrammentoNota":"
Non s'usa pure<\/b> [ancora, tuttavia] nel mondo un linguaggio<\/b>, intendi, com'era prima dell'attentato di Nembrotto, che erat terra labii unius<\/i>, dice il sacro testo [Gen.<\/i> II v. 1].<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9184","InfoCitazione.LuogoFonte":"XI 1","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Erat autem universa terra labii unius et sermonum eorundem. ","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_genesis_lt.html#11","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"78","from":30413.0,"to":30416.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Genesi"},
+{"Annotazione":"Costruzione.  Non trarrei a me\npi\u00f9 tosto<\/b>, non riceverei pi\u00f9 presto, l'immagine tua di fuor<\/b>,\nl'immagine del tuo esterno, che<\/b>, di quello che, impetro<\/b>,\nacquisto, quella dentro<\/b>; l'immagine cio\u00e8 del tuo interno,\ndell'animo tuo.  Impetrare<\/i> per aquistare<\/i> adopera Dante anche\nnella quarta delle canzoni sue\n\n     Cos\u00ec nel mio parlar voglio esser aspro<\/i>\n        Com'\u00e8 negli atti questa bella pietra<\/i>:\n        La quale ogn'ora impetra<\/i>\n        Maggior durezza<\/i> ec.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  L'immagine"],"FrammentoNota":"
Impetrare<\/i> <\/strong>per aquistare<\/i> adopera Dante anche nella quarta delle canzoni sue\r\n     Così nel mio parlar voglio esser aspro<\/i>\r\n        Com'è negli atti questa bella pietra<\/i>:\r\n        La quale ogn'ora impetra<\/i>\r\n        Maggior durezza<\/i> ec.\r\n<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1092462","InfoCitazione.LuogoFonte":"XLVI 1-4","InfoCitazione.NotaFonte":"La fonte di Lombardi \u00e8 il Vocabolario della Crusca, alla voce \"impetrare\".","InfoCitazione.TestoFonte":"Così nel mio parlar vogliesser aspro
comè negli atti questa bella pietra
la quale ognora impetra
maggior durezza e più natura cruda","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Rime&pb=57&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"26-27","from":21599.0,"to":21614.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Le Rime"}, +{"Annotazione":"Costruzione. Per\nquel ch'io compresi da vicino<\/b>, dal vicin luogo, onde si poteo<\/b>\n[per pot\u00e8<\/i> detto anticamente anche fuori di rima [Vedi 'l\nProsp. di verb. Tosc.<\/i> sotto il verbo potere<\/i> n. 16]] intender\nlo grido, dicean tutti Gloria in excelsi Deo.<\/i><\/b> Gloria a Dio<\/i><\/b>\n[chiosa il Volpi] ne' luoghi eccelsi, o nelle creature eccelse. \nPrincipio dell'inno degli angeli, nella nascita di nostro Signor\nGes\u00f9 Cristo.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Gloria in excelsis"],"FrammentoNota":"
Gloria a Dio <\/i>[chiosa il Volpi] ne' luoghi eccelsi, o nelle creature eccelse.  Principio dell'inno degli angeli, nella nascita di nostro Signor Gesù Cristo.<\/i>\r\n<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128538","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q39939","InfoCitazione.LuogoFonte":"II 14","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"“ Gloria in altissimis Deo,
et super terram pax in hominibus bonae voluntatis ”.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-lucam_lt.html#2","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"136-138","from":20483.0,"to":20486.0,"NomeAutore":"Luca","TitoloFonte":"Vangelo secondo Luca"}, +{"Annotazione":"Costruzione. Poi solo\naccennando<\/b>, senza far altre parole, ma col solo cenno, le si\nmise innanzi tutte sette<\/i>, quelle virt\u00f9 teologali e cardinali, e\ndopo<\/i><\/b>, dietro, se mosse me, e la donna<\/b>, Matelda, e 'l savio,\nche ristette<\/b>, quello de' due savi, Virgilio e Stazio, che\nristette<\/b>, cio\u00e8 Stazio; il quale rest\u00f2 in di lui compagnia\npartendosi Virgilio, come di sopra fu detto [Purg. XXX, 49 e\nsegg.].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Poi le si mise"],"FrammentoNota":"
e 'l savio, che ristette<\/b>, quello de' due savi, Virgilio e Stazio, che ristette<\/b>, cioè Stazio; il quale restò in di lui compagnia partendosi Virgilio, come di sopra fu detto [Purg. XXX, 49 e segg.].<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. XXX 49-51","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Ma Virgilio n'avea lasciati scemi
di sé, Virgilio dolcissimo patre,
Virgilio a cui per mia salute die'mi;","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=64","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"13-15","from":33123.0,"to":33127.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Costruzione. Quando\nle sette donne<\/b> [le sopraddette virt\u00f9, tre teologali e quattro\ncardinali] al fin d'un ombra smorta<\/b> [al fine della passeggiata\nselva, e conseguentemente al fine dell'ombra smorta<\/b>, cio\u00e8\noscura, che gli alti e folti alberi [Vedi Purg. XXX nel\nprincipio, e per entro] cagionavano] qual l'Alpe<\/b> [montagna alla\nsponda settentrionale d'Italia [Vedi 'l Vocabolario della Cr.\nalla voce Alpe<\/i>]] sotto foglie verdi, e rami nigri<\/i><\/b> [nigro<\/i><\/b>\nper negro<\/i>, antitesi presa dal Latino in grazia della rima anche\ndal Petrarca [Son. 44]: negro<\/i> per\u00f2 ponesi qu\u00ec per oscuro<\/i>,\nqual'\u00e8 il colore de' tronchi e rami delle annose querce] porta<\/b>,\nspande, sovra suoi freddi rivi, s'affissero<\/b>, si fermarono, s\u00ec\ncome s'affigge chi per iscorta va dinanzi a schiera, se trova\nnovitate in sue vestigge<\/b>, se ne' suoi passi, nel suo camminare,\nincontra cosa nuova. In sue vestigge<\/b> leggono quattro, mss.\ndella biblioteca Corsini [Segnati 608, 609, 1217, 1265], e\nl'edizione Venata 1578: a sue vestigge<\/i><\/b> un altro ms. della\nmedesima Corsini [Segnato 607]: ed o sue vestigge<\/i> finalmente la\nNidobeatina. La comune dell'altre edizione leggendo in suo\nvestigge<\/i> adirato chiosa il Venturi: Vestigge per vestigio lo\nvuol la rima, e convien accordarglielo.<\/i> Non vestigge<\/i><\/b> per\nvestigio<\/i><\/b> accorderem noi, ma per vestigie<\/i>; una semplice\nantitesi.\n\n\tRimane per\u00f2 qu\u00ec da investigare [ci\u00f2 che, quanto veggo gli\nespositori omettono] per qual motivo faccia Dante dell'aperta\nsolar luce schive, e per\u00f2 al fin dell'ombra smorta<\/b> fermarsi\nquelle sette donne figuranti le sette anzidette virt\u00f9, che\nportando ciascuna in mano un de' sette candelabri [Cant. prec. v.\n98] precedevano la comitiva.\n\n\tQuantunque siegua il Poeta a dire, che dinanzi ad esse\ndonne gli paresse di veder uscire d'una fontana Eufrates e\nTigri<\/i><\/b> {vv.112-113}; nientedimeno io non le direi fermate per\nl'intoppo delle acque, n\u00e8 per altra cagione se non se pe 'l\nterminare dell'ombra<\/i><\/b>, cio\u00e8 della occultazione, amica delle\nvirt\u00f9, e d'ogni spirituale dono.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Quando s'affisser"],"FrammentoNota":"
smorta<\/b>, cioè oscura, che gli alti e folti alberi [Vedi Purg. XXX nel principio, e per entro] cagionavano]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. XXVIII 2, 115-117","InfoCitazione.NotaFonte":"Il canto a cui si riferisce Lombardi \u00e8 il XXVIII, non il XXX.","InfoCitazione.TestoFonte":"Vago già di cercar dentro e dintorno
la divina foresta spessa <\/strong>e viva,
ch'a li occhi temperava il novo giorno,
sanza più aspettar, lasciai la riva,
prendendo la campagna lento lento
su per lo suol che d'ogne parte auliva [...].
Non parrebbe di là poi maraviglia,
udito questo, quando alcuna pianta<\/strong>
sanza seme palese vi s'appiglia.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=62","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"106-111","from":33775.0,"to":33778.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Costruzione. Rispos'io\nlui, la faccia tua, che gi\u00e0 lagrimai morta, veggendola mo<\/b> [ora,\ndal Latino modo<\/i>] s\u00ec torta<\/i><\/b> [per diformata<\/i><\/b> [Vedi l'aggettivo\ntorto<\/i> adoprato al medesimo significato Parad. XIII, 129]], mi\nd\u00e0 non minor doglia<\/b> [dolorosa cagione] di piangere<\/b> —\nRisposi lui<\/i><\/b> l'edizioni diverse dalla Nidob.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" La faccia tua"],"FrammentoNota":"
Sì torta<\/b> [per diformata<\/i> [Vedi l'aggettivo torto<\/i> adoprato al medesimo significato Parad. XIII, 129]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Par. XIII 129","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"in render torti li diritti volti.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=80&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"55-57","from":22996.0,"to":22999.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Costruzione.  Sperino in te\ncolor, che sanno 'l nome tuo, dice nell'alta sua Teod\u00eca<\/b>, ne'\nsuoi sublimi, misteriosissimi canti in lode d'Iddio [Teod\u00eca<\/b>,\nspiega anche il Vocabolario della Crusca canto in lode di Dio<\/i>,\ne non deit\u00e0<\/i>; come il Venturi a questo passo ne lo accusa]; e\nsono le parole del nono salmo Sperent in te qu\u00ec noverunt nomen\ntuum.<\/i>  L'edizioni diverse dalla Nidobeatina in vece d'alta\nTeod\u00eca<\/i><\/b> leggono chi sua<\/i><\/b>, e chi tua Teod\u00eca.<\/i>  Nella Nidobeatina\nlezione per\u00f2, oltre la maggior eleganza e concetto, scorgesi\nanche uniformit\u00e0 all'epiteto d'altissimo<\/b> dato dal poeta nostro\nmedesimo al canto d'Om\u00e8ro [Inf. IV, 95].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Sperino in te"],"FrammentoNota":"
Sperino in te color, che sanno 'l nome tuo, dice nell'alta sua Teodìa<\/b>, ne' suoi sublimi, misteriosissimi canti in lode d'Iddio [...<\/b>]; e sono le parole del nono salmo Sperent in te quì noverunt nomen tuum.<\/i><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q41064","InfoCitazione.LuogoFonte":"IX 11","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Et sperent in te, qui noverunt nomen tuum,","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_psalmorum_lt.html#PSALMUS%209","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"73-74","from":24882.0,"to":24885.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro dei Salmi"},
+{"Annotazione":"Costruzione.  Voci\ncantaron<\/b> Beati pauperes spiritu s\u00ec<\/b> cos\u00ec dolcemente, che nol\ndiria sermone<\/b>, che non potrebbe con parole esprimersi.  Siccome\nqu\u00ec alla purgata superbia fa cantarsi il vangelico encomio alla\npovert\u00e0 di spirito, cio\u00e8 alla umilt\u00e0 [Sant'Ambrogio tra gli\naltri, comentando il detto di Ges\u00f9 Cristo Beati pauperes\nspiritu<\/i>, Matt. 5 Recte<\/i> [dice] hic intelliguntur pauperes\nspiritu, humiles.<\/i> Lib. 1 de sermone Domini in monte<\/i>], cos\u00ec ad\nogni altro dei sette vizi capitali purgato fa di girone in girone\ncantarsi encomio alla virt\u00f9 contraria al medesimo vizio.  Per\nl'armonia poi, che ne descrive qu\u00ec di questo canto, e per\nconfronto a quanto pi\u00f9 chiaramente n'esprime altrove [nel canto,\nper cagion d'esempio, XXVII, 8 di questa cantica] debbono cotali\nvoci intendersi degli angeli.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Beati pauperes"],"FrammentoNota":"
il detto di Gesù Cristo Beati pauperes spiritu<\/i>, Matt. 5<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","InfoCitazione.LuogoFonte":"V 3","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Beati pauperes spiritu, quoniam ipsorum est regnum caelorum.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#5","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"110-111","from":11907.0,"to":11909.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
+{"Annotazione":"Costruzione.  Affermando esser\nbeati qui lugent<\/i>: essere cio\u00e8 benavventurati coloro che in\nquesta mortal vita, non da accidia occupati, ma accesi di\nfervoroso amor di Dio piangono le proprie ed altrui colpe.  Che\nalla purgata accidia riferisca l'angelo l'evangelico elogio\nBeati qui lugent<\/i> [Matth.<\/i> 5], non lascia dubitare il consueto\nmodo di applicarsi di mano in mano all'uscir de' balzi parole\nevangeliche in lode di chi va esente della colpa nel precedente\nbalzo purgata [Cos\u00ec nel XII, 110 in ammenda della superbia punita\nnel precedente balzo odesi 'l Beati pauperes spiritu.<\/i>  Cos\u00ec nel\nXV, 38 in ammenda dell'invidia il Beati misericordes.<\/i>  Cos\u00ec nel\nXVII, 68, 69 in ammenda dell'ira il Beati pacifici<\/i><\/b>].  —\nCh'avran di consolar<\/b> ec.: corrisponde al quoniam ipsi\nconsolabuntur<\/i>, che il Vangelo soggiunge al Beati qui lugent<\/i>: e\nper\u00f2 dovrebb'essere il senso: che<\/i><\/b>, imperocch\u00e8, avran<\/b> essi\nl'anime donne<\/b>, posseditrici [dal Latino dominus<\/i><\/b>] ricche, di\nconsolar<\/i><\/b>, nome verbale per di consolazione.<\/i>  Ovvero, avran di\nconsolar<\/b>, avran essi onde consolar l'anime donne<\/b>, l'anime loro\nmantenutesi padrone di se medesime, e non soggiaciute alla\nmondana schiavit\u00f9.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Qui lugent"],"FrammentoNota":"
Che alla purgata accidia riferisca l'angelo l'evangelico elogio Beati qui lugent<\/i> [Matth.<\/i> 5], non lascia dubitare il consueto modo di applicarsi di mano in mano all'uscir de' balzi parole evangeliche in lode di chi va esente della colpa nel precedente balzo purgata [...]. Ch'avran di consolar<\/b> ec.: corrisponde al quoniam ipsi consolabuntur<\/i>, che il Vangelo soggiunge al Beati qui lugent<\/i><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","InfoCitazione.LuogoFonte":"V 4","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Beati, qui lugent, quoniam ipsi consolabuntur.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#5","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"50-51","from":18847.0,"to":18849.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
+{"Annotazione":"Costruzione.  Canto<\/i>, che\nin quelle dolci tube<\/i>, in que' soavi spirituali organi [intendi~,\nrisonando<\/i>] tanto vince nostre Muse<\/i>, nostri poeti~, nostre\nSirene<\/i>, nostre cantanti innamorate donne [Pu\u00f2 questa chiosa\navvalorarsi dal v.  i.  del canto XXIX.  del Purg.  Cantando\ncome donna innamorata.<\/i>] [tralascia~, per asindeton~, d'\ninterporre tra nostre Muse<\/i> e nostre Sirene<\/i> la particella\ncongiuntiva e<\/i>~], quanto primo splendor quel che rifuse.<\/i>  In\ngrazia della rima adopera per enallage di tempo~, rifuse<\/i> in\nluogo di rifonde<\/i>; e vuol dire~, quanto la diretta luce vince\nin chiarezza quella che dagli obbietti ribatte<\/i>, quanto~,\nesempigrazia~, la luce del Sole vince quella della Luna.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Canto che tanto ec."],"FrammentoNota":"
Può questa chiosa avvalorarsi dal v.  i.  del canto XXIX.  del Purg.  Cantando come donna innamorata.<\/i><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. XXIX 1","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Cantando come donna innamorata,","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=63&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"7-9","from":11129.0,"to":11148.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Costruzione.  E per la\nruota<\/i>, pe 'l giro~, in che si mise com' era davante<\/i> [Vedi nel\ncanto preced.  v. 16.  e segg.~], fecemi sembiante che fosse\nvolta ad altro<\/i>, fece che mi sembrasse~, ch'io m' accorgessi~,\nche pi\u00f9 non attendeva a me.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  E fecemi sembiante ec."],"FrammentoNota":"
E per la ruota<\/i>, pe 'l giro, in che si mise com' era davante<\/i> [Vedi nel canto preced.  v. 16.  e segg.]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Par. VIII 16-21","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"E come in fiamma favilla si vede,
e come in voce voce si discerne,
quand'una è ferma e altra va e riede,
vid'io in essa luce altre lucerne
muoversi in giro più e men correnti,
al modo, credo, di lor viste interne.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=75","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"64-66","from":8461.0,"to":8482.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Costruzione. E<\/i>, per lo patto\nche pose<\/i>, fece~, Dio con No\u00e8<\/i> [Arcum meum ponam in nubibus~,\net erit signum foederis ec.~, et non erunt ultra aquae diluvii ad\ndelendam universam carnem [Gen.<\/i> 9.]~], fanno<\/i>, i detti\narchibaleni~, esser qu\u00ec<\/i>, quaggi\u00f9~, la gente presaga<\/i>,\npresciente~, del mondo<\/i> [la particella del<\/i> sta qu\u00ec per il\nde<\/i> dei Latini [Vedi Cinon. Partic.<\/i> 80. 6.~], e per\u00f2 vale\ndel mondo<\/i>, come quanto al mondo<\/i>, circa 'l mondo<\/i>], che\ngiammai pi\u00f9 non s'allaga.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" E fanno ec."],"FrammentoNota":"
E<\/i>, per lo patto che pose<\/i>, fece, Dio con Noè<\/i> [Arcum meum ponam in nubibus~, et erit signum foederis ec.~, et non erunt ultra aquae diluvii ad delendam universam carnem [Gen.<\/i> 9.]]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9184","InfoCitazione.LuogoFonte":"IX 12-15","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Dixitque Deus: “Hoc signum foederis, quod do inter me et vos et ad omnem animam viventem, quae est vobiscum, in generationes sempiternas:
arcum meum ponam in nubibus, et erit signum foederis inter me et inter terram.
Cumque obduxero nubibus caelum, apparebit arcus meus in nubibus,
et recordabor foederis mei vobiscum et cum omni anima vivente, quae carnem vegetat; et non erunt ultra aquae diluvii ad delendum universam carnem","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_genesis_lt.html#9","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"16-18","from":11186.0,"to":11210.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Genesi"}, +{"Annotazione":"Costruzione. Ma<\/i>, per\nessere le genti<\/i> [intendi Padovane<\/i>] crude al dover<\/i>, dure~,\nostinate contra 'l giusto [nella pretensione d'impadronirsi di\nVicenza~], tosto fia che al palude<\/i>, dove il Bacchiglione fa\npalude~, presso a Vicenza~, Padova<\/i>, le Padovane genti~,\nCanger\u00e0<\/i> [intendi di colore<\/i>, facendola col suo sangue\nrosseggiare] l' acqua che Vincenza bagna<\/i>, l'acqua del\nBacchiglione.\n\n\tChiosa il Vellutello~, che vogliasi qu\u00ec predire una\ngran rotta<\/i>, che Iacopo di Carrara Signor di Padova ricev\u00e8 da\nCan Grande de la Scala<\/i>, Signor di Verona<\/i>, ne' borghi di\nVicenza<\/i>, l'anno<\/i> 1314. a d\u00ec<\/i> 17. di settembre<\/i>, e\nrettamente deduce quindi 'l Venturi~, che Dante scrisse queste\ncose dopo tal tempo.<\/i>\n\n\tTre volte per\u00f2~, nel termine d'anni sette~, narrano gli\nStorici essere stati a Vicenza rotti i Padovani. Una del 1311.~,\nma senza effusion di sangue~, quanto pare~; perocch\u00e8 riferisce\nGio. Villani~, che i Padovani per paura abbandonarono Vicenza\nsenza difenderla [Lib. 9. cap. 14.]. Un' altra volta con\nsangue~, e con la prigion\u00eca di Iacopo di Carrara [che non era\nper\u00f2 ancora Signor di Padova<\/i> [Fu Iacopo da Carrara fatto\nSignor di Padova nel 1318. Vedi le due Cronologie de' Reggimenti\ndi Padova~, e l' aggiunta alla Cronica del Monaco Padovano nel\ntomo 8. degli Scritt. d'Italia del Muratori.]] nel 1314.[Gio.\nVillani lib. 9. cap. 62.~], o 1317.[Corio Istor. di Milano<\/i>\nparte 3.]. La terza finalmente con maggior sangue nel 1318.[Gio.\nVillani lib.[9?]. cap. 87.~, e Corio nel cit. luogo. La\nCronica per\u00f2 Veronese nel tomo 8. degli Scrittori d'Italia del\nMuratori dice essa terza rotta accaduta nel 1317.]. Il parlare\nin generale del Poeta pu\u00f2 riferirsi a tutte e tre le rotte~: e\n'l farci Dante stesso nel Purg. canto XXXIII. 43. capire~, che\nattendeva alla composizione di questa sua opera quando Can Grande\ndella Scala fu eletto Capitano della Lega Ghibellina~, che fu nel\ndicembre del 1318.[Vedi la stessa Cronica Veronese~, ed il Corio\nnella cit. parte 3.~], d\u00e0 tutto l'adito a crederlo.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Ma tosto fia ec."],"FrammentoNota":"
Tre volte però, nel termine d'anni sette, narrano gli Storici essere stati a Vicenza rotti i Padovani.  Una del 1311, ma senza effusion di sangue, quanto pare; perocchè riferisce Gio.  Villani, che i Padovani per paura abbandonarono Vicenza senza difenderla [Lib. 9.  cap. 14.]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","InfoCitazione.LuogoFonte":"X 14","InfoCitazione.NotaFonte":"Cfr. la Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 386 (IX 14).","InfoCitazione.TestoFonte":"Nel detto anno, dì XII del mese d'aprile, faccendo lo 'mperadore oste sopra Chermona, mandò il vescovo di Ginevra suo cugino con IIIC cavalieri oltramontani, e co la forza di messer Cane de la Scala di Verona subitamente tolse la città di Vincenza a' Padovani, e quegli ch'erano di Padova nel castello per paura sanza difendersi abandonarono la fortezza, la quale perdita fue grande isbigottimento a' Padovani e a tutta loro parte","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"46-48","from":8339.0,"to":8359.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
+{"Annotazione":"Costruzione.  Se\nnatura trova fortuna<\/i> [quell'altra intelligenza messa da Dio nel\nmondo general ministra e duce<\/i>, Che permutasse a tempo li ben\nvani<\/i> [Inf. VII. 78.  e seg.]] discorde a se<\/i>, sempre fa mala\npruova<\/i>, fa mala riuscita~, come<\/i> [intendi fa mala riuscita<\/i> ]\nogni altra semente fuor di sua region<\/i>, fuor del clima alla\nmedesima convenevole.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"08","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Sempre natura se ec."],"FrammentoNota":"
Se\r\nnatura trova fortuna<\/i> [quell'altra intelligenza messa da Dio nel\r\nmondo general ministra e duce<\/i>, Che permutasse a tempo li ben\r\nvani<\/i> [Inf. VII. 78.  e seg.]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. VII 78-79","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"ordinò general ministra e duce
che permutasse a tempo li ben vani","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=7","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"139-141","from":7946.0,"to":7965.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Costruzione. Per\u00f2,\nancorch\u00e8 agli Ebrei si permutasse, come dei sapere, alcuna\nofferta, pur<\/b>, tuttavia [Della particella pur<\/b> per tuttavia<\/i>\nvedi Cinon. Partic.<\/i> 206, 8], l'offerire fu loro necessitato<\/i><\/b>,\nreso necessario. Fu<\/b> [chiosa questo passo il Venturi] ingiunto\nagli Ebrei per necessit\u00e0 indispensabile l'obbligo d'offerire;\nancorch\u00e8 in vece di una cosa potessero offerirne un'altra, per\nesempio due tortore, o due colombe, in vece di un agnello; come\nfaceva la povera gente.<\/i><\/b> Io per\u00f2 dubito molto, se mirasse qu\u00ec\nDante alle offerte che comand\u00f2 Iddio nel Levitico [Cap. 12] alle\npartorienti Ebree; e non piuttosto alle altre offerte che per\nispontaneo voto promettevano gli Ebrei stessi a Dio; delle quali\nnel medesimo Levitico [Cap. ult.] abbiamo, che in alcuni capi non\nv'era luogo a permuta; e che in altri capi, ove la permuta aveva\nluogo, conveniva che la cosa sostituita eccedesse in valore la\npromessa di una quinta parte. Offerere<\/i> in luogo d'offerire<\/i><\/b>\nlegge l'edizione della Crusca e le seguaci, contrariamente alla\nNidob. e ad altre antiche edizioni.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"05","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Per\u00f2 necessitato fu"],"FrammentoNota":"
Io però dubito molto, se mirasse quì Dante alle offerte che comandò Iddio nel Levitico [Cap. 12] alle partorienti Ebree<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q41490","InfoCitazione.LuogoFonte":"XII 8","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Quod si non invenerit manus eius, nec potuerit offerre agnum, sumet duos turtures vel duos pullos columbae, unum in holocaustum et alterum pro peccato; expiabitque eam sacerdos, et sic mundabitur ”.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_leviticus_lt.html#12","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONTRADDICE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"49-51","from":4278.0,"to":4281.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Levitico"},
+{"Annotazione":"Costui dicono essere stato della famiglia\nde' Donati di Firenze.  Vellutello.  Di questo e degli altri\nillustri Fiorentini, che prosiegue Dante a nominare o accennare\nnel resto del presente canto, a noi non pare da credere<\/i>, dice\nil medesimo Vellutello, che essendo costoro stati nella\nrepubblica loro di grande autorit\u00e0, e molto reputati<\/i>, [come nel\nseguente canto dimostra il Poeta, e tutti gli espositori della\npresente opera affermano<\/i>] che essi avessero commesso furti\nparticolari nelle private cose, come soglion comunemente far\nladri di vil condizione, astretti molte volte dalla necessit\u00e0: ma\nche avendo nelle mani il governo della repubblica, avessero le\npubbliche entrate di quella nel privato lor uso; come per che per\ntransito tocchi in quella sua digressione, che fa nel VI canto\ndel Purg. ove parlando ad essa repubblica dice<\/i>\n\n     Molti rifiutan lo comune incarco<\/i>;\n        Ma il popol tuo sollecito risponde<\/i>\n        Senza chiamar, e grida, io mi sobbarco.<\/i><\/b>\n\nDove fia rimaso<\/b>?  Vuole s'intenda che fosse agli occhi di que'\ntre spiriti spartito, e trasformato nel serpente di sei piedi,\nche ora dir\u00e0 avviticchiarsi, ed immedesimarsi con Agnel<\/i> {v.68}\nBrunelleschi.  Aggiunti cos\u00ec ai tre spiriti nella propria forma\nveduti v. 85 altri due sotto forma di serpenti, cio\u00e8 Cianfa\nDonati, e Francesco Guercio Cavalcante [il nero serpentello<\/i> che\nin appresso verr\u00e0 a trasformar Buoso degli Abati], si hanno i\ncinque Fiorentini, che nel vers. 4 del Canto seguente dice Dante\ndi avere in questa bolgia trovati.\n\n\tCotale trasformazione nei fraudolenti ladri dovrebbe dal\nPoeta volersi corrispondentemente a quel trasformarsi, o sia\ntravestirsi e mascherarsi, che fanno essi per non essere\nconosciuti: e di trasformarli in serpenti pi\u00f9 che in altro\ndovrebbe avere scelto allusivamente all'astuzia che i medesimi\nadoperano; ed a quella astutezza che al serpente attribuisce la\nsacra Genesi maggiore sopra gli animali tutti.  Gen. 3.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Cianfa."],"FrammentoNota":"
Di questo e degli altri illustri Fiorentini, che prosiegue Dante a nominare o accennare nel resto del presente canto, a noi [...] pare da credere<\/i>, dice il medesimo Vellutello, che [...] <\/i>avendo nelle mani il governo della repubblica, avessero le pubbliche entrate di quella nel privato lor uso; come per che per transito tocchi in quella sua digressione, che fa nel VI canto del Purg. ove parlando ad essa repubblica dice <\/i>     Molti rifiutan lo comune incarco<\/i>;         Ma il popol tuo sollecito risponde<\/i>\r\nSenza chiamar, e grida, io mi sobbarco.<\/i>\r\n<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. VI 133-135","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Molti rifiutan lo comune incarco;
ma il popol tuo solicito risponde
sanza chiamare, e grida: \"I' mi sobbarco!\".","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=40","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Rapporto': 'CONFERMA'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"43","from":23922.0,"to":23923.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Costui fu dei Manfredi Signori\ndi Faenza: e nella sua ultima et\u00e0 divent\u00f2 Cavalier Gaudente; onde\nfu detto frate Alberigo. E poi fu tanto crudele, che essendo in\ndiscordia co' consorti, cupido di levarli di terra, finse di\nvolere riconciliarsi con loro, e dopo la pace fatta, gli convit\u00f2\nmagnificamente, e nella fine del convito comand\u00f2, che venissero\nle frutta, le quali eran segno dato a quelli, che avessero a\nucciderli. Adunque di subito saltarono dentro, ed uccisero tutti\nquelli, che Alberigo voleva che morissero. Landino. \nDell'istituto de' frati Gaudenti, e della cagione di cotal\nsoprannome vedi la nota al v. 103 del passato canto XXIII.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Frate Alberigo."],"FrammentoNota":"
Dell'istituto de' frati Gaudenti, e della cagione di cotal soprannome vedi la nota al v. 103 del passato canto XXIII<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. XXIII 103","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Frati godenti fummo, e bolognesi;","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=23","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"118","from":32810.0,"to":32812.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Costui fu mandato da Seleuco Re di\nSiria in Gerusalemme per torre i tesori del tempio; ma, appena\nposto il piede sulla soglia di quello, gli comparve un uomo\narmato sopra un cavallo, che con i calci lo percuoteva; e cos\u00ec\numiliato, ritorn\u00f2 addietro colle mani vuote.  2 Mac.<\/i> 3 Venturi.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Eliodoro."],"FrammentoNota":"
Costui fu mandato da Seleuco Re di Siria in Gerusalemme per torre i tesori del tempio; ma, appena posto il piede sulla soglia di quello, gli comparve un uomo armato sopra un cavallo, che con i calci lo percuoteva; e così umiliato, ritornò addietro colle mani vuote.  2 Mac.<\/i> 3 Venturi.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q209748","InfoCitazione.LuogoFonte":"III 7-40","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"7 Collocutus autem Apollonius cum rege, de indicatis sibi pecuniis aperuit; at ille vocans Heliodorum, qui erat super negotia, misit datis mandatis, ut praedictam pecuniam transportaret.
8 Statimque Heliodorus iter est aggressus, specie quidem quasi per Coelesyriam et Phoenicen civitates esset peragraturus, re vera autem regis propositum perfecturus.
9 Sed cum venisset Hierosolymam et benigne a summo sacerdote civitatis esset exceptus, narravit de dato indicio, et cuius rei gratia adesset aperuit; interrogabat autem, si vere haec ita essent.
10 Tunc summus sacerdos ostendit deposita esse viduarum et pupillorum;
11 quaedam vero esse Hircani Thobiae, viri valde eminentis, non sicut detulerat obtrectans impius Simon; universa autem argenti talenta esse quadringenta et auri ducenta;
12 decipi vero eos, qui credidissent loci sanctitati et honorati per universum mundum templi venerationi inviolabili tutelae, omnino impossibile esse.
13 At ille, pro his, quae habebat, mandatis a rege, omnino dicebat in regium fiscum ea esse deferenda.
14 Constituta autem die, intrabat de his visitationem ordinaturus. Non modica vero per universam civitatem erat trepidatio.
15 Sacerdotes autem ante altare cum stolis sacerdotalibus iactaverunt se et invocabant in caelum eum, qui de deposito legem posuit, ut his, qui deposuerant, ea salva custodiret.
16 Erat autem, ut qui videret summi sacerdotis vultum, mente vulneraretur; facies enim et color immutatus declarabat internum animi dolorem.
17 Circumfusus enim erat metus quidam viro, et horror corporis, unde manifestus aspicientibus dolor instans cordi efficiebatur.
18 Alii autem de domibus gregatim prosiliebant ad publicam supplicationem, pro eo quod in contemptum locus esset venturus.
19 Accinctaeque mulieres ciliciis sub mammis per vias confluebant; sed et virgines, quae conclusae erant, aliae quidem procurrebant ad ianuas, aliae autem ad muros, quaedam vero per fenestras aspiciebant;
20 universae autem protendentes manus in caelum deprecabantur.
21 Erat enim misereri commixtae multitudinis prostrationem et summi sacerdotis in magna agonia constituti exspectationem.
22 Et hi quidem invocabant omnipotentem Dominum, ut credita salva his, qui crediderant, conservaret cum omni tutela.
23 Heliodorus autem, quod fuerat decretum, perficiebat.
24 Eodem loco, ipso cum satellitibus circa aerarium praesente, spirituum et omnis potestatis Dominus magnam fecit ostensionem, ita ut omnes, qui ausi fuerant convenire, perterriti virtute Dei in dissolutionem et formidinem converterentur.
25 Apparuit enim illis quidam equus terribilem habens sessorem et optimo operimento adornatus; isque cum impetu invectus Heliodoro priores calces impegit; qui autem supersedebat, videbatur arma habere aurea.
26 Alii etiam apparuerunt duo iuvenes virtute decori, optimi gloria speciosique amictu, qui etiam circumsteterunt eum et ex utraque parte flagellabant sine intermissione multas inferentes ei plagas.
27 Subito autem concidit in terram; eumque multa caligine circumfusum rapuerunt atque in sellam gestatoriam imposuerunt;
28 et eum, qui cum multis cursoribus et satellitibus praedictum ingressus erat aerarium, portabant carentem auxilio ex armis constitutum, manifeste Dei virtutem cognoscentem.
29 Et ille quidem per divinam virtutem iacebat mutus atque omni spe et salute privatus;
30 hi autem Dominum benedicebant, qui magnificabat locum suum; et templum, quod paulo ante timore ac tumultu erat plenum, apparente omnipotente Domino, gaudio et laetitia impletum est.
31 Confestim vero ex amicis Heliodori quidam rogabant Oniam, ut invocaret Altissimum, ut vitam donaret ei, qui prorsus in supremo spiritu erat constitutus.
32 Suspectus autem factus summus sacerdos, ne forte rex opinaretur malitiam aliquam ex Iudaeis circa Heliodorum consummatam, obtulit hostiam pro salute viri.
33 Cumque summus sacerdos litationem perficeret, iidem iuvenes rursus apparuerunt Heliodoro eisdem vestibus amicti et astantes dixerunt: “ Oniae summo sacerdoti multas gratias age, nam propter eum Dominus tibi vitam donavit;
34 tu autem a caelo flagellatus nuntia omnibus magnam Dei potestatem ”. Et his dictis, non comparuerunt.
35 Heliodorus autem, hostia Domino oblata et votis magnis promissis ei, qui vivere concessit, et Oniam acceptum habens cum exercitu repedavit ad regem;
36 testabatur autem omnibus ea, quae sub oculis suis viderat, opera maximi Dei.
37 Cum autem rex interrogasset Heliodorum, quis esset aptus adhuc semel Hierosolymam mitti, ait:
38 “ Si quem habes hostem aut rerum insidiatorem, mitte eum illuc et flagellatum eum recipies, si tamen evaserit, eo quod in loco sit vere Dei quaedam virtus;
39 nam ipse, qui habet in caelis habitationem, visitator et adiutor est loci illius et venientes ad malefaciendum percutit ac perdit ”.
40 Igitur de Heliodoro et aerarii custodia ita res processerunt.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_ii-maccabaeorum_lt.html#3","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'CONFERMA'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"113","from":20321.0,"to":20322.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Secondo libro dei Maccabei"}, +{"Annotazione":"Costui offerse denari a San Pietro per\nacquistare i doni dello Spirito Santo. «La tua pecunia (gli\nrispose l'Apostolo) sia teco in perdizione, giacch\u00e8 stimasti che\nil dono di Dio si potesse per pecunia possedere.» Act. Ap.,\nVIII, 20. E d'allora il far mercato delle sacre cose fu detto\nSimonia.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"19","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":[" Simon mago."],"FrammentoNota":"Simon mago<\/strong>. Costui offerse denari a San Pietro per acquistare i doni dello Spirito Santo. «La tua pecunia (gli rispose l'Apostolo) sia teco in perdizione, giacchè stimasti che il dono di Dio si potesse per pecunia possedere.» Act. Ap., VIII, 20.","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128538","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40309","InfoCitazione.LuogoFonte":"Atti degli Apostoli VIII, 20","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Petrus autem dixit ad eum: “ Argentum tuum tecum sit in perditionem, quoniam donum Dei existimasti pecunia possideri!","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_actus-apostolorum_lt.html#8","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"1","from":17432.0,"to":17434.0,"NomeAutore":"Luca","TitoloFonte":"Atti degli Apostoli"}, +{"Annotazione":"Costui, come leggesi negli Atti\nApostolici, offerse danari a s. Pietro, per comprar da lui la\npotest\u00e0 di conferire la grazia dello Spirito santo, e perci\u00f2\ndall'Apostolo fu maledetto. E quindi il patteggiare, e\ncontrattare che si fa delle cose sacre, chiamasi simon\u00eca.<\/i> \nVolpi.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Simon mago."],"FrammentoNota":"
Costui, come leggesi negli Atti Apostolici, offerse danari a s. Pietro, per comprar da lui la potestà di conferire la grazia dello Spirito santo, e perciò dall'Apostolo fu maledetto. <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128538","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40309","InfoCitazione.LuogoFonte":"VIII 18-20","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"18 Cum vidisset autem Simon quia per impositionem manuum apostolorum daretur Spiritus, obtulit eis pecuniam
19 dicens: “ Date et mihi hanc potestatem, ut cuicumque imposuero manus, accipiat Spiritum Sanctum ”.
20 Petrus autem dixit ad eum: “ Argentum tuum tecum sit in perditionem, quoniam donum Dei existimasti pecunia possideri!","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_actus-apostolorum_lt.html#8","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/giovanni-antonio-volpi-1726-27', 'Rapporto': 'CONFERMA'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"1","from":17432.0,"to":17434.0,"NomeAutore":"Luca","TitoloFonte":"Atti degli Apostoli"}, +{"Annotazione":"Cos\u00ec chiama anche in una Canzone\nquella cavit\u00e0 del cuore, ch'\u00e8 ricettacolo del sangue, e dove\nquesto per la paura, rallentando nella sua circolazione, vien\nquasi a ristagnare. Similmente l'Harvey: «Sanguinis promptuarium\net cisterna.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":[" Lago del cor."],"FrammentoNota":"
Così chiama anche in una Canzone quella cavità del cuore, ch'è ricettacolo del sangue, e dove\r\nquesto per la paura, rallentando nella sua circolazione, vien quasi a ristagnare. <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1092462","InfoCitazione.LuogoFonte":"Rime, d. 2, vv. 8-9 (ed. De Robertis) ","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"una saetta che m'asciuga un lago
del cor pria che sia spenta","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Rime&pb=86&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"20","from":144.0,"to":147.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Le Rime"}, +{"Annotazione":"Cos\u00ec col\nDaniello leggo in vece di Un s'appellava<\/i> ec., che la maggior\nparte delle edizioni, e le moderne massimamente, leggono. El<\/b>\n[dice Daniello] e non Un<\/i><\/b>: cos\u00ec trovo negli antichi [tra questi\ncontisi anche il comento di Dante creduto di Pietro di lui\nfigliuolo [Testimonio l'autore della serie di Aneddoti num.<\/i> II\n[stampata in Verona nel 1786] cap. 23]], e che cos\u00ec venisse in\nprima Iddio chiamato lo dimostra il Poeta nel suo libro De vulg.\neloquen.<\/i> ove della prima parola da Adamo pronunziata cercando\ndice, Che voce poi fosse quella che parl\u00f2 prima, a ciascuno di\nsana mente pu\u00f2 essere in pronto: ed io non dubito, che la fosse\nquella ch'\u00e8 Dio, cio\u00e8 El<\/i> [Lib. I cap. 4]. Aggiungasi s.\nIsidoro, che nelle sue etimologie<\/i>, dietro alla scorta di s.\nGirolamo, scrive Primum apud Hebraeos Dei nomen El dicitur,\nsecundum nomen Eloi est<\/i> [Lib. 7 cap. I]. Ed aggiungasi, per\nfine, la facilit\u00e0 con la quale hanno i copiatori potuto errare:\nprima scrivendo alcuni la semplice lettera l<\/i><\/b> in vece d'El<\/i><\/b>;\nposcia altri immaginando per isbaglio scritta l<\/i> in vece d'i<\/i>\nsegno d'unit\u00e0, e la i<\/i> in vece della l<\/i> scrivendo [Cos\u00ec trovasi\nfatto nella Nidobeatina, ed in alcuni testi manoscritti]; ed\naltri finalmente un<\/i> in vece d'i.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"26","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" El s'appellava in terra il sommo bene."],"FrammentoNota":"
Che così venisse in prima Iddio chiamato lo dimostra il Poeta nel suo libro De vulg. eloquen.<\/i> ove della prima parola da Adamo pronunziata cercando dice, Che voce poi fosse quella che parlò prima, a ciascuno di sana mente può essere in pronto: ed io non dubito, che la fosse quella ch'è Dio, cioè El<\/i> [Lib. I cap. 4].<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q18081","InfoCitazione.LuogoFonte":"I iv 4","InfoCitazione.NotaFonte":"Per Lombardi, la lezione di Par. XXVI 134 \u00e8 \"El s'appellava in terra il sommo bene\".","InfoCitazione.TestoFonte":"Quid autem prius vox primi loquentis sonaverit, viro sane mentis in promptu esse non titubo ipsum fuisse quod Deus est, scilicet El, vel per modum interrogationis vel per modum responsionis. Absurdum atque rationi videtur orrificum ante Deum ab homine quicquam nominatum fuisse, cum ab ipso et in ipsum factus fuisset homo. Nam sicut post prevaricationem humani generis quilibet exordium sue locutionis incipit ab heu, rationabile est quod ante qui fuit inciperet a gaudio; et cum nullum gaudium sit extra Deum, sed totum in Deo, et ipse Deus totus sit gaudium, consequens est quod primus loquens primo et ante omnia dixisset Deus.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_VE&pb=4&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Rapporto': 'CONFERMA'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"134","from":26299.0,"to":26307.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"De vulgari eloquentia"},
+{"Annotazione":"Cos\u00ec dee\nleggersi con la Nidob. ed altre edizioni [Vedi, tra le altre,\nquella di Foligno 1472 e quella di Venezia 1578], e con parecchi\nmss. [Quattro della biblioteca Corsini, segnati 1217, 609, 61, 5\ne due dell'eminentissimo Card. Zelada, segnati 242, 229], e dee\nla sinchisi, che in questo terzetto Dante adopera, in tal modo\nordinarsi: Veramente<\/b> [al senso del Latino veruntamen<\/i>] fu pi\u00f9\nmirabile a veder Giord\u00e0n, volto retrorso, fuggir il mar<\/i><\/b> [verso\nil quale da prima correva] quando Dio volse, che<\/b> intendi\nvender<\/i><\/b>, qu\u00ec il soccorso.<\/i><\/b>  E vuole sperando dire che, se Iddio\nnon abbandon\u00f2 il popolo Ebreo quando per soccorrerlo v'era\nbisogno di pi\u00f9 mirabil opra, molto meno abbandonerebbe il popolo\ncristiano e i di lui religiosi ordini, pe 'l soccorso de' quali\ndi minor prodigio abbisognava.\n\n\tL'avverdio retrorso<\/b> formalo Dante in grazia della rima\ndal Latino retrorsum<\/i>, ch'adopera il salmo 113 accennando\nl'arresto medesimo fatto da Dio delle acque del Giordano per\npassaggio all'Arca del Testamento ed al seguace Israelitico\npopolo, come leggesi in Giosu\u00e8 [Cap. 3].\n\n\tLeggendosi poi, come tutte le moderne edizioni leggono\nVeramente Giord\u00e0n volto \u00e8 retrorso<\/i>, oltre il primiero\ninconveniente di rimanersene affatto staccati, ed in aria i due\nseguenti versi, vi s'aggiunge l'altro, che superfluamente e\nstucchevolmente, dopo toccato il retrocedere del Giordano,\ntralascerebbesi questo, e ricercherebbesi il mirabile in altro\nnon maggiormente mirabile prodigio nel fuggir il mare<\/i><\/b>,\nnell'aprire cio\u00e8 [dovrebbe intendersi] il passaggio che fece il\nmar Rosso alle stesse Israelitiche turbe sotto Mos\u00e8 [Exod.<\/i><\/b> 14].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"22","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Veramente Giord\u00e0n volto retroso"],"FrammentoNota":"
L'avverdio retrorso<\/b> formalo Dante in grazia della rima dal Latino retrorsum<\/i>, ch'adopera il salmo 113 accennando l'arresto medesimo fatto da Dio delle acque del Giordano per passaggio all'Arca del Testamento ed al seguace Israelitico popolo, come leggesi in Giosuè [Cap. 3].<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q41064","InfoCitazione.LuogoFonte":"CXIV (CXIII A) 3","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Mare vidit et fugit,
Iordanis conversus est retrorsum<\/strong>;","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_psalmorum_lt.html","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"94-96","from":21891.0,"to":21911.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro dei Salmi"}, +{"Annotazione":"Cos\u00ec fatti giuochi di parole\ndistraggono lo spirito e raffreddano il sentimento. «Quandoque\nbonus dormitat Homerus.» — Io credesse.<\/b> Ved. nota 141 al c.\nV.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"13","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":[" Io credo"],"FrammentoNota":"
Così fatti giuochi di parole distraggono lo spirito e raffreddano il sentimento. «Quandoque bonus dormitat Homerus.» <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q6197","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q703985","InfoCitazione.LuogoFonte":"Ars poetica, 359","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"indignor, quandoque bonus dormitat Homerus","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0064%3Acard%3D347","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"25","from":32960.0,"to":32962.0,"NomeAutore":"Quinto Orazio Flacco","TitoloFonte":"Ars poetica"},
+{"Annotazione":"Cos\u00ec la Nidobeatina ed ei\nsi fugg\u00ec<\/i> l'altre edizioni.  El<\/b> ed ello<\/i><\/b> sono accorciamenti di\nquello<\/i>, o hanno per lo meno un equivalente significato, come,\ntra gli altri esempi, apparisce dal dire dello stesso Dante\n\n     Noi eravam partiti gi\u00e0 da ello<\/i> \n        [Inf. XXXII, 124].\n\nQuel Vanni adunque [vuole il Poeta dire] che stretto nella gola\ndal serpente non proffer\u00ec pi\u00f9 parola, se ne fugg\u00ec.  Verbo<\/i><\/b> per\nparola<\/i><\/b> trovasi adoprato da molt'altri buoni scrittori in verso\ne in prosa: vedi il Vocabolario della Crusca.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  El si fugg\u00ec, che"],"FrammentoNota":"
El<\/b> ed ello<\/i> sono accorciamenti di quello<\/i>, o hanno per lo meno un equivalente significato, come, tra gli altri esempi, apparisce dal dire dello stesso Dante     Noi eravam partiti già da ello<\/i> \r\n        [Inf. XXXII, 124].<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. XXXII 124","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Noi eravam partiti già da ello,","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=32","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"16","from":23730.0,"to":23734.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Cos\u00ec la Nidobeatina, e l'edizioni del\nVellutello e Daniello, e pi\u00f9 di due dozzine di mss. veduti dagli\nAccademici della Crusca, in luogo di risiede<\/i>, che leggono\nl'altre edizioni.  E vale rifiede<\/b> lo stesso che mira<\/i><\/b>; da\nfiedere<\/i>, che pure a senso di mirare<\/i> adopera Dante:\n\n     . . . . . . e fa che feggia<\/i>\n     Lo viso in te di quest'altri mal nati<\/i> \n     [Inf. XVIII, 75]\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Rifiede."],"FrammentoNota":"
vale rifiede<\/b> lo stesso che mira<\/i>; da fiedere<\/i>, che pure a senso di mirare<\/i> adopera Dante:\r\n     . . . . . . e fa che feggia<\/i>\r\n     Lo viso in te di quest'altri mal nati<\/i> \r\n     [Inf. XVIII, 75]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. XVIII 75-76","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"lo duca disse: \"Attienti, e fa che feggia
lo viso in te di quest'altri mal nati,","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=18&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"105","from":19163.0,"to":19164.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Cos\u00ec leggesi in un bellissimo\nms. del fu March. Capponi, ora della Vaticana [Num. 266 codice,\ncome lo stesso copiatore avvisa, scritto nell'anno 1368], cos\u00ec\nnel parimente bellissimo ms. della libreria Chigi segnato L. V.\n167, e cos\u00ec attesta il Venturi di essere scritto in qualche\nedizione<\/i>: \u00e8 certo se non malamente legge la comune per li\nTroiani.<\/i> Nella Puglia non fecero i Troiani mai guerra, n\u00e8\nstrage veruna: e pretendere, come il prefato Venturi pretende,\nche per Troiani possono intendersi i Romani<\/i>, perocch\u00e8 da loro\ndiscendenti, la sarebbe una troppo violenta stiracchiatura. \nTanto pi\u00f9 che, per attestazione di T. Livio [Lib. 8, 25], le\nprime brighe tra i Romani e i Pugliesi furono nel consolato di C.\nPetelio, e L. Papirio, negli anni di Roma 429, in tempi cio\u00e8\ntroppo dalla Troiana origine discosti. Per li Romani<\/b> adunque\nsta bene scritto; che di fatto per le Romane armi molta gente\nper\u00ec nella Puglia, prima eziandio della guerra asprissima con\nAnnibale, di cui il Poeta dice in seguito: e tra gli altri fatti\nvi fu l'uccisione di due mila Pugliesi, che Livio medesimo\nracconta fatta dal Console P. Decio [Lib. 10, 15], — e per la\nlunga guerra<\/b> ec.: la seconda guerra Cartaginese contro i Romani,\nche dur\u00f2 pi\u00f9 di tre lustri, nel corso della quale soffrirono i\nRomani a Canne nella Puglia sconfitta tale, che le anella tratte\ndalle dita dei morti [quantunque non si portasse anello che dai\nnobili] empirono la misura, chi dice di un moggio, e chi fino di\ntre moggia e mezzo: tantus acervus fuit [sono parole di Livio]\nut metientibus, dimidium super tres modios explesse sint quidam\nauctores. Fama tenuit, quae propior vero est, haud plus fuisse\nmodio<\/i><\/b> [Lib. 23, 12]. E per\u00f2 male il Venturi, correggendo\nl'errore di stampa delle pi\u00f9 di tre mila moggia e mezzo<\/i> del\nDaniello, v'aggiunge egli, che non furon meno di tre moggia e\nmezzo, come riferisce Livio.<\/i> Tale contegno di Livio nello\nscrivere dee lodar Dante con dire che non erra.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"28","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Per li Romani."],"FrammentoNota":"
Nella Puglia non fecero i Troiani mai guerra, nè strage veruna: e pretendere, come il prefato Venturi pretende, che per Troiani possono intendersi i Romani<\/i>, perocchè da loro discendenti, la sarebbe una troppo violenta stiracchiatura.  Tanto più che, per attestazione di T. Livio [Lib. 8, 25], le prime brighe tra i Romani e i Pugliesi furono nel consolato di C. Petelio, e L. Papirio, negli anni di Roma 429, in tempi cioè troppo dalla Troiana origine discosti.  Per li Romani<\/b> adunque sta bene scritto.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q2039","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1155892","InfoCitazione.LuogoFonte":"VIII xxv 1-2","InfoCitazione.NotaFonte":"Lombardi legge \"per li Romani\", non \"per li Troiani\".","InfoCitazione.TestoFonte":"eodem anno lectisternium Romae, quintum post conditam urbem, iisdem quibus ante placandis habitum est deis. novi deinde consules iussu populi cum misissent qui indicerent Samnitibus bellum, ipsi maiore conatu quam adversus Graecos cuncta parabant; et alia nova nihil tum animo tale agitantibus accesserunt auxilia.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0914.phi0018.perseus-lat3:25","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"10-12","from":26821.0,"to":26843.0,"NomeAutore":"Tito Livio","TitoloFonte":"Ab Urbe condita libri"},
+{"Annotazione":"Cos\u00ec tu viva lungamente, e\ncos\u00ec risplenda e sia chiaro il tuo nome ancor dopo che sarai\nmorto.  Venturi.  Il se<\/b> per cos\u00ec<\/i>, o che<\/i> [Vedi 'l Cinonio\nPartic.<\/i> 44, 23] apprecativo, a quel modo ch'adoprarono i\nLatini il sic<\/i> e l'utinam<\/i>, ripetelo Dante anche altrove [Inf.\nXXVII, 57, XXIX, 59, ed altrove], e del medesimo han fatto uso\naltri buoni scrittori [Vedi 'l Cinon. 223, 12, e 'l Vocab. della\nCr.].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"16","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Se lungamente"],"FrammentoNota":"
Così tu viva lungamente, e così risplenda e sia chiaro il tuo nome ancor dopo che sarai morto.  Venturi.  Il se<\/b> per così<\/i>, o che<\/i> [Vedi 'l Cinonio Partic.<\/i> 44, 23] apprecativo, a quel modo ch'adoprarono i Latini il sic<\/i> e l'utinam<\/i>, ripetelo Dante anche altrove [Inf. XXVII, 57, XXIX, 59, ed altrove]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. XXVII 57","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"se <\/strong>'l nome tuo nel mondo tegna fronte","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=27","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'CONFERMA'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"64-66","from":14933.0,"to":14935.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Cos\u00ec veggendo quel\nmiracolo<\/b>, quel maraviglioso sembiante della mia donna, reso pi\u00f9\nadorno, m'accorsi che 'l mio girare intorno insieme co 'l cielo\navea cresciuto l'arco<\/b>, erasi portato in pi\u00f9 alta ed ampia\ncirconferenza.  Suppone quello, che ha gi\u00e0 pi\u00f9 volte avvisato,\nche coll'avvanzarsi verso l'Empireo divenisse Beatrice pi\u00f9 bella\n[Vedi, tra gli altri luoghi, Par. VIII, 13 e segg.].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"18","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  S\u00ec m'accors'io"],"FrammentoNota":"
Suppone quello, che ha già più volte avvisato, che coll'avvanzarsi verso l'Empireo divenisse Beatrice più bella [Vedi, tra gli altri luoghi, Par. VIII, 13 e segg.].\r\n<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Par. VIII 13-15","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Io non m'accorsi del salire in ella;
ma d'esservi entro mi fé assai fede
la donna mia ch'i' vidi far più bella.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=75&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"61-63","from":17621.0,"to":17625.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Cos\u00ec \u00e8 chiamato S. Paolo\nnelle sacre carte; che \u00e8 lo stesso che dire instrumento eletto\nda Dio<\/i> alla diffusione della fede. Veramente San Paolo non dice\ns\u00ec chiaro d'essere stato pei luoghi eterni sensibilmente<\/i> ma fu\ncreduto nel Medio Evo\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Brunone Bianchi 1868","Frammenti":[" lo Vas d'elezione."],"FrammentoNota":"
Così è chiamato S. Paolo nelle sacre carte<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128538","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40309","InfoCitazione.LuogoFonte":"9, 15","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Dixit autem ad eum Dominus: “ Vade, quoniam vas electionis est mihi iste, ut portet nomen meum coram gentibus et regibus et filiis Israel","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_actus-apostolorum_lt.html#9","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"28-29","from":1194.0,"to":1198.0,"NomeAutore":"Luca","TitoloFonte":"Atti degli Apostoli"},
+{"Annotazione":"Cos\u00ec, oltre due mss. della Corsini\n[Segnati 608 e 1265] ed alcuni altri veduti dagli Accademici\ndella Crusca, leggono il Landino, Vellutello, Daniello, ed il\ncomento della edizione Nidobeatina, quantunque il testo della\nmedesima edizione legga, conformemente a quello degli Accademici\ndella Crusca, signori.<\/i>  Ci\u00f2 per\u00f2 che dee farne di buon grado\naccettare seniori<\/b> \u00e8 che nell'Apocalisse, da cui ritrae il Poeta\nqueste sue idee [e ne lo accenna egli stesso nel v. 105], vide s.\nGiovanni ventiquattro seniori<\/i><\/b> [seniores<\/i><\/b>], non signori.<\/i>\n\n\tFacendoci 'l Poeta capire, che altri personaggi, che in\nseguito introduce [Versi 92 e segg. 134 e segg. 142 e 143],\nfigurano i libri scritturali del nuovo Testamento, ragion vuole,\nche questi ventiquattro seniori<\/b> figurino i libri del vecchio\nTestamento; i quali ecco in qual modo possono per ventiquattro\ncomputarsi: 1 Genesi, 2 Esodo, 3 Levitico, 4 Numeri, 5\nDeuteronomio, 6 Giosu\u00e8, 7 Giudici, 8 Ruth, 9 Re, 10 Paralipomeni,\n11 Esdra, 12 Tobia, 13 Giuditta, 14 Ester, 15 Giobbe, 16 Salmi,\n17 Proverbi, 18 Ecclesiaste, 19 Cantica, 20 Sapienza, 21\nEcclesiastico, 22 Profeti maggiori, 23 Profeti minori, 24\nMaccabei.\n\n\tIntorno al detto ultimo sacro volume de' Maccabei\navvertasi, che non fu il primo il Concilio di Trento [dopo i\ntempi di Dante] ad ammetterlo tra' libri canonici; ma che vi era\ngi\u00e0 molti secoli innanzi stato ammesso dal terzo Concilio di\nCartagine [Cap. 47]\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Seniori."],"FrammentoNota":"
Nell'Apocalisse, da cui ritrae il Poeta queste sue idee [...], vide s. Giovanni ventiquattro seniori<\/b> [seniores<\/i>], non signori.<\/i><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q42040","InfoCitazione.LuogoFonte":"IV 4","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"4 Et in circuitu throni, viginti quattuor thronos, et super thronos viginti quattuor seniores sedentes, circumamictos vestimentis albis, et super capita eorum coronas aureas.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_apocalypsis-ioannis_lt.html#4","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"83","from":29406.0,"to":29407.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Apocalisse di Giovanni"},
+{"Annotazione":"Credendosi volgarmente la\nlingua de' serpenti tale, quale all'occhio per la veloce sua\nvibrazione apparisce, biforcuta, e per biforcuta ammettendola\nanche i poeti; facendo, tra gli altri esempi, Ovidio da Acheloo\nconvertito in serpente dirsi\n\n     Cumque fero movi linguam stridore bisulcam<\/i>\n     [Met.<\/i> lib 9, 65];\n\nsiegue anche il poeta nostro cotal persuasione e modo di parlare,\ne fa per ultimo atto della trasformazione, che ne descrive,\nfendersi all'uomo convertito in serpente la lingua; ed al\nserpente convertito in uomo fa all'opposto i membri della\nbiforcuta lingua in uno richiudersi.  — e 'l fummo resta<\/b>, la\nreciproca emissione delle sostanziali forme detta al vers. 93.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  E la lingua"],"FrammentoNota":"
Credendosi volgarmente la lingua de' serpenti tale, quale all'occhio per la veloce sua vibrazione apparisce, biforcuta, e per biforcuta ammettendola anche i poeti; facendo, tra gli altri esempi, Ovidio da Acheloo convertito in serpente dirsi\r\n     Cumque fero movi linguam stridore bisulcam<\/i>\r\n     [Met.<\/i> lib 9, 65];\r\nsiegue anche il poeta nostro cotal persuasione e modo di parlare [...].<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","InfoCitazione.LuogoFonte":"IX 65","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"cumque fero movi linguam stridore bisulcam,","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0959.phi006.perseus-lat1:9.1-9.97","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"133-135","from":24587.0,"to":24590.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"},
+{"Annotazione":"Credo voglia Dante accennare\nche avesse Caco quell'atros ore vomens ignes<\/i>, che gli\nattribuisce Virgilio [Aeneid.<\/i> VIII, 198 e segg.], dal drago,\nche portava su le spalle: quasi dica e quel drago medesimo \u00e8 che\nvomitando fiamme affuoca<\/i>, abbrucia, qualunque in Caco\ns'intoppa<\/i>, s'imbatte.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  E quello affuoca"],"FrammentoNota":"
Credo voglia Dante accennare che avesse Caco quell'atros ore vomens ignes<\/i>, che gli attribuisce Virgilio [Aeneid.<\/i> VIII, 198 e segg.], dal drago, che portava su le spalle<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","InfoCitazione.LuogoFonte":"VIII 198-199","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"illius atros
ore vomens ignis magna se mole ferebat.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Verg.+A.+8.198&fromdoc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"24","from":23790.0,"to":23793.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, +{"Annotazione":"Cristo nimico de' reprobi con\npodest\u00e0 di giudice. Il Padre ha dato al Figlio podest\u00e0 eziandio\ndi far giudizio.<\/i> S. Giov. V, 27. — Pod\u00e8sta<\/b>: podest\u00e0, come\npi\u00e8ta<\/i><\/b> per piet\u00e0 ecc.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"06","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","Frammenti":[" Nimica podesta"],"FrammentoNota":"
Cristo nimico de' reprobi con podestà di giudice. Il Padre ha dato al Figlio podestà eziandio di far giudizio.<\/i> S. Giov. V, 27.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q328804","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q36766","InfoCitazione.LuogoFonte":"5, 26-27","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Sicut enim Pater habet vitam in semetipso, sic dedit et Filio vitam habere in semetipso; et potestatem dedit ei iudicium facere, quia Filius hominis est.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-ioannem_lt.html#5","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"96","from":5677.0,"to":5679.0,"NomeAutore":"Giovanni evangelista","TitoloFonte":"Vangelo secondo Giovanni"},
+{"Annotazione":"Cristo.  «Ogni podest\u00e0 mi \u00e8 data in\ncielo ed in terra.»  Matt. XXVIII, 18.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"04","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","Frammenti":["  Un possente"],"FrammentoNota":"
Cristo.  «Ogni podestà mi è data in cielo ed in terra.»  Matt. XXVIII, 18<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","InfoCitazione.LuogoFonte":"28, 18","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Et accedens Iesus locutus est eis dicens: “Data est mihi omnis potestas in caelo et in terra\"","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#28","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"53","from":3350.0,"to":3352.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
+{"Annotazione":"Curione: come gi\u00e0 Plato<\/i>, sermo<\/i>, ec.  —\nCh'a dicer<\/b> ec., egli che pure in vita ebbe lingua si audace. \nLucano: «Audax venali comitatur Curio lingua.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"28","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":["  Curio"],"FrammentoNota":"
Ch'a dicer<\/b> ec., egli che pure in vita ebbe lingua si audace.  Lucano: «Audax venali comitatur Curio lingua.»<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q188646","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q678375","InfoCitazione.LuogoFonte":"Pharsalia I, 269","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Audax venali comitatur Curio lingua","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0133%3Abook%3D1%3Acard%3D158","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"102","from":27468.0,"to":27469.0,"NomeAutore":"Marco Anneo Lucano","TitoloFonte":"Pharsalia"},
+{"Annotazione":"D'onde l'invidia, ch'ebbe\nl'avversario nostro, che l'uomo avesse a possedere quelle sedie,\ndalle quali egli per la sua superbia era stato cacciato, l'aveva\nprima dipartita, ed insieme con gli altri vizi introdotta nel\nmondo.  Onde \u00e8 scritto Invidia Diaboli mors introivit in orbem\nterrarum<\/i> [Sap.<\/i> 2 vers. 24].  Vellutello.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  l\u00e0 onde invidia"],"FrammentoNota":"
\"D'onde l'invidia,<\/strong> ch'ebbe l'avversario nostro, che l'uomo avesse a possedere quelle sedie, dalle quali egli per la sua superbia era stato cacciato, l'aveva prima dipartita, ed insieme con gli altri vizi introdotta nel mondo.  Onde è scritto Invidia Diaboli mors introivit in orbem terrarum.\" <\/i>(Vellutello).<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q202135","InfoCitazione.LuogoFonte":"II 24","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Invidia Diaboli mors introivit in orbem terrarum","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_sapientiae_lt.html","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Rapporto': 'CONFERMA'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"111","from":802.0,"to":807.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro della Sapienza"},
+{"Annotazione":"Da ci\u00f2 che a Dante\nmedesimo si fa dire da Cavalcante Cavalcanti Inf. X, 58 e segg.\nse per questo cieco carcere vai per altezza d'ingegno, mio\nfiglio<\/i> (cio\u00e8 Guido Cavalcanti) ov'\u00e8<\/i>? scorgesi che il proprio\ningegno in un colle Muse eccita qu\u00ec Dante all'impresa; e che\nalto<\/b> vaglia quanto nelle scienze coltivato ed innalzato, come\nlo era quello di Guido, esso pure uomo scienziato.  Apollo per\nl'alto ingegno<\/b> sospetta qu\u00ec inteso l'erudito autore degli\nAneddoti<\/i><\/b> stampati recentemente in Verona, num. iv cap. 6.  Ma\nnel principio del Paradiso ci avvisa Dante di non aver egli per\nl'Inferno e Purgatorio incomodato se non le Muse, e di essersi\nriserbato l'aiuto d'Apollo a quell'ultimo lavoro.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  O muse, o alto ingegno"],"FrammentoNota":"
Da ciò che a Dante medesimo si fa dire da Cavalcante Cavalcanti Inf. X, 58 e segg. se per questo cieco carcere vai per altezza d'ingegno, mio figlio<\/i> (cioè Guido Cavalcanti) ov'è<\/i>? scorgesi che il proprio ingegno in un colle Muse eccita quì Dante all'impresa; e che alto<\/b> vaglia quanto nelle scienze coltivato ed innalzato, come lo era quello di Guido, esso pure uomo scienziato.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. X 58-60","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"\"Se per questo cieco
carcere vai per altezza d'ingegno,
mio figlio ov'è? [...]\"","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=10&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"7","from":1038.0,"to":1043.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Da queste parole anche\nsole si pu\u00f2 ben rilevare la superiorit\u00e0 di Beatrice sopra\nVirgilio (cf. Inf.<\/i>, XII, 88-89), ovvero la maggiore eccellenza\ndella divina Rivelazione rispetto alla umana Ragione; ma di ci\u00f2\ndiremo sulla fine del presente canto. La stessa frase ricorre\nall'Inf.<\/i>, IX, 26. — Vegno di loco, ove<\/b> ecc. (nella Vit.\nN.<\/i><\/b>, IX, «Vegno di lontana parte, ove ecc.»): cf. v. 65. —\nOve<\/i><\/b>, cio\u00e8 nell'ordine de' terzi seggi<\/i> (Par.<\/i>, XXXII, 7). —\nTornar disio<\/b>, cio\u00e8 ardo del desiderio<\/i><\/b> (cf. v. 84); e ci\u00f2 dice\nper mettere in sodo che ci\u00f2 che la indusse al venire fu stretta\nnecessit\u00e0 (cf. Purg.<\/i>, XXX, 139). — Amor mi mosse<\/i><\/b> ecc. A\nBeatrice doveva grandemente pesare lo smarrimento di Dante nella\nselva<\/i><\/b> de' vizi (e neppure in quel misero stato non lasci\u00f2 cure\nper lui, cf. Purg.<\/i>, XXX, 130-135), ella che, vivendo, fu per\nlui distruggitrice di tutti li vizi<\/i>, e reina delle virt\u00f9<\/i>\n(Vit. N.<\/i>, X), seco menandolo in dritta parte v\u00f4lto<\/i>, che \u00e8\nproprio l'opposto della selva<\/i> (Purg.<\/i>, XXX, 123): ed ecco di\nqual fatta fosse l'amore<\/i> di Beatrice (cf. Purg.<\/i><\/b>, XXXI, 23), e\nche la mosse<\/b> a discendere al Limbo. — Mosse<\/b>: Virgilio dir\u00e0\na Catone (Purg.<\/i>, I, 53):\n\n Donna scese del Ciel, per li cui prieghi\n Della mia compagnia costui sovvenni:\n\ne Catone gli risponder\u00e0:\n\n se Donna del Ciel ti muove e regge ecc.;\n\nove, dallo stesso tempo in che \u00e8 usato il muovere<\/i>, si fa palese\nla continuit\u00e0 dell'amor vigile di Beatrice verso il ministero\naffidato a Virgilio. Beatrice pi\u00f9 tardi mover\u00e0<\/i> Bernardo a\nfarsi guida di Dante (Par.<\/i>, XXXI, 45); e Bernardo dir\u00e0: «Lucia, \nche mosse la tua Donna ecc. (Par.<\/i>, XXXII, 137).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","Frammenti":[" Io son Beatrice"],"FrammentoNota":"
Da queste parole anche sole si può ben rilevare la superiorità di Beatrice sopra Virgilio (cf. Inf.<\/i>, XII, 88-89), ovvero la maggiore eccellenza della divina Rivelazione rispetto alla umana Ragione; ma di ciò diremo sulla fine del presente canto. La stessa frase ricorre all'Inf.<\/i>, IX, 26.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. XII, 88-89","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Tal si partì da cantare alleluia
che mi commise quest'officio novo","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=12","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"70-72","from":1500.0,"to":1520.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Dal favoloso ermafrodito, al\ndi cui corpo unendosi per voler degli Dei quello della ninfa\nSalmace, si compose un solo corpo avente ambedue i sessi [Vedi\nOvidio nel IV delle Metamorfosi v. 374 e segg.], appellansi\nermafroditi tutti quelli che sortiscono dalla natura simili\ncorpi; e quindi trasferendo applica Dante l'epiteto di\nermafrodito<\/b> al peccato stesso di congiunzione di maschio con\nfemmina.\n\n\tIl Vellutello assertivamente, e dubbiosamente il Volpi\nchiosano, che Dante chiama<\/i> ermafrodito il peccato contra\nnatura, dove il maschio viene in certo modo ad effeminarsi, cio\u00e8\na cangiarsi in femmina.<\/i> Altri, al riferir del Venturi,\nintendono la bestialit\u00e0, per l'esempio, che si adduce di Pasife. \nOltre per\u00f2 la particolar ragione, che si oppone al primiero\nsenso, cio\u00e8 che sarebbero in cotal modo Soddomiti nell'una e\nnell'altra schiera d'anime, si oppone poi ugualmente ad ambedue i\nprefati sensi ci\u00f2 che siegue Dante a dire, ma perch\u00e8 non\nservammo umana legge<\/i><\/b>: parlare, col quale ne fa capire, che il\npeccato di costoro consistesse in azioni tali che, osservata\ncirca di esse umana legge<\/b>, sarebbero state lecite, quali\ncertamente esser non potevano n\u00e8 la soddomia, n\u00e8 la bestialit\u00e0. \n— Umana legge<\/b>, per umano contegno.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"26","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Fu Ermafrodito."],"FrammentoNota":"
Dal favoloso ermafrodito, al di cui corpo unendosi per voler degli Dei quello della ninfa Salmace, si compose un solo corpo avente ambedue i sessi [Vedi Ovidio nel IV delle Metamorfosi v. 374 e segg.], appellansi ermafroditi tutti quelli che sortiscono dalla natura simili corpi<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","InfoCitazione.LuogoFonte":"IV 377-388","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Sic ubi conplexu coierunt membra tenaci,
nec duo sunt et forma duplex, nec femina dici
nec puer ut possit: neutrumque et utrumque videntur.
Ergo ubi se liquidas, quo vir descenderat, undas
semimarem fecisse videt, mollitaque in illis
membra, manus tendens, sed non iam voce virili,
Hermaphroditus ait: “Nato date munera vestro,
et pater et genetrix, amborum nomen habenti:
quisquis in hos fontes vir venerit, exeat inde
semivir et tactis subito mollescat in undis.”
Motus uterque parens nati rata verba biformis
fecit et incesto fontem medicamine tinxit.”","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0959.phi006.perseus-lat1:1.1-1.4","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}, {'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/giovanni-antonio-volpi-1726-27', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}, {'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"82-83","from":26276.0,"to":26278.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, +{"Annotazione":"Dal verso 12 del canto\nseg. in cui Dante questo medesimo fatto rammemorando dice Pietro\nper lei s\u00ec mi gir\u00f2 la fronte<\/i>, inferisce il d'Aquino che questo\ncinse me<\/b> vaglia quanto mi si aggir\u00f2 intorno della fronte.<\/i><\/b> Il\nVenturi, tutto all'opposto, pretende che non possa qu\u00ec la\nsimilitudine del padrone, ch'abbraccia il servo, avere il suo\ndovuto riscontro se non intendendosi che 'l cinse me<\/i><\/b> equivalga\nad abbracci\u00f2 me<\/i>; e che anzi da questo, come da pi\u00f9 chiaro,\ndebba anche il mi gir\u00f2<\/i> del seguente canto spiegarsi di proprio\nabbracciamento. Io per me sono col d'Aquino, si perch\u00e8 non con\naltri termini che di volgersi<\/i>, di girarsi intorno<\/i> n'esprime\nDante atti simili praticati e dall'arcangelo Gabriele verso di\nMaria Vergine [Cant. preced. v. 96] e da s. Pietro medesimo verso\ndi Beatrice [Verso 22 del presente canto], come, e molto pi\u00fb,\nperch\u00e8 vedendo il Poeta que' beati sotto figura di lucerne e di\nlumi [Cant. precedenti versi 28 e 110 e qu\u00ec parimente, ove perci\u00f2\napostolico lume<\/i> appella s. Pietro], e non d'uomini, come poteva\nvederli stender le braccia ad abbracciare? N\u00e8 poi finalmente d\u00e0\nveruno impaccio la divisata similitudine; imperocch\u00e8, come dicono\nbene i dialettici scolastici, non \u00e8 sempre necessario che la\nsimilitudine corra con quattro ruote.\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Tre volte cinse me."],"FrammentoNota":"
Dal verso 12 del canto seg. in cui Dante questo medesimo fatto rammemorando dice Pietro per lei sì mi girò la fronte<\/i>, inferisce il d'Aquino che questo cinse me<\/b> vaglia quanto mi si aggirò intorno della fronte.<\/i><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Par. XXV 12","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Pietro per lei sì mi girò la fronte.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=92&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"152-153","from":24345.0,"to":24349.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Dall'essersi Dante\nimprovisamente trovato Catone vicino senza vederselo venire v.\n31, e da quell'altro parimente improviso comparire di Catone a\nrimproverare a Casella e compagni il lento loro andare, nel canto\nseg. v. 119 e seg., sembra potersi dedurre che questo spar\u00ec<\/b>\nvaglia propriamente rendessi 'invisibile<\/i> — su mi levai<\/i><\/b>,\ndallo star inginocchione, in cui lo aveva messo Virgilio v. 51.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Cos\u00ec spar\u00ec."],"FrammentoNota":"
Dall'essersi Dante improvisamente trovato Catone vicino senza vederselo venire v. 31, e da quell'altro parimente improviso comparire di Catone a rimproverare a Casella e compagni il lento loro andare, nel canto seg. v. 119 e seg., sembra potersi dedurre che questo sparì <\/b>vaglia propriamente rendessi 'invisibile<\/i>   <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. II 119-123","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"ed ecco il veglio onesto
gridando: \"Che è ciò, spiriti lenti?
qual negligenza, quale stare è questo?
Correte al monte a spogliarvi lo scoglio
ch'esser non lascia a voi Dio manifesto\".","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=36","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"109-110","from":791.0,"to":793.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Dalle spezzature di\nparole, che si rinvengono tal volta nella fine de' versi e Greci,\ne Latini, ed Italiani: com'\u00e8, per un de' molti esempi, quella di\nOrazio\n\n ..... non gemmis, neque purpure ve<\/i>\n Nale, nec auro<\/i>:\n\nargomenta, per mio giudizio, egregiamente il sig. Rosa Morando\n[Osserv. sopra il Parad. XXIV] anche nel mezzo de' versi essersi\nfatto, e doversi fare uso della spezzatura per aggiustamento del\nmetro: e siccome que' versi del Petrarca\n\n Nemica naturalmente di pace<\/i> \n [Canz. 5 stanz. 4],\n E perch\u00e8 naturalmente s'aita<\/i> \n [Son. 39]:\n\nvuole che abbiansi a leggere come se scritti fossero\n\n Nemica natural — mente di pace.<\/i>\n E perch\u00e8 natural — mente s'aita.<\/i>\n\nad uno stesso modo spezzato vuole che si legga anche il presente\nverso di Dante\n\n Con tre gole canina — mente latra.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"06","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Con tre gole caninamente"],"FrammentoNota":"
Dalle spezzature di parole, che si rinvengono tal volta nella fine de' versi e Greci, e Latini, ed Italiani: com'è, per un de' molti esempi, quella di Orazio\r\n     ..... non gemmis, neque purpure ve<\/i>\r\n         Nale, nec auro<\/i>:\r\nargomenta, per mio giudizio, egregiamente il sig. Rosa Morando<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q6197","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q943884","InfoCitazione.LuogoFonte":"II xvi 7-8","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"non gemmis neque purpura ve-
nale nec auro.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0893.phi001.perseus-lat1:2.16","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/filippo-rosa-morando-1751', 'Rapporto': 'CONFERMA'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"14","from":5060.0,"to":5064.0,"NomeAutore":"Quinto Orazio Flacco","TitoloFonte":"Odi"}, +{"Annotazione":"Dante era conscio del proprio valore. \n— Qui non fa parola che de' cinque; nel Purg. XXII, 97 e seg. ne\nenumera, forse ammendandosi, diversi altri, i quali\n\n sono con quel Greco<\/i>\n Che le Muse latt\u00e2r pi\u00f9 ch'altro mai<\/i>,\n Nel primo cinghio del carcere cieco.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"04","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","Frammenti":[" Fui sesto"],"FrammentoNota":"
Qui non fa parola che de' cinque; nel Purg. XXII, 97 e seg. ne enumera, forse ammendandosi, diversi altri, i quali\r\n\r\n                    sono con quel Greco<\/i>\r\n     Che le Muse lattâr più ch'altro mai<\/i>,\r\n     Nel primo cinghio del carcere cieco.<\/i>\r\n<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. XXII, 97-114","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"\"dimmi dov'è Terrenzio nostro antico,
Cecilio e Plauto e Varro, se lo sai:
dimmi se son dannati, e in qual vico\".
\"Costoro e Persio e io e altri assai\",
rispuose il duca mio, \"siam con quel Greco
che le Muse lattar più ch'altri mai,
nel primo cinghio del carcere cieco;
spesse fïate ragioniam del monte
che sempre ha le nutrice nostre seco.
Euripide v'è nosco e Antifonte,
Simonide, Agatone e altri piùe
Greci che già di lauro ornar la fronte.
Quivi si veggion de le genti tue
Antigone, Deïfile e Argia,
e Ismene sì trista come fue.
Védeisi quella che mostrò Langia;
èvvi la figlia di Tiresia, e Teti
e con le suore sue Deïdamia\".","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=56&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"102","from":3681.0,"to":3683.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Dante pone a custodia de' diversi\ncerchi infernali enti mitologici; in ci\u00f2 egli si conforma alle\ncredenze teologiche del medio evo, che negli enti della mitologia\npagana soleva vedere esseri reali, ma non dei, anzi altrettanti\ndemoni, conciliando in tal modo, bene o male, la cristiana\ncredenza con la tradizione pagana. La fonte di tale credenza \u00e8\nnessun altri che San Paolo, il quale scrive (1 Cor. X, 20): le\ncose che i pagani sacrificano le sacrificano a' demoni.<\/i> — Di\nbragia<\/b>: infuocati.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","Frammenti":[" Caron dimonio"],"FrammentoNota":"
Dante pone a custodia de' diversi cerchi infernali enti mitologici; in ciò egli si conforma alle credenze teologiche del medio evo, che negli enti della mitologia pagana soleva vedere esseri reali, ma non dei, anzi altrettanti demoni, conciliando in tal modo, bene o male, la cristiana credenza con la tradizione pagana.  La fonte di tale credenza è nessun altri che San Paolo, il quale scrive (1 Cor. X, 20): le cose che i pagani sacrificano le sacrificano a' demoni.<\/i><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9200","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q80355","InfoCitazione.LuogoFonte":"10, 20","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Sed, quae immolant, daemoniis immolant et non Deo; nolo autem vos communicantes fieri daemoniis. ","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-i-corinthios_lt.html#10","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"109","from":2791.0,"to":2793.0,"NomeAutore":"Paolo di Tarso","TitoloFonte":"Prima lettera ai Corinzi"},
+{"Annotazione":"Dante tace tra riverente a\nVirgilio e commosso per le pietose parole; Virgilio tace per\ndebito rispetto, per vedere se quell'anima avesse altro da dire;\nma l'anima tace pur ella; perci\u00f2 Virgilio invita Dante a non\nperdere il momento propizio d'interrogare il dannato, se altro\nvolesse saperne.  — Non perder l'ora<\/b>, il momento, l'occasione\nopportuna prima che la rottura si richiuda (cf. v. 102).  Anche\nqui consiglio di cogliere ogni buona occasione per apprendere\n(cf. Purg.<\/i>, XII, 84).  — Se pi\u00f9 ti piace<\/i><\/b> di sapere, di\nudire.  Cos\u00ec Francesca (Inf.<\/i><\/b>, V, 94):\n\n     Di quel che udire e che parlar ti piace.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"13","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","Frammenti":["  Un poco attese"],"FrammentoNota":"
Non perder l'ora<\/b>, il momento, l'occasione opportuna prima che la rottura si richiuda (cf. v. 102).  Anche qui consiglio di cogliere ogni buona occasione per apprendere (cf. Purg.<\/i>, XII, 84).<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. XII, 84-87","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"pensa che questo dì mai non raggiorna!”.
Io era ben del suo ammonir uso
pur di non perder tempo, sì che 'n quella
materia non potea parlarmi chiuso. ","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=46","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"79-81","from":12020.0,"to":12023.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Davano alla fenice non meno\ndi cinque secoli di vita. Ovidio, Metam., XV: «Ubi quinque suae\ncomplevit saecula vitae.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"24","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":[" Cinquecentesimo anno."],"FrammentoNota":"cinquecentesimo anno<\/strong>. Davano alla fenice non meno di cinque secoli di vita. Ovidio, Metam., XV: «Ubi quinque suae complevit saecula vitae.»","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","InfoCitazione.LuogoFonte":"Metamorphoseon libri XV, 395","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Haec ubi quinque suae complevit saecula vitae","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0029%3Abook%3D15%3Acard%3D335","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"108","from":23291.0,"to":23293.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, +{"Annotazione":"Davide still\u00f2 prima in me,\ne tu di poi Iacopo stillasti con lo stillar suo nell'epistola tua\ncanonica: perciocch\u00e8 quello, che vi scrivi, avesti da lui: s\u00ec che\nio sono s\u00ec pieno di questo stillamento, ch'io ripl\u00f9o<\/b>, cio\u00e8,\nripiovo in altrui vostra pioggia. Landino. Un passo\ndell'epistola di s. Giacomo, insinuante la speranza in conformit\u00e0\nallo stile Davidico, pu\u00f2, tra gli altri, riputarsi quello del\ncapo I Beatus vir qui suffert tentationem: quoniam cum probatus\nfuerit accipiet coronam vitae, quam repromisit Deus diligentibus\nse<\/i>, passo molto coerente all'espressioni del Reale profeta nel\nsalmo I Beatus vir, qui non abiit in consilio impiorum<\/i> ec.\nerit tamquam lignum, quod plantatum est secus decursus aquarum,\nquod fructum suum dabit in tempore suo<\/i>, e nel salmo 111 Beatus\nvir, qui timet Dominum<\/i> ec. Potens in terra erit semec eius<\/i>\nec. Gloria, et divitiae in domo eius, et iustitia eius manet in\nsaeculum saeculi.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Tu mi stillasti"],"FrammentoNota":"
Un passo dell'epistola di s. Giacomo, insinuante la speranza in conformità allo stile Davidico, può, tra gli altri, riputarsi quello del capo I Beatus vir qui suffert tentationem: quoniam cum probatus fuerit accipiet coronam vitae, quam repromisit Deus diligentibus se<\/i><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q26925","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q131097","InfoCitazione.LuogoFonte":"I 12","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Beatus vir, qui suffert tentationem, quia, cum probatus fuerit, accipiet coronam vitae, quam repromisit Deus diligentibus se.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-iacobi_lt.html#1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"76-78","from":24906.0,"to":24909.0,"NomeAutore":"Giacomo il Giusto","TitoloFonte":"Lettera di Giacomo"},
+{"Annotazione":"Dee aver qu\u00ec 'l\nPoeta riguardo a quell'evangeliche massime Regnum caelorum vim\npatitur, et violenti rapiunt illud<\/i> [Matt.<\/i> II]: Nemo mittens\nmanum suam ad aratrum, et respiciens retro, aptus est regno Dei<\/i>\n[Luc.<\/i> 9]: e voler dire che, se gli occhi suoi, non reggendo\nviolentemente all'acutezza di quel vivo lume, da lui fossero\navversi<\/b> [frase imitante il Latino aversi fuissent<\/i><\/b>], rivolti si\nfossero, sarebbesi egli smarrito, non avrebbe pi\u00f9 avuta la grazia\ndi veder Dio.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Io credo, per l'acume"],"FrammentoNota":"
Dee aver quì 'l Poeta riguardo a quell'evangeliche massime Regnum caelorum vim patitur, et violenti rapiunt illud<\/i> [Matt.<\/i> II]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","InfoCitazione.LuogoFonte":"XI 12","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"A diebus autem Ioannis Baptistae usque nunc regnum caelorum vim patitur, et violenti rapiunt illud. ","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"76-78","from":32888.0,"to":32893.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
+{"Annotazione":"Dee intendersi come se\ndetto avesse: Gi\u00e0 hanno passato il mezzo cielo, e cadono verso\noccidente le stelle, che mentre entrammo nell'Inferno in oriente\nsalivano.<\/i>  Ed essendovi entrati mentre lo giorno se n'andava, e\nl'aere bruno toglieva gli animai, che sono in terra, dalle\nfatiche<\/i> ec. [Inf. II, 1 e segg.], ch'\u00e8 quanto a dire, su 'l\nprincipiar della notte, viene, cos\u00ec dicendo, a dichiarare passata\nla mezza notte.  Questo luogo di Dante, dice il Daniello, fa pi\u00f9\nchiaro quel di Virgilio, che \u00e8 nel secondo dell'Eneide,\nsuadentque cadentia sidera somnos.<\/i><\/b>  — e 'l troppo star si\nvieta<\/b>: allude all'insegnamento degli ascetici, che nella\nconsiderazione de' vizi non si fermi la mente di soverchio, ma\nsolo quanto basta a conoscerne la bruttezza loro e pernizie.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Gi\u00e0 ogni stella"],"FrammentoNota":"
Dee intendersi come se detto avesse: Già hanno passato il mezzo cielo, e cadono verso occidente le stelle, che mentre entrammo nell'Inferno in oriente salivano.<\/i>  Ed essendovi entrati mentre lo giorno se n'andava, e l'aere bruno toglieva gli animai, che sono in terra, dalle fatiche<\/i> ec. [Inf. II, 1 e segg.], ch'è quanto a dire, su 'l principiar della notte, viene, così dicendo, a dichiarare passata la mezza notte.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. II 1-3","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Lo giorno se n'andava, e l'aere bruno
toglieva li animai che sono in terra
da le fatiche loro; e io sol uno","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=2","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"98-99","from":6478.0,"to":6494.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Dee intendersi come se fosse detto: recita per me a Ges\u00f9\nCristo tanto del paternostro quanto bisogna a noi di quest'altro\nmondo, dove non possiam pi\u00f9 peccare: tralascia cio\u00e8 le due ultime\npetizioni<\/i> et ne nos inducas in tentationem; sed libera nos a\nmalo.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"26","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Fagli per me un dir di paternostro, quanto"],"FrammentoNota":"
t<\/em>ralascia cioè le due ultime petizioni<\/i> et ne nos inducas in tentationem; sed libera nos a malo.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","InfoCitazione.LuogoFonte":"VI 13","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"et ne inducas nos in tentationem,
sed libera nos a Malo","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#6","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"130-132","from":26623.0,"to":26645.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"}, +{"Annotazione":"Dee questo\nintendersi detto per interiezione, ad indicare l'ora in cui si\nalzava la Luna; e come se avesse in vece detto la Luna, la quale\nin quel tempo tardava ad alzarsi fino quasi alla mezza notte,\nfaceva<\/i> ec. Di fatto essendo quello il tempo d'equinozio, e\nquella la quinta notte [A primi tre giorni successi al plenilunio\ne consumati fino all'uscita in quell'altro emisferio [giusta\nl'avviso sotto la nota al canto II della presente cantica v. 93\nal 102] aggiungansi due altri impiegati uno nell'antipurgatorio,\ne l'altro fin qu\u00ec] del misterioso viaggio a Luna piena\nincominciato [Vedi Inf. XX, 127], e sorgendo la calante Luna\ntramontato il Sole, ogni sera pi\u00f9 tardi quasi d'un'ora, doveva in\nquella notte alzarsi verso l'ore cinque; ch'\u00e8 quanto dire verso\nla mezza notte — faceva le stelle parer pi\u00f9 rade<\/b>: rendendo col\nsuo lume invisibili le stelle di minor grandezza, e le sole pi\u00f9\ngrandi lasciando vedere.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"18","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Quasi a mezza notte tarda."],"FrammentoNota":"
A primi tre giorni successi al plenilunio e consumati fino all'uscita in quell'altro emisferio [...] del misterioso viaggio a Luna piena incominciato [Vedi Inf. XX, 127], e sorgendo la calante Luna tramontato il Sole, ogni sera più tardi quasi d'un'ora, doveva in quella notte alzarsi verso l'ore cinque; ch'è quanto dire verso la mezza notte<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. XX 127","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"e già iernotte fu la luna tonda:","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=20&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"76-77","from":17989.0,"to":17994.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Dee qu\u00ec Dante, senza\ndirenelo, volere inteso che, scorgendo Maria Vergine in lui il\ndesiderio di riconoscere i soggetti di quella celestial corte,\nanch'ella, a guisa ch'ebbero fin qu\u00ec tutti i descritti beati\ncori, avesse piacere che foss'egli di sua brama soddisfatto; e\nche di ci\u00f2 accortosi quel contemplante<\/b> s. Bernardo, il quale\n[come due versi innanzi \u00e8 detto [Vers. 141 del canto precedente]]\nvolti aveva gli occhi a Maria Vergine, affetto al suo piacer<\/b>,\naffezionato premuroso d'eseguire il piacere della medesima,\nassumesse<\/i> perci\u00f2 libero<\/i><\/b>, non comandato, officio di dottore<\/b>,\nd'insegnare cio\u00e8 a Dante chi fossero que' beati soggetti.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"32","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Affetto al suo piacer"],"FrammentoNota":"
quel contemplante<\/b> s. Bernardo, il quale [come due versi innanzi è detto [Vers. 141 del canto precedente]] volti aveva gli occhi a Maria Vergine<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Par. XXXI 141","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"li suoi con tanto affetto volse a lei,","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=98","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"1-2","from":31356.0,"to":31360.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Dee, parmi,\nintendersi come se dicesse: io rappresento l'amore di tutti noi\nangeli a te o Regina nostra; e con questo aggirarmiti intorno,\nesulto a quell'allegrezza che apport\u00f2 a noi il tuo ventre, che fu\nalbergo del nostro dis\u00ecro<\/b>, del da noi desiderato Redentore del\nmondo.  Desiderium collium aeternorum<\/i> [Gen.<\/i> 49], \u00e8, come bene\navvisa qu\u00ec 'l Venturi, chiamato Cristo rispetto agli angeli: al\ndesiderio cio\u00e8 che di lui avevano gli angeli.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Io sono amore angelico, che"],"FrammentoNota":"
Desiderium collium aeternorum<\/i> [Gen.<\/i> 49], è, come bene avvisa quì 'l Venturi, chiamato Cristo rispetto agli angeli: al desiderio cioè che di lui avevano gli angeli.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9184","InfoCitazione.LuogoFonte":"XLIX 26","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"26 Benedictiones patris tui confortatae sunt
super benedictiones montium aeternorum,
desiderium collium antiquorum;","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_genesis_lt.html#49","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'CONFERMA'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"103-105","from":23033.0,"to":23038.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Genesi"}, +{"Annotazione":"Definisce Dante la\nsperanza colle parole stesse del maestro delle sentenze che sono,\nEst spes certa expectatio futurae beatitudinis, veniens ex Dei\ngratia, et meritis praecedentibus, vel ipsam spem, quam natura\npraeit charitas, vel rem speratam, idest beatitudinem aeternam<\/i>\n[Lib. 3 dist. 26].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Speme \u00e8 uno attender"],"FrammentoNota":"
Definisce Dante la speranza colle parole stesse del maestro delle sentenze che sono, Est spes certa expectatio futurae beatitudinis, veniens ex Dei gratia, et meritis praecedentibus, vel ipsam spem, quam natura praeit charitas, vel rem speratam, idest beatitudinem aeternam <\/i>[Lib. 3 dist. 26]. <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q315347","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q78792604","InfoCitazione.LuogoFonte":"III 26","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Est enim certa expectatio futurae beatitudinis, veniens ex Dei gratia, et meritis praecedentibus, vel ipsam spem, quam natura praeit charitas, vel rem speratam, id est beatitudinem aeternam.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/magistersententiarum.com\/book\/5\/distinction\/368","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"67-69","from":24841.0,"to":24860.0,"NomeAutore":"Pietro Lombardo","TitoloFonte":"Sententiarum libri IV"},
+{"Annotazione":"Dei due oscuri\nversi~, che nel cato XI. 22.  e segg.  s'accinse s.  Tommaso a\ndichiarare a Dante cio\u00e8 di quello U' ben s'impingua<\/i>, se non\nsi vaneggia<\/i> [Par. X. 96.~], e di quell' altro A veder tanto non\nsurse 'l secondo<\/i> [Par. X. 114.]~], non avendo prima\ndell'intromettersi di s.  Bonaventura dichiarato altro che il\nprimo [Vedi Par. XI. 136.  e segg.~], vien ora~, terminata\nl'interlocuzione di s.  Bonaventura~, a dichiarargli anche il\nsecondo.  Parla di cotale gi\u00e0 fatta dichiarazione come di grano\ndi gi\u00e0 battuto e riposto~; e della dichiarazione~, ch' \u00e8 ora\nper fare~, come di grano ancor da battersi~; e giudiziosamente~:\nimperocch\u00e8 siccome per la battitura sciogliesi e traggesi il\ngrano dalla scorza e paglia che lo nasconde~, cos\u00ec per la\ndichiarazione sciogliesi e traggesi il senso dall'oscuro parlare\nche lo tiene celato.  La particella quando<\/i> vale qu\u00ec in amendue\nli luoghi il medesimo che dappoich\u00e8<\/i> [Vedine altri esempi nel\nCinon. Partic.<\/i> 210.  3.] — l'una paglia \u00e8 trita<\/i>, l'una\nporzione di grano in paglia \u00e8 battuta — amor<\/i>, intendi~, verso\nil dubbioso Poeta.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"13","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Quando l'una paglia \u00e8 trita."],"FrammentoNota":"
Dei due oscuri versi, che nel canto XI. 22.  e segg.  s'accinse s.  Tommaso a dichiarare a Dante cioè di quello U' ben s'impingua<\/i>, se non si vaneggia<\/i> [Par. X. 96.], e di quell' altro A veder tanto non surse 'l secondo<\/i> [Par. X. 114.]], non avendo prima  dell'intromettersi di s.  Bonaventura dichiarato altro che il primo [Vedi Par. XI. 136.  e segg.], vien ora, terminata l'interlocuzione di s.  Bonaventura, a dichiarargli anche il secondo.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Par. XI 22-27","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Tu dubbi, e hai voler che si ricerna
in sì aperta e 'n sì distesa lingua
lo dicer mio, ch'al tuo sentir si sterna,
ove dinanzi dissi \"U' ben s'impingua\",
e là u' dissi: \"Non nacque il secondo\";
e qui è uopo che ben si distingua.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=78","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"34-36","from":12327.0,"to":12333.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Del diavolo si legge\nnel vangelo (Giovanni VIII 44) che «quando proferisce la\nmenzogna, parla del suo proprio, perciocch\u00e9 egli \u00e8 mendace, e il\npadre della menzogna».\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Tommaso Casini and S.A. Barbi 1921","Frammenti":[" ch'elli \u00e8 bugiardo"],"FrammentoNota":"
Del diavolo si legge nel vangelo (Giovanni VIII 44) che «quando proferisce la menzogna, parla del suo proprio, perciocché egli è mendace, e il padre della menzogna».<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q328804","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q36766","InfoCitazione.LuogoFonte":"8, 44","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Vos ex patre Diabolo estis et desideria patris vestri vultis facere. Ille homicida erat ab initio et in veritate non stabat, quia non est veritas in eo. Cum loquitur mendacium, ex propriis loquitur, quia mendax est et pater eius.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-ioannem_lt.html#8","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"144","from":22468.0,"to":22472.0,"NomeAutore":"Giovanni evangelista","TitoloFonte":"Vangelo secondo Giovanni"},
+{"Annotazione":"Delectasti.  Salmo<\/b> dice\nper versetto del salmo, pe 'l versetto 5 del salmo 91 Delectasti\nme Domine in factura tua, et in operibus manuum tuarum exultabo.<\/i> \n— Che puote disnebbiar<\/i><\/b> ec. il quale versetto pu\u00f2 dar lume\nall'intelletto vostro a conoscere la cagione per cui qu\u00ec si ride,\ne si gioisce.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"28","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Luce rende il salmo"],"FrammentoNota":"
Delectasti.  Salmo<\/b> dice per versetto del salmo, pe 'l versetto 5 del salmo 91 Delectasti me Domine in factura tua, et in operibus manuum tuarum exultabo.<\/i> <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q41064","InfoCitazione.LuogoFonte":"XCII (XCI) 5","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Quia delectasti me, Domine, in factura tua,
et in operibus manuum tuarum exsultabo.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_psalmorum_lt.html#LIBER%20IV%20(Psalmi%2090-106)","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"80-81","from":28329.0,"to":28333.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro dei Salmi"}, +{"Annotazione":"Dell'apparire,\ned accompagnarsi che fece Ges\u00f9 Cristo dopo la gloriosa sua\nrisurrezione ai due discepoli che andavano in Emmaus, quantunque\nne motivi anche s. Marco [Cap. 16], ci\u00f2 per\u00f2 fa tanto\nsuccintamente, che a ragione pot\u00e8 Dante dire come ne scrive\nLuca<\/b>; che di fatto ne descrive quell'avvenimento assai\ndiffusamente [Cap. 24] — sepulcral buca<\/b> per sepolcro.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"21","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" S\u00ec come ne scrive Luca, Che"],"FrammentoNota":"
Dell'apparire, ed accompagnarsi che fece Gesù Cristo dopo la gloriosa sua risurrezione ai due discepoli che andavano in Emmaus, quantunque ne motivi anche s. Marco [Cap. 16], ciò però fa tanto succintamente, che a ragione potè Dante dire come ne scrive Luca<\/b>; che di fatto ne descrive quell'avvenimento assai diffusamente [Cap. 24]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q31966","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q107388","InfoCitazione.LuogoFonte":"XVI 12-13","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Post haec autem duobus ex eis ambulantibus ostensus est in alia effigie euntibus in villam;
et illi euntes nuntiaverunt ceteris, nec illis crediderunt.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-marcum_lt.html#16","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"7-9","from":20627.0,"to":20633.0,"NomeAutore":"Marco","TitoloFonte":"Vangelo secondo Marco"}, +{"Annotazione":"Dell'uncino comunemente ci\nserviamo per attirare: ma pu\u00f2 ben anche, in altra maniera\nadoprato, servire a deprimere — Galli.<\/b> Gallare<\/i> per venire\na galla<\/i> adopera Dante qu\u00ec, e metaforicamente per insuperbire<\/i>\nnel Purg. X, 127: come per\u00f2 in ambedue i luoghi in rima, puossi\nragionevolmente creder sincope di galleggiare.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"21","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Con gli uncin."],"FrammentoNota":"
Galli.<\/b> Gallare<\/i> per venire a galla<\/i> adopera Dante quì, e metaforicamente per insuperbire <\/i>nel Purg. X, 127: come però in ambedue i luoghi in rima, puossi ragionevolmente creder sincope di galleggiare.<\/i><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. X 127","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Di che l'animo vostro in alto galla","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=44","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"57","from":19742.0,"to":19750.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Detta la somiglianza tra la via di\nsalire al girone secondo, e la via di salire sul monte san\nMiniato, acci\u00f2 non fosse inteso, che fosse quella simile a questa\nanche nella spaziosit\u00e0, aggiunge, che in questa l'alta pietra che\nfa sponda alla via quinci e quindi<\/b> da una e dall'altra banda,\nrade<\/b>, strofina, intendi il viandante<\/i>, tanto che da ambo i\nlati stringelo: come [avverte il Daniello] della nave di Cloante\nscrive Virgilio nel quinto dell'Eneide dicendo:\n\n     Ille inter navemque Gyae, scopulosque sonantes<\/i>\n     Radit iter laevum interior<\/i> \n     [Vers. 169]\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Ma quinci"],"FrammentoNota":"
l'alta pietra che fa sponda alla via quinci e quindi<\/b> da una e dall'altra banda, rade<\/b>, strofina, intendi il viandante<\/i>, tanto che da ambo i lati stringelo: come [avverte il Daniello] della nave di Cloante scrive Virgilio nel quinto dell'Eneide dicendo:\r\n     Ille inter navemque Gyae, scopulosque sonantes<\/i>\r\n     Radit iter laevum interior<\/i> \r\n     [Vers. 169]\r\n<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","InfoCitazione.LuogoFonte":"V 169-170","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Ille inter navemque Gyae scopulosque sonantes
radit iter laevum interior","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi003.perseus-lat1:5.151-5.182","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Rapporto': 'CONFERMA'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"108","from":11893.0,"to":11895.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, +{"Annotazione":"Di stanziare<\/i> in corrispondenza al\nLatino statuere<\/i> sono esempi parecchi [Vedi l' Vocabolario della\nCrusca e 'l poetra nostro stesso Inf. XXV, 10]. Or come hanno i\nLatini esteso il verbo statuere<\/i> al significato di pensare<\/i>\n[Vedine esempi nel Thesaur. ling. Lat.<\/i> di Roberto Stefano] cos\u00ec\nal significato medesimo estende qu\u00ec Dante il verbo stanziare.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"06","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Stanzi."],"FrammentoNota":"
Vedi l' Vocabolario della Crusca e 'l poetra nostro stesso Inf. XXV, 10<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. XXV 10","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Ahi Pistoia, Pistoia, ché non stanzi","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=25","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"54","from":5371.0,"to":5372.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Di Cadmo trasformato in\nserpente canta Ovidio nel terzo delle Metamorfosi; di Aretusa\nmutata in fonte, nel quinto.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":["  Taccia di Cadmo"],"FrammentoNota":"Taccia di Cadmo<\/strong> ec. Di Cadmo trasformato in serpente canta Ovidio nel terzo delle Metamorfosi; di Aretusa mutata in fonte, nel quinto.","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","InfoCitazione.LuogoFonte":"Metamorphoseon libri IV, 564-603","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Nescit Agenorides natam parvumque nepotem
aequoris esse deos: luctu serieque malorum
victus et ostentis, quae plurima viderat, exit
conditor urbe sua, tamquam fortuna locorum,
non sua se premeret; longisque erroribus actus
contigit Illyricos profuga cum coniuge fines.
Iamque malis annisque graves, dum prima retractant
fata domus releguntque suos sermone labores,
“num sacer ille mea traiectus cuspide serpens”
Cadmus ait “fuerat, tum, cum Sidone profectus
vipereos sparsi per humum, nova semina, dentes?
Quem si cura deum tam certa vindicat ira,
ipse precor serpens in longam porrigar alvum.”
Dixit, et ut serpens in longam tenditur alvum
durataeque cuti squamas increscere sentit
nigraque caeruleis variari corpora guttis.
In pectusque cadit pronus. Commissaque in unum
paulatim tereti tenuantur acumine crura.
Bracchia iam restant: quae restant bracchia tendit
et lacrimis per adhuc humana fluentibus ora
“accede, o coniunx, accede, miserrima,” dixit
“dumque aliquid superest de me, me tange manumque
accipe, dum manus est, dum non totum occupat anguis!”
Ille quidem vult plura loqui, sed lingua repente
in partes est fissa duas: nec verba volenti
sufficiunt, quotiensque aliquos parat edere questus,
sibilat: hanc illi vocem natura reliquit.
Nuda manu feriens exclamat pectora coniunx
“Cadme, mane, teque, infelix, his exue monstris!
Cadme, quid hoc? ubi pes, ubi sunt umerique manusque
et color et facies et, dum loquor, omnia? cur non
me quoque, caelestes, in eandem vertitis anguem?”
Dixerat: ille suae lambebat coniugis ora
inque sinus caros, veluti cognosceret, ibat
et dabat amplexus adsuetaque colla petebat.
Quisquis adest (aderant comites), terretur: at illa
lubrica permulcet cristati colla draconis.
Et subito duo sunt iunctoque volumine serpunt,
donec in adpositi nemoris subiere latebras.
Nunc quoque nec fugiunt hominem nec vulnere laedunt
quidque prius fuerint, placidi meminere dracones.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0029%3Abook%3D4%3Acard%3D563","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"97","from":24317.0,"to":24320.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, +{"Annotazione":"Di Filomela [chiosa\nil Venturi] che, per vendicare l'oltraggio ricevuto da Tereo suo\nincestuoso cognato, insieme con Progne di lui moglie, e sua\nsorella, ucciso, fatto in pezzi, e cotto Iti figlio di Tereo, e\ndatoglielo a mangiare, fu trasformata in rosignuolo. Vedi Ovidio\nnel lib. 6 delle Metamorfosi. Ma l'empiezza<\/b> [soggiugne il\nmedesimo] fu piuttosto di Progne, che di Filomela: e dall'altra\nparte l'uccello, che pi\u00f9 d'ogn'altro par compiacersi del canto, \u00e8\nil rosignuolo piuttosto che la rondine. Vero \u00e8 per\u00f2, che intorno\na questa trasformazione ancor tra gli antichi poeti Latini v'\u00e8\ndell'impiccio. Fin qu\u00ec 'l Venturi.\n\n\tL'impiccio \u00e8 [aggiungo io] che alcuni dicono convertita\nFilomela in rosignuolo, e Progne in rondine; ed altri [tra i quali\nProbo [All'egloga 6 di Virg.], e Libanio [Excerpta Graecorum\nsophistaram, ac rhetorum<\/i> Leonis Allatii, narrat. 12], e Strabone\n[Presso Natal Conti Mythol.<\/i> lib. 7 c. 10]] dicono convertita\nFilomela in rondine, e Progne in rosignuolo; e che al poeta\nnostro \u00e8 piaciuto di seguir questi e non quelli: e per\u00f2 il di\nlei<\/i><\/b> dee spiegarsi di Progne<\/i><\/b> appunto come brama il Venturi, e\nnon di Filomela<\/i> — d'empiezza<\/b> per empiet\u00e0<\/i><\/b> vedi 'l Vocab.\ndella Cr. — nell'immagine mia<\/i><\/b> per nella mia immaginativa.<\/i> \nVolpi. — orma<\/b>, per rappresentazione.<\/i><\/b>\n\n\tIl Landino, Vellutello, e Daniello non hanno trovato\naltro scampo che di rivolgersi a dire, che per l'uccello, che di\ncantar pi\u00f9 si diletta<\/i><\/b>, intenda il Poeta la rondine, perocch\u00e8\ndicono, garrisce e canta pi\u00f9 spesso, che ciascun altro uccello.<\/i> \nChi per\u00f2 sa il cantare, e il veramente dilettoso cantare, che fa\nil rosignuolo, non di giorno solo, ma anche di notte\ncontinuamente [ci\u00f2 che n\u00e8 la rondine, n\u00e8 altri uccelli fanno] non\npotr\u00e0 in cotale interpretazione lodare se non il buon desiderio\ndi procurare a Dante schermo.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"17","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Dell'empiezza di lei"],"FrammentoNota":"
Di Filomela [chiosa il Venturi] che, per vendicare l'oltraggio ricevuto da Tereo suo incestuoso cognato, insieme con Progne di lui moglie, e sua sorella, ucciso, fatto in pezzi, e cotto Iti figlio di Tereo, e datoglielo a mangiare, fu trasformata in rosignuolo.  Vedi Ovidio nel lib. 6 delle Metamorfosi.  Ma l'empiezza<\/b> [soggiugne il medesimo] fu piuttosto di Progne, che di Filomela: e dall'altra parte l'uccello, che più d'ogn'altro par compiacersi del canto, è il rosignuolo piuttosto che la rondine.  Vero è però, che intorno a questa trasformazione ancor tra gli antichi poeti Latini v'è dell'impiccio.  Fin quì 'l Venturi.\r\n<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","InfoCitazione.LuogoFonte":"VI 412-674","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Finitimi proceres coeunt, urbesque propinquae
oravere suos ire ad solacia reges,
Argosque et Sparte Pelopeiadesque Mycenae
et nondum torvae Calydon invisa Dianae
Orchomenosque ferax et nobilis aere Corinthus
Messeneque ferox Patraeque humilesque Cleonae
et Nelea Pylos, neque adhuc Pittheia Troezen,
quaeque urbes aliae bimari clauduntur ab Isthmo
exteriusque sitae bimari spectantur ab Isthmo.
Credere quis posset? solae cessastis Athenae.
Obstitit officio bellum, subvectaque ponto
barbara Mopsopios terrebant agmina muros.
Threicius Tereus haec auxiliaribus armis
fuderat et clarum vincendo nomen habebat.
Quem sibi Pandion opibusque virisque potentem
et genus a magno ducentem forte Gradivo
conubio Procnes iunxit. Non pronuba Iuno,
non Hymenaeus adest, non illi Gratia lecto.
Eumenides tenuere faces de funere raptas,
Eumenides stravere torum, tectoque profanus
incubuit bubo thalamique in culmine sedit.
Hac ave coniuncti Procne Tereusque, parentes
hac ave sunt facti. Gratata est scilicet illis
Thracia, disque ipsi grates egere diemque,
quaque data est claro Pandione nata tyranno,
quaque erat ortus Itys, festum iussere vocari.
Usque adeo latet utilitas. Iam tempora Titan
quinque per autumnos repetiti duxerat anni,
cum blandita viro Procne “si gratia” dixit
“ulla mea est, vel me visendam mitte sorori,
vel soror huc veniat! redituram tempore parvo
promittes socero: magni mihi muneris instar
germanam vidisse dabis.” Iubet ille carinas
in freta deduci veloque et remige portus
Cecropios intrat Piraeaque litora tangit.
Ut primum soceri data copia, dextera dextrae
iungitur, et fausto committitur omine sermo.
Coeperat adventus causam, mandata referre
coniugis et celeres missae spondere recursus:
ecce venit magno dives Philomela paratu,
divitior forma: quales audire solemus
naidas et dryadas mediis incedere silvis,
si modo des illis cultus similesque paratus.
Non secus exarsit conspecta virgine Tereus,
quam siquis canis ignem supponat aristis,
aut frondem positasque cremet faenilibus herbas.
Digna quidem facies: sed et hunc innata libido
exstimulat, pronumque genus regionibus illis
in venerem est: flagrat vitio gentisque suoque.
Impetus est illi comitum corrumpere curam
nutricisque fidem, nec non ingentibus ipsam
sollicitare datis totumque impendere regnum,
aut rapere et saevo raptam defendere bello—,
et nihil est quod non effreno captus amore
ausit nec capiunt inclusas pectora flammas.
Iamque moras male fert cupidoque revertitur ore
ad mandata Procnes, et agit sua vota sub illa.
Facundum faciebat amor: quotiensque rogabat
ulterius iusto Procnen ita velle ferebat.
Addidit et lacrimas, tamquam mandasset et illas.
Pro superi, quantum mortalia pectora caecae
noctis habent! ipso sceleris molimine Tereus
creditur esse pius laudemque a crimine sumit.
Quid quod idem Philomela cupit patriosque lacertis
blanda tenens umeros, ut eat visura sororem,
perque suam contraque suam petit ipsa salutem.
Spectat eam Tereus praecontrectatque videndo
osculaque et collo circumdata bracchia cernens
omnia pro stimulis facibusque ciboque furoris
accipit; et quotiens amplectitur illa parentem,
esse parens vellet: neque enim minus impius esset.
Vincitur ambarum genitor prece. Gaudet agitque
illa patri grates et successisse duabus
id putat infelix, quod erit lugubre duabus.
Iam labor exiguus Phoebo restabat, equique
pulsabant pedibus spatium declivis Olympi:
regales epulae mensis et Bacchus in auro
ponitur; hinc placido dantur sua corpora somno.
At rex Odrysius, quamvis secessit, in illa
aestuat, et, repetens faciem motusque manusque,
qualia vult fingit quae nondum vidit, et ignes
ipse suos nutrit, cura removente soporem.
Lux erat, et generi dextram complexus euntis
Pandion comitem lacrimis commendat obortis:
“Hanc ego, care gener, quoniam pia causa coegit
et voluere ambae, voluisti tu quoque, Tereu,
do tibi, perque fidem cognataque pectora supplex,
per superos oro, patrio ut tuearis amore
et mihi sollicitae lenimen dulce senectae
quam primum (omnis erit nobis mora longa) remittas.
Tu quoque quam primum (satis est procul esse sororem)
si pietas ulla est, ad me, Philomela, redito.”
Mandabat pariterque suae dabat oscula natae,
et lacrimae mites inter mandata cadebant.
Utque fide pignus dextras utriusque poposcit
inter seque datas iunxit natamque nepotemque
absentes pro se memori rogat ore salutent;
supremumque vale pleno singultibus ore
vix dixit timuitque suae praesagia mentis.
Ut semel imposita est pictae Philomela carinae,
admotumque fretum remis tellusque repulsa est,
“vicimus” exclamat, “mecum mea vota feruntur”
exsultatque et vix animo sua gaudia differt
barbarus et nusquam lumen detorquet ab illa,
non aliter, quam cum pedibus praedator obuncis
deposuit nido leporem Iovis ales in alto:
nulla fuga est capto, spectat sua praemia raptor.
Iamque iter effectum, iamque in sua litora fessis
puppibus exierant, cum rex Pandione natam
in stabula alta trahit, silvis obscura vetustis,
atque ibi pallentem trepidamque et cuncta timentem
et iam cum lacrimis, ubi sit germana, rogantem
includit: fassusque nefas et virginem et unam
vi superat frustra clamato saepe parente,
saepe sorore sua, magnis super omnia divis.
Illa tremit velut agna pavens, quae saucia cani
ore excussa lupi nondum sibi tuta videtur,
utque columba suo madefactis sanguine plumis
horret adhuc avidosque timet, quibus haeserat, ungues.
Mox ubi mens rediit, passos laniata capillos,
lugenti similis, caesis plangore lacertis,
intendens palmas “o diris barbare factis,
o crudelis” ait “nec te mandata parentis
cum lacrimis movere piis nec cura sororis
nec mea virginitas nec coniugialia iura!
Omnia turbasti: paelex ego facta sororis,
tu geminus coniunx, hostis mihi debita Procne.
Quin animam hanc, ne quod facinus tibi, perfide, restet,
eripis? atque utinam fecisses ante nefandos
concubitus vacuas habuissem criminis umbras.
Si tamen haec superi cernunt, si numina divum
sunt aliquid, si non perierunt omnia mecum,
quandocumque mihi poenas dabis. Ipsa pudore
proiecto tua facta loquar. Si copia detur,
in populos veniam; si silvis clausa tenebor,
implebo silvas et conscia saxa movebo:
audiet haec aether, et si deus ullus in illo est.”
Talibus ira feri postquam commota tyranni
nec minor hac metus est, causa stimulatus utraque
quo fuit accinctus, vagina liberat ensem
arreptamque coma flexis post terga lacertis
vincla pati cogit. Iugulum Philomela parabat
spemque suae mortis viso conceperat ense:
ille indignantem et nomen patris usque vocantem
luctantemque loqui comprensam forcipe linguam
abstulit ense fero. Radix micat ultima linguae,
ipsa iacet terraeque tremens inmurmurat atrae;
utque salire solet mutilatae cauda colubrae,
palpitat et moriens dominae vestigia quaerit.
Hoc quoque post facinus (vix ausim credere) fertur
saepe sua lacerum repetisse libidine corpus.
Sustinet ad Procnen post talia facta reverti.
Coniuge quae viso germanam quaerit: at ille
dat gemitus fictos commentaque funera narrat,
et lacrimae fecere fidem. Velamima Procne
deripit ex umeris auro fulgentia lato
induiturque atras vestes et inane sepulcrum
constituit falsisque piacula manibus infert
et luget non sic lugendae fata sororis.
Signa deus bis sex acto lustraverat anno.
Quid faciat Philomela? fugam custodia claudit,
structa rigent solido stabulorum moenia saxo,
os mutum facti caret indice. Grande doloris
ingenium est, miserisque venit sollertia rebus.
Stamina barbarica suspendit callida tela
purpureasque notas filis intexuit albis,
indicium sceleris; perfectaque tradidit uni,
utque ferat dominae gestu rogat: illa rogata
pertulit ad Procnen, nec scit, quid tradat in illis.
Evolvit vestes saevi matrona tyranni
fortunaeque suae carmen miserabile legit
et (mirum potuisse) silet. Dolor ora repressit,
verbaque quaerenti satis indignantia linguae
defuerunt; nec flere vacat, sed fasque nefasque
confusura ruit, poenaeque in imagine tota est.
Tempus erat, quo sacra solent trieterica Bacchi
Sithoniae celebrare nurus: nox conscia sacris.
Nocte sonat Rhodope tinnitibus aeris acuti,
nocte sua est egressa domo regina deique
ritibus instruitur furialiaque accipit arma.
Vite caput tegitur, lateri cervina sinistro
vellera dependent, umero levis incubat hasta.
Concita per silvas turba comitante suarum
terribilis Procne furiisque agitata doloris,
Bacche, tuas simulat. Venit ad stabula avia tandem
exululatque euhoeque sonat portasque refringit
germanamque rapit; raptaeque insignia Bacchi
induit et vultus hederarum frondibus abdit
attonitamque trahens intra sua moenia ducit.
Ut sensit tetigisse domum Philomela nefandam,
horruit infelix totoque expalluit ore.
Nacta locum Procne sacrorum pignera demit
oraque develat miserae pudibunda sororis
amplexumque petit. Sed non attollere contra
sustinet haec oculos, paelex sibi visa sororis,
deiectoque in humum vultu iurare volenti
testarique deos, per vim sibi dedecus illud
illatum, pro voce manus fuit. Ardet et iram
non capit ipsa suam Procne; fletumque sororis
corripiens “non est lacrimis hoc” inquit “agendum,
sed ferro, sed si quid habes, quod vincere ferrum
possit. In omne nefas ego me, germana, paravi.
Aut ego, cum facibus regalia tecta cremabo,
artificem mediis inmittam Terea flammis,
aut linguam, aut oculos et quae tibi membra pudorem
abstulerunt, ferro rapiam, aut per vulnera mille
sontem animam expellam. Magnum quodcumque paravi:
quid sit, adhuc dubito.” Peragit dum talia Procne,
ad matrem veniebat Itys. Quid possit, ab illo
admonita est: oculisque tuens inmitibus “a quam
es similis patri” dixit. Nec plura locuta
triste parat facinus tacitaque exaestuat ira.
Ut tamen accessit natus matrique salutem
attulit et parvis adduxit colla lacertis
mixtaque blanditiis puerilibus oscula iunxit,
mota quidem est genetrix infractaque constitit ira
invitique oculi lacrimis maduere coactis:
sed simul ex nimia mentem pietate labare
sensit, ab hoc iterum est ad vultus versa sororis
inque vicem spectans ambos “cur admovet” inquit
“alter blanditias, rapta silet altera lingua?
Quam vocat hic matrem, cur non vocat illa sororem?
Cui sis nupta, vide, Pandione nata, marito.
Degeneras: scelus est pietas in coniuge Tereo.”
Nec mora, traxit Ityn, veluti Gangetica cervae
lactentem fetum per silvas tigris opacas.
Utque domus altae partem tenuere remotam,
tendentemque manus et iam sua fata videntem
et “mater, mater” clamantem et colla petentem
ense ferit Procne, lateri qua pectus adhaeret,
nec vultum vertit. Satis illi ad fata vel unum
vulnus erat: iugulum ferro Philomela resolvit.
Vivaque adhuc animaeque aliquid retinentia membra
dilaniant. Pars inde cavis exsultat aenis,
pars veribus stridunt: manant penetralia tabo.
His adhibet coniunx ignarum Terea mensis
et patrii moris sacrum mentita, quod uni
fas sit adire viro, comites famulosque removit.
Ipse sedens solio Tereus sublimis avito
vescitur inque suam sua viscera congerit alvum.
Tantaque nox animi est, “Ityn huc accersite” dixit.
Dissimulare nequit crudelia gaudia Procne,
iamque suae cupiens exsistere nuntia cladis,
“intus habes, quem poscis” ait. Circumspicit ille
atque ubi sit quaerit. Quaerenti iterumque vocanti,
sicut erat sparsis furiali caede capillis,
prosiluit Ityosque caput Philomela cruentum
misit in ora patris: nec tempore maluit ullo
posse loqui et mentis testari gaudia dictis.
Thracius ingenti mensas clamore repellit
vipereasque ciet Stygia de valle sorores;
et modo, si posset reserato pectore diras
egerere inde dapes inmersaque viscera gestit,
flet modo seque vocat bustum miserabile nati,
nunc sequitur nudo genitas Pandione ferro.
Corpora Cecropidum pennis pendere putares:
pendebant pennis. Quarum petit altera silvas,
altera tecta subit; neque adhuc de pectore caedis
excessere notae, signataque sanguine pluma est.
Ille dolore suo poenaeque cupidine velox
vertitur in volucrem, cui stant in vertice cristae;
prominet inmodicum pro longa cuspide rostrum:
nomen epops volucri, facies armata videtur.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0959.phi006.perseus-lat1:6.412-6.503","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}, {'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}, {'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}, {'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'ESTENDE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"19-21","from":16555.0,"to":16579.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, +{"Annotazione":"Di costui in molte parti di questo\nlibro si tratta, e per\u00f2 brievemente di lui in ogni luogo si\ndir\u00e0. Questi fu figliuolo d'Anchise della schiatta delli Re di\nTroia, e radice delli edificatori e Imperadori di Roma; fu uomo\nbello del corpo, facondo della lingua, pro de l'armi, ed ebbe in\ns\u00e8 virtude di pietade; e per\u00f2 Virgilio, parlando di lui, dice\nil pietoso Enea. Questa pietade mostr\u00f2 verso il padre, e verso\nAscanio suo figliuolo, e verso i suoi e altrui. Questi, dopo il\ncadimento di Troia, con Ascanio suo figliuolo, e Creusa sua\nmoglie, e Anchise suo padre, e moltitudine di genti e di tesori\nse ne part\u00ec; poi lasciata Creusa, e morto il padre, venne in\nItalia, prese Lavina per moglie, e guerreggi\u00f2 con Turno, e\nucciselo, e edific\u00f2 un castello, lo quale dinomin\u00f2e dalla\nmoglie. Mor\u00ec, e lasci\u00f2 Ascanio, e Lavina gravida, la quale poi\npartor\u00ece uno figliuolo, nome Silvio.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"04","Commentario":"L'Ottimo Commento 1333","Frammenti":[" ed Enea"],"FrammentoNota":"
Questi fu figliuolo d'Anchise della schiatta delli Re di\r\nTroia, e radice delli edificatori e Imperadori di Roma; fu uomo\r\nbello del corpo, facondo della lingua, pro de l'armi, ed ebbe in\r\nsè virtude di pietade; e però Virgilio, parlando di lui, dice\r\nil pietoso Enea.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","InfoCitazione.LuogoFonte":"I, 10-11","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Insignem pietate uirum, tot adire labores
Impulerit.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=VERG%7Caene%7C001","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"ESTENDE","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"122","from":3814.0,"to":3816.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, +{"Annotazione":"Di fatto sebben rimanga\nVirgilio in compagnia di Dante anche di poi per qualche po di\ntempo [Vedi 'l canto seg. v. 147 e il XXIX, 55 segg.] e [quanto\nsembra] fino al trovamento di Beatrice [Vedi cant. XXX, 46 e\nsegg.], non per\u00f2 mai pi\u00f9 apre egli bocca, n\u00e8 ci lascia scorgere\naltra cagione del suo rimanere se non per consegnare a Beatrice\nmedesima colui che gli era stato raccomandato.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"27","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Non aspettar"],"FrammentoNota":"
Di fatto sebben rimanga Virgilio in compagnia di Dante anche di poi per qualche po di tempo [Vedi 'l canto seg. v. 147 e il XXIX, 55 segg.] e [quanto sembra] fino al trovamento di Beatrice [Vedi cant. XXX, 46 e segg.], non però mai più apre egli bocca, nè ci lascia scorgere altra cagione del suo rimanere se non per consegnare a Beatrice medesima colui che gli era stato raccomandato.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. XXVIII 147","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"udito avëan l'ultimo costrutto;","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=62&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"139","from":27757.0,"to":27759.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Di questa amicizia del\npoeta nostro col Re Carlo Martello non trovo chi ne favelli.\nFors'egli contrasse cotale amicizia o nell'occasione d'essere\nstato per due fiate ambasciatore a Napoli al Re di lui padre\n[Memor.  per la vita di Dante<\/i> {paragraph}. 9.~], ovvero mentre\nlo stesso Re Carlo Martello~, portatosi a Firenze~, ivi per pi\u00f9\ndi 20.  giorni attesi il ritorno di Francia del medesimo Re suo\ngenitore [Gio.  Villani lib. 8.  cap. 13.]. — ed avesti bene\nonde<\/i>, e ben ne avesti motivo~: accenna Dante~, facendo cos\u00ec\nparlare Carlo Martello~, di aver egli da quel principe ricevuto\nqualche grande benefizio. — fossi gi\u00f9 stato<\/i> fossi restato\ngi\u00f9 nel mondo — pi\u00f9 oltre che le fronde<\/i>: ben altro che\nfrondi di parole cortesi~, e larghe promesse~, chiosa il\nVenturi~: ma lo avesti ben onde<\/i> detto dallo stesso Carlo dee\nsupporre compartiti da esso Principe a Dante favori segnalati~: e\nper\u00f2 chioserei io che fronde<\/i> appelli Carlo cotali favori per\ngrandezza d'animo~, e per accennare che~, se fosse vissuto~,\navrebbegli fatto favori di tanto maggior peso~, che sarebbero\nquelli rispetto a questi divenuti come le fronde ai frutti.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"08","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Assai m' amasti ec."],"FrammentoNota":"
Fors'egli contrasse cotale amicizia [...] mentre lo stesso Re Carlo Martello, portatosi a Firenze, ivi per più di 20.  giorni attesi il ritorno di Francia del medesimo Re suo genitore [Gio.  Villani lib. 8.  cap. 13.].<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","InfoCitazione.LuogoFonte":"IX 13","InfoCitazione.NotaFonte":"Cfr. la Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 299 (VIII 13).","InfoCitazione.TestoFonte":"E per ciò fornire andò il re Carlo in Francia in persona, e lui tornando coll'accordo fatto e co' suoi figliuoli, i quali avea diliberi di pregione, sì passò per la città di Firenze, ne la quale era già venuto da Napoli per farglisi incontro Carlo Martello re d'Ungheria suo figliuolo, e con sua compagnia CC cavalieri","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"55-57","from":7347.0,"to":7371.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
+{"Annotazione":"Di questi due rivi, de'\nloro nomi, effetti e direzioni vedi quant'\u00e8 detto nella nota al\nverso 25 e segg. del presente canto.  Aggiungesi qu\u00ec la\nparticolare propriet\u00e0 d'Euno\u00e8, che bevuto solo senza prima aver\nbevuto di Lete, non produrebbe l'effetto di rendere la memoria\nd'ogni ben fatto.<\/b>  Il Venturi alle parole e non adopra Se\nquinci e quindi pria non \u00e8 gustato<\/b>, chiosa in modo di togliere\nvicendevolmente anche a Lete l'effetto d'indurre obblivione delle\ncolpe, se non insieme bevasi d'Euno\u00e8: Nessun<\/i>, dice, de' due\nproduce pienamente l'effetto suo, e fa vero pro gustato solo.<\/i> \nIl contrario per\u00f2 insegna Dante nel canto XXXIII di questa\ncantica, ove solo per aver bevuto di Lete, prima di bere d'Euno\u00e8,\ntrovasi dimentico d'essersi un tempo straniato<\/i> da Beatrice\n[Versi 91 e segg.].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"28","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Da questa parte"],"FrammentoNota":"
Il Venturi alle parole e non adopra Se quinci e quindi pria non è gustato<\/b>, chiosa in modo di togliere vicendevolmente anche a Lete l'effetto d'indurre obblivione delle colpe, se non insieme bevasi d'Eunoè: Nessun<\/i>, dice, de' due produce pienamente l'effetto suo, e fa vero pro gustato solo.<\/i>  Il contrario però insegna Dante nel canto XXXIII di questa  cantica, ove solo per aver bevuto di Lete, prima di bere d'Eunoè,  trovasi dimentico d'essersi un tempo straniato<\/i> da Beatrice [Versi 91 e segg.].  <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Par. XXXIII 91-93","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Ond'io rispuosi lei: \"Non mi ricorda
ch'i' stranïasse me già mai da voi,
né honne coscïenza che rimorda\".","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=67&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"127-132","from":28675.0,"to":28678.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Di questo verbo soffolgere<\/i> non\nreca il Vocabolario della Crusca che due esempi di Dante; questo,\ne quell'altro Paradiso XXIII, 130.\n\n Oh quanta \u00e8 l'ubert\u00e0, che si soffolce<\/i>\n In quell'arche ricchissime<\/i> ec.?\n\nLa struttura di cotal verbo simile al Latino suffulcire<\/i>, ed il\nsignificato del Latino suffulcire<\/i> adattabile ad esso verbo ne'\ndue prodotti esempi, pare che ne persuadano, che il soffolgere<\/i>\nnon sia che 'l Latino stesso suffulcire<\/i> italianamente detto. \nPoggiando in certo qual modo la vista, o sia visione,\nnell'obbietto veduto, pu\u00f2 ed in Latino dirsi suffulcitur visio\nab obiecto<\/i>, ed in Italiano, la vista dagli obbietti<\/i>, o<\/i> [ch'\u00e8\nlo stesso] tra gli obbietti si soffolge<\/i><\/b> — smozzicate<\/b>,\ntrinciate, mutilate.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Si soffolge."],"FrammentoNota":"
Di questo verbo soffolgere<\/i> non reca il Vocabolario della Crusca che due esempi di Dante; questo, e quell'altro Paradiso XXIII, 130.\r\n     Oh quanta è l'ubertà, che si soffolce<\/i>\r\n        In quell'arche ricchissime<\/i> ec.?\r\nLa struttura di cotal verbo simile al Latino suffulcire<\/i>, ed il significato del Latino suffulcire<\/i> adattabile ad esso verbo ne' due prodotti esempi, pare che ne persuadano, che il soffolgere <\/i>non sia che 'l Latino stesso suffulcire<\/i> italianamente detto. <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Par. XXIII 130","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Oh quanta è l'ubertà che si soffolce<\/strong>","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=90&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"5-6","from":27801.0,"to":27803.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Dice che il Sole ferivalo su\nl'omero<\/b> a dinotare ch'era in allora pi\u00f9 abbassato, e\nconseguentemente di pi\u00f9 lunga ombra reso il Sole, che non disselo\nin principio del canto precedente.  Specifica poi il destro<\/b>\nomero per far capire, che l'ombra del suo corpo doveva cadere\nsopra le vicine fiamme.  Imperocch\u00e8 se salito che fu al sommo\ndella scala che mette al presente girone, prese cammino alla\ndestra parte s\u00ec della strada che delle fiamme [Cant. prec. v. 110\ne segg.], ed il Sole abbassato ferivalo nel destro lato, doveva\nnecessariamente l'ombra del di lui corpo cadere sopra le vicine\nfiamme.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"26","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Feriami il Sole"],"FrammentoNota":"
Dice che il Sole ferivalo su l'omero<\/b> a dinotare ch'era in allora più abbassato, e conseguentemente di più lunga ombra reso il Sole, che non disselo in principio del canto precedente.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. XXV 2-3","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"ché 'l sole avëa il cerchio di merigge
lasciato al Tauro e la notte a lo Scorpio:","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=59&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"4","from":25723.0,"to":25726.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Dicendo nell'Apocalisse san Giovanni, che i quattro da lui veduti\nanimali, habebant alas senas, et in circuitu, et intus plena\nsunt oculis<\/i> [Cap. 4], attribuisce perci\u00f2 Dante ai medesimi le\npenne piene d'occhi<\/b> — Argo<\/b>, pastore che fingono le favole\navesse cent'occhi — se fosser vivi<\/b>, per se fosse vivo<\/i><\/b> esso\nArgo — cotali<\/i><\/b>, per somiglianti.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Era pennuto di sei ali, le penne piene d'occhi."],"FrammentoNota":"
Dicendo nell'Apocalisse san Giovanni, che i quattro da lui veduti animali, habebant alas senas, et in circuitu, et intus plena sunt oculis<\/i> [Cap. 4], attribuisce perciò Dante ai medesimi le penne piene d'occhi<\/b><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q42040","InfoCitazione.LuogoFonte":"IV 8","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Et quattuor animalia singula eorum habebant alas senas, in circuitu et intus plenae sunt oculis","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_apocalypsis-ioannis_lt.html#4","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"94-96","from":29473.0,"to":29483.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Apocalisse di Giovanni"},
+{"Annotazione":"Dio.  Tu odii tutti gli operatori\nd'iniquit\u00e0<\/i>, Sal. V, 5.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","Frammenti":["  L'avversario"],"FrammentoNota":"
Dio. Tu odii tutti gli operatori d'iniquità<\/i>, Sal. V, 5<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q41064","InfoCitazione.LuogoFonte":"5, 6","InfoCitazione.NotaFonte":"Il riferimento corretto \u00e8 a Sal 5, 6, non a Sal 5, 5","InfoCitazione.TestoFonte":"Odisti omnes, qui operantur iniquitatem","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_psalmorum_lt.html#PSALMUS%205","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"16","from":1101.0,"to":1103.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro dei Salmi"},
+{"Annotazione":"Dir\u00e0 altrove che egli si smarr\u00ec\nsubito dopo la morte di Beatrice, che fu il 9 giugno del 1290,\nquando cio\u00e8, perduta colei che lo menava per diritto cammino, si\nlasci\u00f2 adescare da false immagini di bene, che gli fecero velo\nall'intelletto, lo addormentarono.  Ma qui giova tener presente\nanche quello di S. Agostino: somnus animae est oblivisci Deum.<\/i> \nNella selva infatti il sol tace<\/i> (v. 60), non c'\u00e8 la luce di\nDio.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":["  pieno di sonno"],"FrammentoNota":"
Ma qui giova tener presente\r\nanche quello di S. Agostino: somnus animae est oblivisci Deum.<\/i> \r\nNella selva infatti il sol tace<\/i> (v. 60), non c'è la luce di\r\nDio.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q8018","InfoCitazione.Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/Enarrationes_in_psalmos","InfoCitazione.LuogoFonte":"62, 4","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"4.<\/b> [v 2.] Deus, Deus meus, ad te de luce vigilo.<\/i> Quid est vigilare? Utique non dormire. Quid est dormire? Est somnus animae, est somnus corporis. Somnum corporis omnes debemus habere; quia si non habeatur somnus corporis, deficit homo, deficit ipsum corpus. Non enim potest diu sustinere corpus nostrum fragile animam vigilantem et intentam in actionibus: si diu fuerit intenta anima in actionibus, corpus fragile et terrenum non illam capit, non illam sustinet perpetuo agentem; et deficit, et succumbit. Ideo Deus donavit somnum corpori, quo reparantur membra corporis, ut possint vigilantem animam sustinere. Illud autem cavere debemus, ne ipsa anima nostra dormiat; malus enim est somnus animae. Bonus somnus corporis, quo reparatur valetudo corporis. Somnus autem animae est oblivisci Deum suum. Quaecumque anima oblita fuerit Deum suum, dormit.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.augustinus.it\/latino\/esposizioni_salmi\/esposizione_salmo_079_testo.htm","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"11-12","from":77.0,"to":90.0,"NomeAutore":"Agostino d'Ippona","TitoloFonte":null},
+{"Annotazione":"Distrutta Troia, Ecuba moglie\ndell'estinto Priamo Re Troiano condotta dai Greci in cattivit\u00e0\ninsieme con sua figliuola Polisena, vedendosi primieramente\nscannata la figlia in sacrificio sopra la tomba d'Achille, ed\nincontrandosi poscia sui Traci lidi nel cadavero dell'estinto suo\nfiglio Polidoro, latravit conata loqui<\/i> scrive Ovidio [Met.<\/i>\nXIII, 570].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"30","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Ecuba"],"FrammentoNota":"
Distrutta Troia, Ecuba <\/strong>moglie dell'estinto Priamo Re Troiano condotta dai Greci in cattività insieme con sua figliuola Polisena, vedendosi primieramente scannata la figlia in sacrificio sopra la tomba d'Achille, ed incontrandosi poscia sui Traci lidi nel cadavero dell'estinto suo figlio Polidoro, latravit conata loqui<\/i> scrive Ovidio [Met. <\/i>XIII, 570].<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","InfoCitazione.LuogoFonte":"XIII 569","InfoCitazione.NotaFonte":"Il riferimento corretto alle Metamorfosi di Ovidio in base alle edd. moderne \u00e8 XIII 569, non 570.","InfoCitazione.TestoFonte":"latravit, conata loqui: locus exstat et ex re","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0959.phi006.perseus-lat1:13.494-13.575","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"16-20","from":28881.0,"to":28882.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"},
+{"Annotazione":"Donati, sorella di Forese, fattasi monaca\ncon assumersi il nome di Costanza, fu poscia per forza smonacata\n[Dello smonacamento di Piccarda vedi Paradiso III, 107 e della di\nlei parentela, e nomi vedi Cionacci Storia della B. Umiliana\npart. 4 cap. I].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Piccarda"],"FrammentoNota":"
Piccarda <\/strong>Donati, sorella di Forese, fattasi monaca con assumersi il nome di Costanza, fu poscia per forza smonacata [Dello smonacamento di Piccarda vedi Paradiso III, 107].<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Par. III 107","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"fuor mi rapiron de la dolce chiostra:","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=70&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"10","from":23648.0,"to":23649.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Donna di virt\u00f9 dee\nVirgilio in Beatrice appellare, non la persona di lei, ma la\nceleste sapienza, la teologia, di cui, come di sopra \u00e8 detto,\nella ne veste il carattere: ed \u00e8 certamente la cognizione delle\ndivine cose la donna<\/b>, la regina, di<\/b> [per delle<\/i> [Vedi\nCinonio Partic.<\/i> 80, 7]] virt\u00f9<\/i><\/b>, delle cognizioni, per le\nquali dicesi l'uom virtuoso<\/i><\/b>; \u00e8 la sola che forma il grande\npregio dell'uomo sopra ogni contento<\/b>, ogni cosa contenuta, da\nquel ciel, ch'ha minori i cerchi sui<\/b>, da quel cielo che ha pi\u00f9\nristretto giro degli altri, dal ciel lunare  — Contento<\/i><\/b> per\ncontenuto<\/i> non solamente l'adopera Dante qu\u00ec ed altrove pe 'l\nsuo poema [Par. II, 114], ma adoperanlo altri pure scrivendo in\nprosa [Vedi 'l Vocabolario della Cr.] ed \u00e8 preso dal Latino\nsupino del verbo contineo, es<\/i>  — sui<\/b> per suoi<\/i><\/b>, sincope\nimitante la maniera pur de' Latini, in grazia della rima —\nminor li cerchi sui<\/i>, leggono l'edizioni diverse dalla Nidob.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  O donna di virt\u00f9"],"FrammentoNota":"
Contento<\/b> per contenuto<\/i> non solamente l'adopera Dante quì ed altrove pe 'l suo poema [Par. II, 114], ma adoperanlo altri pure scrivendo in prosa [Vedi 'l Vocabolario della Cr.] ed è preso dal Latino supino del verbo contineo, es <\/i><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Par. II 114","InfoCitazione.NotaFonte":"Nella nota Lombardi rimanda al Vocabolario della Crusca: \r\nhttp:\/\/www.lessicografia.it\/Controller?lemma=CONTENTO","InfoCitazione.TestoFonte":"l'esser di tutto suo contento giace","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=69&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"76-78","from":1539.0,"to":1543.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Dovendo\nper questo nodo<\/b> intendersi le poco anzi nel profondo\ndell'eterna luce vedute in un volume da amore annodate sempiterne\nidee di ci\u00f2 che nell'universo si squaderna, e dovendosi per\nl'annodante amore<\/i> intendere Iddio stesso [secondo cio\u00e8 quel\nDeus caritas est<\/i> di s. Giovanni, gi\u00e0 riferito di sopra [Canto\nXXX della presente cantica v. 52]], consiegue che per La forma\nuniversal di questo nodo<\/i><\/b> debba intendersi la produttrice ed\nannodatrice delle stesse idee divina essenza; e non, come la\ncomune degli espositori chiosa, l'idea generale della mondana\nmacchina<\/i><\/b>: imperocch\u00e8 non pare che dalle idee di tutto ci\u00f2 che\nnell'universo si squaderna possa ragionevolmente l'idea generale\ndella mondana macchina<\/i> volersi esclusa, e tanto diversificata\nche potesse Dante delle altre idee con certezza dire vidi<\/b>, e di\nquesta solo conghietturarne la vista dal sentire che, favellando\ndi essa, gli si aggrandiva nel cuore quel godimento che ha detto\ndi sopra [Verso 61 e segg.], rimasto in lui per la quantunque\ndimenticata beata visione.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  La forma universal di questo nodo"],"FrammentoNota":"
dovendosi per l'annodante amore<\/i> intendere Iddio stesso [secondo cioè quel Deus caritas est<\/i> di s. Giovanni<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q328804","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q131101","InfoCitazione.LuogoFonte":"IV 8","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Qui non diligit, non cognovit Deum, quoniam Deus caritas est. ","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-i-ioannis_lt.html#4","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"91-93","from":32993.0,"to":32999.0,"NomeAutore":"Giovanni evangelista","TitoloFonte":"Prima lettera di Giovanni"},
+{"Annotazione":"Dubito che non sia questo termine preso\ndal Francese ramon<\/i>, che scopa<\/i>, e rammoner<\/i> che scopare<\/i> e\nspazzare<\/i> significa; e che perci\u00f2 vaglia lo stesso che\nspazzamento<\/i> o purgazione.<\/i>  Gl'interpreti comunemente spiegano\nramogna<\/b> per viaggio<\/i><\/b> o proseguimento di viaggio.<\/i>  Se per\u00f2 la\nsi ha a credere voce Italiana, io, attesa la formazione di essa,\ndirei, che non semplicemente viaggio<\/i> significhi, ma viaggio\nramingo<\/i>; e che, come pellegrinaggio<\/i> appellasi il viaggio del\npellegrino, cos\u00ec ramogna<\/i><\/b> fosse detto il viaggio del ramingo. \nDa ramo<\/i><\/b>, come ne accenna Pier Crescenzio, fu da prima detto\nramingo<\/i> l'uccello che di nidio uscito, di ramo in ramo va\nseguitando la madre<\/i> [Agric.<\/i> lib. 10 c. 3]; e da ramo<\/i> pot\u00e8\npur dirsi ramogna<\/b> anche lo stesso errare ramingo.  E noi qu\u00ec nel\ntristo mondo, e quelli che nel Purgatorio ritrovansi, in\nconfronto di que' fortunati che gi\u00e0 hanno spiegato il volo alla\nceleste patria, siam proprio raminghi, non che pellegrini; e\ndobbiam bene saperne grado a chi ne prega buona<\/b>, cio\u00e8 breve ed\navventurata, ramogna.<\/b>\n\n\tLa stessa voce ramogna<\/b> citasi nel Vocabolario della Cr.\nadoperata da Fra Iacopo da Cessole nel trattato suo degli\nscacchi; e del verbo ramognare<\/i><\/b> fa menzione il Passavanti nello\nSpecchio della vera penitenza<\/i> [Tratt. della vanagloria<\/i>,\nnell'aggiunta al cap. 5.  Avverti per\u00f2 di guardare l'ediz. di\nFirenze 1725 pag. 230, imperocch\u00e8 altre ediz. trovo\ndell'accennata voce mancanti]: quanto per\u00f2 a me sembra, senza\nfruttarne maggior certezza di significato.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"11","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Ramogna."],"FrammentoNota":"
Da ramo<\/i>, come ne accenna Pier Crescenzio, fu da prima detto ramingo<\/i> l'uccello che di nidio uscito, di ramo in ramo va seguitando la madre<\/i> [Agric.<\/i> lib. 10 c. 3]; e da ramo<\/i> potè pur dirsi ramogna<\/b> anche lo stesso errare ramingo.  <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1933377","InfoCitazione.Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/trattato-della-agricoltura","InfoCitazione.LuogoFonte":"X 3","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Quello che di nidio uscito, di ramo in ramo, va seguitando la madre, e si chiama ramingo.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/archive.org\/details\/trattatodellaag00sorigoog\/page\/n222\/mode\/1up","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"25","from":10290.0,"to":10291.0,"NomeAutore":"Pietro de' Crescenzi","TitoloFonte":null},
+{"Annotazione":"Due errori, uno\nin conseguenza dell'altro, commettono qu\u00ec, a mio giudizio, tutti\ngli espositori.  Il primo \u00e8 d'intendere, che si smarrisse Dante\nin cotesta selvosa valle nel mezzo del cammin di nostra vita<\/i>,\ncio\u00e8 [come a suo luogo \u00e8 detto] in et\u00e0 d'anni trentacinque. \nL'altro \u00e8 di conseguentemente spiegare, che per la non piena et\u00e0\nne indichi il Poeta il medesimo mezzo di nostra vita.<\/i> \nInnanzi<\/i> [ecco il Daniello, da cui non sembrano discordi gli\naltri spositori] che l'et\u00e0 sua fosse piena; perch\u00e8 disse, che vi\nsi smarr\u00ec nel mezzo del cammin della sua vita.<\/i>\n\n\tNon hanno cio\u00e8 essi avvertito ch'era Dante nel mezzo del\ncammin di nostra vita<\/i>, d'anni trentacinque, mentr'era\nnell'Inferno e parlava con ser Brunetto; e che, dicendo Avanti\nche l'et\u00e0 mia fosse piena<\/b>, mostra evidentemente che fosse,\nmentre cos\u00ec parlava, a cotale pienezza di et\u00e0 pervenuto: come ben\nmostrerebbe d'esser vecchio chi parlando dicesse, avanti che mi\nsopravvenisse la vecchiaia.<\/i><\/b>\n\n\tD'uopo adunque \u00e8 distingere l'et\u00e0 nella quale si smarr\u00ec\nDante sonnacchioso [Inf. I, 11] nella selvosa valle, dalla et\u00e0\nin cui, come dal sonno risvegliato, trovossi nella valle\nsmarrito.  Qu\u00ec parla dell'et\u00e0 in cui si smarr\u00ec; e nel principio\ndel poema dice l'et\u00e0 in cui si riconobbe smarrito: et\u00e0 che,\nperch\u00e8 appunto nel mezzo di nostra vita<\/i>, \u00e8 la pi\u00f9 compiuta di\nforze, e quasi lume di Luna in mezzo al di lei periodo, perci\u00f2\nintende essere la piena<\/i><\/b> e pi\u00f9 perfetta.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"15","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Avanti che l'et\u00e0 mia fosse piena."],"FrammentoNota":"
D'uopo adunque è distingere l'età nella quale si smarrì Dante sonnacchioso [Inf. I, 11] nella selvosa valle, dalla età in cui, come dal sonno risvegliato, trovossi nella valle smarrito.  Quì parla dell'età in cui si smarrì; e nel principio del poema dice l'età in cui si riconobbe smarrito: età che, perchè appunto nel mezzo di nostra vita<\/i>, è la più compiuta di forze, e quasi lume di Luna in mezzo al di lei periodo, perciò intende essere la piena<\/b> e più perfetta.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. I 11","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"tant'era pien di sonno a quel punto","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=1","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"51","from":13934.0,"to":13941.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Due esempi di celerit\u00e0 a\nredarguzione e stimolo degli accidiosi: uno sacro di Maria\nVergine, che portandosi a visitar sua cognata santa Elisabetta\nabiit in montana cum festinatione<\/i> [Lucae.<\/i> I v. 39]: l'altro\nprofano di Giulio Cesare, che con grandissima celerit\u00e0, com'egli\nmedesimo nel primo libro de' comentari suoi descrive, partito da\nRoma and\u00f2 a Marsilia, citt\u00e0 a lui nemica; e quella pungendo<\/i>,\ncio\u00e8 lasciando da Bruto con parte dell'esercito assediata, corse\negli in Ispagna, ove super\u00f2 Affranio, Petreio, ed un figliuolo di\nPompeo, e soggiog\u00f2 Ilerda [oggi Lerida] citt\u00e0 famosa di quella\nprovincia.  — suggiugare<\/b> legge l'edizione della Crusca e le\nseguaci edizioni.\n\n\tPe 'l primo sacro esempio il Landino e 'l Vellutello\nintendono la fuga di Maria Vergine in Egitto: ma troppo le recate\nparole del sacro testo ne dimostrano il torto.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"18","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Maria corse"],"FrammentoNota":"
Maria Vergine [...] portandosi a visitar sua cognata santa Elisabetta abiit in montana cum festinatione<\/i> [Lucae.<\/i> I v. 39]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128538","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q39939","InfoCitazione.LuogoFonte":"I 39","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Exsurgens autem Maria in diebus illis abiit in montana cum festinatione in civitatem Iudae ","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-lucam_lt.html","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}, {'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"100-102","from":18159.0,"to":18161.0,"NomeAutore":"Luca","TitoloFonte":"Vangelo secondo Luca"},
+{"Annotazione":"Due voci significanti egualmente\nadesso<\/i>: la prima propria de' Toscani, la seconda de' Lombardi\n(C. XXVII, 21); sebbene l'una e l'altra usate anche altrove.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":["  Mo ed issa."],"FrammentoNota":"mo ed issa<\/strong>. Due voci significanti egualmente adesso<\/i>: la prima propria de' Toscani, la seconda de' Lombardi (C. XXVII, 21); sebbene l'una e l'altra usate anche altrove.","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. XXVII, 21","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"dicendo \"Istra ten va, più non t'adizzo\"","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=27&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"7","from":21453.0,"to":21461.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"E bench\u00e8 Virgilio si fosse\nrivolto a me con quelle parole, tuttavia io non lasciai d'andar\nparlando con Brunetto.  — Pi\u00f9 noti e pi\u00f9 sommi<\/b>: degli altri\nDante non aveva motivo d'occuparsene: dalla gente inetta e\nfannullona non c'\u00e8 mai nulla da apprendere; e Virgilio fin dal\nbel principio gliel fece intendere (Inf.<\/i>, III, 51), a proposito\ndei vili:\n\n     Non ragioniam di lor, ma guarda e passa.\n\nIn tutti e tre i Regni del suo viaggio il Poeta parler\u00e0 solo con\nanime di fama nate<\/i>, e il perch\u00e8 glielo rende Cacciaguida\n(Par.<\/i>, XVII, 139-142):\n\n     Ch\u00e8 l'animo di quel ch'ode non posa, \n     N\u00e8 ferma fede per esemplo ch'aia\n     La sua radice incognita e nascosa, \n     N\u00e8 per altro argomento che non paia.\n\nE qui opportunamente il Giuliani (Op. Lat. di D. All.<\/i>, vol. II, \np. 203): «La Commedia<\/i>, se dall'una parte sembra pigliar forma\ndi un trattato<\/i> poetico degli umani vizi e virt\u00f9 e de'\nconseguenti premi e castighi, dall'altra appare una Storia\nragionata<\/i> di que' uomini famosi che nella varia vicenda della\nvita e dello stato diverso in cui si mostrano dopo la morte, ne\nammaestrano a dispogliarci de' vizi, a rivestire le virt\u00f9 e farci\ndegni di quella felicit\u00e0 che qui s'inizia per terminare nel\nSecolo immortale.»  Si osservi altra consimile domanda, e\nconsimile risposta nell'Inf.<\/i>, X, 115-120.  — Il Lombardi:\n<Noti<\/i><\/b> per grido di fama, sommi<\/b> per grado di dignit\u00e0.»  Pi\u00f9\nsommi<\/b>: ad aggettivi superlativi \u00e8 propriet\u00e0 di nostra lingua\naccoppiare un termine comparativo: e cos\u00ec, alla maniera de'\nLatini, molto benissimo, molto ricchissimo<\/i><\/b>, troviamo detto da'\nnostri classici.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"15","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","Frammenti":["  N\u00e8 per tanto"],"FrammentoNota":"
Più noti e più sommi<\/b>: degli altri Dante non aveva motivo d'occuparsene: dalla gente inetta e fannullona non c'è mai nulla da apprendere; e Virgilio fin dal bel principio gliel fece intendere (Inf.<\/i>, III, 51), a proposito dei vili: Non ragioniam di lor, ma guarda e passa. In tutti e tre i Regni del suo viaggio il Poeta parlerà solo con anime di fama nate<\/i>, e il perchè glielo rende Cacciaguida (Par.<\/i>, XVII, 139-142): Chè l'animo di quel ch'ode non posa, Nè ferma fede per esemplo ch'aia La sua radice incognita e nascosa, Nè per altro argomento che non paia.\r\n<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. III, 51","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"non ragioniam di lor, ma guarda e passa","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=3","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"100-102","from":14297.0,"to":14300.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"E prima ch'io\nfossi arrivato nel comporre la mia Tebaide, a quel passo, dove\ndescrivo, come i Greci sotto Adrasto loro Re vennero in soccorso\ndi Polinice, e come giunsero a Ismeno, e Asopo fiumi di Tebe. \nCos\u00ec 'l Venturi seguendo il Landino e Vellutello.  Ci\u00f2 essendo\ndovrebbe intendersi come se detto avesse, prima che giugnessi a\ncomporre il nono libro della Tebaide<\/i>; nel qual libro descrive\nStazio i danni sofferti dal Greco esercito nel passaggio dei due\ndetti fiumi.  Ma dubito che non sia questo il senso; ma che\npiuttosto i fiumi di Tebe<\/b> ponendo per sineddoche in vece di\nTebe stessa, voglia dire, prima ch'io conducessi i Greci a\nTebe<\/i><\/b>; che varrebbe poi poi quanto, prima ch'io componessi la\nTebaide.<\/i>  — Chiuso<\/i><\/b>, occulto.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"22","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  E pria ch'io conducessi"],"FrammentoNota":"
E prima ch'io fossi arrivato nel comporre la mia Tebaide<\/em>, a quel passo, dove descrivo, come i Greci sotto Adrasto loro Re vennero in soccorso di Polinice, e come giunsero a Ismeno, e Asopo fiumi di Tebe.  Così 'l Venturi seguendo il Landino e Vellutello.  Ciò essendo dovrebbe intendersi come se detto avesse, prima che giugnessi a  comporre il nono libro della Tebaide<\/i>; nel qual libro descrive Stazio i danni sofferti dal Greco esercito nel passaggio dei due detti fiumi.  Ma dubito che non sia questo il senso; ma che piuttosto i fiumi di Tebe<\/b> ponendo per sineddoche in vece di Tebe stessa, voglia dire, prima ch'io conducessi i Greci a Tebe<\/i>; che varrebbe poi poi quanto, prima ch'io componessi la Tebaide.<\/i><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q243203","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q2708117","InfoCitazione.LuogoFonte":"IX 1-907","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Asperat Aonios rabies audita cruenti 
Tydeos; ipsi etiam minus ingemuere iacentem
Inachidae, culpantque virum et rupisse queruntur
fas odii; quin te, divum implacidissime, quamquam
praecipuum tunc caedis opus, Gradive, furebas,
offensum virtute ferunt, nec comminus ipsum
ora, sed et trepidos alio torsisse iugales,
ergo profanatum Melanippi funus acerbo
volnere non aliis ultum Cadmeia pubes
insurgunt stimulis, quam si turbata sepulcris
ossa patrum monstrisque datae crudelibus urnae,
accendit rex ipse super: ‘quisquamne Pelasgis
mitis adhuc hominemque gerit? iam morsibus uncis —
pro furor! usque adeo tela exsatiavimus! — artus
dilacerant. nonne Hyrcanis bellare putatis
tigribus, aut saevos Libyae contra ire leones?
et nunc ille iacet — pulchra o solacia leti! —
ore tenens hostile caput, dulcique nefandus
immoritur tabo; nos ferrum immite 9 facesque,
illis nuda odia, et feritas iam non eget armis.
sic pergant rabidi claraque hac laude 10 fruantur,
dum videas haec, summepater. sed enim hiscere campos
conquesti terraeque fugam mirantur; an istos
vel sua portet humus?’ magno sic fatus agebat
procursu fremituque viros, furor omnibus idem
Tydeos invisi spoliis raptoque potiri
corpore, non aliter subtexunt astra catervae
incestarum avium, longe quibus aura nocentem
aera desertasque tulit sine funere mortes;
illo avidae cum voce ruunt, sonat arduus aether
plausibus, et caelo volucres cessere minores.
Fama per Aonium rapido vaga murmure campum
spargitur in turmas, solito pernicior index
cum lugenda refert, donec, cui maxima fando
damna vehit, trepidas lapsa est Polynicis ad aures.
deriguit iuvenis lacrimaeque haesere paratae,
et cunctata fides; nimium nam cognita virtus
Oenidae credi letum suadetque vetatque.
sed postquam haud dubio clades auctore reperta est,
nox oculos mentemque rapit; tum sanguine fixo
membra simul, simul arma ruunt: madet ardua fletu
iam galea atque ocreae clipeum excepere cadentem.
it maestus genua aegra trahens hastamque sequentem,
vulneribus ceu mille gravis totosque per artus
saucius, absistunt socii monstrantque gementes.
tandem ille abiectis, vix quae portaverat, armis
nudus in egregii vacuum iam corpus amici
procidit et tali lacrimas cum voce profudit:
‘hasne tibi, armorum spes o suprema meorum,
Oenide, grates, haec praemia digna rependi,
nudus ut invisa Cadmi tellure iaceres
sospite me? nunc exsul ego aeternumque fugatus,
quando alius misero ac melior mihi frater ademptus.
nec iam sortitus veteres regnique nocentis
periurum diadema peto: quo gaudia tanti
empta mihi aut sceptrum, quod non tua dextera tradet?
ite, viri, solumque fero me linquite fratri:
nil opus arma ultra temptare et perdere mortes;
ite, precor; quid iam dabitis mihi denique maius?
Tydea consumpsi! quanam hoc ego morte piabo?
o socer, o Argi! et primae bona iurgia noctis,
alternaeque manus et longi pignus amoris
ira brevis; non me ense tuo tunc, maxime Tydeu,
— et poteras — nostri mactatum in limine Adrasti!
quin etiam Thebas me propter et impia fratris
tecta libens, unde haud alius remeasset, adisti,
ceu tibimet sceptra et proprios laturus honores,
iam Telamona pium, iam Thesea fama tacebat —
qualis et ecce iaces! quae primum vulnera mirer?
quis tuus hic, quis ab hoste cruor? quae te agmina quive
innumeri stravere globi? num fallor, et ipse
invidit pater et tota Mars impulit hasta?’
sic ait, et maerens etiamnum lubrica tabo
ora viri terget lacrimis dextraque reponit.
‘tune meos hostes hucusque exosus, et ultra
sospes ego?’ exuerat vagina turbidus ensem
aptabatque neci: comites tenuere, socerque
castigat bellique vices ac fata revolvens
solatur tumidum, longeque a corpore caro
paulatim, unde dolor letique animosa voluntas,
amovet ac tacite ferrum inter verba reponit.
ducitur amisso qualis consorte laborum
deserit inceptum media inter iugera sulcum
taurus iners colloque iugum deforme remisso
parte trahit, partem lacrimans sustentat arator.
Ecce autem hortatus Eteoclis et arma secuti,
lecta manus, iuvenes, quos nec Tritonia bello,
nec prope conlata sprevisset cuspide Mavors,
adventant; contra conlecta ut pectora parmae
90fixerat atque hastam longe protenderat, haeret
arduus Hippomedon: ceu fluctibus obvia rupes,
cui neque de caelo metus et fracta aequora cedunt,
stat cunctis immota minis, fugit ipse rigentem
pontus et ex alto miserae novere carinae.
tunc prior Aonides — validam simul eligit hastam —
‘non pudet hos manes, haec infirmantia bellum
funera dis coram et caelo inspectante tueri?
scilicet egregius sudor memorandaque virtus
hanc tumulare feram, ne non maerentibus Argos
exsequiis lacrimandus eat mollique feretro
infandam eiectans saniem! dimittite curam;
nullae illum volucres, nulla impia monstra nec ipse,
si demus, pius ignis edat.’ nec plura, sed ingens
intorquet iaculum, duro quod in aere moratum
transmissumque tamen clipei stetit orbe secundo,
inde Pheres acerque Lycus; sed cassa Pheretis
hasta redit, Lycus excelso terrore comantem
perstringit galeam; convulsae cuspide longe
diffugere iubae patuitque ingloria cassis,
ipse nec ire retro, nec in obvia concitus arma
exsilit, inque eadem sese vestigia semper
obversus cunctis profert recipitque, nec umquam
longius indulget dextrae motusque per omnes
corpus amat, corpus servans circumque supraque
vertitur, imbellem non sic amplexa iuvencum
infestante lupo tunc primum feta tuetur
mater et ancipiti circumfert cornua gyro;
ipsa nihil metuens sexusque oblita minoris
spumat et ingentes imitatur femina tauros,
tandem intermissa iaculantum nube potestas
reddere tela fuit; iamque et Sicyonius Alcon
venerat auxilio, Pisaeaque praepetis Idae
turma subit cuneumque replent, his laetus in hostes
Lernaeam iacit ipse trabem, volat illa sagittis
aequa fuga mediumque nihil cunctata Politen
transabit et iuncti clipeum cavat improba Mopsi.
Phocea tum Cydona Tanagraeumque Phalanthum
atque Erycem, hunc retro conversum et tela petentem,
dum spes nulla necis, crinito a vertice figit;
faucibus ille cavis hastam non ore receptam
miratur moriens, pariterque et murmure plenus
sanguis et expulsi salierunt cuspide dentes,
ausus erat furto dextram eiectare 23 Leonteus,
pone viros atque arma latens, positumque trahebat
prenso crine caput: vidit, quamquam undique crebrae,
Hippomedon, ante ora minae, saevoque protervam
abstulit ense manum; simul increpat: ‘hanc tibi Tydeus,
Tydeus ipse rapit; post et confecta virorum
fata time magnosque miser fuge tangere manes!’
ter Cadmea phalanx torvum abduxere cadaver,
ter retrahunt Danai: Siculi velut anxia puppis
seditione maris nequiquam obstante magistro
errat et averso redit in vestigia velo.
Non ibi Sidoniac valuissent pellere coepto
Hippomedonta manus, non illum impacta moverent
tormenta oppositum, formidatique superbis
turribus impulsus temptato umbone redissent.
sed memor Elysii regis noxasque recensens
Tydeos in medios astu subit impia campos
Tisiphone: sensere acies subitusque cucurrit
sudor equis sudorque viris, quamquam ore remisso
Inachium Angebat Halyn; nusquam impius ignis
verberaque, et iussi tenuere silentia crines,
arma gerit iuxtaque feri latus Hippomedontis
blanda genas vocemque venit, tamen ille loquentis
extimuit vultus admiraturque timorem.
illa autem lacrimans ‘tu nunc’ ait, ‘inclyte, frustra
exanimes socios inhumataque corpora Graium —
scilicet is nobis metus, aut iam cura sepulcri? —
protegis; ipse manu Tyria tibi captus Adrastus
raptatur, teque ante alios, te voce manuque
invocat; heu qualem lapsare in sanguine vidi,
exutum canos lacero diademate crines!
nec procul hinc, adverte oculos; ubi plurimus ille
pulvis, ubi ille globus.’ paulum stetit anxius heros
librabatque metus; premit aspera virgo: ‘quid haeres?
imus? an hi retinent manes, et vilior ille
qui superest?’ miserum sociis opus et sua mandat
proelia et unanimi vadit desertor amici,
respiciens tamen et revocent si forte paratus.
inde legens turbata trucis vestigia divae
huc illuc frustra ruit avius, impia donec
Eumenis ex oculis reiecta caerula parma
fugit et innumeri galeam rupere cerastae.
aspicit infelix discussa nube quietos
Inachidas currumque nihil metuentis Adrasti.
Et Tyrii iam corpus habent, iam gaudia magnae
testantur voces, victorque ululatus aderrat
auribus occultoque ferit praecordia luctu,
ducitur hostili — pro dura potentia fati! —
Tydeus ille solo, modo cui Thebana sequenti
agmina, sive gradus seu frena effunderet, ingens
limes utrimque datus; numquam arma manusque quiescunt,
nulla viri feritas: iuvat ora rigentia leto
et formidatos impune lacessere vultus.
hic amor, hoc una timidi fortesque sequuntur
nobilitare manus, infectaque sanguine tela
coniugibus servant parvisque ostendere natis,
sic ubi Maura diu populatum rura leonem,
quem propter clausique greges vigilantque magistri,
pastorum lassae debellavere cohortes:
gaudet ager, magno subeunt clamore coloni,
praecerpuntque iubas immaniaque ora recludunt
damnaque commemorant, seu iam sub culmine fixus
excubat, antiquo seu pendet gloria luco.
At ferus Hippomedon quamquam iam sentit inane
auxilium et seram rapto pro corpore pugnam,
it tamen et caecum rotat inrevocabilis ensem,
vix socios hostesque, nihil dum tardet euntem,
secernens; sed caede nova iam lubrica tellus
armaque seminecesque viri currusque soluti25
impediunt laevumque femur, quod cuspide fixum
regis Echionii, sed dissimulaverat ardens,
sive ibi nescierat. maestum videt Hoplea tandem;
Tydeos hic magni fidus comes et modo frustra
armiger alipedem prona cervice tenebat
fatorum ignarum domini solumque frementem,
quod vacet inque acies audentior ille pedestres,
hunc aspernantem tumido nova pondera tergo —
unam quippe manum domitis expertus ab annis —
corripit adfaturque: ‘quid o nova fata recusas,
infelix sonipes? numquam tibi dulce superbi
regis onus; non iam Aetolo satiabere campo
gaudentemque iubam per stagna Acheloia solves,
quod superest, caros, i, saltem ulciscere manes
aut sequere, extorrem ne tu quoque laeseris umbram
captivus tumidumque equitem post Tydea portes.’
audisse accensumque putes: hoc fulmine raptum
abstulit et similes minus indignatur habenas.
semifer aeria talis Centaurus ab Ossa
desilit in valles, ipsum nemora alta tremiscunt,
campus equum, trepidi cursu glomerantur anhelo
Labdacidae, premit ille super, necopinaque ferro
colla metens linquit truncos post terga cadentes.
ventum erat ad fluvium; solito tunc plenior alveo
— signa mali — magna se mole Ismenos agebat.
illa brevis requies, illo timida agmina lassam
de campis egere fugam; stupet hospita belli
unda viros claraque armorum incenditur umbra,
insiluere vadis, magnoque fragore solutus
agger et adversae latuerunt pulvere ripae,
ille quoque hostiles saltu maiore per undas
inruit attonitis — longum dimittere habenas —
sicut erat, tantum viridi defixa parumper
caespite populeo commendat spicula trunco.
tunc vero exanimes tradunt rapientibus ultro
arma vadis: alii demissa casside, quantum
tendere conatus animae valuere sub undis, [p. 270]
turpe latent; multi fluvium transmittere nando
adgressi, sed vincla tenent laterique repugnat
balteus et madidus deducit pectora thorax,
qualis caeruleis tumido sub gurgite terror
piscibus, arcani quotiens devexa profundi
scrutantem delphina vident; fugit omnis in imos
turba lacus viridesque metu stipantur in algas;
nec prius emersi, quam summa per aequora flexus
emicet et visis malit certare carinis:
talis agit sparsos mediisque in fluctibus heros
frena manu pariter, pariter regit arma, pedum quem
remigio sustentat equus2; consuetaque campo
fluctuat et mersas levis ungula quaerit harenas.
sternit Iona Chromis, Chromin Antiphos, Antiphon Hypseus,
Hypseus Astyagen evasurumque relicto
amne Linum, ni fata vetent et stamine primo
ablatum tellure mori. premit agmina Thebes
Hippomedon, turbat Danaos Asopius Hypseus:
amnis utrimque timet, crasso vada mutat uterque
sanguine, et e fluvio neutri fatale reverti,
iam laceri pronis volvuntur cursibus artus
oraque et abscisae redeunt in pectora dextrae,
spicula iam clipeosque leves arcusque remissos
unda vehit, galeasque vetant descendere cristae:
summa vagis late sternuntur flumina telis,
ima viris; illic luctantur corpora leto,
efflantesque animas retro premit obvius amnis.
Flumineam rapiente vado puer Argipus ulmum
prenderat, insignes umeros ferus ense Menoeceus
amputat; ille cadens, nondum conamine adempto,
truncus in excelsis spectat sua bracchia ramis.
Hypseos hasta Tagen ingenti vulnere mersit,
ille manet fundo, rediit pro corpore sanguis,
desiluit ripis fratrem rapturus Agenor
heu! miser et tenuit, sed saucius ille levantem
degravat amplexu: poterat resolutus Agenor
emersisse vadis, piguit sine fratre reverti.
surgentem dextra Capetum vulnusque minantem
sorbebat rapidus nodato 32 gurgite vertex;
iam voltu, iam crine latet, iam dextera nusquam,
ultimus abreptas ensis descendit in undas,
mille modis leti miseros mors una fatigat.
induit a tergo Mycalesia cuspis Agyrten;
respexit: nusquam auctor erat, sed concita tractu
gurgitis effugiens invenerat hasta cruorem.
Figitur et validos sonipes Aetolus in armos,
exsiluitque alte vi mortis et aera pendens
verberat; haud tamen est turbatus fulmine ductor,
sed miseratur equum, magnoque ex volnere telum
exuit ipse gemens et sponte remisit habenas.
inde pedes repetit pugnas gressuque manuque
certior, et segnem Nomium fortemque Mimanta
Thisbaeumque Lichan Anthedoniumque Lycetum 34 35 [p. 274]
continuat ferro geminasque e fratribus unum
Thespiaden; eadem poscenti fata Panemo:
‘vive superstes’ ait, ‘diraeque ad moenia Thebes
295solus abi, miseros non decepture parentes.
di bene, quod pugnas rapidum deiecit in amnem
sanguinea Bellona manu: trahit unda timentes
gurgite gentili, nuda nee flebilis umbra
stridebit vestros Tydeus inhumatus ad ignes;
ibitis aequoreis crudelia pabula monstris,
illum terra vehit suaque in primordia solvet.’
sic premit adversos et acerbat vulnera dictis
ac nunc ense furit, nunc tela natantia captans
ingerit: innuptae comitem Therona Dianae,
ruricolamque Gyen cum fluetivago Ergino,
intonsumque Hersen contemptoremque profundi
Crethea, nimbosam qui saepe Caphereos arcem
Euboicasque hiemes parva transfugerat alno.
quid non fata queant? traiectus pectora ferro
volvitur in fluctus, heu cuius naufragus undae!
te quoque sublimi tranantem flumina curru,
dum socios, Pharsale, petis, resupinat ademptis
Dorica cuspis equis; illos violentia saevi
gurgitis infelixque iugi concordia mergit.
Nune age, quis tumidis magnum inclinarit in undis
Hippomedonta labor, cur ipse excitus in arma
Ismenos, doctae nosse indulgete sorores:
vestrum opus ire retro et senium depellere famae,
gaudebat Fauno Nymphaque Ismenide natus
maternis bellare tener Crenaeus in undis,
Crenaeus, cui prima dies in gurgite fido
et natale vadum et virides cunabula ripae,
ergo ratus nihil Elysias ibi posse Sorores,
laetus adulantem nunc hoc, nunc margine ab illo
transit avum: levat unda gradus, seu defluus ille,
sive obliquus eat; nec cum subit obvius, ullas
stagna dedere moras pariterque revertitur amnis,
non Anthedonii tegit hospitis inguina pontus
blandior, aestivo nec se magis aequore Triton
exserit, aut carae festinus ad oscula matris
cum remeat tardumque ferit delphina Palaemon.
arma decent umeros, clipeusque insignis et auro
lucidus Aoniae caelatur origine gentis.
Sidonis hic blandi per candida terga iuvenci,
iam secura maris, teneris iam cornua palmis
non tenet, extremis adludunt aequora plantis;
ire putes clipeo fluctusque secare iuvencum.
adiuvat unda fidem pelago nec discolor amnis,
tunc audax pariter telis et voce proterva
Hippomedonta petit: ‘non haec fecunda veneno
Lerna. nec Herculeis haustae serpentibus undae:
sacrum amnem, sacrum — et miser experiere! — deumque
altrices inrumpis aquas.’ nihil ille, sed ibat
comminus; opposuit cumulo se densior amnis
tardavitque manum, vulnus tamen illa retentum
pertulit atque animae tota in penetralia sedit. 
horruit unda nefas, silvae flevistis utraeque,
et. graviora cavae sonuerunt murmura ripae.
ultimus ille sonus moribundo emersit ab ore:
‘mater!’ in hanc miseri ceciderunt flumina vocem.
At genetrix coetu glaucarum cincta sororum
protinus icta malo vitrea de valle solutis
exsiluit furibunda comis, ac verbere crebro
oraque pectoraque et viridem scidit horrida vestem,
utque erupit aquis iterumque iterumque trementi
ingeminat ‘Crenaee’ sono: nusquam ille, sed index
desuper, a miserae nimium noscenda parenti,
parma natat; iacet ipse procul, qua mixta supremum
Ismenon primi mutant confinia ponti,
fluctivagam sic saepe domum madidosque penates
Alcyone deserta gemit, cum pignora saevus
Auster et algentes rapuit Thetis invida nidos,
mergitur orba iterum, penitusque occulta sub undis
limite non uno, liquidum qua subter eunti
lucet iter, miseri nequaquam funera nati
vestigat, plangitque tamen; saepe horridus amnis
obstat, et obducto caligant sanguine visus,
illa tamen praeceps in tela offendit et enses
scrutaturque manu galeas et prona reclinat
corpora; nec ponto submota intrabat amaram
Dorida, possessum donec iam fluctibus altis
Nereidum miserata cohors ad pectora matris
impulit, illa manu ceu vivum amplexa reportat
insternitque toris riparum atque umida siccat
mollibus ora comis, atque haec ululatibus addit:
‘ hoc tibi semidei munus tribuere parentes
nee mortalis avus? sic nostro in gurgite regnas?
mitior haec misero discors alienaque tellus,36
mitior unda maris, quae iuxta flumina corpus
rettulit et miseram visa exspectasse parentem.
hine mei vultus? haec torvi lumina patris?
hi crines undantis avi? tu nobile quondam
undarum nemorumque decus, quo sospite maior
diva et Nympharum longe regina ferebar.
heu ubinam ille frequens modo circa limina matris
ambitus orantesque tibi servire Napaeae?
cur nunc te, melius saevo mansure profundo,
amplexu misero tumulis, Crenaee, reporto
non mihi? nec tantae pudet heu miseretque ruinae,
dure parens? quae te alta et ineluctabilis imo
condidit amne palus, quo nec iam cruda nepotis
funera, nec nostri valeant perrumpere planctus?
ecce furit iactatque tuo se in gurgite maior
Hippomedon, illum ripaeque undaeque tremiscunt,
illius impulsu nostrum bibit unda cruorem:
tu piger et trucibus facilis servire Pelasgis.
ad cineres saltem supremaque iusta tuorum,
saeve, veni, non hic solum accensure nepotem.’
his miscet planctus multumque indigna cruentat
pectora, caeruleae referunt lamenta sorores:
qualiter Isthmiaco nondum Nereida portu
Leucothean planxisse ferunt, dum pectore anhelo
frigidus in matrem saevum mare respuit infans.
At pater arcano residens Ismenos in antro,
unde aurae nubesque bibunt atque imbrifer arcus
pascitur et Tyrios melior venit annus in agros,
ut lamenta procul, quamquam obstrepit ipse, novos-que
accepit natae gemitus, levat aspera musco
colla gravemque gelu crinem, ceciditque soluta
pinus adulta manu dimissaque volvitur urna.
illum per ripas annoso scrupea limo
ora exsertantem silvae fluviique minores
mirantur: tantus tumido de gurgite surgit,
spumosum attollens apicem lapsuque sonoro
pectora caerulcae rivis manantia barbae.
obvia cognatos gemitus casumque nepotis
Nympharum docet una patrem monstratque cruentum
auctorem dextramque premit: stetit arduus alto
amne, manuque genas et nexa virentibus ulvis
cornua concutiens sic turbidus ore profundo
incipit: ‘huncne mihi, superum regnator, honorem,
quod totiens hospesque tuis et conscius actis —
nec memorare timor — falsa nunc improba fronte
cornua, nunc vetitam currus deiungere Phoeben,
dotalesque rogos deceptaque fulmina vidi
praecipuosque alui natorum? an vilis et illis
gratia? ad hunc certe repsit Tirynthius amnem,
hac tibi flagrantem Bromium restinximus unda. 
aspice, quas fluvio caedes, quae funera portem,
continuus telis alioque adopertus acervo.
omne vadum belli series tenet, omnis anhelat
unda nefas, subterque animae supraque recentes
errant et geminas iungunt caligine ripas.
ille ego clamatus sacris ululatibus amnis,
qui molles thyrsos Baccheaque cornua puro
fonte lavare feror, stipatus caedibus artas
in freta quaero vias; non Strymonos impia tanto
stagna cruore natant, non spumifer altius Hebrus
Gradivo bellante rubet, nee te admonet altrix
unda tuasque manus, iam pridem oblite parentum
Liber? an Eous melius pacatur Hydaspes?
at tu, qui tumidus spoliis et sanguine gaudes
insontis pueri, non hoc ex amne potentem
Inachon aut saevas victor revehere Mycenas,
ni mortalis ego et tibi ductus ab aethere sanguis.’
Sic ait infrendens et sponte furentibus undis
signa dedit: mittit gelidus montana Cithaeron
auxilia antiquasque nives et pabula brumae
ire iubet; frater tacitas Asopos eunti
conciliat vires et hiulcis flumina venis
suggerit. ipse cavae scrutatur viscera terrae
stagnaque torpentesque lacus pigrasque paludes
excutit, atque avidos tollens ad sidera voltus
umentes nebulas exhaurit et aera siccat.
iamque super ripas utroque exstantior ibat
aggere, iam medium modo qui superaverat amnem 
Hippomedon intactus aquis umerosque manusque,
miratur crevisse vadum seseque minorem,
hinc atque hinc tumidi fluctus animosaque surgit
tempestas instar pelagi, cum Pliadas haurit
aut nigrum trepidis impingit Oriona nautis,
non secus aequoreo iactat Teumesius amnis 40
Hippomedonta salo, semperque umbone sinistro
tollitur et clipeum nigrante supervenit aestu
spumeus adsultans, fractaque refunditur unda
et cumulo maiore redit; nec mole liquenti
contentus carpit putres servantia ripas
arbusta annosasque trabes eiectaque fundo
saxa rotat, stat pugna impar amnisque virique,
indignante deo; nec enim dat terga nec ullis
frangitur ille minis, venientesque obvius undas
intrat et obiecta dispellit flumina parma,
stant terra fugiente gradus, et poplite tenso
lubrica saxa tenet, genibusque obnixus et haerens
subruta fallaci servat vestigia limo,
sic etiam increpitans: ‘unde haec, Ismene, repente
ira tibi? quove has traxisti gurgite vires,
imbelli famulate deo solumque cruorem
femineis experte choris, cum Bacchica mugit
buxus et insanae maculant trieterida matres?’
dixerat; atque illi sese deus obtulit ultro
turbidus imbre genas et nube natantis harenae,
nec saevit dictis, trunca sed pectora quercu
ter quater oppositi, quantum ira deusque valebat,
impulit adsurgens: tandem vestigia flexit
excussumque manu tegimen, conversaque lente
terga refert, instant undae sequiturque labantem
amnis ovans; nec non saxis et grandine ferri
desuper infestant Tyrii geminoque repellunt
aggere, quid faciat bellis obsessus et undis?
nec fuga iam misero, nec magnae copia mortis.
Stabat gramineae producta crepidine ripae
undarum ac terrae dubio, sed amicior undis,
fraxinus ingentique vadum possederat umbra,
huius opem — nam qua terras invaderet? — unca
arripuit dextra: nec pertulit illa trahentem;
sed maiore super, quam stabat, pondere victa
solvitur, et qua stagna subit radice quibusque
arentem mordebat humum, demissa superne
iniecit sese trepido ripamque, nec ultra
passa virum subitae vallavit ponte ruinae,
huc undae coeunt, et ineluctabile caeno
verticibusque cavis sidit crescitque barathrum,
iamque umeros, iam colla ducis sinuosa vorago
circuit: hic demum victus suprema fateri
exclamat: ‘fluvione — pudet! — Mars inclyte, merges
hanc animam, segnesque lacus et stagna subibo
ceu pecoris custos, subiti torrentis iniquis
interceptus aquis? adeone occumbere ferro
non merui?’ tandem precibus commota Tonantem
Iuno subit: ‘quonam miseros, sator inclyte divum,
Inachidas, quonam usque premes? iam Pallas et odit
Tydea, iam rapto tacuerunt augure Delphi:
en meus Hippomedon, cui gentis origo Mycenae
Argolicique lares numenque ante omnia Iuno —
sic ego fida meis? — pelagi crudelibus ibit
praeda feris? certe tumidos supremaque victis
iusta dabas; ubi Cecropiae post proelia flammae,
Theseos ignis ubi est?’ non spernit coniugis aequas
ille preces, leviterque oculos ad moenia Cadmi
rettulit, et viso sederunt flumina nutu.
illius exsangues umeri et perfossa patescunt
pectora: ceu ventis alte cum elata resedit
tempestas, surgunt scopuli quaesitaque nautis
terra, et ab infestis descendunt aequora saxis.
quid ripas tenuisse iuvat? premit undique nimbo
telorum Phoenissa cohors, nec tegmina membris
ulla, omnisque patet leto; tunc vulnera manant,
quique sub amne diu stupuit cruor, aere nudo
solvitur et tenues venarum laxat hiatus,
incertique labant undarum e frigore gressus,
procumbit, Getico qualis procumbit in Haemo
seu Boreae furiis putri seu robore quercus
caelo mixta comas, ingentemque aera laxat:
illam nutantem nemus et mons ipse tremiscit,
qua tellure cadat, quas obruat ordine silvas,
non tamen aut ensem galeamve audacia cuiquam 
tangere; vix credunt oculis ingentiaque horrent
funera, et adstrictis accedunt comminus armis.
Tandem adiit Hypseus capulumque in morte tenenti
extrahit et torvos laxavit casside vultus;
itque per Aonios alte mucrone corusco
suspensam ostentans galeam et clamore superbit:
‘hic ferus Hippomedon, hic formidabilis ultor
Tydeos infandi debellatorque cruenti
gurgitis!’ agnovit longe pressitque dolorem
magnanimus Capaneus, telumque immane lacerto
hortatur librans: ‘ades o mihi, dextera, tantum
tu praesens bellis et inevitabile numen,
te voco, te solam superum contemptor adoro.’
sic ait, et voti sese facit ipse potentem,
it tremibunda abies clipeum per et aerea texta
loricae tandemque animam sub pectore magno
deprendit: ruit haud alio quam celsa fragore
turris, ubi innumeros penitus quassata per ictus
labitur effractamque aperit victoribus urbem,
cui super adsistens ‘non infitiamur honorem
mortis’ ait, ‘refer huc oculos, ego vulneris auctor;
laetus abi multumque aliis iactantior umbris!’
tunc ensem galeamque rapit clipeumque revellit
Hypseos; exanimumque tenens super Hippomedonta
‘accipe’ ait, ‘simul hostiles, dux magne, tuasque
exuvias, veniet cineri decus et suus ordo
manibus; interea iustos dum reddimus ignes,
565hoc ultor Capaneus operit tua membra sepulcro.’
sic anceps dura belli vice mutua Grais
Sidoniisque simul nectebat vulnera Mavors:
hic ferus Hippomedon, illic non segnior Hypseus
fletur, et alterni praebent solacia luctus.
Tristibus interea somnum turbata figuris
torva sagittiferi mater Tegeatis ephebi,
crine dato passim plantisque ex more solutis,
ante diem gelidas ibat Ladonis ad undas
purgatura malum fluvio vivente soporem,
namque per attonitas curarum pondere noctes
saepe et delapsas adytis, quas ipsa dicarat,
exuvias, seque ignotis errare sepulcris
extorrem nemorum Dryadumque a plebe fugatam,
saepe novos nati bello rediisse triumphos,
armaque et alipedem notum comitesque videbat,
numquam ipsum, nunc ex umeris fluxisse pharetras,
effigiesque suas simulacraque nota cremari,
praecipuos sed enim illa metus portendere visa est
nox miserae totoque erexit pectore matrem,
nota per Arcadias felici robore silvas
quercus erat, Triviae quam desacraverat ipsa
electam turba nemorum numenque colendo
fecerat: hic arcus et fessa reponere tela,
armaque curva suum et vacuorum terga leonum
figere et ingentes aequantia cornua silvas.
vix ramis 59 locus, agrestes adeo omnia cingunt 
exuviae, et viridem ferri nitor impedit umbram,
hane, ut forte iugis longo defessa redibat
venatu, modo rapta ferox Erymanthidos ursae
ora ferens, multo proscissam vulnere cernit
deposuisse comam et rorantes sanguine ramos
exspirare solo; quaerenti Nympha cruentas
Maenadas atque hostem dixit saevisse Lyaeum.
dum gemit et planctu circumdat pectus inani,
abrupere oculi noctem maestoque cubili
exsilit et falsos quaerit per lumina fletus.
Ergo ut in amne nefas merso ter crine piavit
verbaque sollicitas matrum solantia curas
addidit, armatae ruit ad delubra Dianae
rore sub Eoo, notasque ex ordine silvas
et quercum gavisa videt, tunc limina divae
adstitit et tali nequiquam voce precatur:
‘virgo potens nemorum, cuius non mollia signa
militiamque trucem sexum indignata frequento
more nihil Graio — nec te gens aspera ritu
Colchis Amazoniaeve magis coluere catervae — :
si mihi non umquam thiasi ludusve protervae
noctis et, inviso quamvis temerata cubili,
non tamen aut teretes thyrsos aut mollia gessi
pensa, sed in tetricis et post conubia lustris
sic quoque venatrix animumque innupta remansi:
nec mihi secretis culpam occultare sub antris
cura, sed ostendi prolem posuique trementem
ante tuos confessa pedes; nec degener ille
sanguinis inque meos reptavit protinus arcus,
tela puer lacrimis et prima voce poposcit:
hunc mihi — quid trepidae noctes somnusque minantur?
— hunc, precor, audaci qui nunc ad proelia voto
heu nimium tibi fisus abit, da visere belli
victorem, vel, si ampla peto, da visere tantum!
hic sudet tuaque arma ferat, preme dira malorum
signa; quid in nostris, nemoralis Delia, silvis
Maenades hostiles Thebanaque numina regnant?
ei mihi! cur penitus — simque augur cassa futuri! —
cur penitus magnoque interpreter omine quercum?
quod si vera sopor miserae praesagia mittit,
per te maternos, mitis Dictynna, labores
fraternumque decus, cunctis hune Age sagittis
infelicem uterum; miserae sine funera matris
audiat ille prior!’ dixit, fletuque soluto
aspicit et niveae saxum maduisse Dianae.
Illam diva ferox etiamnum in limine sacro
expositam et gelidas verrentem crinibus aras
linquit, et in mediis frondentem Maenalon astris
exsuperat saltu gressumque ad moenia Cadmi
destinat, interior caeli qua semita lueet
dis tantum, et cunctas iuxta videt ardua terras,
iamque fere medium Parnassi frondea praeter
colla tenebat iter, cum fratrem in nube corusca
aspicit haud solito visu: remeabat ab armis
maestus Echioniis, demersi funera lugens 
auguris. inrubuit caeli plaga sidere mixto,
occursuque sacro pariter iubar arsit utrimque,
et coiere arcus et respondere pharetrae.
ille prior: ‘scio, Labdacias, germana, cohortes
et nimium fortes ausum petis Arcada pugnas.
fida rogat genetrix: utinam indulgere precanti
fata darent! en ipse mei — pudet! — inritus arma
cultoris frondesque sacras ad inania vidi
Tartara et in memet versos descendere vultus;
nec tenui currus terraeque abrupta coegi,
saevus ego immeritusque coli. lugentia cernis
antra, soror, mutasque domos: haec sola rependo
dona pio comiti; nec tu peritura movere
auxilia et maestos in vanum perge labores.
finis adest iuveni, non hoc mutabile fatum,
nec te de dubiis fraterna oracula fallunt.’
‘sed decus extremum certe’ confusa vicissim
virgo refert, ‘veraeque licet solacia morti
quaerere, nec fugiet poenas, quicumque nefandam
insontis pueri scelerarit sanguine dextram
impius, et nostris fas sit saevire sagittis.’
sic effata movet gressus libandaque fratri
parcius ora tulit, Thebasque infesta petivit.
At pugna ereptis maior crudescit utrimque
regibus, alternosque ciet vindicta furores.
Hypseos hinc turmae desolatumque magistro
agmen, at hinc gravius fremit Hippomedontis adempti
orba cohors; praebent obnixi corpora ferro,
idem ardor rabidis externum haurire cruorem
ac fudisse suum, nec se vestigia mutant:
stat cuneo defixa acies, hostique cruento
dant animas et terga negant: cum lapsa per auras
vertice Dircaei velox Latonia montis
adstitit; adgnoscunt colles notamque tremiscit
silva deam, saevis ubi quondam exserta sagittis
fecundam lasso Nioben consumpserat arcu.
Illum acies inter coepta iam caede superbum
nescius armorum et primas tunc passus habenas
venator raptabat equus, quem discolor ambit
tigris et auratis adverberat unguibus armos,
colla sedent nodis et castigata iubarum
libertas, nemorisque notae sub pectore primo
iactantur niveo lunata monilia dente,
ipse bis Oebalio saturatam murice pallam
lucentesque auro tunicas — hoc neverat unum
mater opus — tenui collectus in ilia vinclo,
cornipedis laevo clipeum demiserat armo,
ense gravis nimio: tereti iuvat aurea morsu
fibula, pendentes circum latera aspera cinctus,
vaginaeque sonum tremulumque audire pharetrae
murmur et a cono missas in terga catenas;
interdum cristas hilaris iactare comantis
et pictum gemmis galeae iubar, ast ubi pugna
cassis anhela calet, resoluto vertice nudus
exoritur: tunc dulce comae radiisque trementes
dulce nitent visus et, quas dolet ipse morari,
nondum mutatae rosea lanugine malae,
nec formae sibi laude placet multumque severis
asperat ora minis, sed frontis servat honorem
ira decens. dat sponte locum Thebana iuventus,
natorum memores, intentaque tela retorquent,
sed premit et saevas miserantibus ingerit hastas,
illum et Sidoniae iuga per Teumesia Nymphae
bellantem atque ipso sudore et pulvere gratum
laudant, et tacito ducunt suspiria voto.
Talia cernenti mitis subit alta Dianae
corda dolor, fletuque genas violata ‘quod’ inquit,
‘nunc tibi, quod leti quaeram dea fida propinqui
effugium? haecne ultro properasti in proelia, saeve
ac miserande puer? cruda heu festinaque virtus
suasit et hortatrix animosi gloria leti.
scilicet angustum iamdudum urgentibus annis
Maenalium tibi, parve, nemus, perque antra ferarum
vix tutae sine matre viae, silvestria cuius
nondum tela procax arcumque implere valebas.
et nunc illa meas ingentem plangit ad aras
invidiam surdasque fores et limina lassat:
tu dulces lituos ululataque proelia gaudes
felix et miserae tantum moriture parenti.’
ne tamen extremo frustra morientis honori
adfuerit, venit in medios caligine furva
saepta globos, primumque leves furata sagittas
audacis tergo pueri caelestibus implet
coryton telis, quorum sine sanguine nullum
decidit; ambrosio tum spargit membra liquore,
spargit equum, ne (pio videtur vulnere corpus
ante necem, cantusque sacros et conscia miscet
murmura, secretis quae Colchidas ipsa sub antris
nocte docet monstratque feras quaerentibus herbas.
Tunc vero exserto circumvolat igneus arcu
nec se mente regit, patriae matrisque suique
immemor, et nimium caelestibus utitur armis:
ut leo, cui parvo mater Gaetula cruentos
suggerit ipsa cibos, cum primum crescere sensit
colla iubis torvusque novos respexit ad ungues,
indignatur ali, tandemque effusus apertos
liber amat campos et nescit in antra reverti,
quos, age, Parrhasio sternis, puer improbe, cornu?
prima Tanagraeum turbavit harundo Coroebum
extremo galeae primoque in margine parmae
angusta transmissa via, stat faucibus unda
sanguinis, et sacri facies rubet igne veneni,
saevius Eurytion, cui luminis orbe sinistro
callida tergeminis acies se condidit uncis.
ille trahens oculo plenam labente sagittam
ibat in auctorem: sed divum fortia quid non
tela queant? alio geminatum lumine volnus
explevit tenebras; sequitur tamen improbus hostem,
qua meminit, fusum donec prolapsus in Idan
decidit: hic saevi miser inter funera belli
palpitat et mortem sociosque hostesque precatur.
addit Abantiadas, insignem crinibus Argum
et male dilectum miserae Cydona sorori.
huic geminum obliqua traiecit harundine tempus,
exsilit hac ferrum, velox hac pinna remansit:
fluxit utrimque cruor, nulli tela aspera mortis
dant veniam, non forma Lamum, non infula Lygdum,
non pubescentes texerunt Aeolon anni:
Agitur ora Lamus, fiet saucius inguina Lygdus,
perfossus telo niveam gemis, Aeole, frontem,
te praeceps Euboea tulit, te candida Thisbe
miserat, hunc virides non excipietis Erythrae.
numquam cassa manus, nullum sine numine fugit
missile, nec requies dextrae, sonitumque priori
iungit harundo sequens, unum quis crederet arcum
aut unam saevire manum? modo derigit ictus,
nunc latere alterno dubius conamina mutat,
nunc fugit instantes et solo respicit arcu.
Et iam mirantes indignantesque coibant
Labdacidae, primusque Iovis de sanguine claro
Amphion ignarus adhuc, quae funera campis
ille daret: ‘quonam usque moram lucrabere fati,
o multum meritos puer orbature parentes?
quin etiam menti tumor atque audacia gliscit,
congressus dum nemo tuos pugnamque minorem
dignatur bellis, iramque relinqueris infra,
i, repete Arcadiam mixtusque aequalibus illic,
dum ferus hic vero desaevit pulvere Mavors,
proelia lude domi: quodsi te maesta sepulcri
fama movet, dabimus leto moriare virorum!’
iamdudum hune contra stimulis gravioribus ardet
trux Atalantiades — necdum ille quierat — et infit:
‘sera etiam in Thebas, quarum hic exercitus, arma
profero; quisnam adeo puer, ut bellare recuset
talibus? Arcadiae stirpem et fera semina gentis,
non Thebana vides: non me sub nocte silenti
Thyias Echionio genetrix famulata Lyaeo
edidit, haud umquam deformis vertice mitras
induimus turpemque 98 manu iactavimus hastam,
protinus adstrictos didici reptare per amnes
horrendasque domos magnarum intrare ferarum
et — quid plura loquar? ferrum mea semper et arcus
mater habet, vestri feriunt cava tympana patres.’
non tulit Amphion vultumque et in ora loquentis
telum immane rotat; sed ferri lumine diro
turbatus sonipes sese dominumque retorsit
in latus atque avidam transmisit devius hastam,
acrior hoc iuvenem stricto mucrone petebat
Amphion, cum se medio Latonia campo
iecit et ante oculos omnis stetit obvia vultu.
Haerebat iuveni devinctus amore pudico
Maenalius Dorceus, cui bella suumque timorem
mater et audaces pueri mandaverat annos.
huius tum vultu dea dissimulata profatur:
‘hactenus Ogygias satis infestasse catervas,
Parthenopaee, satis; miserae iam parce parenti, 99 100 [p. 312]
parce deis, quicumque favent.’ nec territus ille:
‘hunc sine me — non plura petam — fidissime Dorceu,
sternere humi, qui tela meis gerit aemula telis
et similes cultus et frena sonantia iactat.
frena regam, cultus Triviae pendebitis alto
limine,, captivis matrem donabo pharetris.’
audiit et mixto risit Latonia fletu.
viderat hanc caeli iamdudum in parte remota
Gradivum complexa venus, dumque anxia Thebas
commemorat Cadmumque viro caraeque nepotes
Harmoniae, pressum tacito sub corde dolorem
tempestiva movet: ‘nonne hanc,Gradive, protervam
virginitate vides mediam se ferre virorum
coetibus? utque acies audax et Martia signa
temperet? en etiam donat praebetque necandos
tot nostra de gente viros, huic tradita virtus,
huic furor? agrestes superest tibi figere dammas.’
desiluit iustis commotus in arma querellis
Bellipotens, cui sola vagum per inane ruenti
Ira comes, reliqui sudant ad bella Furores,
nec mora, cum maestam monitu Letoida duro
increpat adsistens: ‘non haec tibi proelia divum
dat pater; armiferum ni protinus improba campum
deseris, huic aequam nosces nec Pallada dextrae.’
quid faciat contra? premit hinc Mavortia cuspis,
hinc plenae tibi, parve, colus, Iovis inde severi
vultus: abit solo post haec evicta pudore.
At pater Ogygias Mavors circumspicit alas
horrendumque Dryanta movet, cui sanguinis auctor
turbidus Orion, comitesque odisse Dianae
inde furit) patrium, hic 101 turbatos arripit ense
Arcadas exarmatque ducem; cadit agmine longo
Cyllenes populus Tegeesque habitator opacae,
Aepytiique duces Telphusiacaeque phalanges,
ipsum autem et lassa fidit prosternere dextra,
nec servat vires: etenim huc iam fessus et illuc
mutabat turmas; urgent praesagia mille
funeris, et nigrae praecedunt nubila mortis,
iamque miser raros comites verumque videbat
Dorcea, iam vires paulatim abscedere sensit,
sensit et exhaustas umero leviore pharetras;
iam minus atque minus fert arma puerque videtur
et sibi, cum torva clipei metuendus obarsit
luce Dryas: tremor ora repens ac viscera torsit
Arcados; utque feri vectorem fulminis albus
cum supra respexit olor, cupit hiscere ripam
Strymonos et trepidas in pectora contrahit alas:
sic iuvenem saevi conspecta mole Dryantos
iam non ira subit, sed leti nuntius horror,
arma tamen, frustra superos Triviamque precatus,
molitur pallens et surdos expedit arcus,
iamque instat telis et utramque obliquus  in ulnam
cornua contingit mucrone et pectora nervo,
cum ducis Aonii magno cita turbine cuspis 
fertur in adversum nervique obliqua sonori
vincla secat: pereunt ictus manibusque remissis
vana supinato ceciderunt spicula cornu.
tunc miser et frenos turbatus et arma remisit,
vulneris impatiens, umeri quod tegmine dextri
intrarat facilemque cutem: subit altera cuspis
cornipedisque fugam succiso poplite sistit,
tunc cadit ipse Dryas — mirum — nec vulneris umquam
conscius: olim auctor teli causaeque patebunt.107
At puer infusus sociis in devia campi
tollitur — heu simplex aetas! — moriensque iacentem
flebat equum; cecidit laxata casside vultus,
aegraque per trepidos exspirat gratia visus,
et prensis concussa comis ter colla quaterque
stare negant, ipsisque nefas lacrimabile Thebis,
ibat purpureus niveo de pectore sanguis,
tandem haec singultu verba incidente profatur:
‘labimur, i, miseram, Dorceu, solare parentem.
illa quidem, si vera ferunt praesagia curae,
aut somno iam triste nefas aut omine vidit,
tu tamen arte pia trepidam suspende diuque
decipito; neu tu subitus neve arma tenenti
veneris, et tandem, cum iam cogere fateri,
dic: merui, genetrix, poenas invita capesse;
arma puer rapui, nec te retinente quievi,
nec tibi sollicitae tandem inter bella peperci,
vive igitur potiusque animis irascere nostris,
et iam pone metus, frustra de colle Lycaei
anxia prospectas, si quis per nubila longe
aut sonus aut nostro sublatus ab agmine pulvis:
frigidus et nuda iaceo tellure, nec usquam
tu prope, quae voltus efflantiaque ora teneres.
hunc tamen, orba parens, crinem’ dextraque secandum
praebuit ‘hunc toto capies pro corpore crinem,
comere quem frustra me dedignante solebas,
huic dabis exsequias, atque inter iusta memento,
ne quis inexpertis hebetet mea tela lacertis
dilectosque canes ullis agat amplius antris.
haec autem primis arma infelicia castris
ure, vel ingratae crimen suspende Dianae.’","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi1020.phi001.perseus-lat1:9","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Rapporto': 'ESTENDE'}, {'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Rapporto': 'ESTENDE'}, {'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'ESTENDE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"ESTENDE","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"88-90","from":22165.0,"to":22170.0,"NomeAutore":"Publio Papinio Stazio","TitoloFonte":"Tebaide"}, +{"Annotazione":"E queste parole hanno\ndue sposizioni; una si referisce alla etade dello Autore, l'altra\nal tempo della sua speculazione. Alla etade, cio\u00e8 XXXV anni, che\n\u00e8 mezo di LXX anni, li quali sono il corso universalmente comune\ndella nostra etade, quando non si passano, per ottima\ncomplessione, o si minuiscono, per mala complessione od\naccidente. Cogliesi dunque che l'Autore fosse d'etade di XXXV\nanni, quando cominci\u00f2 questa sua Opera. Questa etade \u00e8 perfetta;\nha forteza, ed ha cognizione. Alcuni dicono, che la etade di\nXXXIIJ anni \u00e8 mezo, cogliendola dalla vita di Cristo; dicono, che\ninfino a quello tempo la virt\u00f9 e le potenze corporali crescono; e\nda l\u00ec in su col calore naturale diminuiscono; s\u00ec che quella etade\nsia mezo e termine tra lo montare e lo scendere. In questa etade\ndebbono li uomini essere quanto si puote umanamente perfetti,\nlasciare le cose giovanesche, partirsi da' vizj, e seguire virt\u00f9\ne conoscenza. E con questa motiva essemplifica s\u00e8 l'Autore agli\naltri: duolsi del tempo passato in vita viziosa, e volge li passi\na' migliori gradi. Al tempo della sua speculazione si puote\nquesta parola riferire, cio\u00e8 che elli si trovasse nel tempo della\nnotte, la quale tiene mezo del camino mortale, per\u00f2 che tanto\ncomprendono le notti, quanto li d\u00ec, compensati tutti li tempi, ed\nancora pi\u00f9 che l'Autore cominci\u00f2 questa opera a mezo Marzo,\nquando erano eguali li d\u00ec con le notti; e seguita che si trov\u00f2\nper una selva oscura, ec.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"L'Ottimo Commento 1333","Frammenti":[" Nel mezzo del cammin"],"FrammentoNota":"
Alcuni dicono, che la etade di\r\nXXXIIJ anni è mezo, cogliendola dalla vita di Cristo; dicono, che\r\ninfino a quello tempo la virtù e le potenze corporali crescono; e\r\nda lì in su col calore naturale diminuiscono; sì che quella etade\r\nsia mezo e termine tra lo montare e lo scendere.  In questa etade\r\ndebbono li uomini essere quanto si puote umanamente perfetti,\r\nlasciare le cose giovanesche, partirsi da' vizj, e seguire virtù\r\ne conoscenza.  E con questa motiva essemplifica sè l'Autore agli\r\naltri: duolsi del tempo passato in vita viziosa, e volge li passi\r\na' migliori gradi. <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","InfoCitazione.LuogoFonte":"IV, xxiii, 9-11","InfoCitazione.NotaFonte":"Che il riferimento sia al \"Convivio\", lo conferma l\u2019edizione 2018 dell\u2019Ottimo Commento, che presenta il seguente testo: \u00ab[1] Nel mezzo etc. In questo e nel seguente capitulo, s\u00ed come detto, fa proemio e mostra sua disposizione s\u00ed d\u2019essere come di tempo, la quale per alleguria difigura la disposizione dell\u2019umana spetie. E dice nel mezzo, onde \u00e8 da notare che il camino della peregrina vita delli uomini, s\u00ed come l\u2019aultore stesso chiosa sopra la sua canzone che fece della gentilezza, comprende perfetto naturalmente iiiio etadi, ci\u00f2 sono adolescenza, giovenezza, senetta e senio\u00bb (Ottimo I, p. 16). La \u00abcanzone della gentilezza\u00bb \u00e8 \"Le dolci rime d\u2019amor ch\u2019i' solia\", commentata proprio nel IV libro del \"Convivio\".","InfoCitazione.TestoFonte":"Là dove sia lo punto sommo di questo arco, per quella disaguaglianza che detta è di sopra, è forte da sapere; ma nelli più, io credo, tra il trentesimo e 'l quarantesimo anno; e io credo che nelli perfettamente naturati esso ne sia nel trentacinquesimo anno. E muovemi questa ragione: che ottimamente naturato fue lo nostro salvatore Cristo, lo quale volle morire nel trentaquattresimo anno della sua etade; ché non era convenevole la divinitade stare in cosa in discrescere; né da credere è ch'elli non volesse dimorare in questa nostra vita al sommo, poi che stato c'era nel basso stato della puerizia. E ciò manifesta l'ora del giorno della sua morte, cioè di Cristo, che volle quella consimigliare colla vita sua: onde dice Luca che era quasi ora sesta quando morìo, che è a dire lo colmo del die. Onde si può comprendere per quello quasi che al trentacinquesimo anno di Cristo era lo colmo della sua etade.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=73&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"1-2","from":0.0,"to":4.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
+{"Annotazione":"E sebbene il\nprofeta Daniello degli angeli parlando dica, Millia millium\nministrabant ei, et decies millies centena millia assistebant ei<\/i>\n[Dan.<\/i> 7]; tu nondimeno, se ben guardi, dei accorgerti che per\ncotali migliaia si cela<\/b> [vale non si manifesta<\/i><\/b>] il loro\ndeterminato numero.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  E, se tu guardi quel"],"FrammentoNota":"
E sebbene il profeta Daniello degli angeli parlando dica, Millia millium ministrabant ei, et decies millies centena millia assistebant ei <\/i>[Dan.<\/i> 7]; tu nondimeno, se ben guardi, dei accorgerti che per cotali migliaia si cela<\/b> [vale non si manifesta<\/i>] il loro determinato numero.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q80115","InfoCitazione.LuogoFonte":"VII 10","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"milia milium ministrabant ei,
et decies milies centena milia assistebant ei:","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_danielis_lt.html#7","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"133-135","from":29248.0,"to":29253.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro di Daniele"}, +{"Annotazione":"E' questo~, che profetizza~,\nCarlo Martello primogenito di Carlo II. il Zoppo Re di Napoli~,\ne Signor di Provenza [Il nome di Carlo<\/i> nel canto seg. v. I~;\nla posseduta da Carlo Martello corona d'Ungheria~, l'appartenenza\na lui della corona di Napoli e di Sicilia e l' essere morto prima\ndel 1300.~, anno in cui finge Dante questo suo viaggio~, formano\nun complesso di circostanze che non pu\u00f2 convenire ad altri che a\nCarlo Martello.]. Fu egli~, vivente suo padre~, coronato Re d'\nUngheria~; e se sopravvissuto fosse al padre sarebbe~, come\nprimogenito~, ch'egli era~, entrato ancora al possesso degli\nstati paterni anzidetti~: ma premorto essendo al padre [Carlo II.\ndetto il Zoppo<\/i> mor\u00ec del 1309.[Vedi Gio. Villani lib. 8. cap.\n108.] e Carlo Martello era in Paradiso nel 1300.~], vi\ns'intruse~, ad esclusione de' figli di Carlo Martello~, il\nfratello Roberto~; del cui mal governo gi\u00e0 effettuato quando\nDante queste cose scriveva [Nella nota al verso 101. del canto\nI. dell'Inferno s' \u00e8 fatto vedere che proseguiva Dante a\ntravagliare intorno a questo suo poema in vicinanza dell'anno\n1318. e Roberto gi\u00e0 fino dall'anno 1309. in cui gli mor\u00ec il\npadre~, incominci\u00f2 a regnare. Vedi Gio. Villani lib. 8. cap.\n112.~], fa che il morto Carlo Martello parecchi anni prima ne sia\nprofeta. Tra i mali cagionati dal governo di Roberto~, dee il\nGhibellino Dante~, per l'amicizia e speranze~, che aveva\nnell'Imperatore Arrigo VII.[Memor. per la vita di Dante<\/i>\n{paragraph}. 13.] intendere principalmente le guerre e stragi dal\nmedesimo Roberto cagionate coll'opporsi alla coronazione ed\ningrandimento di Arrigo [Vedi Gio. Villani lib. 9. cap. 38. e\nsegg.].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"08","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Molto sar\u00e0 di mal."],"FrammentoNota":"
Il nome di Carlo<\/i> nel canto seg.  v.  I<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Par. IX 1","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Da poi che Carlo tuo, bella Clemenza,","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=76&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"51","from":7320.0,"to":7324.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"E' saggio avviso del\nDaniello~, che tocchi Dante qu\u00ec brevemente la santissima\nTrinit\u00e0~, significando per la prima virt\u00f9<\/i> il Padre~, per la\nchiara vista<\/i> la sapienza del Figliuolo~, e pe 'l caldo amore<\/i>\nla carit\u00e0 dello Spirito santo~; e dir voglia~, che quando Iddio\nimmediatemente per se stesso dispone la materia~, e v' imprime il\nproprio suggello~, quivi<\/i> [dee valere quanto allora<\/i> [Vedi Cin.\nPartic.<\/i> 219. 4.]] si acquista<\/i> [dalla cosa<\/i>, intendi] tutta\nla perfezione.<\/i> Allude [siegue il Venturi] a quel Dei perfecta\nsunt opera<\/i> [Deut. 32.~], intendendolo in senso comparativo tra\nl'opere fatte da dio immediate~, e le fatte per mezzo delle cause\nnaturali.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"13","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Se 'l caldo amor ec."],"FrammentoNota":"
Allude [siegue il Venturi] a quel Dei perfecta sunt opera<\/i> [Deut. 32.], intendendolo in senso comparativo tra l'opere fatte da dio immediate, e le fatte per mezzo delle cause naturali.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q42614","InfoCitazione.LuogoFonte":"XXXII 4","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Perfecta sunt opera eius,","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_deuteronomii_lt.html#32","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'CONFERMA'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"79-81","from":12653.0,"to":12674.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Deuteronomio"},
+{"Annotazione":"E, con una frase sprezzante,\nche ricorda quella contro i vilissimi del Vestibolo (III, 51),\ntroncando la narrazione, lo lascia in preda all'ira sua e dei\ncompagni.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":["  che pi\u00f9 non ne narro"],"FrammentoNota":"
E, con una frase sprezzante,\r\nche ricorda quella contro i vilissimi del Vestibolo (III, 51),\r\ntroncando la narrazione, lo lascia in preda all'ira sua e dei\r\ncompagni.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inferno III, 49-51","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Fama di loro il mondo esser non lassa;
misericordia e giustizia li sdegna:
non ragioniam di lor, ma guarda e passa\".","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=3&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"64","from":7188.0,"to":7193.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Ecco come descrive l'arpie Virgilio\n\n Tristius haud illis monstrum, nec saevior ulla<\/i>\n Pestis et ira Deum stygiis se se extulit undis.<\/i>\n Virginei volucrum vultus, faedissima ventris<\/i>\n Proluvies, uncaeque manus, et pallida semper<\/i>\n Ora fame.<\/i> \n [Aeneid.<\/i> III, 214 et segg.]\n\nnidi<\/b> legge la Nidobeatina, e nido<\/i><\/b> l'altre edizioni.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"13","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Brutte arpie."],"FrammentoNota":"
Ecco come descrive l'arpie Virgilio\r\n     Tristius haud illis monstrum, nec saevior ulla<\/i>\r\n     Pestis et ira Deum stygiis se se extulit undis.<\/i>\r\n     Virginei volucrum vultus, faedissima ventris<\/i>\r\n     Proluvies, uncaeque manus, et pallida semper<\/i>\r\n     Ora fame.<\/i> \r\n      [Aeneid.<\/i> III, 214 et segg.]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","InfoCitazione.LuogoFonte":"III 214-218","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Tristius haud illis monstrum, nec saevior ulla
pestis et ira deum Stygiis sese extulit undis.
Virginei volucrum voltus, foedissima ventris
proluvies, uncaeque manus, et pallida semper
ora fame.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Verg.+A.+3.214&fromdoc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"10","from":11524.0,"to":11526.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, +{"Annotazione":"Ecuba, la vedova di Priamo,\ntratta prigioniera (cattiva<\/b>) da' Greci, vide prima la sua\nfigliuola Polissena immolata da quelli all'ombra di Achille; poi\nsu' lidi della Tracia si abbatt\u00e8 nel cadavere di Polidoro suo\nfiglio perfidamente ucciso da Polinnestore: ond'ella, vinta dal\nduolo, mise altissime grida. I Poeti finsero si fosse\ntrasformata in cagna. Ved. Ovidio, Met., XIII.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"30","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":[" Ecuba trista"],"FrammentoNota":"Ecuba trista<\/b> ec. Ecuba, la vedova di Priamo, tratta prigioniera (cattiva<\/b>) da' Greci, vide prima la sua figliuola Polissena immolata da quelli all'ombra di Achille; poi su' lidi della Tracia si abbattè nel cadavere di Polidoro suo figlio perfidamente ucciso da Polinnestore: ond'ella, vinta dal duolo, mise altissime grida. I Poeti finsero si fosse trasformata in cagna. Ved. Ovidio, Met., XIII.","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","InfoCitazione.LuogoFonte":"Metamorphoseon libri XIII, 533-575","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Dixit et ad litus passu processit anili,
albentes lacerata comas. “Date, Troades, urnam”
dixerat infelix, liquidas hauriret ut undas:
adspicit eiectum Polydori in litore corpus
factaque Threiciis ingentia vulnera telis!
Troades exclamant: obmutuit illa dolore,
et pariter vocem lacrimasque introrsus obortas
devorat ipse dolor, duroque simillima saxo
torpet et adversa figit modo lumina terra,
interdum torvos sustollit ad aethera vultus,
nunc positi spectat vultum, nunc vulnera nati
vulnera praecipue, seque armat et instruit iram.”
Qua simul exarsit, tamquam regina maneret,
ulcisci statuit poenaeque in imagine tota est,
utque furit catulo lactente orbata leaena
signaque nacta pedum sequitur, quem non videt, hostem,
sic Hecube, postquam cum luctu miscuit iram,
non oblita animorum, annorum oblita suorum,
vadit ad artificem dirae, Polymestora, caedis
conloquiumque petit: nam se monstrare relictum
velle latens illi, quod nato redderet, aurum.
Credidit Odrysius praedaeque adsuetus amore
in secreta venit. Tum blando callidus ore
“tolle moras, Hecube,” dixit, “da munera nato!
Omne fore illius quod das, quod et ante dedisti,
per superos iuro.” Spectat truculenta loquentem
falsaque iurantem tumidaque exaestuat ira
atque ita correpto captivarum agmina matrum
invocat et digitos in perfida lumina condit
expellitque genis oculos (facit ira nocentem)
immergitque manus, foedataque sanguine sonti
non lumen (neque enim superest), loca luminis haurit.
Clade sui Thracum gens inritata tyranni
Troada telorum lapidumque incessere iactu
coepit. At haec missum rauco cum murmure saxum
morsibus insequitur, rictuque in verba parato
latravit, conata loqui: locus exstat et ex re
nomen habet, veterumque diu memor illa malorum
tum quoque Sithonios ululavit maesta per agros.
illius Troasque suos hostesque Pelasgos,
illius fortuna deos quoque moverat omnes,
sic omnes, ut et ipsa Iovis coniunxque sororque
eventus Hecubam meruisse negaverit illos.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0029%3Abook%3D13%3Acard%3D494","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"16-20","from":28881.0,"to":28883.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, +{"Annotazione":"Ed era in tale umile\natteggiamento, che, come figura in cera per suggello apparisce,\ncos\u00ec chiaramente apparivano dirsi da lei quelle parole Ecce\nancilla Dei.<\/b> Ancilla Domini<\/i> hassi nel Vangelo [Luc. I], ma\nDei<\/i><\/b>, sinonimo di Domini<\/i><\/b>, serve al numero del verso.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"10","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Ed avea in atto"],"FrammentoNota":"
Ed era in tale umile atteggiamento, che, come figura in cera per suggello apparisce, così chiaramente apparivano dirsi da lei quelle parole Ecce ancilla Dei.<\/b>  Ancilla Domini<\/i> hassi nel Vangelo [Luc. I], ma Dei<\/b>, sinonimo di Domini<\/i>, serve al numero del verso.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128538","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q39939","InfoCitazione.LuogoFonte":"I 38","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Dixit autem Maria: “ Ecce ancilla Domini; fiat mihi secundum verbum tuum ”.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-lucam_lt.html#1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"43-45","from":9422.0,"to":9439.0,"NomeAutore":"Luca","TitoloFonte":"Vangelo secondo Luca"},
+{"Annotazione":"Eleate filosofo sosteneva~, tra gli\naltri errori~, che il sole fosse composto di caldo e di freddo\n[Vedi Diog.  Laerzio De vitis Philosopher.<\/i>  lib. 9.\nParmenides.<\/i>]. — Melisso<\/i> filosofo di Samo~, erasi tra gli\naltri errori~, messo a sostenere~, che ralmente moto veruno non\nsi desse~, ma che solamente sembrasse [Vedi il medesimo Laerzio\nivi~, Melissus.<\/i>] — Brisso<\/i>, filosofo antichissimo~, di cui fa\nmenzione Aristotile nel. I. libro Posteriorum analyticorum<\/i>, al\ncapo 9.  dove si rapporta e si biasima la sua maniera di provare\nla quadratura.  I comentatori del nostro Poeta passano costui\nsotto silenzio.  Volpi.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"13","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Parmenide"],"FrammentoNota":"
Parmenide <\/strong>Eleate filosofo sosteneva, tra gli altri errori, che il sole fosse composto di caldo e di freddo [Vedi Diog.  Laerzio De vitis Philosopher.<\/i>  lib. 9. Parmenides.<\/i>]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q59138","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1282359","InfoCitazione.LuogoFonte":"IX iii 21-23","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"[21] Ξενοφ\u03acνους δ\u1f72 δι\u03aeκουσε Παρμεν\u03afδης Π\u03cdρητος \u1f18λε\u03acτης \u1ffeτο\u1fe6τον Θε\u03ccφραστος \u1f10ν τ\u1fc7 \u1f18πιτομ\u1fc7 \u1f08ναξιμ\u03acνδρου φησ\u1f76ν \u1f00κο\u1fe6σα\u1f30. \u1f45μως δ\u1fbd ο\u1f56ν \u1f00κο\u03cdσας κα\u1f76 Ξενοφ\u03acνους ο\u1f50κ \u1f20κολο\u03cdθησεν α\u1f50τ\u1ff7. \u1f10κοιν\u03ceνησε δ\u1f72 κα\u1f76 \u1f08μειν\u03af\u1fb3 Διοχα\u03afτα τ\u1ff7 Πυθαγορικ\u1ff7, \u1f61ς \u1f14φη Σωτ\u03afων, \u1f00νδρ\u1f76 π\u03adνητι μ\u03adν, καλ\u1ff7 δ\u1f72 κα\u1f76 \u1f00γαθ\u1ff7. \u1fa7 κα\u1f76 μ\u1fb6λλον \u1f20κολο\u03cdθησε κα\u1f76 \u1f00ποθαν\u03ccντος \u1f21ρ\u1ff7ον \u1f31δρ\u03cdσατο γ\u03adνους τε \u1f51π\u03acρχων λαμπρο\u1fe6 κα\u1f76 πλο\u03cdτου, κα\u1f76 \u1f51π\u1fbd \u1f08μειν\u03afου \u1f00λλ\u1fbd ο\u1f50χ \u1f51π\u1f78 Ξενοφ\u03acνους ε\u1f30ς \u1f21συχ\u03afαν προετρ\u03acπη. Πρ\u1ff6τος δ\u1fbd ο\u1f57τος τ\u1f74ν γ\u1fc6ν \u1f00π\u03adφαινε σφαιροειδ\u1fc6 κα\u1f76 \u1f10ν μ\u03adσ\u1ff3 κε\u1fd6σθαι. δ\u03cdο τε ε\u1f36ναι στοιχε\u1fd6α, π\u1fe6ρ κα\u1f76 γ\u1fc6ν, κα\u1f76 τ\u1f78 μ\u1f72ν δημιουργο\u1fe6 τ\u03acξιν \u1f14χειν, τ\u1f74ν δ\u1fbd \u1f55λης. 2 [22] γ\u03adνεσ\u03afν τ\u1fbd \u1f00νθρ\u03ceπων \u1f10ξ \u1f21λ\u03afου πρ\u1ff6τον γεν\u03adσθαι: α\u1f50τ\u1f78ν δ\u1f72 \u1f51περ\u03adχειν3 τ\u1f78 θερμ\u1f78ν κα\u1f76 τ\u1f78 ψυχρ\u03ccν, \u1f10ξ \u1f67ν τ\u1f70 π\u03acντα συνεστ\u03acναι. κα\u1f76 τ\u1f74ν ψυχ\u1f74ν κα\u1f76 τ\u1f78ν νο\u1fe6ν τα\u1f50τ\u1f78ν ε\u1f36ναι, καθ\u1f70 μ\u03adμνηται κα\u1f76 Θε\u03ccφραστος \u1f10ν το\u1fd6ς Φυσικο\u1fd6ς, π\u03acντων σχεδ\u1f78ν \u1f10κτιθ\u03adμενος τ\u1f70 δ\u03ccγματα. δισσ\u03aeν τε \u1f14φη τ\u1f74ν φιλοσοφ\u03afαν, τ\u1f74ν μ\u1f72ν κατ\u1fbd \u1f00λ\u03aeθειαν, τ\u1f74ν δ\u1f72 κατ\u1f70 δ\u03ccξαν. δι\u1f78 κα\u03af φησ\u03af που: χρε\u1f7c δ\u03ad σε π\u03acντα πυθ\u03adσθαι \u1f20μ\u1f72ν \u1f08ληθε\u03afης ε\u1f50κυκλ\u03adος4 \u1f00τρεμ\u1f72ς \u1f26τορ, \u1f20δ\u1f72 βροτ\u1ff6ν δ\u03ccξας, τα\u1fd6ς ο\u1f50κ \u1f14νι π\u03afστις \u1f00ληθ\u03aeς. Κα\u1f76 α\u1f50τ\u1f78ς δ\u1f72 δι\u1f70 ποιημ\u03acτων φιλοσοφε\u1fd6, καθ\u03acπερ \u1f29σ\u03afοδ\u03ccς τε κα\u1f76 Ξενοφ\u03acνης κα\u1f76 \u1f18μπεδοκλ\u1fc6ς. κριτ\u03aeριον δ\u1f72 τ\u1f78ν λ\u03ccγον ε\u1f36πε: τ\u03acς τε α\u1f30σθ\u03aeσεις μ\u1f74 \u1f00κριβε\u1fd6ς \u1f51π\u03acρχειν. φησ\u1f76 γο\u1fe6ν: μηδ\u03ad σ\u1fbd \u1f14θος πολ\u03cdπειρον \u1f41δ\u1f78ν κατ\u1f70 τ\u03aeνδε βι\u03acσθω νωμ\u1fb6ν \u1f04σκοπον \u1f44μμα κα\u1f76 \u1f20χ\u03aeεσσαν \u1f00κου\u1f74ν κα\u1f76 γλ\u1ff6σσαν, κρ\u1fd6ναι δ\u1f72 λ\u03ccγ\u1ff3 πολ\u03cdδηριν \u1f14λεγχον. 5 [23] δι\u1f78 κα\u1f76 περ\u1f76 α\u1f50το\u1fe6 φησιν \u1f41 Τ\u03afμων: Παρμεν\u03afδου τε β\u03afην μεγαλ\u03ccφρονος ο\u1f50 πολ\u03cdδοξον, \u1f45ς \u1fe5\u1fbd \u1f00π\u1f78 φαντασ\u03afας \u1f00π\u03acτης \u1f00νενε\u03afκατο ν\u03ceσεις. ε\u1f30ς το\u1fe6τον κα\u1f76 Πλ\u03acτων τ\u1f78ν δι\u03acλογον γ\u03adγραφε, \"Παρμεν\u03afδην\" \u1f10πιγρ\u03acψας \"\u1f22 Περ\u1f76 \u1f30δε\u1ff6ν.\" \u1f2cκμαζε δ\u1f72 κατ\u1f70 τ\u1f74ν \u1f10ν\u03acτην κα\u1f76 \u1f11ξηκοστ\u1f74ν \u1f48λυμπι\u03acδα. κα\u1f76 δοκε\u1fd6 πρ\u1ff6τος πεφωρακ\u03adναι τ\u1f78ν α\u1f50τ\u1f78ν ε\u1f36ναι \u1f1dσπερον κα\u1f76 Φωσφ\u03ccρον, \u1f65ς φησι Φαβωρ\u1fd6νος \u1f10ν π\u03adμπτ\u1ff3 \u1f08πομνημονευμ\u03acτων: ο\u1f31 δ\u1f72 Πυθαγ\u03ccραν: Καλλ\u03afμαχος δ\u03ad φησι μ\u1f74 ε\u1f36ναι α\u1f50το\u1fe6 τ\u1f78 πο\u03afημα. λ\u03adγεται δ\u1f72 κα\u1f76 ν\u03ccμους θε\u1fd6ναι το\u1fd6ς πολ\u03afταις, \u1f65ς φησι Σπε\u03cdσιππος \u1f10ν τ\u1ff7 Περ\u1f76 φιλοσ\u03ccφων. κα\u1f76 πρ\u1ff6τος \u1f10ρωτ\u1fc6σαι τ\u1f78ν \u1f08χιλλ\u03adα λ\u03ccγον, \u1f61ς Φαβωρ\u1fd6νος \u1f10ν Παντοδαπ\u1fc7 \u1f31στορ\u03af\u1fb3. Γ\u03adγονε δ\u1f72 κα\u1f76 \u1f15τερος Παρμεν\u03afδης, \u1fe5\u03aeτωρ τεχνογρ\u03acφος.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:greekLit:tlg0004.tlg001.perseus-grc1:9.3","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"125","from":12988.0,"to":12989.0,"NomeAutore":"Diogene Laerzio","TitoloFonte":"Vite e dottrine dei filosofi illustri"},
+{"Annotazione":"Ellissi, e come se avesse\ninvece detto: E vedeste nel mondo<\/i> [non al Limbo<\/i>, come chiosa\nil Venturi], desiderare in vano d'intendere la ragione di tutte\nle divine opere tali, che, se fossero stati umili, avrebbeli\nIddio illuminati; e sarebbe ora in Paradiso appagato loro quel\ndesiderio di veder Dio, che rimane in essi colaggi\u00f9 nel Limbo\nsenza speranza di mai appagarlo<\/i> [Inf. IV, 41 e seg.].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"03","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  E disiar vedeste"],"FrammentoNota":"
Sarebbe ora in Paradiso appagato loro quel desiderio di veder Dio, che rimane in essi colaggiù nel Limbo senza speranza di mai appagarlo<\/i> [Inf. IV, 41 e seg.]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. III 41-42","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"semo perduti, e sol di tanto offesi
che sanza speme vivemo in disio\".","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=4","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"40-42","from":2170.0,"to":2173.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Ellittico parlare,\ne come se detto avesse: se bene capisci per qual ragione abbia\ns. Paolo detto la fede primieramente<\/i> sperandarum substantia\nrerum, e poscia<\/i> argumentum non apparentium.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Se bene intendi, perch\u00e8"],"FrammentoNota":"
Ellittico parlare, e come se detto avesse: se bene capisci per qual ragione abbia s. Paolo detto la fede primieramente<\/i> sperandarum substantia rerum, e poscia<\/i> argumentum non apparentium.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9200","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128608","InfoCitazione.LuogoFonte":"XI 1","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Est autem fides sperandarum substantia rerum, argumentum non apparentium.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-hebraeos_lt.html#11","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"68-69","from":23754.0,"to":23768.0,"NomeAutore":"Paolo di Tarso","TitoloFonte":"Lettera agli Ebrei"},
+{"Annotazione":"Ellittico parlare, in luogo\ndi dire, non solamente non si pu\u00f2 dire che Affricano, o vero\nAugusto, trionfando rendesse Roma allegra di carro ugualmente\nbello.<\/i>  Affricano<\/b> fu appellato Scipione il maggiore per la\nvittoria riportata in Affrica contro di Annibale, per la quale\nvittoria ebbe in Roma l'onore del trionfo.  Augusto<\/b> Ottaviano\nImperatore di cui Svetonio Curules triumphos tres egit,\nDalmaticum, Actiacum, Alexandrinum; continuo triduo omnes<\/i><\/b> [Nella\nvita di Ottaviano Augusto cap. 22]  — quel del Sole<\/i><\/b> ec. il\ncarro del Sole, quantunque bellissino, al paragone di questo\nsarebbe meschino.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Non che Roma"],"FrammentoNota":"
Augusto<\/b> Ottaviano Imperatore di cui Svetonio Curules triumphos tres egit, Dalmaticum, Actiacum, Alexandrinum; continuo triduo omnes<\/i> [Nella vita di Ottaviano Augusto cap. 22] <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q10133","InfoCitazione.Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/divus-augustus","InfoCitazione.LuogoFonte":"XXII 1","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"curulis triumphos tris egit, Delmaticum, Actiacum, Alexandrinum, continuo triduo omnes.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi1348.abo012.perseus-lat1:22.1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"115-117","from":29630.0,"to":29633.0,"NomeAutore":"Gaio Svetonio Tranquillo","TitoloFonte":null},
+{"Annotazione":"Enea, di cui\nVirgilio\n\n     Rex erat Aeneas nobis, quo iustior alter<\/i>\n     Nec pietate fuit, nec bello maior et armis<\/i> \n     [Aeneid.<\/i> I, 148].\n\nTroia<\/b> qui non per la citt\u00e0, che Ilion<\/b> appella, ma per tutta\nla regione di cui Ilion era la capitale.  Ilium<\/i><\/b> [scrive Roberto\nStefano] proprie civitas est: nam regio Troia est: quamvis\ninterdum pro civitate Troiam ponat Virgilius<\/i> [Thesaurus ling.\nLat.<\/i> art. Ilium<\/i>]  — Ilion<\/i><\/b> scrive Dante uniformemente al\nGreco I%lambda%iota%o%nu\\, e superbo<\/i><\/b> appellandolo imita quel\nVirgiliano ceciditque superbum Ilium<\/i> Aeneid. III, 2  —\ncombusto<\/b>, dal Laitno comburo<\/i><\/b>, per abbruciato<\/i> adoprano altri\nautori di lingua.  Vedi 'l Vocab. della Cr.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Giusto figliuol d'Anchise"],"FrammentoNota":"
Enea<\/strong>, di cui Virgilio Rex erat Aeneas nobis, quo iustior alter <\/i>Nec pietate fuit, nec bello maior et armis<\/i>.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","InfoCitazione.LuogoFonte":"I 544-545.","InfoCitazione.NotaFonte":"Riferimento errato di Lombardi a Aen. I, 148-149 (anzich\u00e9 544-545).","InfoCitazione.TestoFonte":"Rex erat Aeneas nobis, quo iustior alter<\/i> 
Nec pietate fuit, nec bello maior et armis<\/i>.
<\/b>","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Verg.+A.+1.544&fromdoc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"73-75","from":533.0,"to":537.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, +{"Annotazione":"Entrando in dettaglio del come\nper le dette due vie, di ragione, e di autorit\u00e0, raddrizzisi\nl'amor nostro a tendere debitamente in Dio incomincia dal\npremettere, che il bene inteso da noi in quanto bene<\/b> [cio\u00e8 non\ncon istortura appreso diversamente da quello ch'egli \u00e8] fassi\namare, e che quanto pi\u00f9 di bont\u00e0 l'inteso bene comprende, tanto\nmaggio<\/b>, maggior [Della voce maggio<\/b> per maggiore vedi ci\u00f2 ch'\u00e8\ndetto Inf. XXXI, 84, Parad. VI, 120, XIV, 97 ec.] amore eccita in\nnoi.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"26","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Che 'l bene"],"FrammentoNota":"
Della voce maggio<\/b> per maggiore vedi ciò ch'è detto Inf. XXXI, 84, Parad. VI, 120, XIV, 97 ec.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. XXXI 84","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"trovammo l'altro assai più fero e maggio.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=31&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"28-30","from":25562.0,"to":25584.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Enumera i tre\nprincipali affetti di natura.  Ovidio, nel I dell'Eroidi, fa dire\na Penelope: «Tres sumus imbelles numero: sine viribus, uxor,\nLaertesque senex, Telemachusque puer.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"26","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":["  N\u00e8 dolcezza di figlio"],"FrammentoNota":"Nè dolcezza di figlio<\/b> ec. Enumera i tre principali affetti di natura. Ovidio, nel I dell'Eroidi, fa dire a Penelope: «Tres sumus imbelles numero: sine viribus, uxor, Laertesque senex, Telemachusque puer.»","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1236672","InfoCitazione.LuogoFonte":"Heroides I, 97-98","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Tres sumus inbelles numero, sine viribus uxor
Laertesque senex Telemachusque puer","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3atext%3a1999.02.0068%3atext%3dEp.","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"94-96","from":25421.0,"to":25425.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Eroidi"}, +{"Annotazione":"Era costui, come in seguito\navvisa Dante stesso, il famoso Caco, che nel Romano colle\nAventino, dopo altri molti ladronecci, ed assassinamente, rub\u00f2\nfinalmente quattro tori e quattro vacche del bellissimo proquoio,\nche aveva Ercole tolto a Gerione Re di Spagna, e per Italia\npassando aveva nell'Aventino stesso fermato a pascolare: ed acci\u00f2\ndalle pedate non s'accorgesse Ercole dove le furate bestie\npassate fossero, fecele l'astuto Caco camminare verso la propria\nspelonca a rovescio, per la coda strascinandole: ma scopertosi\nnon ostante per muggire delle medesime il furto, fu Caco da\nErcole ammazzato.\n\n\tPer la forma del corpo che Virgilio attribuisce a Caco di\nsemihominis<\/i> [Aeneid<\/i> VIII, 194] e semiferi<\/i> [Ivi v. 267] lo\nappella Dante Centauro.<\/b> Il Venturi per\u00f2 intendendo che\nVirgilio attribuisca a Caco questi epiteti non perch\u00e8 Centauro,\nma perch\u00e8 uomo bestiale<\/i><\/b>, passa a conchiudere, che Dante qu\u00ec fa\nla mitologia a suo modo.<\/i>\n\n\tMa a dir vero, non \u00e8 Dante che si faccia la mitologia a\nsuo modo, ma il Venturi stesso, che stortamente capisce apoprati\nda Virgilio gli epiteti di semihominis<\/i> e semiferi<\/i> in senso\nmetaforico, in senso d'uomo bestiale<\/i>, cio\u00e8 di costumi\nbestiali. Semihomo<\/i> e semiferus<\/i> in senso metaforico valgono\n[e chi no 'l vede?] la met\u00e0 manco che non valgano inhumanus<\/i> e\nferus<\/i>: come adunque Virgilio a quel crudelissimo Caco, nella\ncaverna del quale\n\n . . . . . . . . semperque recenti<\/i>\n Caede tepebat humus, foribusque affixa superbis<\/i>\n Ora virum tristi pendebant pallida tabo<\/i>\n [Aeneid.<\/i> VIII, 195 e segg.]\n\nattribuire ci\u00f2 che significa meno del fiero<\/i> e dell'inumano<\/i>?\n\n\tNon adunque altrimenti appellasi Caco da Virgilio\nsemihomo<\/i> e semiferus<\/i>, che da Ovidio [Met.<\/i> XII, 536], e da\nLucano [Phars.<\/i> VI, 386] semihomines<\/i> e semiferi<\/i> i Centauri\nstessi della Tessaglia. E bene perci\u00f2 Ru\u00e8o al Virgiliano\nsemihominis Caci<\/i> ec. chiosa media parte fera, media parte homo\nfuisse dicitur<\/i>: e nel senso medesimo intendendo Virgilio anche\nil De la Cerda soltanto avvisa, sed poetice ista, nam Livius\ntantum pastor accola eius loci, nomine Cacus, ferox viribus.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Vidi un Centauro"],"FrammentoNota":"
Per la forma del corpo che Virgilio attribuisce a Caco di semihominis<\/i> [Aeneid<\/i> VIII, 194] e semiferi<\/i> [Ivi v. 267] lo appella Dante Centauro.<\/b><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","InfoCitazione.LuogoFonte":"VIII 194","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"semihominis <\/strong>Caci facies quam dira tenebat","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi003.perseus-lat1:8.184-8.218","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"17","from":23740.0,"to":23743.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"},
+{"Annotazione":"Ercole, accortosi del furto,\nassal\u00ed Caco nella sua grotta e lo uccise strozzandolo (cfr. \nVirgilio, En.<\/i> VIII 256 sgg.): Dante imagina invece che l'eroe\nfacesse uso della clava, percotendo Caco di moltissimi colpi,\nsebbene egli fosse gi\u00e0 morto ai primi.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Tommaso Casini and S.A. Barbi 1921","Frammenti":[" sotto la mazza"],"FrammentoNota":"
Ercole, accortosi del furto, assalí Caco nella sua grotta e lo uccise strozzandolo (cfr.  Virgilio, En.<\/i> VIII 256 sgg.): Dante imagina invece che l'eroe facesse uso della clava, percotendo Caco di moltissimi colpi, sebbene egli fosse già morto ai primi.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","InfoCitazione.LuogoFonte":"VIII, 256-267","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Non tulit Alcides animis seque ipse per ignem
praecipiti iecit saltu, qua plurimus undam
fumus agit nebulaque ingens specus aestuat atra.
Hic Cacum in tenebris incendia vana vomentem
corripit in nodum complexus et angit inhaerens
elisos oculos et siccum sanguine guttur.
Panditur extemplo foribus domus atra revolsis,
abstractaeque boves abiurataeque rapinae
caelo ostenduntur, pedibusque informe cadaver
protrahitur. Nequeunt expleri corda tuendo
terribilis oculos, voltum villosaque saetis
pectora semiferi atque extinctos faucibus ignis.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055%3Abook%3D8%3Acard%3D219","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONTRADDICE","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"32","from":23844.0,"to":23847.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, +{"Annotazione":"Ercole, infatti, gli leg\u00f2 una\ncatena al collo e a forza trascin\u00f2 il riluttante fuori della\nporta infernale. Il Messo chiude il discorso con un'immagine\npiuttosto comica, nella quale trasparisce un sorriso di\nsoddisfazione sulle labbra del vincitore. «Egli (Ercole)\nincaten\u00f2 con le sue mani il custode del Tartaro, e lo trascin\u00f2\nvia dalla soglia dello stesso re d'inferno» (En.<\/i>, VI, 395).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":[" il mento e 'l gozzo"],"FrammentoNota":"
Ercole, infatti, gli legò una\r\ncatena al collo e a forza trascinò il riluttante fuori della\r\nporta infernale.  Il Messo chiude il discorso con un'immagine\r\npiuttosto comica, nella quale trasparisce un sorriso di\r\nsoddisfazione sulle labbra del vincitore.  «Egli (Ercole)\r\nincatenò con le sue mani il custode del Tartaro, e lo trascinò\r\nvia dalla soglia dello stesso re d'inferno» (En.<\/i>, VI, 395).<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","InfoCitazione.LuogoFonte":"VI, 395-396","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Tartareum ille manu custodem in uincla petiuit
Ipsius a solio regis traxitque trementem;","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=VERG%7Caene%7C006","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"99","from":8385.0,"to":8390.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, +{"Annotazione":"Erinni. Erine<\/b> \u00e8 plurale regolare di\nErina<\/i>, usato anche in prosa, p. e. Ovid. Pist. 2, Giason.: Ma<\/i>\nERINA trista furia infernale vi fu.<\/i> Le lezioni trine<\/i> e\ncrine<\/i><\/b> invece di Erine<\/i><\/b> voglionsi semplicemente considerare\ncome parti dell'ignoranza dei copisti.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","Frammenti":[" Erine"],"FrammentoNota":"
Erine<\/b> è plurale regolare di Erina<\/i>, usato anche in prosa, p. e. Ovid. Pist. 2, Giason.: Ma <\/i>ERINA trista furia infernale vi fu.<\/i><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"","InfoCitazione.Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/volgarizzamento-delle-epistole-di-ovidio","InfoCitazione.LuogoFonte":"Ep. a Giasone","InfoCitazione.NotaFonte":"Probabile che Scartazzini faccia riferimento al \"Volgarizzamento delle Pistole di Ovidio\", a cura di Luigi Rigoli, Firenze, Garinei, 1819, p. 52.","InfoCitazione.TestoFonte":"\"Erina trista furia infernale sanguinosa colle maladette facelline\"","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.google.it\/books\/edition\/Volgarizzamento_delle_Pistole_d_Ovidio\/QZ4WAAAAYAAJ?hl=it&gbpv=1&dq=Volgarizzamento+delle+pistole+di+Ovidio&pg=PA139&printsec=frontcover","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"45","from":7997.0,"to":7998.0,"NomeAutore":null,"TitoloFonte":null},
+{"Annotazione":"Esercita egli verso di noi\nquell'amore che ogn'uomo esercita verso di se medesimo, che non\naspetta preghiera, — che<\/b>, imperocch\u00e8, chi l'uopo<\/b> ec., chi\nl'altrui bisogno vede, ed aspetta preghiera, si mette al nego<\/b>,\nsi prepara costui a negar soccorso, in caso ne sia pregato. \nAllude a quel di Seneca Tarde velle nolentis est<\/i> [De benef.<\/i>\n2].  sego<\/i><\/b> per seco<\/i><\/b>, antitesi in grazia della rima, appoggiata\nforse al Romagnuolo seg.<\/i>  Nego<\/b> dee dir qu\u00ec per negativa<\/i><\/b>,\ncome dianzi prego<\/i> {v.56} per preghiera.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"17","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  S\u00ec fa con noi"],"FrammentoNota":"
Allude a quel di Seneca Tarde velle nolentis est<\/i> [De benef. <\/i>2].<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q2054","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q5244244","InfoCitazione.LuogoFonte":"II v 4","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Omnis benignitas properat, et proprium est libenter facientis cito facere ; qui tarde et diem de die extrahens profuit, non ex animo fecit. Ita duas res maximas perdidit, et tempus et argumentum amicae voluntatis ; tarde velle nolentis est.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi1017.phi013.perseus-lat1:2.5","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"58-60","from":16840.0,"to":16844.0,"NomeAutore":"Lucio Anneo Seneca","TitoloFonte":"De beneficiis"},
+{"Annotazione":"Essendo Dante salito\nal Paradiso dal monte del Purgatorio antipodo a Gerusalemme\n[Purg. IV, 68 e segg.], non poteva senza aggirarsi vedere della\nterra, che l'emisfero stesso a noi antipodo, ond'era salito. \nDice adunque che, colla costellazione de' gemelli aggirandosi\nvenne a vedere questo nostro emisfero, che aiuola<\/b>, aietta,\npicciola aia, denomina per la picciolezza in cui appariva, e per\nquella che realmente ha per riguardo alla grandezza de' cieli. \nAnzi bene a questo proposito avvertono con postilla in margine\ngli Accademici della Crusca supporre Dante che fosse colass\u00f9 la\ndi lui vista deificata<\/i>, e perci\u00f2 valevole in tanta distanza a\ndiscernere non solamente la faccia della Terra, ma [come nel\nParadiso canto XXVII, 82 dir\u00e0] le parti eziandio della medesima.\n\n\tMalamente qu\u00ec alcuni, tra' quali 'l Venturi, intendono\nper l'aiuola<\/i><\/b> tutto il globo della terra<\/i><\/b>: imperocch\u00e8 quello\nche ci fa tanto feroci<\/b> non \u00e8 nel sistema di Dante se non\nl'emisfero nostro; servendo l'antipodo anzi a gastigo della\nferocia — eterni<\/b> appella i gemelli, per essere i cieli e tutte\nle celesti cose incorruttibili, e perci\u00f2 di eterna durata — da'\ncolli alle foci<\/b>, dalle montagne ai mari, dove i fiumi hanno le\nfoci.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"22","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  L'aiuola, che ci fa"],"FrammentoNota":"
Essendo Dante salito al Paradiso dal monte del Purgatorio antipodo a Gerusalemme [Purg. IV, 68 e segg.], non poteva senza aggirarsi vedere della terra, che l'emisfero stesso a noi antipodo, ond'era salito.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. IV 68-71","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"imagina Sïòn
con questo monte in su la terra stare
sì, ch'amendue hanno un solo orizzòn
e diversi emisperi;","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=38&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"151-153","from":22306.0,"to":22311.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Essendo [eccoti\nl'amico Venturi] questo un salire poetico e fantastico, potr\u00e0\ndeporsene ogni ammirazione: per altro fuor di poesia sarebbe vano\nlo sperare, che i nostri corpi saliranno all'empireo per virt\u00f9 di\nquesto istinto; dovendosi ci\u00f2 sperare per quel che dice s. Paolo\nI Cor.<\/i> 15 Seminatur in infirmitate, surget in virtute<\/i>; cio\u00e8\ncon quella soprannaturale agilit\u00e0, di cui saranno dotati i corpi\ndegli eletti nella resurrezione, come insegna la dottrina\nCristiana.\n\n\tTanto per\u00f2 \u00e8 lontano questo salire dall'opporsi alla\nCristiana dottrina, che anzi si uniforma a quel cristianissimo\nprincipio, che l'uomo [anima e corpo] fu da Dio creato pe 'l\ncielo; e non per la terra, se non in quanto servisse questa al\ncielo come di scala. N\u00e8 s. Paolo ci specifica, che la virt\u00f9<\/i>,\nche avranno i corpi degli eletti dopo la risurrezione, abbia a\nconsistere in una nuova positiva qualit\u00e0 piuttosto che nel\ntoglimento della gravit\u00e0; dalla quale essendo, come ora dir\u00e0,\nDante libero, ottiene perci\u00f2 in lui tutto il suo effetto\nl'istinto al cielo — ad imo<\/b>, al fondo.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Non dei pi\u00f9 ammirar"],"FrammentoNota":"
dovendosi ciò sperare per quel che dice s. Paolo I Cor.<\/i> 15 Seminatur in infirmitate, surget in virtute<\/i>; cioè con quella soprannaturale agilità, di cui saranno dotati i corpi degli eletti nella resurrezione, come insegna la dottrina Cristiana<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9200","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q80355","InfoCitazione.LuogoFonte":"XV 43","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"seminatur in ignobilitate, resurgit in gloria; seminatur in infirmitate, resurgit in virtute;","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-i-corinthios_lt.html#15","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"136-138","from":938.0,"to":942.0,"NomeAutore":"Paolo di Tarso","TitoloFonte":"Prima lettera ai Corinzi"},
+{"Annotazione":"Essendo a' traditori di\ngrave pena l'essere scoperti, come nel canto precedente v. 94\nconfess\u00f2 Bocca degli Abati; perci\u00f2 costoro che tradirono chi di\nessi fidavasi, come pi\u00f9 rei de' precedenti, fa Dante stare col\nviso patente.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Non volta in gi\u00f9"],"FrammentoNota":"
Essendo a' traditori di grave pena l'essere scoperti, come nel canto precedente v. 94 confessò Bocca degli Abati; perciò costoro che tradirono chi di essi fidavasi, come più rei de' precedenti, fa Dante stare col viso patente.\r\n<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. XXXII 94","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Ed elli a me: \"Del contrario ho io brama.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=32&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"93","from":32617.0,"to":32621.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Essendo il Sole in Ariete\n[Vedi Inf. I, 28 e Purg. II, 4 e 5] dovevano i pesci alzarsi\nprima del Sole, e conseguentemente velarsi dai raggi pi\u00f9 luminosi\ndella stella Venere allora diana, cio\u00e8 precedente il d\u00ec.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Velando i pesci"],"FrammentoNota":"
Essendo il Sole in Ariete [Vedi Inf. I, 28 e Purg. II, 4 e 5] dovevano i pesci alzarsi prima del Sole, e conseguentemente velarsi dai raggi più luminosi della stella Venere allora diana, cioè precedente il dì.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. I 38","InfoCitazione.NotaFonte":"Il riferimento corretto \u00e8 Inf. I 38, non 28.","InfoCitazione.TestoFonte":"e 'l sol montava 'n sù con quelle stelle","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=1","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"21","from":131.0,"to":134.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Essendo l'uccisione di M.\nCorso, dal Landino descritta, succeduta nell'anno 1308 [Vedi Gio.\nVillani Cron.<\/i> lib. 8 cap. 96] e fingendo, come pi\u00f9 fiate si \u00e8\ndetto, il poeta nostro questo suo viaggio nel 1300 v'erano di\nmezzo otto anni solamente — ci\u00f2 che 'l mio dir pi\u00f9 dichiarar\nnon puote.<\/b>  Accenna essere dal cielo volute le predizioni sempre\ncon qualche oscurit\u00e0: e forse per l'oscurit\u00e0 principale intende\nil non menzionare espressamente M. Corso Donati.  Ed \u00e8 cosa degna\ndi osservazione, che in nissun luogo del suo poema mai costui\nespressamente nomina; come not\u00f2 anche l'autore delle memorie per\nla vita di Dante<\/i><\/b> [Sotto il {paragraph.} 10].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Non hanno molto"],"FrammentoNota":"
Essendo l'uccisione di M. Corso, dal Landino descritta, succeduta nell'anno 1308 [Vedi Gio. Villani Cron.<\/i> lib. 8 cap. 96]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","InfoCitazione.LuogoFonte":"IX 96","InfoCitazione.NotaFonte":"Lombardi cita dalla Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, pp. 370-372 (VIII 96).","InfoCitazione.TestoFonte":"Nel detto anno MCCCVIII [...] Messer Corso tutto solo andandosene, fue giunto e preso sopra a Rovezzano da certi Catalani a cavallo, e menandolne preso a Firenze, come fue di costa a San Salvi, pregando quegli che'l menavano, e promettendo loro molta moneta se lo scampassono, i detti volendolo pure menare a Firenze, sì com'era loro imposto da' signori, messer Corso per paura di venire a le mani de' suoi nemici e a essere giustiziato dal popolo, essendo compreso forte di gotte ne le mani e ne' piedi, si lasciò cadere da cavallo. I detti Catalani veggendolo in terra, l'uno di loro gli diede d'una lancia per la gola d'uno colpo mortale, e lasciarollo per morto: i monaci del detto monistero il ne portaro ne la badia, e chi disse che inanzi che morisse si rimise ne le mani di loro in luogo di penitenzia, e chi disse che il trovar morto","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"88-90","from":24232.0,"to":24235.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
+{"Annotazione":"Essendo uguali gli uomini ai\nfrutti nel prodursi immaturi, e nel maturarsi poscia col tempo,\nmetaforicamente perci\u00f2, essendo Adamo stato da Dio prodotto in\net\u00e0 matura, appella lui il solo frutto che maturo prodotto fosse. \nN\u00e8 alla voce solo<\/b> osta che Eva pure prodotta fosse matura, ed\nalla generazione atta, imperocch\u00e8 pot\u00e8 il Poeta ad imitazione\ndelle scritture sacre [Per cagion d'esempio, in vece\nd'ironicamente dire Iddio che Adamo ed Eva avevano conseguita la\nsomiglianza a Dio, promessa ad ambedue dal tentatore serpente,\neritis sicut Dii<\/i>, solo Adamo nominando dice Ecce Adam quasi\nunus ex nobis factus est. Gen.<\/i> 3] in Adamo intendere anche Eva.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"26","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  O pomo, che"],"FrammentoNota":"
in vece d'ironicamente dire Iddio che Adamo ed Eva avevano conseguita la somiglianza a Dio, promessa ad ambedue dal tentatore serpente, eritis sicut Dii<\/i>, solo Adamo nominando dice Ecce Adam quasi unus ex nobis factus est. Gen.<\/i> 3<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9184","InfoCitazione.LuogoFonte":"III 22","InfoCitazione.NotaFonte":"La Vulgata clementina legge: \"Ecce Adam quasi unus ex nobis factus est\" (Gen. III 22).","InfoCitazione.TestoFonte":"Et ait Dominus Deus: “Ecce homo factus est quasi unus ex nobis [...]”.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_genesis_lt.html#3","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"91-92","from":26010.0,"to":26013.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Genesi"},
+{"Annotazione":"Essendosi Anfiarao padre\nd'Almeone occultato per non essere condotto alla guerra di Tebe,\nErifile madre di Almeone, e moglie d'Anfiarao, per la superba\navidit\u00e0 di adornarsi di un ricco gioiello, che venivale offerto\nse indicava ov'era il di lei marito, ne lo indic\u00f2: e per\nvendicare questo tradimento fatto al padre, Almeone facto pius\net sceleratus eodem<\/i> [Ovid. Metam. IX, 409] uccise la propria\nmadre.  E questo \u00e8 ci\u00f2 che vuol Dante significare dicendo che\nfe' a sua madre parer caro<\/b>, cio\u00e8 di troppo caro costo, qual era\nquello della propria vita, lo sventurato adornamento.<\/b>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Come Almeone"],"FrammentoNota":"
Essendosi Anfiarao padre d'Almeone occultato per non essere condotto alla guerra di Tebe, Erifile madre di Almeone, e moglie d'Anfiarao, per la superba avidità di adornarsi di un ricco gioiello, che venivale offerto se indicava ov'era il di lei marito, ne lo indicò: e per  vendicare questo tradimento fatto al padre, Almeone facto pius et sceleratus eodem<\/i> [Ovid. Metam. IX, 409] uccise la propria madre.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","InfoCitazione.LuogoFonte":"IX 408","InfoCitazione.NotaFonte":"Il riferimento corretto \u00e8 Met., IX 408, non 409.","InfoCitazione.TestoFonte":"natus erit facto pius et sceleratus eodem","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0959.phi006.perseus-lat1:9.324-9.417","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"50-51","from":11496.0,"to":11507.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"},
+{"Annotazione":"Fa qu\u00ec Dante ch'esprima\nSap\u00eca l'incominciamento di sua vecchiaia coerentemente a quanto\nscrive egli nel Convito, che procede la nostra vita ad immagine\nd'arco, montando e discendendo<\/i> [Tratt. 4, cap. 23].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"13","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Discendendo l'arco"],"FrammentoNota":"
Fa quì Dante ch'esprima Sapìa l'incominciamento di sua vecchiaia coerentemente a quanto scrive egli nel Convito, che procede la nostra vita ad immagine d'arco, montando e discendendo<\/i> [Tratt. 4, cap. 23].<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","InfoCitazione.LuogoFonte":"IV xxiii 6","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Onde, con ciò sia cosa che la nostra vita, sì come detto è, ed ancora d'ogni vivente qua giù, sia causata dal cielo e lo cielo a tutti questi cotali effetti, non per cerchio compiuto ma per parte di quello a loro si scuopra; e così conviene che 'l suo movimento sia sopra essi come uno arco quasi, e tutte le terrene vite (e dico terrene, sì delli uomini come delli altri viventi), montando e volgendo, convengono essere quasi a imagine d'arco asimiglianti. Tornando dunque alla nostra, sola della quale al presente s'intende, sì dico ch'ella procede a imagine di questo arco, montando e discendendo.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=73&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"114","from":12921.0,"to":12924.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
+{"Annotazione":"Fa una cosa sola con la selva; ma\nbisogna rappresentarsela fonda<\/i> (XX, 129), come l'alta valle\nfeda<\/i> dell'inferno (XII, 40).  In una valle profonda e oscura il\nmale, in un colle luminoso il bene, tra la valle e il colle una\npiaggia dov'\u00e8 sospensione tra il bene e il male.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":["  quella valle"],"FrammentoNota":"
Fa una cosa sola con la selva; ma\r\nbisogna rappresentarsela fonda<\/i> (XX, 129), come l'alta valle\r\nfeda<\/i> dell'inferno (XII, 40). <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. XII, 37-43","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Ma certo poco pria, se ben discerno,
che venisse colui che la gran preda
levò a Dite del cerchio superno,
da tutte parti l'alta valle feda<\/strong>
tremò sì, ch'i' pensai che l'universo
sentisse amor, per lo qual è chi creda
più volte il mondo in caòsso converso;","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=12&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"14","from":104.0,"to":106.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Facendosi nelle scuole il\npredetto avvenimento servire di obbiezione contro il dogma della\nimmutabilit\u00e0 dei divini decreti, dice perci\u00f2 Dante, che il\nmedesimo Ezechia conosce ora in cielo il contrario di quello che\npe 'l di lui fatto sembra ad alcuni uomini in terra, che 'l\ngiudicio eterno<\/b>, il divino decreto, non si trasmuta, perch\u00e8<\/b>,\nper cagione che [Vedi 'l Vocab. della Crusca sotto la voce\nperch\u00e8<\/i> {paragraph.} 2] degno<\/i><\/b>, a Dio accetto, preco<\/b> [per\nprego<\/i><\/b>, preghiera<\/i>, antitesi in grazia della rima] fa crastino\nlaggi\u00f9 dell'odierno<\/i><\/b>, fa che in terra succeda domane quello ch'\u00e8\npredetto dover oggi succedere. Conosce cio\u00e8 avere Iddio ab\neterno tutto determinato, e la forza delle cause seconde a dar\nmorte ad Ezechia [cagione per cui pot\u00e8 fargli predire la certa\nmorte], e l'impedimento della medesima forza, ch'era egli per\noperare ai prieghi d'Ezechia. Deus<\/i><\/b> [insegna s. Agostino]\nnovit quiescens agere, et agens quiescere: potest ad opus novum\nnon novum, sed sempiternum adhibere consilium<\/i> [De Civ. Dei<\/i> lib.\n22 cap. 22].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Ora conosce che"],"FrammentoNota":"
Deus<\/i> [insegna s. Agostino] novit quiescens agere, et agens quiescere: potest ad opus novum non novum, sed sempiternum adhibere consilium<\/i> [De Civ. Dei<\/i> lib. 22 cap. 22].<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q8018","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q212318","InfoCitazione.LuogoFonte":"XII xvii 2","InfoCitazione.NotaFonte":"Il rimando corretto \u00e8 XII xvii 2, non XXII 22.","InfoCitazione.TestoFonte":"Novit quiescens agere et agens quiescere. Potest ad opus novum non novum, sed sempiternum adhibere consilium","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.augustinus.it\/latino\/cdd\/index2.htm","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"52-54","from":19541.0,"to":19544.0,"NomeAutore":"Agostino d'Ippona","TitoloFonte":"La citt\u00e0 di Dio"},
+{"Annotazione":"Famoso indovino toscano, mentovato da\nLucano nel 1o<\/sup> della Farsaglia: «Aruns incoluit deserta moenia\nLunae etc.»  — Al ventre gli s'atterga<\/b>, ha il suo tergo al\nventre di Tiresia, cio\u00e8, stante il costoro camminare a ritroso,\ngli cammina dietro.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"20","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":["  Aronta."],"FrammentoNota":"Aronta<\/strong>. Famoso indovino toscano, mentovato da Lucano nel 1o<\/sup> della Farsaglia: «Aruns incoluit deserta moenia Lunae etc.» ","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q188646","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q678375","InfoCitazione.LuogoFonte":"Pharsalia I, 586","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Aruns incoluit desertae moenia Lucae","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0133%3Abook%3D1%3Acard","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"46","from":18737.0,"to":18738.0,"NomeAutore":"Marco Anneo Lucano","TitoloFonte":"Pharsalia"},
+{"Annotazione":"Figliuola di messer\nBellincione Berti de' Ravignani, «ch'era il maggiore e il pi\u00f9\nonorato cavaliere di Firenze,» dice Gio. Villani, V, 37.  E\nnarra che l'imperatore Ottone IV, «vedendo le belle donne di\nFirenze ch'erano raunate in Santa Reparata per lui, questa\npulzella pi\u00f9 di tutte gli piacque: e dicendo il padre ch'egli\navea podere di fargliela baciare, la donzella rispose che uomo\nvivente non la baciarebbe, se gi\u00e0 non fosse suo marito.»  Delle\nquali parole Ottone molto la commend\u00f2, e maritolla al conte\nGuido, ch'egli fece signore del Casentino.  Di questo matrimonio\nnacque Ruggieri, e da lui Guidoguerra.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"16","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":["  Della buona Gualdrada."],"FrammentoNota":"della buona Gualdrada<\/strong>. Figliuola di messer Bellincione Berti de' Ravignani, «ch'era il maggiore e il più onorato cavaliere di Firenze,» dice Gio. Villani, V, 37. E narra che l'imperatore Ottone IV, «vedendo le belle donne di Firenze ch'erano raunate in Santa Reparata per lui, questa pulzella più di tutte gli piacque: e dicendo il padre ch'egli avea podere di fargliela baciare, la donzella rispose che uomo vivente non la baciarebbe, se già non fosse suo marito.» ","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","InfoCitazione.LuogoFonte":"Nova Cronica VI, 37","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Questo Guido fu padre del detto conte Guido vecchio, onde poi tutti i conti Guidi sono discesi. Questo conte Guido vecchio prese per moglie la figliuola di messere Bellincione Berti de’ Ravignani, ch’era il maggiore e ’l più onorato cavaliere di Firenze<\/strong>, e le sue case succedettono poi per retaggio a’ conti, le quali furono a porta San Piero in su la porta vecchia. Quella donna ebbe nome Gualdrada, e per bellezza e bello parlare di lei la tolse, veggendola in Santa Reparata coll’altre donne e donzelle di Firenze. Quando lo ’mperadore Otto quarto venne in Firenze, e veggendo le belle donne<\/strong> della città che in Santa Reparata<\/strong> per lui erano raunate, questa pulcella più piacque allo ’mperadore; e ’l padre di lei dicendo allo ’mperadore ch’egli avea podere di fargliele basciare, la donzella rispuose che già uomo vivente la bascerebbe se non fosse suo marito<\/strong>, per la quale parola lo ’mperadore molto la commendò.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.letteraturaitaliana.net\/pdf\/Volume_2\/t48.pdf","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"37","from":14743.0,"to":14749.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
+{"Annotazione":"Fiorentino,\ngiurisconsulto a' suoi tempi eccellentissimo.  Venturi.  — e\nvedervi<\/b> ec.  Costruzione.  E se avessi<\/b> tu avuto brama di tale\ntigna<\/b>, di tale noia [Cos\u00ec spiega qu\u00ec tigna<\/b> il Vocab. della\nCrusca] in veder costoro, potei<\/i><\/b>, per potevi<\/i> [Vedi Cinon,\nde' verbi<\/i> cap. 5 e il Prospetto di verbi Toscani<\/i>] intendi,\nmentr'eri addietro, vedervi colui<\/b>, Andrea de' Mozzi Fiorentino,\nchiosano d'accordo tutti gli espositori, che dal servo de'\nservi<\/b>, dal Papa [che nelle bolle si appella servus servorum\nDei<\/i><\/b>] fu trasmutato d'Arno in Bacchiglione<\/i><\/b>, fu trasferito dal\nvescovado di Firenze, per dove passa l'Arno, al vescovado di\nVicenza, per dove passa il Bacchiglione; dove lasci\u00f2 i nervi mal\nprotesi<\/b>, cio\u00e8 in mala parte distesi, perch\u00e8 in Vicenza si mor\u00ec.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"15","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Francesco d'Accorso"],"FrammentoNota":"
dal servo de' servi<\/b>, dal Papa [che nelle bolle si appella servus servorum Dei<\/i>]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q42827","InfoCitazione.Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/Homiliae_in_Evangelia","InfoCitazione.LuogoFonte":"1436","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Reverentissimo et sanctissimo fratri Secundino episcopo, Gregorius servus servorum Dei.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.mlat.uzh.ch\/index.php?app=browser&text=8053:1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"110-114","from":14371.0,"to":14374.0,"NomeAutore":"papa Gregorio I","TitoloFonte":null},
+{"Annotazione":"Forse allude a particolar\ndivozione del Poeta per santa Lucia; tanto pi\u00f9, ch'egli stesso\nnel Convito tocca di una grave malattia sofferta agli occhi. \nForse pure accenna alla ferma fede di Dante nella necessit\u00e0\ndell'aiuto della Grazia, contro quello ch'ereticamente ne\naffermava la setta de' Pelagiani.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":["  Il tuo fedele."],"FrammentoNota":"
Forse allude a particolar divozione del Poeta per santa Lucia; tanto più, ch'egli stesso nel Convito tocca di una grave malattia sofferta agli occhi. <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","InfoCitazione.LuogoFonte":"Convivio III, ix, 15","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"E io fui esperto di questo l'anno medesimo che nacque questa canzone, che per affaticare lo viso molto a studio di leggere, in tanto debilitai li spiriti visivi che le stelle mi pareano tutte d'alcuno albore ombrate. E per lunga riposanza in luoghi oscuri e freddi, e con affreddare lo corpo dell'occhio coll'acqua chiara, riunì sì la vertù disgregata che tornai nel primo buono stato della vista.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=42&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"98","from":1708.0,"to":1711.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
+{"Annotazione":"Francesca; — l'altro<\/b>, Paolo. \n— Di pietade<\/b> (cf. vv. 72, 93) io venni men<\/b>, perch\u00e8 la\npiet\u00e0<\/i> lo confuse di tristezza<\/i>, cio\u00e8 gli tolse la coscienza di\nse stesso, gli vinse ciascun sentimento<\/i> (Inf.<\/i>, III, 135), di\nguisa che per questa piet\u00e0<\/i> sentendosi quasi morire, cadde\nsvenuto.  Nella Vit. N.<\/i>, XXII, di Beatrice piangente la morte\ndel padre: \"Certo ella piange s\u00ec, che qual la mirasse dovrebbe\nmorir di pietade.\"  E si legga altro smarrimento di spirito in\nDante, Vit. N.<\/i>, XIV, per vedere come in cose d'amore il Poeta\nsentisse profondo; non gi\u00e0 per trarne quella sbagliatissima\ninduzione, che ne trasse il P. Tosti, nella prefazione alla\nstampa del famoso Codice Cassinese del 1865.  — Com'io\nmorisse<\/i><\/b>, morissi (cf. Inf.<\/i><\/b>, XIII, 25).  — E caddi<\/b> ecc.  Il\nVenturi: \"La scelta delle parole, tutte di due sillabe, e\nl'uniforme gravit\u00e0 degli accenti rendono stupendo questo verso\nper suono imitativo; e fan sentire la caduta d'un corpo con modo\npi\u00f9 efficace di quel d'Ovidio ove narra d'Alcione: collapsaque\ncorpore tota est<\/i> (Met.<\/i>, XI, 460).\"\n\n\tNota le terzine 4, 5, 10, 11, 12, 14, 15, 16, 18, 21, 24, \n25 27, 28, 31, 33 alla 41, 43 all'ultima.\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","Frammenti":["  L'uno spirto"],"FrammentoNota":"
Di pietade<\/b> (cf. vv. 72, 93) io venni men<\/b>, perchè la pietà<\/i> lo confuse di tristezza<\/i>, cioè gli tolse la coscienza di se stesso, gli vinse ciascun sentimento<\/i> (Inf.<\/i>, III, 135), di guisa che per questa pietà<\/i> sentendosi quasi morire, cadde svenuto.  Nella Vit. N.<\/i>, XXII, di Beatrice piangente la morte del padre: \"Certo ella piange sì, che qual la mirasse dovrebbe morir di pietade.\"  E si legga altro smarrimento di spirito in Dante, Vit. N.<\/i>, XIV, per vedere come in cose d'amore il Poeta sentisse profondo<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. V, 72","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"pietà mi giunse, e fui quasi smarrito","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=5","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"139-142","from":4947.0,"to":4950.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"G. Villani lo dice:\n«Cavaliere savio e prode in armi e di grande autoritade». \nSconsigli\u00f2 i fiorentini dall'uscire in campo contro i senesi; ma\nnon gli dettero ascolto, la sua voce non fu gradita, come avrebbe\ndovuto essere, e i suoi cittadini rimasero sconfitti a\nMontaperti.  Di lui D. aveva domandato gi\u00e0 a Ciacco con grande\npremura.  Cfr. c. VI, 79.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"16","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":["  Tegghiaio Aldobrandi"],"FrammentoNota":"
G. Villani lo dice: «Cavaliere savio e prode in armi e di grande autoritade». \r\nSconsigliò i fiorentini dall'uscire in campo contro i senesi; ma\r\nnon gli dettero ascolto, la sua voce non fu gradita, come avrebbe\r\ndovuto essere, e i suoi cittadini rimasero sconfitti a\r\nMontaperti. <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","InfoCitazione.LuogoFonte":"I, vii, 77","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"E ancora sentendo i cittadini variati d'animi, e male disposti a fare più oste, rendero savio consiglio, che per lo migliore l'oste non procedesse al presente per le ragioni di su dette, e ancora mostrando come per poco costo si potea fornire Monte Alcino, e prendeallo a fornire gli Orbitani, e assegnando come i detti Tedeschi non aveano paga per più di tre mesi, e già aveano servito mezzo il tempo, e lasciandogli stentare sanza fare oste, tosto sarebbono straccati e tornerebbonsi in Puglia, e' Sanesi e gli usciti di Firenze rimarrebbono in peggiore stato che di prima. E 'l dicitore fu per tutti messer Tegghiaio Aldobrandi degli Adimari, cavaliere savio e prode e di grande autoritade; e di largo consigliava il migliore.","InfoCitazione.UrlFonte":"","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"41","from":14774.0,"to":14776.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
+{"Annotazione":"Gaeta ebbe il nome da\nGaieta, nutrice di Enea ivi sepolta.  AEn., VII.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"26","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":["  Prima che s\u00ec Enea"],"FrammentoNota":"Prima che sì Enea<\/b> ec. Gaeta ebbe il nome da Gaieta, nutrice di Enea ivi sepolta. Aen., VII.","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","InfoCitazione.LuogoFonte":"Aeneis VII, 1-2","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Tu quoque litoribus nostris, Aeneia nutrix,
aeternam moriens famam, Caieta, dedisti","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055%3Abook%3D7%3Acard%3D1","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"93","from":25415.0,"to":25419.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, +{"Annotazione":"Geremia, I, 12: «Attendite et\nvidete si est dolor sicut dolor meus.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"28","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":[" Vedi s'alcuna"],"FrammentoNota":"Vedi s'alcuna<\/b> ec. Geremia, I, 12: «Attendite et videte si est dolor sicut dolor meus.»","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q158825","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q179058","InfoCitazione.LuogoFonte":"Lamentationes I, 12","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"O vos omnes, qui transitis per viam,
attendite et videte,<\/strong>
si est dolor sicut dolor meus<\/strong>,
quem paravit mihi,
quo afflixit me Dominus
in die irae furoris sui.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_lamentationes_lt.html#1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"132","from":27689.0,"to":27692.0,"NomeAutore":"Geremia","TitoloFonte":"Libro delle Lamentazioni"}, +{"Annotazione":"Gerione qui, Anteo pi\u00f9 abbasso\n(C. XXXI), Lucifero da ultimo (C. XXXIV).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"17","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":[" S\u00ec fatte scale."],"FrammentoNota":"sì fatte scale<\/strong>. Gerione qui, Anteo più abbasso (C. XXXI), Lucifero da ultimo (C. XXXIV). ","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. XXXI, 142-145","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Ma lievemente al fondo che divora
Lucifero con Giuda, ci sposò;
né, sì chinato, lì fece dimora,
e come albero in nave si levò.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=31","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"82","from":16055.0,"to":16058.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Gio. Villani, VII, 148:\n«Ghibellino era di sua nazione e in sue opere, ma co' Fiorentini\nera Guelfo e nimico di tutt'i loro nemici.» \u00c8 probabile che il\nPagani per politica insiememente e per commodo passasse la state\nnel suo dominio in Romagna, il verno in quel di Toscana; e che a\nquesto suo periodico mutamento di residenza e di fazione accenni\nil Poeta. «La Toscana (osservano, infatti, qui le Chios. Dant.)\n\u00e8 volta verso la parti calde, la Romagna inverso le fredde e\ntramontane.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"27","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":[" Che muta parte"],"FrammentoNota":"Che muta parte<\/b> ec. Gio. Villani, VII, 148: «Ghibellino era di sua nazione e in sue opere, ma co' Fiorentini era Guelfo e nimico di tutt'i loro nemici.»","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","InfoCitazione.LuogoFonte":"Nova Cronica VIII, 149 ","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Il detto Maghinardo fu uno grande e savio tiranno, e dalla contrada tra Casentino e Romagna grande castellano, e con molti fedeli; savio fu di guerra e bene aventuroso in più battaglie, e al suo tempo fece grandi cose. Ghibellino era di sua nazione e in sue opere, ma co’ Fiorentini era Guelfo e nimico di tutti i loro nimici<\/strong>, o Guelfi o Ghibellini che fossono","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.letteraturaitaliana.net\/pdf\/Volume_2\/t48.pdf","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"51","from":26133.0,"to":26136.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"}, +{"Annotazione":"Gio. Villani:\nPer me ha il titol della fame.<\/b> Gio. Villani: «D'allora innanzi fu la detta torre, dove morirono, chiamata la torre della fame.»","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","InfoCitazione.LuogoFonte":"Nova Cronica VIII, 128","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"E tratti tutti e cinque insieme morti della detta torre, vilmente furono sotterrati; e d’allora innanzi la detta carcere fu chiamata la torre della fame, e sarà sempre","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.letteraturaitaliana.net\/pdf\/Volume_2\/t48.pdf","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"23","from":32096.0,"to":32106.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"}, +{"Annotazione":"Giovan Villani, che mor\u00ec\nnel 1348 [Vedi in fine della di lui cronica] scrive che\nabitassero i Ravignani in su la porta di s. Piero<\/i> [Cron. lib. 4\ncap. 10], e che passata essendo quella casa a Bellincion Berti, e\nper esso ai conti Guidi, in fine la comprassero ed a' suoi tempi\nl'abitassero i Cerchi Neri [Ivi, e lib. 3 cap. 2 e lib. 7 cap.\n117], cos\u00ec appellati dal partito che seguivano [Vedi Cionacci\nStor. della B. Umiliana<\/i> part. 4 cap. 4]: e per\u00f2 Dante, ch'era\ndell'opposto partito de' Bianchi, felloni<\/i> gli appella —\ngiattura della barca<\/b>, metaforicamente in vece di perdizione\ndella repubblica<\/i><\/b> — i Ravignani, ond'\u00e8 disceso Il conte Guido,\ne qualunque<\/i><\/b> ec. De' Ravignani fu Bellincion Berti, e di\nBellincion Berti, per una di lui figliuola discesero, e furono\neredi [Gio. Villani Cron. nel precitato libro 3 cap. 2] i conti\nGuidi, prendendone insieme colla eredit\u00e0 anche del nome<\/b>, il\nnome di lui; appellandosi [dobbiam intendere] Berti<\/i> essi pure,\no Guidi Berti.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"16","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Sovra la porta"],"FrammentoNota":"
Giovan Villani, che morì nel 1348 [Vedi in fine della di lui cronica]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","InfoCitazione.LuogoFonte":"XIII 123","InfoCitazione.NotaFonte":"Cfr. la Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 929.","InfoCitazione.TestoFonte":"Qui finisce il Trattato, e l'opera fatta per Giovanni Villani, cioè della Cronica<\/em>, il quale non la potè seguire più innanzi, perché Iddio il chiamò a sè al tempo della gran mortalità dell'anno 1348.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/archive.org\/details\/bub_gb_nxHkFtgdAygC\/page\/n964\/mode\/1up","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"94-98","from":15771.0,"to":15774.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
+{"Annotazione":"Giovanni Soldanieri,\nsecondo Giovanni Villani al decimo terzo del settimo libro,\nessendo in Firenze di grande autorit\u00e0, e di fazione Ghibellino,\nvolendo la parte sua tor il governo del popolo a' Guelfi,\ntradendo i suoi, si accost\u00f2 ad essi Guelfi, e fecesi di quel\ngoverno principe.  Vellutello.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"32","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Gianni del Soldanier."],"FrammentoNota":"
Giovanni Soldanieri, secondo Giovanni Villani al decimo terzo del settimo libro, essendo in Firenze di grande autorità, e di fazione Ghibellino, volendo la parte sua tor il governo del popolo a' Guelfi, tradendo i suoi, si accostò ad essi Guelfi, e fecesi di quel governo principe.  Vellutello.\r\n<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","InfoCitazione.LuogoFonte":"VIII 14","InfoCitazione.NotaFonte":"Lombardi cita dalla Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 197 (VII 14).","InfoCitazione.TestoFonte":"Il popolo si ridusse tutto nella via larga di Santa Trinita, e messer Gianni de' Soldanieri si fece capo del popolo per montare inn-istato, non guardando al fine, che dovea riuscire a sconcio di parte ghibellina e suo dammaggio, che sempre pare sia avenuto in Firenze a chi s'è fatto capo di popolo.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Rapporto': 'CONFERMA'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"121","from":31795.0,"to":31801.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
+{"Annotazione":"Giunio Bruto, primo consolo.  Conv.\nIV, 6.  L'altro Bruto, uccisore di Cesare, lo troveremo nella\nbocca di Lucifero.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"04","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","Frammenti":["  Quel bruto"],"FrammentoNota":"
Giunio Bruto, primo consolo.  Conv. IV, 6<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","InfoCitazione.LuogoFonte":"IV, v, 12","InfoCitazione.NotaFonte":"Il riferimento corretto \u00e8 a Convivio IV, v, e non, invece, a Convivio IV, vi","InfoCitazione.TestoFonte":"Se noi consideriamo poi lei [Roma] per la maggiore adolescenza sua, poi che dalla reale tutoria fu emancipata, da Bruto primo consolo infino a Cesare primo prencipe sommo, noi troveremo lei essaltata non con umani cittadini ma con divini, nelli quali non amore umano ma divino era inspirato in amare lei.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=55&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"127","from":3842.0,"to":3844.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
+{"Annotazione":"Gi\u00e0 fin dal primo Canto\nVirgilio ha detto esser nato lombardo allora che de' Longobardi\nignoravasi il nome; ma non prima che adesso gli era venuta l'idea\ndi lombardeggiare: e giusto addesso ch'ei parlava a Greci! \nFortuna, che tal ghiribizzo non gli torner\u00e0 mai pi\u00f9, neppur\nparlando a Lombardi.  — A coprir questa menda, molti ricordano\ncome Lombardi a quel tempo furon detti tutti gl'Italiani. \nFurono, si, ma dai Francesi; e Guido, che qui parla, \u00e8 di\nRomagna.  Poi nel seguente verso ei d\u00e0 la pruova dell'asserzione\nsua, ch'\u00e8 prova egualmente dell'interpetrazione nostra: e poco\npi\u00f9 gi\u00f9, la dolce terra<\/i> italiana egli chiama latina<\/i>, non\nlombarda.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"27","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":["  Parlavi mo lombardo."],"FrammentoNota":"Parlavi mo lombardo.<\/b> Già fin dal primo Canto Virgilio ha detto esser nato lombardo allora che de' Longobardi ignoravasi il nome; ma non prima che adesso gli era venuta l'idea di lombardeggiare: e giusto addesso ch'ei parlava a Greci! Fortuna, che tal ghiribizzo non gli tornerà mai più, neppur parlando a Lombardi. ","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. I, 68","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"e li parenti miei furon lombardi","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=1&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"20","from":25916.0,"to":25919.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Gi\u00e0 fra i pi\u00f9 antichi\ncommentatori vi \u00e8 dissensione chi fosse colui di cui Dante in\nquesti versi intende parlare.  Alcuni vogliono che sia Esau il\nquale vend\u00e8 la primogenitura al fratello Giacobbe; altri dice\nesser questi Diocleziano che in sua vecchiaja rinnunzi\u00f2 l'impero.\nMa dicendo Dante aver egli a prima vista conosciuto quest'ombra \u00e8\ncosa manifesta che egli parla di un suo contemporaneo.  Il pi\u00f9\ndei commentatori antichi e moderni vede in costui Celestino V che\nabdic\u00f2 il papato.  Questa opinione sembra in tal qual modo venir\nconfermata dal poeta medesimo, Inf. XXVII, 104, 105, dove egli fa\ndire a Bonifacio VIII parlando di papa Celestino:\n\n                     — son due le chiavi<\/i>\n     Che il mio antecessor non ebbe care.<\/i>\n\nIn conseguenza della abdicazione di Celestino V venne eletto\nBonifacio VIII, nel quale Dante mirava uno dei principali autori\ndelle sue sciagure.  Osservisi tuttavia che questa opinione,\nquantunque anche a noi sembri la pi\u00f9 verisimile, non \u00e8 poi\nelevata al disopra di ogni dubbio.  Per tacere di altre\nobbjezioni ci sarebbe forse motivo di dubitare se rifiuto<\/b> valga\nquanto abdicazione<\/i><\/b> o rinunzia.<\/i>  E poi resta sempre\nsorprendente che Dante abbia cacciato fra questi miserabili\nun'uomo cos\u00ec santo quale Celestino V.  Forse non meno accettabile\nsarebbe pertanto l'opinione di chi vede in questo personaggi\nVieri de' Cerchi, l'imbelle capo dei Bianchi di Firenze.  Il\ntutto ben ponderato, sar\u00e0 pur forza confessare che, avendo Dante\ntaciuto il nome di costui, noi possiamo bens\u00ec supporre ma non mai\ndecidere con certezza chi egli abbia avuto in mira.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","Frammenti":["  L'ombra di colui"],"FrammentoNota":"
Il più dei commentatori antichi e moderni vede in costui Celestino V che abdicò il papato. Questa opinione sembra in tal qual modo venir confermata dal poeta medesimo, Inf. XXVII, 104, 105, dove egli fa dire a Bonifacio VIII parlando di papa Celestino:\r\n\r\n                     — son due le chiavi<\/i>\r\n     Che il mio antecessor non ebbe care.<\/i>\r\n\r\nIn conseguenza della abdicazione di Celestino V venne eletto Bonifacio VIII, nel quale Dante mirava uno dei principali autori delle sue sciagure.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. XXVII, 103-105","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Lo ciel poss'io serrare e diserrare,
come tu sai; però son due le chiavi
che 'l mio antecessor non ebbe care","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=27&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"59-60","from":2440.0,"to":2444.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Gl'intelletti de'\ncomentatori, che circa le allegorie non sogliono mostrarsi i\npi\u00f9 sani del mondo, sottilizzano qui variamente, ma invano. Per\nme, se le Furie difendono la citt\u00e0 di Dite come cosa loro\npropria, esse non possono rappresentare che il contenuto di\nquella. Contenuto di Dite \u00e8 la malizia, il triforme amore del\nmale<\/i>, di cui si ragiona di proposito nel XVIII del Purgatorio:\nle tre Furie dunque sono figure delle tre forme che, secondo\nDante, prendono l'amore del male. Quanto al Gorgone<\/i>, \u00e8\ngeneralmente ammessa l'interpretazione del Boccaccio, che si\nfiguri in esso l'amore de' beni mondani, l'affetto alle cose\ntemporali, che impietra l'uomo, cio\u00e8 lo rende indifferente per\nil bene dell'anima. Sicch\u00e8 la dottrina che s'asconde<\/b> si\nridurrebbe in sostanza alle seguenti parole dello stesso\nBoccaccio: «la ragione il fece volgere (Dante) in altra parte che\nin quella donde dovea mostrarsi il Gorgone, cio\u00e8 il fece volgere\nad altro studio che a riguardare le vanit\u00e0 temporali e a porvi\nl'animo; il che pregava il Salmista, quando diceva: Averte\noculos meos, ne videant vanitatem.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":[" O voi, ch'avete"],"FrammentoNota":"
Contenuto di Dite è la malizia, il triforme amore del male<\/i>, di cui si ragiona di proposito nel XVIII del Purgatorio: le tre Furie dunque sono figure delle tre forme che, secondo Dante, prendono l'amore del male.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. XVIII, 124","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Questo triforme amor qua giù di sotto","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=52","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"61-63","from":8110.0,"to":8114.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Gl'interpreti tutti\ndal primo all'ultimo intendono accennata qu\u00ec la favola della\nviolenta estrazione di Cerbero dall'Inferno fatta da Ercole per\ncomando di Euristeo.  Mi fa per\u00f2 meraviglia grande, che a nissuno\ndei tanti data siasi a conoscere l'intollerabile assurdit\u00e0, che\nda un messo del cielo<\/i> {v.85}, da un Angelo, si ammettesse per\nistoria, e si rinfacciasse a' demoni una favola.  Mai n\u00f2.  Ha di\ngi\u00e0 Virgilio in questo medesimo incontro fatta ricordare la\ndiscesa all'Inferno del nostro Salvator Ges\u00f9 Cristo [Canto\nprecedente v. 124 e segg.]: e perch\u00e9 dunque non intenderem noi\npiuttosto, che fosse Cerbero in tal occasione stretto con catene\nal collo, e con musoliera, tal che non potesse avventarsi, e\nneppur abbaiare? e che fremendo esso, e dibattendosi in cotali\nstretture si dipelasse il mento e 'l gozzo? e che finalmente,\ncome in perpetua memoria di quel fatto, la porta dell'inferno\nsenza serrame ancor si trova<\/i>, cos\u00ec anche Cerbero ne porti\nancor pelato il mento e 'l gozzo<\/b>?  A questo modo sar\u00e0 un\nabbellimento poetico accresciuto ad un fatto storico: ove a\nquell'altro modo dagl'interpreti inteso sarebbe una favola\nsupposta istoria.  — se ben vi ricorda<\/b>, ellissi, per se ben\nvi si ricorda.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Cerbero vostro, se ben"],"FrammentoNota":"
Ha di già Virgilio in questo medesimo incontro fatta ricordare la discesa all'Inferno del nostro Salvator Gesù Cristo [Canto precedente v. 124 e segg.]: e perché dunque non intenderem noi piuttosto, che fosse Cerbero in tal occasione stretto con catene al collo, e con musoliera, tal che non potesse avventarsi, e neppur abbaiare? [...].  come in perpetua memoria di quel fatto, la porta dell'inferno senza serrame ancor si trova<\/i>, così anche Cerbero ne porti ancor pelato il mento e 'l gozzo<\/b><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. VIII 124-126","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Questa lor tracotanza non è nova;
ché già l'usaro a men segreta porta,
la qual sanza serrame ancor si trova.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=8","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': '', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"98-99","from":8375.0,"to":8379.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Glauco figliuolo di\nPolibo, pescatore nell'isola Eubea. Costui avendo una volta\nposati sovra un prato i pesci presi, e veggendoli all'improviso\nrisaltar in mare, desideroso di saper la cagione di ci\u00f2, diedesi\na mangiar dell'erbe, nelle quali erano giaciuti i pesci. Non si\ntosto ebbe ci\u00f2 fatto, che non potendo pi\u00f9 vivere in terra,\ngettossi anch'esso nel mare, e quivi fu cangiato in un Dio\nmarino. Vedi Ovidio nel 13 delle Trasform. [Vers. 931 e segg.]. \nVolpi. Vuol dire che per mirare in Beatrice divinizzossi —\nconsorto<\/b>, compagno.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Qual si fe Glauco"],"FrammentoNota":"
Vedi Ovidio nel 13 delle Trasform. [Vers. 931 e segg.].  Volpi.  Vuol dire che per mirare in Beatrice divinizzossi<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","InfoCitazione.LuogoFonte":"XIII 931-965","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"caespite consedi, dum lina madentia sicco,
utque recenserem captivos ordine pisces,
insuper exposui, quos aut in retia casus
aut sua credulitas in aduncos egerat hamos.
Res similis fictae (sed quid mihi fingere prodest?):
gramine contacto coepit mea praeda moveri
et mutare latus terraque, ut in aequore, niti.
Dumque moror mirorque simul, fugit omnis in undas
turba suas dominumque novum litusque relinquunt.
Obstipui dubitoque diu causamque requiro,
num deus hoc aliquis, num sucus fecerit herbae.
“Quae” tamen “has” inquam “vires habet herba?”,manuque
pabula decerpsi decerptaque dente momordi.
Vix bene combiberant ignotos guttura sucos,
cum subito trepidare intus praecordia sensi
alteriusque rapi naturae pectus amore,
nec potui restare diu “repetenda” que “numquam
terra, vale!” dixi corpusque sub aequora mersi.
Di maris exceptum socio dignantur honore,
utque mihi quaecumque feram mortalia, demant,
Oceanum Tethynque rogant: ego lustror ab illis,
et purgante nefas noviens mihi carmine dicto
pectora fluminibus iubeor supponere centum;
nec mora, diversis lapsi de partibus amnes
totaque vertuntur supra caput aequora nostrum.
Hactenus acta tibi possum memoranda referre,
hactenus haec memini, nec mens mea cetera sensit.
Quae postquam rediit, alium me corpore toto
ac fueram nuper, neque eundem mente recepi.
Hanc ego tum primum viridem ferrugine barbam
caesariemque meam, quam longa per aequora verro,
ingentesque umeros et caerula bracchia vidi
cruraque pinnigero curvata novissima pisce.
Quid tamen haec species, quid dis placuisse marinis,
quid iuvat esse deum, si tu non tangeris istis?”","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0959.phi006.perseus-lat1:13.898","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/giovanni-antonio-volpi-1726-27', 'Rapporto': 'CONFERMA'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"68-69","from":463.0,"to":482.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, +{"Annotazione":"Gli dava meraviglia la\nnovit\u00e0 della cosa, perch\u00e8 quando egli scese l'altra volta\nscongiurato da Eritone (c. IX, 23), Caifasso e i suoi consorti\nnon eran peranche dannati.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":[" Maravigliar Virgilio."],"FrammentoNota":"maravigliar Virgilio. <\/strong>Gli dava meraviglia la novità della cosa, perchè quando egli scese l'altra volta scongiurato da Eritone (c. IX, 23), Caifasso e i suoi consorti non eran peranche dannati.<\/strong>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. IX, 23","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"congiurato da quella Eritón cruda","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=9","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"124","from":22329.0,"to":22331.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Gravi mi sono queste\nparole, se ben le intendo. E che? dovremo noi sempre rimanere\nquinc'entro dove tu mi guidi? Duro<\/b> significa qu\u00ec grave<\/i>,\ndoloroso<\/i>, come Inf. IX, 122: «duri lamenti». Giul.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","Frammenti":[" Il senso lor m'\u00e8 duro"],"FrammentoNota":"
Duro<\/b> significa quì grave<\/i>, doloroso<\/i>, come Inf. IX, 122: «duri lamenti»<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. IX, 122-123","InfoCitazione.NotaFonte":"Scartazzini conferma l'interpretazione di Giambattista Giuliani (Canelli, Asti, 1818-Firenze 1884)","InfoCitazione.TestoFonte":"e fuor n'uscivan si\u0300 duri lamenti,
che ben parean di miseri e d'offesi.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=9&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': '', 'Rapporto': 'CONFERMA'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"12","from":2106.0,"to":2112.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Gridarono, dice\nil Vellutello, per derisione i demoni, che quivi non aveva luogo\nil Volto santo da' Lucchesi avuto in somma venerazione, ed\ninvocato da loro nelle sue necessit\u00e0: ma quivi non aveva luogo,\nperch\u00e8 in Inferno nulla est redemptio<\/i>: e del medesimo tuono\nchiosano gli altri espositori. Vedi per\u00f2 quant'\u00e8 detto due versi\nsopra.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"21","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Qu\u00ec non ha luogo il santo Volto."],"FrammentoNota":"
In Inferno nulla est redemptio<\/i><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9438","InfoCitazione.Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/de-rationibus-fidei","InfoCitazione.LuogoFonte":"IX","InfoCitazione.NotaFonte":"\"In Inferno nulla est redemptio\": \"espressione canonica, ricalcata su testi patristici\" (D. Pirovano, ed. Vellutello, ad locum).","InfoCitazione.TestoFonte":"Manifestum est autem quod non orat pro his qui sunt in Inferno, quia in Inferno nulla est redemptio; neque etiam pro his qui sunt caelestem gloriam iam adepti quia illi iam pervenerunt ad finem.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.corpusthomisticum.org\/ocg.html","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"ESTENDE","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"48","from":19680.0,"to":19688.0,"NomeAutore":"Tommaso d'Aquino","TitoloFonte":null},
+{"Annotazione":"Griffolino, detto nel prec. canto v. 109.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"30","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  L'Aretin"],"FrammentoNota":"
Griffolino, detto nel prec. canto v. 109.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. XXIX 109","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"\"Io fui d'Arezzo, e Albero da Siena\",","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=29&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"31","from":28987.0,"to":28989.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"Grifone \u00e8 un animale\ncreduto biforme, alato, e quadrupede; aquila nella parte\nanteriore, e lione nella posteriore.  Cos\u00ec 'l Vocabolario della\nCrusca: e ne adduce tra l'altre, la testimonianza dell'antico\nscrittore F. Giordano da Ripalta: i grifoni sono fatti dinanzi a\nmodo d'aguglia, e di dietro come leoni, e sono fortissimi.<\/i>  Non\npoteva il poeta nostro trovare altronde miglior simbolo delle due\nnature unite sotto una stessa divina persona in Ges\u00f9 Cristo\nnostro Salvatore.  Imperocch\u00e8 la natura dell'aquila, uccello che\npi\u00f9 di tutti in alto si solleva, ottimamente si adatta a\nsimboleggiare la divinit\u00e0 di Ges\u00f9 Cristo; e la natura del\nleone, animale che da terra non si solleva, ugualmente bene si\nconf\u00e0 a significare l'Umanit\u00e0 di Ges\u00f9 Cristo; e per quello\nancora che leone<\/i> viene appellato il medesimo Ges\u00f9 Cristo\nnell'Apocalisse in quelle parole ecce vicit leo de tribu Iuda<\/i>\n[Cap. 5].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":["  Al collo d'un Grifon."],"FrammentoNota":"
Grifone è un animale creduto biforme, alato, e quadrupede; aquila nella parte anteriore, e lione nella posteriore.  Così 'l Vocabolario della Crusca: e ne adduce tra l'altre, la testimonianza dell'antico scrittore F. Giordano da Ripalta: i grifoni sono fatti dinanzi a modo d'aguglia, e di dietro come leoni, e sono fortissimi.<\/i><\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3765185","InfoCitazione.Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/prediche","InfoCitazione.LuogoFonte":"48","InfoCitazione.NotaFonte":"La citazione proviene dal Vocabolario della Crusca.","InfoCitazione.TestoFonte":"I grifoni sono fatti dinanzi a modo d'aguglia, e di dietro come leoni, e sono fortissimi, ed è animale fierissimo smisuratamente.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.lessicografia.it\/Controller?lemma=GRIFONE","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"108","from":29576.0,"to":29581.0,"NomeAutore":"Giordano da Pisa","TitoloFonte":null},
+{"Annotazione":"Guido Cavalcanti: «virtudioso uomo in\nmolte cose (dice Gio. Villani, VIII, 42), se non ch'era troppo\ntenero e stizzoso.»  Tenne tra tutti i poeti anteriori al\nPetrarca il primo luogo dopo Dante.  — Perch\u00e8 non \u00e8 teco<\/b>? \nSi maraviglia che Guido non sia con Dante, per l'amicizia\ngrandissima che fu tra questi due.  Veggasi, tra' sonetti di\nGuido all'amico, particolarmente quello che comincia: «Io vengo\nil giorno a te infinite volte.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"10","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":["  Mio figlio."],"FrammentoNota":"
Guido Cavalcanti: «virtudioso uomo in molte cose (dice Gio. Villani, VIII, 42), se non ch'era troppo tenero e stizzoso.» <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","InfoCitazione.LuogoFonte":"Nova Cronica IX, 42","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"e tornonne malato Guido Cavalcanti, onde morìo, edi lui fue grande dammaggio, perciò ch’era come filosafo, virtudioso uomo in più cose, se non ch’era troppotenero e stizzoso.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.letteraturaitaliana.net\/pdf\/Volume_2\/t48.pdf","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"60","from":9054.0,"to":9056.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
+{"Annotazione":"Ha qualcosa di umano, quella\nfiera crudele; mani e facce.  E lorde<\/b> sono anche quelle di Dite\n(XXXIV, 53-60).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"06","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","Frammenti":["  quelle facce lorde"],"FrammentoNota":"
Ha qualcosa di umano, quella\r\nfiera crudele; mani e facce.  E lorde<\/b> sono anche quelle di Dite\r\n(XXXIV, 53-60).<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inferno XXXIV, 53-60","InfoCitazione.NotaFonte":"Vale la pena notare che pochi versi prima Dante appella i volti di Satana con il lemma \"facce\", lo stesso che adopera in questi versi (\u00abOh quanto parve a me gran maraviglia \/ quand'io vidi tre facce a la sua testa!\u00bb; Inf. XXXIV, 37-38).","InfoCitazione.TestoFonte":"Con sei occhi piangëa, e per tre menti
gocciava 'l pianto e sanguinosa bava.
Da ogne bocca dirompea co' denti
un peccatore, a guisa di maciulla,
sì che tre ne facea così dolenti.
A quel dinanzi il mordere era nulla
verso 'l graffiar, che talvolta la schiena
rimanea de la pelle tutta brulla.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=34&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"31","from":5186.0,"to":5189.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Ho tolto la virgola, che\ntutte le moderne edizioni collocano in fine del presente verso,\ndopo scura<\/b>, e l'ho in vece posta dopo il primo pi\u00f9<\/b> del verso\nseguente, ad indicare, che dee essere la costruzione: Cos\u00ec pi\u00f9<\/b>\n[ulteriormente] forando<\/b> [trapassando] l'aura grossa e scura, e\npi\u00f9 appressando inver la sponda.<\/i><\/b> L'aer grossa<\/i> leggono in vece\ntutte l'edizioni dalla Nidob. diverse: ma aura<\/b> per aria<\/i><\/b>\nadopera Dante anche altrove [Inf. IV, 28, Purg. XIV, 142]; ed\naere<\/i> fa in questo poema sempre di genere mascolino [Inf. II, 1,\nXVI, 130, Purg. XXIX, 23, Parad. XXVII, 68].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"31","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Cos\u00ec forando"],"FrammentoNota":"
aura<\/b> per aria <\/i>adopera Dante anche altrove [Inf. IV, 28, Purg. XIV, 142]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. IV 27","InfoCitazione.NotaFonte":"Il rimando corretto \u00e8 Inf. IV 27, non 28.","InfoCitazione.TestoFonte":"che l'aura etterna facevan tremare;","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=4&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"37-38","from":30118.0,"to":30120.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"I papi\nsono creduti essere vicari di Cristo in terra e successori di\nPietro, e gli altri gran prelati successori degli Apostoli\nsecondo che reggono la chiesa gi\u00e0 retta dagli altri Apostoli.\nLi quali Apostoli tutti in questo luogo presuppone Dante che si\nchiamassono o si dovessono chiamare Pietri, forse considerando\nche Pietro, a cui fu imposto simil nome dal Signore, fece la\nconfessione, per la quale gli fu dato il nome a nome di tutti gli\naltri Apostoli; li quali, secondo Giovanni, fecero quella stessa\nconfessione [I-III], e a tutti fu data quella medesima autorit\u00e0\ndi ritenere e di rimettere i peccati, che sono le chiavi.  E\nperci\u00f2, meritando tutti il nome di Pietro, per distinguere Dante\ndagli altri Simon Bariona disse Successor del maggior Piero<\/b>,\nessendo egli nominato primo che fosse data perpetuit\u00e1 a Roma e\nallo 'mperio per cagion del papato, cio\u00e8 qual parte debba tenere\nil papato in Roma e nello 'mperiato.  Se diremo che v' abbia\nquella o debba avere, che ebbe dopo Costantino per la creduta\nliberale donazione, ci\u00f2 non \u00e8 approvato n\u00e8 lodato da Dante\ncome cosa piacente a Dio, dicendo: Ahi, Costantin, di quanto mal\nfu matre Non la tua conversion, ma quella dote, Che da te prese\nil primo ricco patre<\/i> etc.  {Inf.<\/i> XIX, 115-117}.\n\n\tL'altro, che seco cos\u00ec legge e meco, Sotto buona\nintenzion, che fe' mal frutto, Per cedere al pastor si fece\ngreco.  Ora conosce come il mal, dedutto Dal suo bene oprar, non\ngli \u00e8 nocivo, Avvegnach\u00e8 sia il mondo indi distrutto<\/i> etc.\n[Parad.<\/i>, XX, 55{-57}].  E quale esce di cuor che si rammarca,\nTal voce usc\u00e9 del cielo e cotal disse: O navicella mia, com' mal\nse' carca<\/i> [Purg.<\/i>, XXXII, 127{-129}].  Ma se non vuole che il\npapato n'avesse o il tutto o parte del temporale, diremo noi che\nsi avesse tutto lo spirituale e cos\u00ec par che dica Dante: Soleva\nRoma che il buon tempo feo Due soli aver, che l'una e l'altra\nstrada Facen veder e del mondo e di deo.  L'un l'altro ha spento;\ned \u00e8 giunta la spada Col pasturale, e l'uno e l'altro insieme\nPer viva forza mal convien che vada<\/i> [Purg.<\/i>, XVI, 106{-111}].\nMa non veggo che in alcuna stagione mai il papato in Roma sia\nstato contento dello spirituale solo, poich\u00e8 fu in concordia con\nlo 'mperiato dopo Costantino.  Perci\u00f2 che gli 'mperatori inanzi\nCostantino furono nemici del Cristianesimo e persecutori, e 'l\npapa si contentava dello spirituale purch\u00e8 l'avesse potuto\ngovernare in pace, non che cercasse d'occupare il temporale.  Ma\ndopo Costantino il papa \u00e8 sempre stato signore temporale e\nspirituale, secondo che mostra di creder Dante, ancora che per\naventura non sia vero.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Lodovico Castelvetro 1570","Frammenti":["  U' siede il successor del maggior Piero."],"FrammentoNota":"
Li quali Apostoli tutti in questo luogo presuppone Dante che si\r\nchiamassono o si dovessono chiamare Pietri, forse considerando\r\nche Pietro, a cui fu imposto simil nome dal Signore, fece la\r\nconfessione, per la quale gli fu dato il nome a nome di tutti gli\r\naltri Apostoli; li quali, secondo Giovanni, fecero quella stessa\r\nconfessione [I-III], e a tutti fu data quella medesima autorità\r\ndi ritenere e di rimettere i peccati, che sono le chiavi. <\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q328804","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q36766","InfoCitazione.LuogoFonte":"Io., 20 22-23","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"20 Et hoc cum dixisset, ostendit eis manus et latus. Gavisi sunt ergo discipuli, viso Domino. 
21 Dixit ergo eis iterum: “ Pax vobis! Sicut misit me Pater, et ego mitto vos ”.
22 Et cum hoc dixisset, insufflavit et dicit eis: “ Accipite Spiritum Sanctum.
23 Quorum remiseritis peccata, remissa sunt eis; quorum retinueritis, retenta sunt ”.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-ioannem_lt.html#20","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"ESTENDE","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"24","from":1165.0,"to":1172.0,"NomeAutore":"Giovanni evangelista","TitoloFonte":"Vangelo secondo Giovanni"}, +{"Annotazione":"I per li<\/i> fu comune agli antichi, ed\nusato da Dante anche nel c. VII, 53; XVIII, 18; e nel Par., XII,\n26.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":[" Che i mena."],"FrammentoNota":"
I per li<\/i> fu comune agli antichi, ed usato da Dante anche nel c. VII, 53; XVIII, 18; e nel Par., XII, 26.<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Inf. VII, 53","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"la sconoscente vita che i fé sozzi","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=7","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"78","from":4528.0,"to":4531.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
+{"Annotazione":"I poeti (a' quali si\nsa che non \u00e8 da credere a punto) danno per fatto, che Giove a'\nprieghi di Eaco trasformasse le formiche della spopolata Egina in\nuomini, da tale origine detti Mirmidoni.  Ovid., Met., VII.  —\nSi ristor\u00e2r<\/b>, si rifecero.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"29","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","Frammenti":["  Secondo che i poeti"],"FrammentoNota":"Secondo che i poeti<\/b> ec. I poeti (a' quali si sa che non è da credere a punto) danno per fatto, che Giove a' prieghi di Eaco trasformasse le formiche della spopolata Egina in uomini, da tale origine detti Mirmidoni. Ovid., Met., VII. ","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","InfoCitazione.LuogoFonte":"Metamorphoseon libri, VII 622-633","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Forte fuit iuxta patulis rarissima ramis
sacra Iovi quercus de semine Dodonaeo:
hic nos frugilegas adspeximus agmine longo
grande onus exiguo formicas ore gerentes
rugosoque suum servantes cortice callem.
Dum numerum miror, “totidem, pater optime” dixi,
“tu mihi da cives et inania moenia supple.”
Intremuit ramisque sonum sine flamine motis
alta dedit quercus. Pavido mihi membra timore
horruerant, stabantque comae. Tamen oscula terrae
roboribusque dedi; nec me sperare fatebar:
sperabam tamen atque animo mea vota fovebam.","InfoCitazione.UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0029%3Abook%3D7%3Acard%3D552","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"63-64","from":28217.0,"to":28221.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, +{"Annotazione":"Iddio — Alfa ed omega \u00e8<\/b>\nec. Secondo la chiosa del Landino, Vellutello, e Daniello\n[quella del Venturi non la capisco], Alfa ed omega di quanta\nscrittura \u00e8 Mi legge amore o lievemente, o forte<\/b>, vale quanto \u00e8\nil principio, e il fine di quanti passi della scrittura sacra\nm'insegnano, o apertamente, o sotto qualch'ombra e figura, l'amor\ndi Dio.<\/i> A questo modo per\u00f2, oltre che accennerebbe Dante essere\nle medesime scritture sacre quelle che ad amar Dio lo\nindirizzassero, e renderebbe perci\u00f2 inutile la seconda\ninterrogazione, ch'\u00e8 s. Giovanni per fare, Chi drizz\u00f2 l'arco tuo\na tal bersaglio<\/i> [Vers. 24], verrebbe eziandio a dire piuttosto a\ns. Giovanni dove s'appunti la scrittura sacra<\/i>, che dove\ns'appunti l'anima sua.<\/i> Per questi motivi sembrami pi\u00f9\nespediente d'intendere, che Lo ben, che fa contenta questa\ncorte, Alfa ed omega \u00e8 di quanta scrittura Mi legge amore, o\nlievemente, o forte<\/i><\/b> dica figuratamente, in vece di dire Iddio \u00e8\nil principo e il fine<\/i><\/b> [come sono le lettere alfa<\/b> ed omega<\/b>\ndel Greco alfabeto] di quanto scrive amore in me, di quanti\nimpulsi, leggieri o forti, esso mi d\u00e0.<\/i> Che poi sia Dio il\nprincipio e 'l fine degli amorosi impulsi, ne lo dichiara Dante\nmedesimo nel Purgatorio per bocca di Marco Lombardo, in que'\nversi l'origine della nostr'anima divinamente toccanti\n\n Esce di mano a lui, che la vagheggia<\/i>,\n . . . . . . . . . . . . . . \n L'anima semplicetta, che sa nulla<\/i>,\n Salvo che, mossa da lieto fattore<\/i>,\n Volentier torna a ci\u00f2 che la trastulla.<\/i>\n [Purg. XVI, 85 e segg.]\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"26","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Lo ben, che fa"],"FrammentoNota":"
Che poi sia Dio il principio e 'l fine degli amorosi impulsi, ne lo dichiara Dante medesimo nel Purgatorio per bocca di Marco Lombardo, in que' versi l'origine della nostr'anima divinamente toccanti \r\n        Esce di mano a lui, che la vagheggia<\/i>,\r\n        . . . . . . . . . . . . . . \r\n     L'anima semplicetta, che sa nulla<\/i>,\r\n        Salvo che, mossa da lieto fattore<\/i>,\r\n        Volentier torna a ciò che la trastulla.<\/i>\r\n        [Purg. XVI, 85 e segg.]\r\n<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","InfoCitazione.LuogoFonte":"Purg. XVI 85-90","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Esce di mano a lui che la vagheggia
prima che sia, a guisa di fanciulla
che piangendo e ridendo pargoleggia,
l'anima semplicetta che sa nulla,
salvo che, mossa da lieto fattore,
volontier torna a ciò che la trastulla.","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=50&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RapportoCommentoCommentatoreText":"[{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}, {'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}, {'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Rapporto': 'CONTRADDICE'}]","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"16-18","from":25484.0,"to":25488.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, +{"Annotazione":"Iddio — a lui si volge\nlieto<\/b>, al feto cos\u00ec perfezionato risguardando si compiace;\nsecondo quel vidit Deus quia bonum est<\/i>, del Genesi [Cap. I], o\nquel laetabitur Dominus in operibus suis<\/i>, del Salmo [103]. Il\nDaniello per a lui<\/i><\/b> intende al cerebro<\/i><\/b> {v.69}, e per la\ntant'arte di natura<\/b> intende quella usata da lei in formar in\nquel feto il cerebro.<\/i> Se per\u00f2 dee intendersi, che in quel\nmedesimo a cui Iddio si volge, infonde il nuovo<\/i><\/b>, il\nnovellamente creato, spirito, infondendosi questo non nel solo\ncerebro, ma, com'\u00e8 sentenza a tutti gli Scolastici comune, in\ntutto il feto, a tutto esso feto conviene intendere che Iddio\nlieto si volga<\/i><\/b> — spira<\/b> per inspira<\/i>, infonde<\/i> —\nrepleto<\/i><\/b>, ripieno, in rima: \u00e8 voce Latina. Volpi.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","Frammenti":[" Lo motor primo"],"FrammentoNota":"
A lui si volge lieto<\/b>, al feto così perfezionato risguardando si compiace; secondo quel vidit Deus quia bonum est<\/i>, del Genesi [Cap. I]<\/pre>","InfoCitazione.Autore":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","InfoCitazione.Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9184","InfoCitazione.LuogoFonte":"I 10, 12","InfoCitazione.NotaFonte":"","InfoCitazione.TestoFonte":"Et vidit Deus quod esset bonum. ","InfoCitazione.UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_genesis_lt.html#1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RapportoCommentoCommentatoreText":"nan","RapportoSoggettoOggetto":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"70-72","from":25212.0,"to":25215.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Genesi"}]